Nessun obbligo retributivo in caso di ritardo nel pagamento dell’indennità sostitutiva

In tema di licenziamento illegittimo, il ritardo del datore di lavoro nel pagare l’indennità lavorativa scelta dal lavoratore al posto della reintegrazione non comporta alcun obbligo retributivo in capo al datore, in quanto il rapporto di lavoro si considera estinto al momento dell’opzione. In tale circostanza, infatti, la disciplina applicabile è quella della mora debendi in caso di inadempimento, o ritardo nell’adempimento, delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro.

Così ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 17777/15, depositata l’8 settembre. Il caso. La Corte d’appello di Cagliari, riformando la sentenza del Tribunale di Sassari, rigettava l’opposizione proposta da una società avverso il decreto con il quale la si intimava a pagare in favore di una lavoratrice l’indennità per il periodo compreso tra la richiesta di ripresa del servizio a seguito della dichiarazione di illegittimità del licenziamento e il ricorso, sul presupposto dell’esercizio del diritto d’opzione a seguito di cui era maturato il diritto alle mensilità successive a tale esercizio del diritto d’opzione e sino al pagamento delle 15 mensilità comprese nell’opzione stessa. Avverso tale sentenza ricorre l’azienda, sostenendo in particolare che il rapporto di lavoro tra le parti si conclude con l’esercizio del diritto d’opzione ex articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, con conseguente esclusione della sussistenza del diritto al pagamento delle retribuzioni per il periodo successivo. La ricorrente precisa inoltre che in ogni caso non dovrebbe versare le retribuzioni maturate dalla data di esercizio dell’opzione fino all’effettivo pagamento della stessa, dato l’assenza di prestazione lavorativa e del rapporto di lavoro tra le parti. Il rapporto di lavoro si estingue al momento dell’opzione. Gli ermellini ritengono che il ricorso sia fondato, alla luce del principio formulato dalla Sezioni Unite in una recente sentenza Cass.,sez. Unite, n. 18353/14 . Tale sentenza ha infatti stabilito che qualora il lavoratore illegittimamente licenziato opti per l’indennità sostituiva del reintegro, il rapporto di lavoro deve ritenersi estinto con la comunicazione al datore di lavoro di tale opzione. Pertanto, per il periodo successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal lavoratore, né può essere pretesa dal datore di lavoro, non permane alcun obbligo retributivo e di conseguenza l’obbligo di pagare tale indennità è sottoposto alla disciplina della mora debendi in caso di inadempimento, o ritardo nell’adempimento, delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro, come regolata dall’articolo 429, comma 3, c.p.c. Pronuncia della sentenza , salvo prova, in capo al lavoratore, di un danno ulteriore. Da tale principio, a cui la Suprema Corte intende dare continuità, si rileva l’errore di diritto compiuto dalla Corte territoriale nel caso di specie e la piena fondatezza del ricorso. Per questi motivi, la Corte di Cassazione cassa la sentenza con rinvio alla Corte d’appello di Cagliari.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 giugno – 8 settembre 2015, n. 17777 Presidente Roselli – Relatore Maisano Svolgimento del processo Con sentenza dell'11 novembre 2009 la Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in riforma della sentenza del Tribunale di Sassari del 22 aprile 2009, ha rigettato l'opposizione proposta dalla Auchan s.p.a. avverso il decreto ingiuntivo n. 257 del 2006 emesso dal Tribunale di Sassari in favore di I.V. per il pagamento dell'indennità ex art. 18, 4 comma, della legge n. 300 del 1970 per il periodo compreso tra la richiesta di ripresa del servizio a seguito di dichiarazione di illegittimità del licenziamento, ed il ricorso, sul presupposto dell'esercizio del diritto di opzione di cui all'art. 18, 5 comma, a seguito del quale era maturato il diritto alle mensilità successive a tale esercizio del diritto di opzione e sino al pagamento delle 15 mensilità comprese nell'opzione stessa. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia sulla base della giurisprudenza che ha affermato che il rapporto di lavoro non si estingue con l'esercizio del diritto di opzione ma solo con il pagamento della relativa indennità sostitutiva, ed ha ritenuto irrilevante la responsabilità nel ritardo nel pagamento dell'indennità in questione, essendo invece rilevante il perdurare del danno per il lavoratore fino al pagamento dell'indennità conseguente all'esercizio di opzione. L'Auchan ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi. La I. resiste con controricorso. La causa è stata originariamente assegnata alla sesta sezione di questa Corte che, con ordinanza del 25 gennaio 2012, ha rimesso la causa all'udienza pubblica. L'Auchan ha presentato memoria. Motivi della decisione Con il primo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 18, commi 1, 4 e 5 della legge 20 maggio 1970, n. 30 ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che il rapporto di lavoro fra le parti si conclude con l'esercizio del diritto di opzione di cui al quinto comma dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, per cui non sussiste il diritto al pagamento delle retribuzioni per il periodo successivo. Con il secondo motivo si assume violazione e/o falsa applicazione dell'art. 18, comma 5 della legge 20 maggio 1970, n. 30 ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che comunque non sarebbero dovute le retribuzioni maturate dalla data di esercizio dell'opzione fino all'effettivo pagamento della stessa, stante la mancanza di prestazione lavorativa e dello stesso rapporto di lavoro fra le parti. Con il terzo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 18, comma 5 della legge n. 300 del 1970 e degli artt. 1218, 1223, 1225 e 1227 cod. civ. ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., nonché omessa, carente e contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. con riferimento alla mancata considerazione della responsabilità della parte nella causazione dell'evento. Il ricorso della soc. Auchan è meritevole di condivisione, alla luce del principio formulato dalle Sezioni Unite di questa Corte a composizione di contrasto insorto nella Sezione Lavoro sulla questione oggetto del ricorso in disamina. Hanno affermato al proposito le Sezioni Unite nella sentenza 18353 del 2014 Ove il lavoratore illegittimamente licenziato in regime di c.d. tutela reale - è quale è quello, nella specie applicabile ratione lemporis, previsto dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, nel testo precedente le modifiche introdotte con la L. 28 giugno 2012, n. 92 - opti per l'indennità sostitutiva della reintegrazione, avvalendosi della facoltà prevista dall'art. 18 cit.,comma 5, il rapporto di lavoro si estingue con la comunicazione al datore di lavoro di tale opzione senza che permanga, per il periodo successivo in cui la prestazione lavorativa non è dovuta dal lavoratore né può essere pretesa dal datore di lavoro, alcun obbligo retributivo con la conseguenza che l'obbligo avente ad oggetto il pagamento di tale indennità è soggetto alla disciplina della mora debendi in caso di inadempimento, o ritardo nell'adempimento, delle obbligazioni pecuniarie del datore di lavoro, quale prevista dall’art. 429 c.p.c., comma 3, salva la prova, di cui è onerato il lavoratore, di un danno ulteriore. A tale principio di diritto - al quale la Sezione lavoro si è pienamente conformata da ultimo Cass. Nn. 25679 del 2014 e 1169-3237 del 2015 - il Collegio intende dare piena continuità. Ne discende l'errore di diritto commesso dalla Corte di Cagliari e la piena fondatezza del ricorso che, nei suoi primi due motivi, puntualmente lo ha denunziato. Segue la cassazione della sentenza, con rinvio alla stessa Corte in diversa composizione per l'applicazione del principio e per la regolamentazione delle spese anche del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte di Cassazione accoglie il ricorso Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Cagliari in diversa composizione.