La comunicazione ai lavoratori e alle OO.SS. deve essere contestuale, pena l’illegittimità del licenziamento

In tema di licenziamenti collettivi, il requisito della contestualità della comunicazione del recesso al lavoratore, alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro, richiesto a pena d'inefficacia del licenziamento medesimo, non può che essere valutato, in una procedura temporalmente cadenzata, in modo rigido ed analitico, e con termini molto ristretti, nel senso di una necessaria ed ineliminabile contemporaneità delle due comunicazioni la cui mancanza, solo se sostenuta da giustificati motivi di natura oggettiva, da comprovare dal datore di lavoro, può non determinarne l'inefficacia.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 8650, pubblicata il 29 aprile 2015. Il caso. Un lavoratore impugnava il licenziamento intimatogli all’esito di procedura ex l. n. 223/1991, ritenendo violate le norme procedurali dettate dall’art. 4 della medesima normativa. Il Tribunale del lavoro accoglieva la domanda, dichiarando l’illegittimità del licenziamento. La Corte d’appello, su ricorso dell’azienda riformava la sentenza di primo grado, dichiarando legittimo il licenziamento. Ricorreva in Cassazione il lavoratore per la riforma della sentenza d’appello. La comunicazione dei licenziamenti ex art. 4, comma 9, l. n. 223/1991. Il lavoratore ricorrente censura la sentenza del giudice d’appello, ritenendo violate le disposizioni dettate dall’art. 4, comma 9, l. n. 223/1991. In particolare la norma viene ritenuta violata in quanto l’azienda comunicò al lavoratore il provvedimento di recesso in data 1/3/2004, mentre la comunicazione alle OO.SS. ed all’Ufficio del lavoro competente venne inviata soltanto il 26/3/2004, quindi a quasi un mese di distanza. Da ciò viene dedotta la violazione dell’obbligo di contestualità fra intimazione di licenziamento e comunicazione alle OO.SS. dell’elenco dei lavoratori licenziati e dei correlati criteri di scelta. Violato il principio di contestualità. La Corte di Cassazione ritiene fondato il motivo di impugnazione proposto dal lavoratore. Costituisce principio di diritto consolidato e più volte affermato in sede di legittimità quello secondo il quale vi deve essere contestualità tra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali ed ai competenti uffici del lavoro dell’elenco dei dipendenti licenziati e delle modalità e criteri di scelta degli stessi. Secondo i giudici di legittimità, la lettera della disposizione di cui all'art. 4, comma 9, l. n. 223/1991 e la sua ratio , che, in funzione di garanzia dei licenziati, è quella di rendere visibile e quindi controllabile dalle organizzazioni sindacali e tramite queste dai singoli lavoratori la correttezza del datore di lavoro in relazione alle modalità di applicazione dei criteri di scelta, portano a ritenere che il requisito della contestualità della comunicazione del recesso ai competenti uffici del lavoro e ai sindacati rispetto a quella al lavoratore - comunicazioni entrambe richieste a pena di inefficacia del licenziamento - non può non essere valutato, in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido e analitico, e con termini ristretti, nel senso di una necessaria contemporaneità la cui mancanza vale ad escludere la sanzione della inefficacia del licenziamento solo se dovuta a giustificati motivi di natura oggettiva da comprovare da parte del datore di lavoro. Contestualmente” va riferito alla data della comunicazione del recesso, non alla sua decorrenza. Secondo la Corte d’appello la contestualità delle comunicazioni era sussistente in quanto la lettera di licenziamento, pur inviata l’1/3/2004, individuava come efficacia del recesso il successivo 31.3 e pertanto, essendo stata inviata il 26/3 la comunicazione a sindacati e ufficio del lavoro, questa doveva essere considerata contestuale al licenziamento stesso. Al contrario, la Suprema Corte ritiene che la Corte di merito abbia errato nella propria decisione, discostandosi dai principi di diritto sul punto, come sopra esaminati. L’avverbio contestualmente” utilizzato nella norma in esame, deve necessariamente essere riferito alla data di comunicazione del licenziamento, non alla data della sua efficacia. Solo così viene garantita quella possibilità di controllo, da parte del lavoratore e delle organizzazioni sindacali, della correttezza da parte del datore di lavoro dei criteri di scelta da questi adottati. E conseguentemente dar modo al lavoratore licenziato di adeguatamente esercitare il diritto di difesa. Rischio di vanificazione della possibilità di impugnazione. Un altro aspetto, secondo i giudici di legittimità, fa propendere per l’errata applicazione del principio da parte della Corte d’appello il licenziamento costituisce atto unilaterale recettizio e si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del datore di lavoro giunge a conoscenza del lavoratore. E il termine di decadenza previsto dall’art. 6 l. n. 604/1966 decorre dalla comunicazione del licenziamento e non dalla eventuale sua efficacia successiva. Consegue che, collocare la contestualità della comunicazione prevista dall’art. 4, comma 9, l. n. 223/91 non all’intimazione del licenziamento ma alla sua decorrenza successiva, significa privare di fatto il lavoratore della possibilità di impugnare il licenziamento stesso, o quanto meno di limitare sensibilmente la possibilità di difesa, dovendo attendere la comunicazione contenente i criteri di scelta adottati dal datore di lavoro, con il rischio di consumare l’arco temporale dell’impugnazione. In accoglimento del motivo di ricorso proposto dunque, la sentenza impugnata è stata cassata con rinvio ad altra Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 14 gennaio – 29 aprile 2015, n. 8680 Presidente Stile – Relatore Manna Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 19.11.11 la Corte d'appello di Roma, in totale riforma della pronuncia n. 15213/07 del Tribunale della stessa sede, rigettava la domanda con cui d.C.E. quadro direttivo di 1 livello aveva chiesto dichiararsi l'illegittimità del licenziamento intimatogli il 1.3.2004 da Intesa Sanpaolo S.p.A. nel quadro di una procedura di riduzione di personale ex lege n. 223/91 ed avente efficacia dal 31.3.04. Per la cassazione della sentenza ricorre d.C.E. affidandosi a quattro motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c. Intesa Sanpaolo S.p.A. è rimasta intimata. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo il ricorso lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 4 legge n. 223/91 per mancato controllo, da parte della Corte territoriale, della specificità, completezza, veridicità, esattezza ed effettività delle ragioni addotte nella comunicazione inviata da Intesa Sanpaolo S.p.A. ex art. 4 cit, comunicazione che si limitava a parlare di un'esigenza di riduzione di personale contenuta in un piano di riorganizzazione di impresa in realtà volto solo ad un generale svecchiamento degli organici, atteso che i licenziamenti collettivi erano stati seguiti da migliaia di assunzioni di giovani nuovi lavoratori. Con il secondo motivo il ricorso deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 4 co. 9 legge n. 223/91 per non contestualità fra il licenziamento intimato il 1.3.04 e la comunicazione relativa alle modalità di applicazione dei criteri di scelta del personale da licenziare, inviata solo il 26.3.04. Con il terzo motivo il ricorso si duole di violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sull'autonoma ragione di illegittimità del licenziamento consistente nella dedotta violazione dei criteri di scelta e nell'essere stato il ricorrente licenziato nonostante che fosse stato già superato il numero di esuberi programmati. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sulla domanda di accertamento della nullità del licenziamento per discriminazione in ragione dell'età. 2 Il secondo motivo da esaminarsi preliminarmente perché di per sé idoneo a determinare l'inefficacia del licenziamento per cui è causa è fondato. In forza di giurisprudenza ormai da tempo consolidata in tema di adempimento dell'onere di cui all'art. 4 co. 9 legge n. 223/91 cfr., e pluribus, Cass. n. 7490/11 Cass. n. 7407/10 Cass. n. 16776/09 Cass. n. 1722/09 Cass. n. 15898/05 , il requisito della contestualità fra comunicazione del recesso al lavoratore e comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro dell'elenco dei dipendenti licenziati e delle modalità di applicazione dei criteri di scelta, contestualità richiesta a pena d'inefficacia del licenziamento, deve essere valutato in una procedura temporalmente cadenzata in modo rigido, analitico e con termini molto ristretti nel senso di una indispensabile contemporaneità delle due comunicazioni, la cui mancanza può non determinare l'inefficacia del recesso solo se sostenuta da giustificati motivi di natura oggettiva, della cui prova è onerato il datore di lavoro. La sentenza impugnata si è discostata da tale insegnamento rilevando che nel caso di specie la lettera di licenziamento era sì stata inviata il 1.3.04, ma con individuazione dell'efficacia del recesso a partire dal 31.3.04, sicché rispetto a tale ultima data la comunicazione alle organizzazioni sindacali e agli uffici del lavoro, inviata solo il 26.3.04, si sarebbe dovuta considerare come sostanzialmente contestuale al licenziamento medesimo. Ma a ciò va obiettato che l'avverbio contestualmente viene adoperato in relazione alla data di comunicazione del licenziamento, il che è cosa diversa dalla data della sua efficacia. Ciò è confermato dalla ratio della disposizione in commento. Infatti, essendo sufficiente che il licenziamento venga comunicato per iscritto senza necessità di ulteriore motivazione nel regime vigente prima della legge n. 92/2012, che è quello che viene in rilievo nel caso in esame , solo attraverso le comunicazioni di cui all'art. 4 co. 9 cit. l'interessato può apprendere, seppur in via indiretta, le ragioni della sua messa in mobilità cfr. Cass. n. 11258/2000 Cass. n. 5718/99 . Dunque, la comunicazione ex art. 4 co. 9 legge n. 223/91 risponde alla funzione di rendere visibile e, quindi, controllabile dalle organizzazioni sindacali e, tramite queste, anche dai singoli lavoratori la correttezza del datore di lavoro in relazione alle modalità di applicazione dei criteri di scelta. La concreta possibilità di tale controllo è l'indispensabile presupposto affinché il lavoratore possa motivatamente sollecitare il datore di lavoro a revocare il licenziamento magari evidenziando la violazione dei criteri di scelta e poi, se del caso, impugnare in sede giudiziaria il recesso. In tale ottica è pur consentito che le comunicazioni precedano l'intimazione dei licenziamenti, così meglio assolvendosi quella funzione di garanzia e controllo di cui s'è detto, il che permette al datore di lavoro di attenuare la rigidità degli oneri posti a suo carico. Non è invece possibile ritenere il contrario, a meno che tale contestualità sia stata resa impossibile per caso fortuito o forza maggiore da dimostrarsi ad iniziativa del datore di lavoro il che non risulta essere avvenuto nella vicenda in oggetto . Infatti, decorrendo il termine per impugnare il recesso, secondo il chiaro dettato normativo, in ogni caso dalla sua comunicazione per iscritto, la mancanza delle contestuali comunicazioni già attribuisce all'interessato il diritto di ottenere l'accertamento dell'inefficacia del licenziamento, di guisa che la tardiva comunicazione non può eliminare una situazione di vantaggio per lui già consolidatasi. A ciò si aggiunga un'ulteriore considerazione il licenziamento, in quanto negozio unilaterale recettizio, si perfeziona nel momento in cui la manifestazione di volontà del datore di lavoro giunge a conoscenza del dipendente, sicché il termine di decadenza previsto dall'art. 6 legge n. 604/66 decorre dalla comunicazione del licenziamento e non dal momento, eventualmente successivo, di cessazione del rapporto di lavoro cfr. Cass. n. 6845/2014 . Pertanto, collegare la contestualità della comunicazione di cui all'art. 4 co. 9, secondo periodo, legge n. 223/91 non all'intimazione del licenziamento, ma alla data di sua efficacia efficacia che può risultare posticipata anche di qualche mese -indurrebbe il lavoratore o a dover attendere la suddetta comunicazione alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro per poter apprendere compiutamente le modalità di applicazione dei criteri di scelta del personale licenziato, con il rischio di consumare nel frattempo in tutto o in gran parte l'arco dei 60 giorni entro cui adempiere l'onere previsto dall'art. 6 legge n. 604/66, oppure procedere in via prudenziale sempre e comunque all'impugnativa extragiudiziale del licenziamento anche quando, all'esito della successiva verifica delle suddette modalità, esso si riveli senza dubbio alcuno legittimo. In breve, una nozione elastica del requisito della contestualità contraddice la funzione di garanzia dei lavoratori licenziati attribuita alle comunicazioni da inviare alle organizzazioni sindacali e ai competenti uffici del lavoro e si rileva incoerente con il disegno normativo contenuto nella legge n. 223/91. La riscontrata violazione determina di per sé, ai sensi dell'art. 5 co. 3 legge n. 223/1991, l'inefficacia del licenziamento dell'odierno ricorrente. Per l'effetto, rimangono assorbite le ulteriori doglianze formulate in ricorso. 3 In conclusione, deve accogliersi il secondo motivo, con conseguente assorbimento delle restanti censure. Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione che, stante la sopra accertata inefficacia del licenziamento, dovrà pronunciarsi soltanto sulle relative conseguenze ex art. 18 legge n. 300/70. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti i restanti e cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Roma in diversa composizione.