Sciopero in atto, il postino rifiuta la sostituzione del collega assente: legittima la multa decisa dall’azienda

Sconfitta in primo e in secondo grado per Poste Italiane. Visione opposta, invece, in terzo grado, laddove l’azienda vede riconosciuta la correttezza del proprio operato. Fondamentale l’accordo coi sindacati, da cui emerge che la sostituzione del collega assente, nella medesima area territoriale, non è valutabile come lavoro straordinario. Sanzionabile, quindi, il rifiuto del lavoratore, che non può appigliarsi al diritto di sciopero.

‘Braccia incrociate’ per i dipendenti di Poste Italiane. Riuscito lo sciopero organizzato dal sindacato. Ma, nonostante tutto, il rifiuto di un portalettere di sostituire, per due giornate, un collega assente è punibile con una sanzione disciplinare. Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza n. 17770/15, depositata oggi Sostituzione. Linea dura, quella adottata dall’azienda multa, commisurata ad un’ora di retribuzione per il dipendente – un portalettere – che si è rifiutato di sostituire un collega assente e di svolgere la prestazione lavorativa nell’ambito della medesima area territoriale . Per i giudici di merito, però, è erronea la visione applicata dall’azienda. Quest’ultima, difatti, ha trascurato lo sciopero proclamato dal sindacato Cobas la prestazione aggiuntiva richiesta al dipendente aveva gli stessi caratteri del lavoro straordinario, per il quale era stata prevista l’astensione dal lavoro . Ciò comporta l’azzeramento della sanzione applicata da Poste Italiane. Rifiuto. Pronta e dura la replica da parte dell’azienda, la quale, nel contesto della Cassazione, richiama l’ accordo sottoscritto con le organizzazioni sindacali . Dalla lettura dei diversi punti del documento emerge che era previsto l’obbligo aggiuntivo di sostituzione dell’agente assente appartenente all’area territoriale di riferimento e che tale obbligo di sostituzione non è catalogabile come prestazione straordinaria . Chiara l’ottica proposta da Poste Italiane il rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni legittimamente richiedibili al lavoratore non può essere valutabile come esercizio legittimo del diritto di sciopero . Nodo gordiano, riconoscono i giudici, è la qualificazione in termini di lavoro straordinario o di lavoro rientrante nell’orario normale della prestazione aggiuntiva richiesta dalla società al suo dipendente . E su questo fronte, nella battaglia tra Poste Italiane e un portalettere, per i giudici bisogna ribadire che il rifiuto di effettuare la sostituzione del collega assente è rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni legittimamente richiedibili al lavoratore e non costituisce esercizio del diritto di sciopero , proprio tenendo presente che nell’ accordo tra azienda e sindacati è messo ‘nero su bianco’ il fatto che le prestazioni straordinarie non comprendono l’obbligo di sostituzione . Inevitabili le conseguenze da trarre in questa vicenda il rifiuto del lavoratore di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza di competenza di un collega, assegnatario di altra zona della medesima area territoriale non è astensione dal lavoro straordinario né astensione per un orario delimitato e predefinito , bensì è da catalogare come rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute . Ciò comporta l’applicazione legittima della sanzione disciplinare da p

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 maggio – 8 settembre 2015, n. 17770 Presidente Amoroso – Relatore Doronzo Ragioni di fatto e di diritto della decisione 1. La Corte d'Appello di Milano, con sentenza depositata il 16/2/2009, ha rigettato l'appello proposto da Poste Italiane s.p.a. contro la sentenza resa dal Tribunale di Voghera, che aveva dichiarato illegittima la sanzione disciplinare della multa, commisurata ad un'ora di retribuzione, comminata dall'appellante al suo dipendente, S.C., in data 21/2/2005. 2. La Corte ha ritenuto che il rifiuto opposto dal lavoratore nei giorni 1 e 2 dicembre 2004 di sostituire un collega assente, per svolgere la prestazione lavorativa di portalettere nell'ambito della medesima area territoriale, costituiva esercizio legittimo del diritto di sciopero proclamato dal sindacato Cobas, giacché si trattava di una prestazione aggiuntiva , avente gli stessi caratteri del lavoro straordinario per il quale era stata appunto prevista l'astensione dal lavoro. 3. Contro la sentenza, la Poste Italiani, S.p.A. propone ricorso per cassazione fondato su tre motivi, cui resiste il lavoratore con controricorso. Le parti depositano memorie ex art. 378 c.p.c. 4. Con il primo motivo la società censura la sentenza per omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Assume che con verbale di accordo sottoscritto in data 29/7/2004 da essa ricorrente, da un lato, e dalle organizzazioni sindacali SLC-CGL, SPL-CISL, UIL-POST, FAILP-CISAL, SAILP-CONSAL E UGL Comunicazione, dall'altro, era stato concordato il sistema basato sulla cosiddetta area territoriale , in forza del quale era stata prevista una modulazione oraria della prestazione giornaliera di ciascun dipendente, al fine di garantire il recapito dell'intero corriere in arrivo, fino ad un massimo di mezz'ora in più e di mezz'ora in meno rispetto alle sei ore di riferimento. Nello stesso accordo, ed al medesimo fine, era stato previsto l'obbligo aggiuntivo di sostituzione dell'agente assente appartenente all'area territoriale di riferimento, entro un limite mensile individuato di 10 ore, con il limite giornaliero massimo di due ore, riconoscendo un importo complessivo di E 35, da ripartire tra coloro che partecipavano alla sostituzione dell'assente. Era stato infine previsto che le prestazioni straordinarie non comprendono l'obbligo di sostituzione sopra disciplinato . La Corte territoriale non aveva esattamente valutato il contenuto della pattuizione di cui all'ari. 3 dell'accordo del 29/7/2004 e della richiesta avanzata da essa datrice di lavoro in forza di questa disposizione, con la conseguenza che la prestazione richiesta al C. non configurava lavoro straordinario, bensì prestazione ordinaria nei parametri stabiliti dal citato art. 3. 5. Con il secondo motivo, denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'ari. 40 Cost. Assume che l'agitazione sindacale proclamata dal COBAS PT CUB riguardava lo svolgimento di lavoro straordinario o, comunque, di pres azioni diverse rispetto a quelle ordinarie, laddove il rifiuto in esame aveva ad oggetto lo svolgimento della normale attività di portalettere, nell'ambito del normale orario di lavoro. Formula il seguente quesito di diritto ex art. 366 bis c.p.c se il rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore - come nel caso di specie il rifiuto del portalettere di sostituire il collega assente in altra zona di recapito - attuato senza perdita della retribuzione, possa costituire esercizio legittimo del diritto di sciopero così come previsto dall'art. 40 Cost. 6. Con il terzo motivo, la Poste italiane s.p.a. censura la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. ed degli artt. 115 e 116 c.p.c. Sostiene l'erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che fosse onere di essa datrice di lavoro provare che il lavoratore aveva svolto l'orario di lavoro settimanale standard di 36 ore e che comunque tale circostanza non era stata contestata. In realtà il lavoratore aveva sempre e solo affermato di non essere tenuto a tale prestazione in quanto considerata aggiuntiva, avendo da sempre contestato l'accordo sulla cosiddetta area territoriale. Non aveva mai sostenuto di non avere seguito la prestazione perché altrimenti avrebbe superato l'orario di lavoro ordinario. L'affermazione della Corte si poneva al di là delle deduzioni dello stesso resistente, così ponendosi in violazione delle norme di cui agli artt. 115 e 116 c.p.c., secondo cui il giudice deve decidere sulla base delle risultanze istruttorie ricavabili dalle prove articolate dalle parti, nonché violazione dell'art. 2697 c.c., poiché sarebbe stato onere del lavoratore provare che la prestazione richiesta aveva superato l'orario normale di lavoro, e costituiva pertanto una prestazione di lavoro straordinario. 7. Va preliminarmente disattesa l'eccezione di improcedibilità del ricorso, ex art. 369, comma 2°, n. 4, c.p.c. sollevata dal C. nella memoria ex art. 378 c.p.c., e fondata sul mancato deposito, da parte della Poste Italiane s.p.a., dell'accordo collettivo. Al riguardo, deve rilevarsi che l'onere gravante sul ricorrente, ai sensi dell'art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., di depositare, a pena di improcedibilità, copia dei contratti o degli accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda, può essere adempiuto, in base al principio di strumentalità delle forme processuali e nel rispetto del principio di cui all'art. 111 Cost., letto in coerenza con l'art. 6 della CEDU, in funzione dello scopo di conseguire una decisione di merito in tempi ragionevoli, anche mediante la riproduzione, nel corpo dell'atto d'impugnazione, della sola norma contrattuale collettiva sulla quale si basano principalmente le doglianze, purché il testo integrale del contratto collettivo sia stato prodotto nei precedenti gradi di giudizio e, nell'elenco degli atti depositati, posto in calce al ricorso, vi sia la richiesta, presentata alla cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata, di trasmissione del fascicolo d'ufficio che lo contiene, risultando forniti in tal modo alla S.C. tutti gli elementi per verificare l'esattezza dell'interpretazione offerta dal giudice di merito Cass., 7 luglio 2014, n. 15437 . Nel caso in esame, nel ricorso per cassazione pagg. 6-8 il contenuto dell'accordo del 291712004 su cui si fonda il ricorso è stato trascritto nelle sue parti salienti, è stata specificamente indicata la collocazione dell'atto nel fascicolo di parte ns. doc. n. 14 , ed è stato altresì riportato nell'indice in calce al ricorso l'avvenuto deposito dei fascicoli di parte delle precedenti fasi del giudizio. Il testo dell'accordo collettivo è, poi, puntualmente richiamato nella sentenza impugnata, sicché non vi sono dubbi sul suo complessivo tenore letterale. Deve pertanto ritenersi, nel pieno rispetto del principio di strumentalità delle forme, che l'onere di deposito, imposto dall'art. 369 c.p.c., è stato compiutamente assolto, non senza rimarcare che ciò che viene in discussione nella fattispecie in esame non è l'esatta interpretazione delle norme collettive quanto piuttosto la qualificazione in termini di lavoro straordinario o di lavoro rientrante nell'orario normale della prestazione aggiuntiva richiesta dalla società datrice di lavoro al suo dipendente. 8. I tre motivi di ricorso, che si affrontano congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati, alla luce di precedenti già emessi da questa Corte ed ai quali va data continuità non emergendo dalle argomentazioni svolte in questa sede ragioni che inducono ad un ripensamento. 9. In proposito, si è già affermato cfr. Cass., 14 giugno 2011, n. 12979, e Cass. 4 ottobre 2011, n. 20273 che in tema di astensione collettiva dal lavoro e con riferimento al caso in cui un accordo collettivo contenga una disposizione che obblighi il dipendente a sostituire, oltre la sua prestazione contrattuale già determinata, in quota parte oraria, un collega assente, remunerandolo con una quota di retribuzione inferiore alla maggiorazione per lavoro straordinario, la relativa astensione collettiva da tale prestazione non attiene al legittimo esercizio del diritto di sciopero, ma costituisce inadempimento parziale degli obblighi contrattuali, sicché non sono di per sé illegittime le sanzioni disciplinari irrogate dal datore ai dipendenti che hanno rifiutato la prestazione aggiuntiva loro richiesta v., oltre alle sentenze già citate, Cass., 12 gennaio 2011, n. 548 Cass., 14 giugno 2011, n. 12978 Cass., 14 giugno 2011, n. 12979 10. Le stesse sentenze richiamate cui adde Cass., 4 ottobre 2011, n. 20270 hanno infatti chiarito che non esiste una definizione legislativa dello sciopero. I lineamenti del concetto sono stati individuati sul piano giuridico tenendo conto della storia e delle prassi delle relazioni industriali. Lo sciopero nei fatti si risolve nella mancata esecuzione in forma collettiva della prestazione lavorativa, con corrispondente perdita della relativa retribuzione. Questa mancata esecuzione si estende per una determinata unità di tempo una giornata di lavoro, più giornate, oppure periodi di tempo inferiori alla giornata, sempre che non si vada oltre quella che viene definita minima unità tecnico temporale , al di sotto della quale l'attività lavorativa non ha significato esaurendosi in una erogazione di energie senza scopo. In tale logica, la giurisprudenza, dopo alcune oscillazioni, ha riportato entro la nozione di sciopero anche la mancata prestazione del lavoro straordinario Cass., 28 giugno 1976, n. 2480 , in cui l'astensione ha una precisa delimitazione temporale e concerne tutte le attività richieste al lavoratore. AI contrario, ci si colloca al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. È il caso del c.d. sciopero delle mansioni, comportamento costantemente ritenuto estraneo al concetto di sciopero e pertanto illegittimo dalla giurisprudenza Cass., 28 marzo 1986, n. 2214 . 11. In sostanza, si è al di fuori del diritto di sciopero quando il rifiuto di rendere la prestazione per una data unità di tempo non sia integrale, ma riguardi solo uno o più tra i compiti che il lavoratore è tenuto a svolgere. Alle medesime conclusioni, in precedenza, era pervenuta Cass. 25 novembre 2003, n. 17995, la quale, occupandosi di una situazione analoga, concernente il sistema di sostituzioni entro l'ambito della c.d. areola antecedente dell'area territoriale nell'organizzazione delle Poste , ha affermato che il rifiuto di effettuare la sostituzione del collega assente è rifiuto di esecuzione di una parte delle mansioni, legittimamente richiedibili al lavoratore e non costituisce esercizio del diritto di sciopero , con la conseguenza che deve escludersi l'antisindacalità della scelta datoriale di applicare una sanzione disciplinare v. pure Cass., 16 ottobre 2013, n. 23528 . 12. Va peraltro sottolineato che, in forza dell'accordo del 29 luglio 2004, vincolante per tutti i dipendenti della società, indipendentemente dall'iscrizione ai sindacati stipulanti - in quanto non contiene disposizioni sostan7àalmente e globalmente peggiorative per talune categorie di essi e destinato a regolare uniformemente indivisibili interessi collettivi di tutti i lavoratori Cass. , 8 luglio 2004, n. 12647 - le parti firmatarie del CCNL hanno previsto che l'orario di lavoro giornaliero possa essere di mezz'ora superiore o inferiore alle sei ore, e che, fermo restando le 36 ore settimanali, oltre le quali il lavoro diventa straordinario, la società datrice di lavoro ha il potere di chiedere, con il limite di due ore giornaliere e di dieci ore mensili, che i portalettere smaltiscano, ripartendosela, anche la corrispondenza delle zone non coperte da colleghi assenti. 13. Nell'accordo le parti hanno altresì precisato che le prestazioni straordinarie non comprendono l'obbligo di sostituzione sopra disciplinato . Si è in presenza di una precisa volontà contrattuale di includere lo smistamento della posta dell'agente assente, nei limiti di orario su indicati e con le flessibilità concordate, nelle prestazioni ordinarie, escludendole espressamente dal lavoro straordinario. Ne consegue che l'ulteriore assunto del lavoratore, secondo cui si tratterebbe di prestazioni rientranti nell'ambito dello sciopero proclamato dai COBAS per il periodo oggetto di causa è del tutto infondato. In tal senso è altresì da condividersi il rilievo della ricorrente secondo cui era onere del lavoratore di provare la circostanza che la prestazione lavorativa in questione costituisse lavoro straordinario, ulteriore rispetto alle 36 ore settimanali, prova che nel caso non è stata fornita. 14. Alla luce di queste considerazioni, il rifiuto del lavoratore di effettuare la consegna di una parte della corrispondenza di competenza di un collega assegnatario di altra zona della medesima area territoriale, in violazione dell'obbligo di sostituzione previsto dal contratto collettivo, non è astensione dal lavoro straordinario, ne' astensione per un orario delimitato e predefinito, ma è rifiuto di effettuare una delle prestazioni dovute. Esso può dunque configurare una responsabilità contrattuale e disciplinare del dipendente v. pure Cass., 6 novembre 2014, n. 23672 . 15. Il ricorso deve dunque essere accolto e la sentenza cassata con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione, perché riesamini la controversia alla luce del principio di diritto su espresso e provveda altresì anche alle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'appello di Milano, in diversa composizione. Roma, 26 maggio 2015