Prova dello stato di inoccupazione: l’autocertificazione non basta

In tema di invalidità civile, la prova del requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa deve essere fornita in giudizio dall’invalido tale prova non può essere fornita mediante una mera dichiarazione dell’interessato, anche se rilasciata con le formalità previste dalla legge per le autocertificazioni.

Lo ha affermato la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione con la sentenza n. 17929, depositata il 10 settembre 2015. Il caso. La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso da un disabile per l’accertamento del diritto a percepire l’assegno di invalidità. All’esito del giudizio di merito, è stata riconosciuta la sussistenza sia del requisito sanitario in seguito all’espletata ctu , sia del requisito del mancato svolgimento dell’attività lavorativa sulla base della certificazione reddituale negativa . L’INPS ha censurato la decisione della corte territoriale, sostenendo che, così statuendo, i giudici hanno di fatto esonerato il ricorrente dall’onere di fornire la prova dell’incollocabilità. Invalidità civile l’onere della prova spetta al soggetto richiedente. La pronuncia in commento conferma il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di assegno di invalidità previsto dalla l. n. 118/1971, i requisiti socio-economici reddituale e dello stato di incollocazione al lavoro rappresentano elementi costitutivi del diritto alla prestazione assistenziale, la cui prova è a carico del soggetto richiedente, non potendo qualificarsi gli stessi, quindi, come mere condizioni di erogazione del beneficio, accertabili in sede extragiudiziale cfr., ex plurimis , Cass., n. 22899/2011, n. 14696/2007 e n. 13966/2003 . Dall’incollocazione all’inoccupazione l’onere della prova non cambia. L’art. 1, comma 35, l. n. 247/2007 ha sostituito il testo dell’art. 13, l. n. 118/1971, prevedendo che Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall’INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l’assegnazione della pensione di cui all’articolo 12. Attraverso dichiarazione sostitutiva, resa annualmente all’INPS ai sensi dell’articolo 46 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, il soggetto di cui al comma 1 autocertifica di non svolgere attività lavorativa. Qualora tale condizione venga meno, lo stesso è tenuto a darne tempestiva comunicazione all’INPS. Al riguardo, è stato precisato che, con la modifica introdotta dall’art. 1, comma 35, l. n. 247/2007, il requisito occupazionale è cambiato, atteso che non si richiede più la incollocazione al lavoro”, ma semplicemente lo stato di inoccupazione, in quanto la legge individua il requisito in questi termini disabili che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste . Tra i due concetti vi è differenza, perché il disabile incollocato al lavoro non è semplicemente disoccupato è il disabile che, essendo privo di lavoro, si è iscritto o ha chiesto di iscriversi negli elenchi speciali per l'avviamento al lavoro, attivando il meccanismo per l'assunzione obbligatoria Cass., n. 19833/2013 . La nuova disciplina, pur non esigendo più l’attivazione del meccanismo per l’assunzione obbligatoria, tuttavia, ha lasciato immutato l’onere del disabile di fornire la prova di non aver lavorato nel periodo interessato dalla domanda proposta. L’autocertificazione del richiedente non basta. La prova del mancato svolgimento dell’attività lavorativa può essere fornita in giudizio con qualsiasi mezzo, anche mediante presunzioni cfr. Cass., n. 19833/2013 e n. 9502/2012 . Tuttavia, la pronuncia in commento precisa che non può essere fornita con una mera dichiarazione dell’interessato, anche se rilasciata con le formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è, invece, priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale cfr. Cass., n. 27380/2014, n. 25800/2010 e n. 5167/2003 la previsione che consente all’interessato di autocertificare lo stato di inoccupazione semplifica l’accertamento amministrativo, ma non interferisce con i principi che regolano l’onere della prova. Il principio generale sull’onere della prova di cui all’art. 2697 c.c., pertanto, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude, né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo, con la precisazione che, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo prova che, in ogni caso, non può, essere fornita mediante la mera autocertificazione dell’interessato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 luglio – 10 settembre 2015, n. 17929 Presidente Curzio – Relatore Mancino Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio. 2. La Corte di appello di Palermo, in accoglimento del gravame svolto da A.R. , riformava la sentenza di primo grado e, per l'effetto, all'esito della ctu espletata in primo grado, riteneva sussistente il requisito sanitario per il riconoscimento del diritto dell'assistita all'assegno di invalidità, a decorrere dall'8 aprile 2009. 3. La Corte territoriale riteneva accertato che l'assistita non avesse svolto attività lavorativa sulla base della certificazione reddituale negativa e della certificazione catastale di nullatenenza, oltre che per l'accertato stato invalidante. 4. Per la cassazione di tale sentenza l’Inps propone ricorso, affidato a un motivo con il quale deduce violazione di legge artt. 13 L. 118/71 e 2697 c.c. , per avere la Corte di merito ritenuto il requisito del mancato svolgimento dell'attività lavorativa, requisito costitutivo, accertabile giudizialmente con le certificazioni rilasciate dagli Enti competenti, e così errando nel non pretendere che la ricorrente fornisse la prova dell'incollocabilità. 5. L'intimata non ha resistito. 6. Il ricorso è manifestamente fondato e richiede un riesame del merito della domanda, da devolvere al giudice di rinvio, per i motivi che seguono. 7. Occorre premettere che, per costante giurisprudenza di legittimità, in tema di assegno d'invalidità previsto a favore degli invalidi civili dalla L. n. 118 del 1971, i requisiti socio-economici reddituale e dello stato di incollocazione al lavoro rappresentano elementi costitutivi del diritto alla prestazione assistenziale, la cui prova è a carico del soggetto richiedente, non potendo qualificarsi gli stessi, quindi, come mere condizioni di erogazione del beneficio, accertabili in sede extragiudiziale cfr, explunmis, Cass., nn. 4067/2002 13967/2002 14035/2002 13046/2003 13279/03 13966/2003 14696/2007 22899/2011 . 8. Tanto premesso, va anche chiarito che la L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35 disposizione vigente dall'1.1.2008 ex comma 94 del citato articolo , ha sostituito il testo della L. n. 118 del 1971, art. 13, nei termini seguenti Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall'INPS, un assegno mensile di Euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione di cui all'art. 12. Attraverso la dichiarazione sostitutiva, resa annualmente all'INPS ai sensi dell'art. 46 e segg. del testo unico di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, il soggetto di cui al comma 1 autocertifica di non svolgere attività lavorativa. Qualora tale condizione venga meno, lo stesso è tenuto a darne tempestiva comunicazione all'INPS . 9. Al riguardo, è stato precisato cfr. Cass. n. 19833 del 2013 che Con la modifica introdotta dalla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, il requisito occupazionale è cambiato non si richiede più la incollocazione al lavoro , ma semplicemente lo stato di inoccupazione, in quanto la legge individua il requisito in questi termini disabili che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste . Tra i due concetti vi è una differenza, perché il disabile incollocato al lavoro non è semplicemente disoccupato è il disabile che, essendo privo di lavoro, si è iscritto o ha chiesto di iscriversi negli elenchi speciali per l'avviamento al lavoro. Ha cioè attivato il meccanismo per l'assunzione obbligatoria . 10 . La nuova disciplina, pur non esigendo più l'attivazione del meccanismo per l'assunzione obbligatoria, ha invece lasciato immutato l'onere del disabile di fornire la prova di non aver lavorato nel periodo interessato dalla domanda proposta. 11. Tale prova, in giudizio, potrà essere data con qualsiasi mezzo, anche mediante presunzioni cfr. Cass. nn. 19833/2013 e 9502/2012 . 12. L'unico limite è costituito dal fatto che non potrà essere fornita con una mera dichiarazione dell'interessato, anche se rilasciata con formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è, invece, priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale Cass. n. 25800/2010 . 13. In tal senso va interpretata anche la previsione secondo cui attraverso dichiarazione sostitutiva, resa annualmente all'INPS ai sensi del T.U. di cui al D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, art. 46 e segg., il soggetto di cui al comma 1 autocertifica di non svolgere attività lavorativa . Trattasi di disposizione che vale a semplificare l'accertamento amministrativo, ma non interferisce con i principi processuali che regolano l'onere della prova. 14. Come osservato in Cass. n. 25800/2010, secondo la giurisprudenza consolidata la prova dell'incollocamento al lavoro e del reddito per beneficiare delle prestazioni di invalidità civile non può essere data mediante dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, essendo questa rilevante nei soli rapporti amministrativi ed invece priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale Cass. S.U. n. 5167/2003 . 15 . Si ritiene tale impostazione valida anche ai fini dell'applicazione del nuovo testo della L. n. 118 del 1971, art. 13, in quanto la previsione da parte di detta disposizione secondo cui l'assegno di invalidità civile è concesso, nel concorso degli altri requisiti, agli invalidi civili che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste di una dichiarazione sostitutiva di tipo autocertificatorio da rendere annualmente all'Inps, circa il mancato svolgimento di attività lavorativa, non evidenzia una deroga circa la rilevanza di dichiarazioni di tale genere solo nell'ambito amministrativo, restando impregiudicati i principi sulla prova operanti nei giudizi civili, nei quali peraltro, in difetto di specifici limiti normativi, è ammessa anche la prova per presunzioni sent. cit. vedi pure, in tema di prova per presunzioni Cass. 3765 del 2007 . 16. In conclusione, il ricorso è meritevole di accoglimento per manifesta fondatezza, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa alla stessa Corte territoriale, in diversa composizione, che si atterrà al principio di diritto secondo cui la prova del requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa previsto dalla L. n. 118 del 1971, art. 13, nel testo di cui alla L. n. 247 del 2007, art. 1, comma 35, deve essere fornita in giudizio dall'invalido, trovando applicazione il principio generale sull'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., che non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto fatti negativi , in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo, con la precisazione che, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può essere data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo. Tale prova non potrà essere invece fornita mediante mera dichiarazione dell'interessato, anche se rilasciata con le formalità previste dalla legge per le autocertificazioni fra le più recenti, v. Cass., sez. sesta L 27380/2014 . 17. Il Giudice del rinvio provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla stessa Corte d'appello, in diversa composizione.