Azione lenta dell’azienda: inefficace il licenziamento

Decisivo il ritardo nella contestazione dei comportamenti addebitati al dipendente. E quest’ultimo ottiene anche un risarcimento, pari a circa 18mila euro, per il danno subito a seguito della perdita del posto di lavoro.

Tempi di reazione lentissimi, quelli dell’azienda Ciò rende inefficace il licenziamento adottato a gennaio 2004 nei confronti del dipendente, e fondato su comportamenti contestatigli già a dicembre 2002. A corredo, peraltro, anche il riconoscimento di un risarcimento a favore del lavoratore Cass., sent. n. 8513/2015, Sezione Lavoro, depositata oggi . Posto di lavoro. Sconfitta su tutta la linea per l’azienda – ‘Poste Italiane’, per la precisione –, che, tra Tribunale e Corte d’appello, vede dichiarata la inefficacia del licenziamento adottato nei confronti di un dipendente, ritenuto colpevole di condotte non proprio cristalline nella gestione di alcuni titoli poi sequestrati . Per i giudici, in sostanza, la datrice di lavoro era conoscenza dei fatti contestati al dipendente fin dal marzo 2002, e, una volta formulate le conclusioni dell’ internal auditing a luglio 2003, sarebbe stato onere dell’azienda procedere all’immediata contestazione degli addebiti al dipendente . Peraltro, è stato anche ritenuto acclarato, alla luce delle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, nominato nel giudizio di appello , il danno biologico subito dal lavoratore in conseguenza dell’illegittimo licenziamento . Azione e danno. E ora, nel contesto della Cassazione, nonostante le obiezioni mosse dall’azienda, viene ribadita la vittoria del lavoratore. Decisivo, anche per i giudici del ‘Palazzaccio’, è il dato relativo al ritardo nell’azione dell’azienda. Su questo fronte, in particolare, la complessità dell’organizzazione della datrice di lavoro e la relativa complessità del procedimento di accertamento dell’infrazione contestata non possono essere considerati come giustificazione del ritardo nella contestazione , soprattutto perché il ‘report’ relativo ai fatti oggetto della contestazione è stato immediatamente trasmesso, in via riservata, ai firmatari della lettera di contestazione, senza l’adozione di alcuna misura, anche provvisoria, che impedisse la permanenza del lavoratore in azienda . Confermato, infine, è anche il risarcimento a favore del dipendente quest’ultimo riceverà oltre 18mila euro da ‘Poste Italiane’. Non discutibile, sottolineano i giudici, il danno subito dal lavoratore. Altrettanto evidente che il licenziamento abbia costituito almeno concausa di quel danno . E tale ultima circostanza, acclarata dal consulente medico-legale d’ufficio , concludono i giudici, è sufficiente a legittimare la responsabilità del datore di lavoro .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 novembre 2014 – 27 aprile 2015, n. 8513 Presidente Vidiri – Relatore Maisano Svolgimento del processo Con sentenza del 3 maggio 2006 il Tribunale di Lecce ha dichiarato l'inefficacia del licenziamento intimato a P.F. da Poste Italiane s.p.a. in data 14 gennaio 2004 a motivo della tardività della contestazione disciplinare del 3 dicembre 2002 relativa a comportamenti di cui il datore di lavoro era a conoscenza a seguito di relazione di internal auditing resagli il 3 luglio 2003. Con sentenza del 24 maggio 2011 la Corte d'appello di Lecce ha confermato tale statuizione e, in parziale accoglimento dell'appello incidentale proposto dal lavoratore, ha condannato Poste Italiane al pagamento in suo favore della somma di e 18.178,00 a titolo di risarcimento del danno. Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale ha motivato tale pronuncia considerando che non vi è prova documentale che i titoli sequestrati oggetto della contestazione disciplinare in questione siano tornati in possesso di Poste Italiane solo nel settembre 2003 come invece dedotto dalle stesse Poste Italiane, mentre la stessa contestazione fa riferimento a reiterate violazioni poste in essere dal P. nel periodo novembre 1997-novembre 2000, violazioni definite dalla stessa società Poste Italiane quali addebiti di analoga fattispecie di quelli di cui alla precedente sanzione disciplinare irrogata in data 18 marzo 2002, per cui la Corte d'appello di Lecce ha considerato che la datrice di lavoro era a conoscenza dei fatti contestati al dipendente fin dal marzo 2002, e, una volta formulate le conclusioni dell' internal auditing in data 3 luglio 2003, sarebbe stato onere di Poste Italiane procedere all'immediata contestazione al dipendente degli addebiti in questione. In ordine al risarcimento del danno la Corte territoriale ha accolto le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio nominato nel giudizio di appello, in relazione al danno biologico subito dal P. in conseguenza dell'illegittimo licenziamento. Poste Italiane propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a tre motivi. Resiste il P. con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ex art. 360, n. 3 cod. proc. civ., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che, contrariamente a quanto affermato dal giudice d'appello, la circostanza per cui la documentazione sequestrata costituita dai titoli oggetto della contestazione disciplinare in questione, è ritornata in possesso di Poste Italiane solo nel settembre 2003 sarebbe riconosciuta dallo stesso P. che si è limitato a dedurre l'irrilevanza della documentazione stessa. Con il secondo motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5 cod. proc. civ. con riferimento all'eccezione di tardività della sanzione disciplinare. In particolare si assume che il lasso di tempo necessario per procedere alla contestazione è dovuto ai necessari accertamenti ed alla procedura di deliberazione complessa in una società grossa ed articolata come Poste Italiane. Con il terzo motivo si lamenta illogicità irragionevolezza e motivazione perplessa nel capo relativo alla sussistenza della responsabilità del datore di lavoro e la natura di essa, vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 41 del cod. pen. e degli artt. 414, 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione all'art. 2697 cod. civ. ex arti. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che sarebbe stato riconosciuto il risarcimento del danno senza alcuna prova del nesso causale del danno stesso con il licenziamento in questione, e non sarebbero state considerate altre cause diverse dal licenziamento, idonee da sole a produrre il danno lamentato. Il primo motivo è infondato. Va in primo luogo rilevato che la ricorrente lamenta contemporaneamente e con le stesse argomentazioni violazione di legge e difetto di motivazione, in modo confuso non consentendo di comprendere l'esatto motivo di censura. In secondo luogo va rilevato che la ricorrente non ha dedotto la decisività della circostanza che, a suo dire sarebbe stata mal considerata dal giudice del merito, e costituita dall'acquisizione della documentazione oggetto della contestazione disciplinare in questione già dal marzo 2002, in quanto tale circostanza è stata considerata decisiva ai fini dell'illegittimità della sanzione, non tanto sotto il profilo della tempestività della contestazione, quanto ai fini di una duplicazione di contestazioni per fatti analoghi. Comunque va considerato che non è sufficiente la mancata contestazione di una circostanza per considerarla ammessa, dovendosi viceversa riscontrarsi, a tale fine, un comportamento incompatibile con il disconoscimento della circostanza in questione, e Poste Italiane non deduce un tale comportamento da parte del P. in relazione all'epoca della acquisizione della documentazione oggetto della contestazione, limitandosi a rilevare la non contestazione della circostanza. Anche il secondo motivo è infondato. La complessità dell'organizzazione aziendale della datrice di lavoro e la relativa complessità del procedimento di accertamento dell'infrazione contestata, riproposti in questa sede a giustificazione del ritardo nella contestazione sono stati espressamente considerati e valutati dal giudice dell'appello che ha motivato il suo convincimento riguardo alla tardività della contestazione considerando che il report relativo ai fatti oggetto della contestazione stessa sono stati immediatamente trasmessi in via riservata ai firmatari della lettera di contestazione senza l'adozione di alcuna misura, anche provvisoria, che impedisse la permanenza del P. in azienda. Tale accertamento e conseguente valutazione da parte del giudice di merito riguardo alla tardività della contestazione appare congrua e logica non censurabile in questa sede di legittimità. Anche il terzo motivo relativo alla liquidazione del risarcimento del danno e infondato. Il giudice d'appello ha legittimamente fondato la propria decisione sul punto sulla base della consulenza tecnica d'ufficio che non risulta contestata specificamente dalla ricorrente che deduce la genesi della patologia del lavoratore in altri eventi diversi e successivi al licenziamento in questione. Tuttavia la ricorrente non ha specificato come tali diversi eventi abbiano potuto provocare il danno riscontrato a carico del lavoratore, facendo solo riferimento a vicende penali da lui subite e che sono, fra l'altro successive, all'insorgenza del danno riscontrato dal consulente tecnico d'ufficio. Comunque non risulta nemmeno contestato che il licenziamento abbia costituito almeno concausa del danno subito dal lavoratore, e tale circostanza, acclarata dal consulente medico legale d'ufficio con giudizio fatto proprio dal giudice dell'appello, è sufficiente a legittimare la responsabilità del datore di lavoro così come considerata con la sentenza impugnata. Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio sostenute dall'INPS liquidate in £ 100,00 per esborsi ed ê 4.000,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.