Netturbino in pausa anticipata, meglio giocare a carte che pulire le strade: licenziamento eccessivo

Sotto accusa il dipendente di una ‘municipalizzata’, beccato in un circolo ricreativo a giocare a carte, mentre, come da orario di lavoro, avrebbe dovuto essere ancora impegnato a pulire le strade. A sorpresa, però, l’uomo salva il posto di lavoro viene ritenuta sproporzionata la sanzione adottata dall’azienda.

‘Pausa’ anticipata per il dipendente di una ‘municipalizzata’, operativa, in un grande Comune italiano, nel settore della raccolta dei rifiuti. L’uomo, inquadrato come operatore ecologico, decide di affrettare i tempi e stoppare il lavoro così si allontana – alle 10.15, e non, come previsto, alle 10.30 – dalla zona di sua competenza per recarsi in un circolo ricreativo. E lì viene beccato dalle forze dell’ordine a giocare a carte, mentre un collega si diletta, sempre in quel contesto, coi ‘video-poker’ Evidente l’abuso compiuto dal lavoratore. Ciò, però, non può dare il ‘la’ al provvedimento estremo adottato dall’azienda, ossia il licenziamento. Così l’uomo salva il suo posto come operatore ecologico, e, per giunta, incassa un risarcimento corposo, pari a cinque stipendi, nonostante egli sia stato reintegrato appena due mesi dopo la cacciata dall’azienda Cass., sentenza n. 13700/2015, Sezione Lavoro, depositata oggi . Pausa. Nessun dubbio – anche grazie al resoconto fatto dagli uomini delle forze dell’ordine, che hanno effettuato il blitz nel circolo ricreativo – sulla condotta tenuta dall’uomo, il quale ha subito ammesso il proprio comportamento . Allo stesso tempo, però, egli sostiene che non vi sia stata proporzionalità tra la sanzione adottata e gli addebiti a lui mossi. E quest’ultima obiezione viene ritenuta esatta dai giudici di merito, i quali sanciscono che la sanzione espulsiva decisa dall’azienda è sproporzionata . Consequenziale la reintegra del lavoratore nel suo posto di lavoro . E, a corredo, l’azienda viene anche condannata a risarcire il danno subito dal dipendente, versandogli cinque mensilità dell’ultima retribuzione . Sanzione. Inevitabili le rimostranze da parte dell’azienda, secondo cui vi sono tutti i presupposti per cacciare definitivamente il dipendente. Più in particolare, viene sostenuto, col ricorso in Cassazione, che non rilevava la condotta in sé, comunque grave, quanto le ripercussioni sui futuri adempimenti , soprattutto tenendo presente la evidente volontà del lavoratore di raggirare la datrice di lavoro . Peraltro, viene evidenziato che anche l’altro dipendente beccato nel circolo ricreativo , però a giocare al ‘video-poker’ , fu licenziato , ma quel provvedimento aziendale è stato, invece, ritenuto legittimo . Come si spiega questa differenza, pur essendo entrambi i dipendenti inquadrati come addetti alla nettezza urbana e pur avendo compiuto l’identica violazione nei confronti dell’azienda? Per i giudici del ‘Palazzaccio’, però, tutte le obiezioni mosse dalla società si rivelano inutili. Ciò significa che la sanzione adottata, ossia il licenziamento , è assolutamente sproporzionata rispetto alla condotta del lavoratore. Detto in maniera chiara, la pausa anticipata non è poi così grave, secondo i giudici Per motivare questa valutazione viene sottolineato, tra l’altro, che l’allontanamento dal posto di lavoro era avvenuto con un solo quarto d’ora di anticipo rispetto a quello previsto , e che il circolo ricreativo era all’incrocio con la strada dove il dipendente doveva prestare servizio . Senza dimenticare, poi, sempre secondo i giudici, che il disvalore della condotta era attenuato dal fatto che essa non era intrinsecamente illecita , trattandosi semplicemente di gioco delle carte , e che comunque non era stato provocato un disservizio rilevante . Impensabile, poi, anche l’ipotesi del danno all’immagine , lamentato dall’azienda su questo punto, in particolare, i giudici richiamano la mancanza di clamore della vicenda .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 24 marzo – 3 luglio 2015, numero 13700 Presidente Stile – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Napoli, C.C. espose di aver lavorato alle dipendenze della società ASIA a far tempo dal 13.12.00 fino al 24.5.2006 - data del suo licenziamento - con mansioni di operatore ecologico. Riferì il ricorrente le circostanze di fatto, risultanti da verbale di P.S., inerenti l'episodio del 28.4.2006, data in cui era stato sorpreso, intorno alle 10,15, in un circolo ricreativo, essendosi allontanato anticipatamente dal posto di lavoro per fruire della pausa, fissata alle successive ore 10,30. Il C., ammesso il proprio comportamento, dedusse il difetto di proporzionalità tra la sanzione e gli addebiti mossi e convenne in giudizio la società chiedendo dichiararsi l'illegittimità del licenziamento, con le conseguenze di cui all'art. 18 St.lav. Si costituiva la società deducendo la infondatezza della domanda. Alla luce delle prove documentali versate in atti, con sentenza in data 3.7.2008, il Tribunale, in linea con la decisione già assunta in sede cautelare, accoglieva il ricorso, ritenendo sproporzionata la sanzione espulsiva e condannando la società a reintegrare il lavoratore nel suo posto di lavoro, con condanna della società al risarcimento del danno pari alle retribuzioni che il C. avrebbe percepito dal licenziamento alla effettiva reintegra. Avverso tale decisione proponeva appello la società ASIA, lamentando l'erronea valutazione delle risultanze istruttorie e la gravità dei fatti nel contesto di causa, con particolare riguardo alle circostanze in cui avvenne la condotta censurata ed all'elemento intenzionale alla presenza del C. in un circolo ricreativo intento a giocare a carte indossando la divisa di lavoro, con danno anche all'immagine della società. Resisteva il C. proponendo altresì appello incidentale diretto ad ottenere il risarcimento dei danno nella misura minima di cinque mensilità essendo stato reintegrato in via d'urgenza dopo due mesi dal licenziamento . La Corte d'appello di Napoli, con sentenza depositata il 30 giugno 2011, rigettava il gravame principale ed accoglieva l'incidentale, condannando la società al risarcimento del danno quantificato in cinque mensilità dell'ultima retribuzione. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la ASIA s.p.a., affidato ad unico motivo. Resiste il C. con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1.-La ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2106 e 2119 c.c., oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia art. 360, comma 1, nnumero 3 e 5 c.p.c. . Lamenta che la sentenza impugnata valutò erroneamente le circostanze di causa quali emergevano dagli atti. In particolare deduce che le specificazioni del parametro normativo della giusta causa hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge Cass. numero 25144\10 . Lamenta la società che per stabilire in concreto l'esistenza di una giusta causa di licenziamento occorre valutare da un lato la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi ed all'intensità dell'elemento intenzionale, dall'altro la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, stabilendo se la lesione dell'elemento fiduciario su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro sia in concreto tale da giustificare o meno la massima sanzione disciplinare. Evidenzia che nella specie non rilevava la condotta in sé, ad avviso della ricorrente comunque grave, quanto le ripercussione di essa sui futuri adempimenti. Lamenta inoltre la insufficiente valutazione della condotta censurata concretantesi nell'essere il lavoratore stato sorpreso durante l'orario di lavoro in un circolo ricreativo intento a giocare a carte con la divisa aziendale con riferimento al complessivo contesto fattuale ed alla intensità dell'elemento psicologico, evidenziando a tale riguardo il mancato esame della volontà del lavoratore di raggirare la datrice di lavoro, mentre risultava comunque erronea la tesi della Corte partenopea secondo cui le modeste mansioni dei lavoratore addetto alla nettezza urbana non connotavano in modo particolare il vincolo fiduciario tra le parti, tale da giustificare il recesso. Lamenta ancora che la sentenza impugnata valutò diversamente, senza adeguata motivazione, la condotta tenuta dal collega D.M., col quale fu sorpreso insieme al C. nel circolo ricreativo di cui alla contestazione. Evidenzia al riguardo che il licenziamento dei collega fu ritenuto legittimo sia dal Tribunale che dalla medesima Corte partenopea in altro giudizio. Lamenta che la sentenza impugnata argomentò erroneamente circa la diversità delle posizioni, fondate sul semplice argomento che il D.M. venne sorpreso a giocare illecitamente al videopoker ed aveva declinato false generalità agli agenti di P.S. intervenuti per effettuare controlli. Si duole infine che l'attività lavorativa di entrambi i dipendenti, svolgendosi lungo le strade, rendevano difficoltosi i controlli, sicché maggiore doveva ritenersi la violazione dei vincolo fiduciario. 2.-Il ricorso è sostanzialmente inammissibile prima che infondato. Deve innanzitutto evidenziarsi che il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato, per cui non sussiste motivazione contraddittoria allorché, come nella specie, dalla lettura della sentenza, non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà dei giudice Cass. sez.unumero numero 25894\10 . Deve poi rimarcarsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte dei provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa viceversa, l'allegazione di un'erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all'esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l'aspetto dei vizio di motivazione. Il discrimine tra l'una e l'altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell'erronea ricognizione dell'astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato dal fatto che solo quest'ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa ex piurimis, Cass. 16 luglio 2010 numero 16698 Cass. 26 marzo 2010 numero 7394 . E'evidente che nella fattispecie la censura in esame è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa, risolvendosi in un vizio di motivazione, col quale la società ricorrente sottopone a questa S.C. una nuova valutazione delle circostanze di causa ed una diversa qualificazione dei fatti oggetto della contestazione disciplinare. Deve poi rimarcarsi che se è vero che le specificazioni del parametro normativo della giusta causa di licenziamento hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è, quindi, deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa, owero a far sussistere la proporzionalità tra infrazione e sanzione, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici Cass. numero 5095\11, Cass. numero 6498\12 . Deve allora ribadirsi che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360, comma primo, numero 5 cod. proc. civ. nel testo antecedente l'entrata in vigore della novella del 2012 , non equivale alla revisione del ragionamento decisorio , ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità ne consegue che risulta del tutto estranea all'ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l'autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa. Né, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un non consentito giudizio di merito, se - confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie - prendesse d'ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso sub specie di omesso esame di un punto decisivo. Del resto, il citato art. 360, comma primo, numero 5, cod. proc. civ. non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l'esame e la valutazione operata dal giudice dei merito al quale soltanto spetta individuare le fonti dei proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione ex plurimis, Cass. 6 marzo 2006 numero 4766 Cass. 25 maggio 2006 numero 12445 Cass. 8 settembre 2006 numero 19274 Cass. 19 dicembre 2006 numero 27168 Cass. 27 febbraio 2007 numero 4500 Cass. 26 marzo 2010 numero 7394 . Nella specie la Corte di merito ha congruamente motivato la sproporzione della sanzione rispetto al fatto contestato ed alle specifiche risultanze di causa, evidenziando che l'allontanamento dal posto di lavoro era avvenuto con un solo quarto d'ora di anticipo rispetto a quello previsto ore 10,15 rispetto alla pausa delle 10,30 che il locale in cui fu rinvenuto il C. era all'incrocio con la Via Porzio ove il dipendente doveva prestare servizio che il disvalore della condotta era attenuato dai fatto che la condotta del C. non era intrinsecamente illecita gioco delle carte, a differenza del collega D.M. sorpreso invece al gioco del videopoker , né aveva provocato un disservizio rilevante che il C., privo di precedenti disciplinari, faceva parte d una squadra destinataria di un encomio da parte della società che l'art. 65 del c.c.numero i. prevedeva il licenziamento senza preavviso solo per mancanze di entità tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria dei rapporto, quali la insubordinazione seguita da vie di fatto, furto, condanna per reati infamanti che il danno all'immagine non poteva ritenersi sussistente stante la mancanza di clamore della vicenda e che pochi minuti dopo l'accertamento dei fatti in sostanza dopo le 10,30 , ben avrebbe potuto il C., in legittima pausa dal lavoro, intrattenersi nel locale in questione con la divisa di lavoro senza commettere alcun illecito. Trattasi in definitiva di accertamento dei fatti, rimesso al prudente apprezzamento dei giudice di merito, congruamente motivato ed immune da vizi logico giuridici. Inammissibile, oltre che infondata, risulta la censura della mancata valutazione, da parte della sentenza impugnata, circa la sussistenza, in subordine, di un giustificato motivo soggettivo di licenziamento. Ed invero la doglianza non risulta proposta in sede di merito né la ricorrente deduce specificamente dove, in quali termini ed in quale sede essa sarebbe stata proposta , e comunque la Corte partenopea risulta avere, sia pure implicitamente, esaminato la questione, escludendo sulla base degli accertamenti compiuti la sussistenza anche di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali, ritenendo comunque sproporzionata una sanzione espulsiva, ritenendo semmai legittima una sanzione conservativa pag. 8 sentenza impugnata . 3.-Il ricorso deve in definitiva rigettarsi. Le spese di lite seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore del C., dichiaratosi antecipante. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in €.100,00 per esborsi, €.3.500,00 per compensi, oltre spese generali ed accessori di legge, da distrarsi in favore dell'avv. Bruno Mele.