Opposizione all’esecuzione: quando la sentenza che definisce il giudizio non può essere appellata?

La previsione di inappellabilità di cui all’art. 616 c.p.c. si riferisce tanto ai giudizi di opposizione a precetto, quanto a quelli di opposizione ad un’esecuzione già iniziata. Inoltre, l’art. 618 c.p.c., nel prevedere che le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle disposizioni previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili, si riferisce soltanto al rito da applicare e non anche alle impugnazioni dei provvedimenti emessi a conclusione dei giudizi di opposizione.

È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 18037/15, depositata il 14 settembre. Il caso. Il tribunale accoglieva l’opposizione proposta dalla ASL territoriale avverso il precetto con il quale un uomo le intimava il pagamento in proprio favore di una somma di denaro in base ad un verbale di conciliazione – dichiarato esecutivo dal tribunale con il quale si definiva una vertenza relativa al riconoscimento, in favore del medesimo, di una certa qualifica e del relativo trattamento economico. La corte d’appello territoriale dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’uomo avverso tale sentenza, sul presupposto che la sentenza emessa di un giudizio di opposizione ex art. 615, comma 1, c.p.c. non è appellabile alla luce del nuovo testo dell’art. 616 c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis . Per la cassazione di tale pronuncia ricorre l’uomo, lamentando che l’inappellabilità della sentenza di opposizione all’esecuzione di cui al novellato art. 616 c.p.c. si riferirebbe solo all’ipotesi di cui al secondo comma dell’art. 615 c.p.c., e non anche al primo comma dello stesso articolo in cui rientra la fattispecie in esame. Inoltre, stante la competenza a giudicare le opposizioni all’esecuzione del medesimo giudice competente per materia, al giudizio in questione dovrebbe applicarsi, secondo la ricostruzione del ricorrente, la normativa relativa al processo del lavoro, con relativa appellabilità della sentenza. L’inappellabilità si applica ad entrambe le ipotesi di cui all’art. 615 c.p.c Gli Ermellini hanno precisato che la previsione di inappellabilità di cui all’art. 616 c.p.c. debba ritenersi riferita ad entrambe le ipotesi di cui all’art. 615 c.p.c. la giurisprudenza del Supremo Collegio, infatti, ha affermato che il citato principio dell’inappellabilità è applicabile tanto nei giudizi di opposizione a precetto quanto in quelli di opposizione ad un’esecuzione già iniziata. Il riferimento al rito del lavoro non riguarda le impugnazioni . Irrilevante deve considerarsi, proseguono i Giudici di Piazza Cavour, anche la considerazione del rito del lavoro applicabile alla materia oggetto della controversia. Il Supremo Collegio, infatti, ha precisato che l’art. 618 c.p.c., nel prevedere che le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle disposizioni previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili, si riferisce soltanto al rito da applicare e non anche alle impugnazioni dei provvedimenti emessi a conclusione dei giudizi di opposizione. L’art. 616 c.p.c., inoltre, prevede che le sentenze rese nei giudizi di opposizione all’esecuzione non siano impugnabili. Non ritenendo di discostarsi dagli orientamenti sopra esposti, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 giugno – 1 4 settembre, n. 18037 Presidente Roselli – Relatore Maisano Svolgimento del processo Con sentenza dell'11 febbraio 2009 la Corte d'appello dell'Aquila ha dichiarato inammissibile l'appello proposto da D.M. avverso la sentenza del Tribunale di Pescara del 27 ottobre 2006 con la quale era stata accolta l'opposizione proposta dalla ASL di Pescara al precetto con il quale il D. le intimava il pagamento in suo favore della somma di Euro 9.074,41 sulla base di un verbale di conciliazione del 6 dicembre 2001 dichiarato esecutivo dal Tribunale di Pescara in data 10 marzo 2003, con il quale si definiva una vertenza relativa al riconoscimento, in favore del medesimo D. , della qualifica di tecnico di laboratorio biomedico di categoria D e del relativo trattamento economico. La Corte territoriale ha considerato che la sentenza emessa in giudizio di opposizione ex art. 625, comma 2 cod. proc. civ. non è appellabile alla luce del novellato art. 616 cod. proc. civ. entrato in vigore il 1 marzo 2006 e quindi applicabile alla fattispecie. Il D. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a due motivi. Resiste l'Azienda USL di Pescara con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 615, 616 e 618 bis cod. proc. civ. in relazione all'art. 360, n. 3 cod. proc. civ. In particolare si assume che l'inappellabilità della sentenza di opposizione all'esecuzione di cui al novellato art. 616 cod. proc. civ. si riferirebbe solo all'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 615 cod. proc. civ., e non anche al primo comma dello stesso articolo in cui rientra la fattispecie in esame. Inoltre, stante la competenza a giudicare le opposizioni all'esecuzione del medesimo giudice competente per materia, al giudizio in questione dovrebbe applicarsi la normativa relativa al processo del lavoro, con relativa appellabilità della sentenza. Con il secondo motivo si deduce omessa e/o insufficiente motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. con riferimento all'appellabilità della sentenza di primo grado riguardo ai medesimi motivi di diritto di cui al motivo precedente. I due motivi vanno esaminati congiuntamente essendo connessi riguardando la medesima questione. La questione sottoposta all'esame del collegio è quella relativa all'ambito di applicazione dell'inappellabilità della sentenza di opposizione all'esecuzione di cui al novellato art. 616 cod. proc. civ. e, in particolare, se la previsione di tale inappellabilità si riferisca solo all'ipotesi di cui al secondo comma dell'art. 615 cod. proc. civ., o anche a quella di cui al primo comma. Ritiene il Collegio che la previsione di inappellabilità si riferisca ad entrambe le ipotesi di cui all'art. 615 cod. proc. civ Già questa Corte, con sentenza del 30 aprile 2011, n. 9591, ha affermato che il citato principio dell'inappellabilità è applicabile tanto nei giudizi di opposizione a precetto quanto in quelli di opposizione ad un'esecuzione già iniziata, con la precisazione che la disposizione transitoria dell'ari 58, secondo comma, della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha ripristinato l'immediata appellabilità delle sentenze ex art. 616 cod. proc. civ., è applicabile esclusivamente ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della predetta legge 4 luglio 2009 . Anche nel caso in esame, come in quello di cui al citato precedente, non é applicabile la disciplina transitoria di cui all'art. 58, secondo comma citato, pendendo alla data del 4 luglio 2009 il giudizio di appello, erroneamente proposto, e non quello di primo grado. Irrilevante è la considerazione del rito del lavoro applicabile alla materia oggetto della controversia. Come pure già affermato da questa Corte Cass. 21 luglio 2010, n. 17199 , a parte l'operatività o meno dell'art. 618 bis cod. proc. civ., per l'ipotesi di esecuzione intrapresa in forza di verbale di conciliazione, esclusa dalla dottrina, detta norma nel prevedere che per le materie trattate nei capi 1 e 2 del titolo 4 del libro secondo cod. proc. civ. le opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi sono disciplinate dalle disposizioni previste per le controversie individuali di lavoro in quanto applicabili, si riferisce soltanto al rito da applicare e non anche alle impugnazioni dei provvedimenti emessi a conclusione dei giudizi di opposizione. E per le sentenze rese nei giudizi di opposizione all'esecuzione, l'art. 616 cod. proc. civ., come detto, nel testo come sostituito dalla L. 14 febbraio 2006, n. 52, art. 14, modifica che ha effetto dal 1 marzo 2006, prevede che esse non sono impugnabili. Il collegio non ha motivo di discostarsi da tale orientamento che, peraltro, non è stato fino ad ora disatteso. Il ricorso va dunque rigettato. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.