Le prove nel giudizio previdenziale

Nel rito del lavoro, il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex artt. 421 e 437 c.p.c., preordinato al superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull’onere della prova, non è censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i mezzi istruttori.

Questo il principio enunciato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 17704/15, depositata il 7 settembre. I poteri ufficiosi del giudice del lavoro. La controversia in materia previdenziale pone l’accento su due problemi. Il primo riguarda la contestazione, nell’ambito del giudizio di legittimità, del mancato esercizio dei cosiddetti poteri ufficiosi” da parte de giudice del lavoro. È noto come gli artt. 421 e 437 c.p.c. affidino al giudice del lavoro ampi poteri istruttori da esercitarsi non solo su istanza di parte, ma anche d’ufficio. La ratio di tale concessione” è superare la meccanica ripartizione dell’onere della prova, in un giudizio ove il dato fattuale – sostanziale deve sempre prevalere su quello formale. La Corte di Cassazione precisa che il mancato esercizio dei poteri ufficiosi è censurabile in sede di legittimità a condizione che la parte interessata abbia avanzato una esplicita richiesta in tal senso nella fase istruttoria del giudizio censurato, indicando anche i mezzi istruttori che si volevano vedere esperiti. L’indicazione della Corte di Cassazione è, quindi, volta alla maggior completezza ed esaustività delle istanze istruttorie, anche con riferimento ai poteri ex artt. 421 e 437 c.p.c Non è invece censurabile in sede di legittimità la scelta del giudice di non esercitare tali poteri. Trattasi, infatti, di facoltà, di discrezionalità nella gestione della fase istruttoria. Nel caso di specie, la Suprema Corte rigetta il motivo di censura in ordine al mancato esercizio dei poteri ufficiosi poiché il ricorrente non ha dedotto i modi ed i termini con cui la Corte territoriale sarebbe stata destinataria di un’istanza di esercizio dei poteri istruttori così facendo, il ricorrente ha violato il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. Diritti ed elementi costitutivi dei diritti. La seconda questione posta alla Corte di Cassazione riguarda le deduzioni del ricorrente, il quale reclamava il suo diritto di ricevere una determinata prestazione assistenziale, a causa del patimento di una malattia - infermità. La Suprema Corte specifica come il ricorrente fosse tenuto a dedurre e provare anche l’elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, vale a dire, il requisito sanitario. Quest’ultimo, infatti, è da intendersi come un vero e proprio elemento costitutivo del diritto e non come mera condizione per l’erogazione della prestazione previdenziale, che possa essere accertata in via extragiudiziale. In tale quadro, quindi, trova applicazione il principio secondo cui l’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento dell’autorità giudiziaria. Il processo, infatti, non può essere radicato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che la parte intenda conseguire. Ne consegue che non sono proponibile azioni autonome di mero accertamento di fatti che costituiscono elementi della fattispecie costitutiva di un diritto un simile accertamento deve essere necessariamente completato da una domanda diretta al conseguimento di un beneficio concreto. In altri termini, un diritto può essere oggetto di una domanda di mero accertamento solo se considerato nella sua interezza, sole se la domanda comporta l’accertamento di tutti gli elementi costitutivi di quel diritto. Nel caso di specie, quindi, la Corte territoriale non avrebbe potuto limitarsi a dichiarare la sussistenza del solo requisito sanitario anche per gli anni successivi a quelli di intervenuto accertamento del diritto alla prestazione assistenziale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 3 giugno – 7 settembre 2015, n. 17704 Presidente Coletti De Cesare – Relatore Bandini Svolgimento del processo T.F. convenne in giudizio l'Inps, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comune di Roma e la Regione Lazio per ottenere il riconoscimento del diritto all'assegno mensile di assistenza il Giudice adito, affermata l'esclusiva legittimazione passiva dell'Inps, respinse la domanda. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 28.4-12.12.2009, accogliendo per quanto di ragione il gravame del T. , ne accertò il diritto alla prestazione assistenziale richiesta a decorrere dal 1.1.2002 e fino al 31.12.2003, rilevando che in base alle risultanze della CTU rinnovata in grado d'appello era risultata la sussistenza del requisito sanitario già alla data della domanda amministrativa 20.2.2001 - la condizione di incollocato al lavoro era provata a far tempo dal 5.9.2001, data di iscrizione nell'elenco del collocamento dei disabili - in base alla documentazione dimessa certificato Agenzia delle Entrate in data 4.5.2004 la insussistenza dei redditi ostativi era stata documentata in relazione agli anni 2002/2003. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale T.F. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi. L'Inps, il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Comune di Roma hanno resistito con distinti controricorsi. La Regione Lazio non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Va preliminarmente rilevata l'inammissibilità della produzione, effettuata con il ricorso per cassazione, di una certificazione dell'Agenzia delle Entrate datata 25.5.2010, non riguardando tale documento la nullità della sentenza impugnata o l'ammissibilità del ricorso art. 372 cpc . 2. Con il primo motivo, denunciando vizio di motivazione, il ricorrente si duole che la Corte territoriale non abbia riconosciuto il diritto alla prestazione richiesta a partire dal settembre 2001, mese in cui si era perfezionato il requisito dell'incollocabilità al lavoro ciò in quanto la certificazione dell'Agenzia delle Entrate prodotta in causa e richiamata dalla sentenza impugnata aveva attestato che esso ricorrente non aveva mai presentato dichiarazione dei redditi e che solo nel 2002 erano stati percepiti redditi per lavoro indipendente pari ad Euro 548. 2.1 Contrariamente a quanto eccepito dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, nel presente giudizio non trova applicazione ratione temporis , l'art. 366 bis cpc, la sentenza impugnata essendo stata pubblicata dopo l'intervenuta abrogazione di tale norma. Deve inoltre considerarsi che la Corte territoriale, ponendo a base della decisione la ridetta certificazione dell'Agenzia delle Entrate del 4.5.2004, ha, con ciò stesso, riconosciuto l'ammissibilità della relativa produzione. 2.2 Ciò premesso deve rilevarsi che la sentenza impugnata ha ritenuto che la certificazione rilasciata dall'Agenzia delle Entrate costituisca idonea fonte probatoria in ordine alla situazione reddituale dell'invalido tuttavia la Corte territoriale non ha spiegato le ragioni per cui le risultanze di tale certificazione, per quanto relative alla mancata presentazione dei redditi anche nell'anno 2001, non valga a comprovare, per tale anno, l'insussistenza di redditi ostativi. Sussiste al riguardo un vizio di insufficiente motivazione, onde il motivo all'esame merita accoglimento. 3. Con il secondo motivo, denunciando violazione di plurime norme di legge con espresso riferimento all'art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, cpc , il ricorrente svolge due censure - con la prima lamenta che la Corte territoriale non abbia attivato i propri poteri istruttori officiosi concedendo termine per il deposito della documentazione reddituale aggiornata - con la seconda lamenta che la Corte territoriale non abbia, per il periodo successivo al 2003, dichiarato la sussistenza del requisito sanitario, assumendo l'ammissibilità di un'azione di accertamento al riguardo, trattandosi di condizione comportante benefici sussidiari ulteriori a quelli economici. 3.1 La prima censura è infondata, poiché, come condivisibilmente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, nel rito del lavoro, il mancato esercizio da parte del giudice dei poteri ufficiosi ex artt. 421 e 437 cpc, preordinato ai superamento di una meccanica applicazione della regola di giudizio fondata sull'onere della prova, non è censurabile con ricorso per cassazione ove la parte non abbia investito lo stesso giudice di una specifica richiesta in tal senso, indicando anche i relativi mezzi istruttori cfr, ex plurimis , Cass., nn. 14731/2006 6023/2009 22534/2014 , laddove, nel caso all'esame, il ricorrente non ha precisato, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, i termini e i modi con cui la Corte territoriale sarebbe stata destinataria di una istanza al riguardo. 3.2 Quanto alla seconda censura deve rilevarsi che il requisito sanitario costituisce un elemento costitutivo del diritto alla prestazione assistenziale, la cui prova è a carico del soggetto richiedente, e non già una mera condizione di erogazione del beneficio che possa essere accertata in sede extragiudiziale cfr, ex plurimis , Cass., nn. 13279/2003 23762/2009 . Trova dunque applicazione il principio secondo cui l'interesse ad agire richiede non solo l'accertamento di una situazione giuridica, ma anche che la parte prospetti l'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice, poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per la parte, senza che sia precisato il risultato utile e concreto che essa intenda in tal modo conseguire con la conseguenza che non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionari della fattispecie costitutiva di un diritto, che può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella sua interezza cfr, ex plurimis , Cass., 2051/2011 6731/2014 1035/2015 . Considerato che, nel caso all'esame, la prestazione richiesta è stata proprio l'assegno di assistenza ex art. 13 legge n. 118/71, per il quale il requisito sanitario costituisce uno dei requisiti costitutivi del relativo diritto, la Corte territoriale non avrebbe potuto limitarsi a dichiarare la sussistenza del solo requisito sanitario anche per gli anni successivi a quelli di intervenuto accertamento del diritto alla prestazione assistenziale. Anche la censura all'esame è quindi infondata. 3.3 Nei distinti profili in cui si articola il secondo motivo va pertanto rigettato. 4. Come rilevato dalla Corte territoriale, il primo Giudice aveva affermato l'esclusiva legittimazione passiva dell'Inps con consequenziale diniego della legittimazione passiva degli altri originari convenuti tale statuizione non risulta essere stata oggetto di gravame in appello e, pertanto, sul difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'Economia e delle Finanze e del Comune di Roma, eccepito in controricorso da tale Enti, si è ormai formato il giudicato interno. 5. Conclusivamente solo il primo motivo di ricorso merita accoglimento per l'effetto la sentenza impugnata va cassata in relazione alla censura accolta, con rinvio per nuovo esame al Giudice designato in dispositivo, che provvederà altresì sulle spese del presente giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura svolta e rinvia, anche per le spese, alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.