Controversia sulla copertura assicurativa stipulata dal datore: la parola spetta al giudice del lavoro

L’art. 442 c.p.c., disciplinando le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, ha introdotto una completa equiparazione tra le controversie derivanti dall’applicazione delle norme di legge che disciplinano la materia e quelle relative all’inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 7625, depositata il 15 aprile 2015. Il caso. Un dipendente deduceva di aver goduto, in adempimento degli obblighi nascenti dalla contrattazione collettiva aziendale, di una copertura assicurativa per gli infortuni, stipulata dalla società datrice di lavoro e di aver subito nel tempo due infortuni per i quali rivendicava un’integrazione del trattamento indennitario. Chiedeva quindi la condanna della società al pagamento di somme a titolo di integrazione del trattamento indennitario. Il giudice monocratico presso il tribunale di Roma dichiarava l’incompetenza per materia del giudice adito e la Corte d’appello di Roma confermava la pronuncia, rilevando che la polizza assicurativa era stata stipulata dal datore di lavoro in ottemperanza ad un obbligo di natura contrattuale collettiva, configurandosi quindi come una normale assicurazione contro i danni, assoggettata allo schema legale ex artt. 1904 e ss. c.c Perciò, il diritto all’indennizzo derivante dal contratto assicurativo non era assoggettato al regime dei crediti di natura assistenziale o previdenziale, con conseguente attribuzione della competenza al giudice civile. Il lavoratore ricorreva in Cassazione, deducendo la competenza del giudice del lavoro, in quanto la richiesta di risarcimento derivava dall’esecuzione di una polizza assicurativa antinfortunistica stipulata dalla società in favore del proprio dipendente, in ottemperanza degli obblighi sanciti dalla contrattazione collettiva. Competenza del giudice del lavoro. La Corte di Cassazione ricorda che l’art. 442 c.p.c., disciplinando le controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, ha introdotto una completa equiparazione tra le controversie derivanti dall’applicazione delle norme di legge che disciplinano la materia e quelle relative all’inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi. Perciò, rientrano nella competenza del giudice del lavoro anche le controversie previdenziali relative a forme di previdenza previste dall’autonomia collettiva, anche se esse coinvolgono società assicuratrici estranee al sistema pubblicistico della previdenza ed assistenza sociale e nonostante la controversia insorga non già tra le parti del rapporto lavorativo, ma tra datore di lavoro e società assicuratrice, o tra quest’ultima ed il lavoratore, coinvolgendo posizioni attinenti al regime privatistico della polizza assicurativa, come la sua stipulazione e l’inclusione in essa dell’infortunio lamentato . Di conseguenza, la Corte d’appello aveva errato a respingere il motivo di appello con cui il ricorrente aveva impugnato la declinatoria di competenza del primo giudice, peraltro in una ipotesi di ripartizione degli affari tra giudice del lavoro e giudice civile appartenenti allo stesso ufficio giudiziario , rispetto ad una domanda riguardante gli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da fonte collettiva, anche se insorta tra lavoratore e società assicuratrice. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione alla Corte d’appello di Roma.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 gennaio – 15 aprile 2015, n. 7625 Presidente Macioce – Relatore Amendola Svolgimento del processo 1.- G. C., premesso di essere dipendente della N. T. Spa, esponeva al Tribunale di Roma che aveva sempre goduto, in adempimento degli obblighi nascenti dalla contrattazione collettiva aziendale, di una copertura assicurativa per gli infortuni professionali ed extra professionali, all'uopo stipulata dalla datrice di lavoro che aveva subito nel corso dei tempo due infortuni per i quali rivendicava dalla N. T. Spa una integrazione dei trattamento indennitario che dal gennaio 1998 era stato dequalificato in modo grave. Pertanto chiedeva la condanna della società al pagamento in suo favore di somme a titolo di integrazione del trattamento indennitario nonché il risarcimento del danno per la dequalificazione subita. Il giudice monocratico dichiarava l'incompetenza per materia del giudice adito relativamente alla richiesta di integrazione dei trattamento indennitario e respingeva per il resto la domanda. Con sentenza dei 24 settembre 2007, la Corte di Appello di Roma ha respinto l'appello del C Ha condiviso la pronuncia del primo giudice in punto di competenza, osservando che la polizza assicurativa oggetto di causa veniva stipulata dal datore di lavoro N. T. in ottemperanza ad un obbligo di natura contrattuale collettiva e si configurava come una normale assicurazione contro i danni assoggettata allo schema legale di cui agli artt. 1904 e ss. . Ha ritenuto che il diritto all'indennizzo derivante dal contratto assicurativo è pertanto assoggettato al regime che gli è proprio, e non certo a quello dei crediti di natura assistenziale o previdenziale . Ha concluso che la competenza sulle domande in esame fosse dunque del giudice civile, essendo esclusa ogni interferenza con le materie di cui agli artt. 409 e ss. c.p.c. . La Corte territoriale ha altresì respinto l'impugnazione sulla domanda tendente all'accertamento dell'asserita dequalificazione. 2.- Con ricorso del 6 agosto 2008 G. C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. L'intimata società ha resistito con controricorso. Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata. Motivi della decisione 3.- Con il primo mezzo di impugnazione si deduce violazione delle norme sulla competenza ex art. 442 c.p.c. interrogando la Corte sul se la domanda di risarcimento danni azionata dal Sig. G. C. nei confronti della N. T. Spa, a seguito dei duplice infortunio extralavorativo occorsogli, rientri nella sfera di competenza ratione materiae dei giudice dei lavoro, in quanto derivante dall'esecuzione di una polizza assicurativa antinfortunistica stipulata dalla suddetta parte datoriale in favore dei proprio dipendente, in ottemperanza degli obblighi sanciti dalla contrattazione collettiva di categoria . Il motivo è fondato. Per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'art. 442 c.p.c., nel disciplinare le controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie, ha introdotto una completa equiparazione tra le controversie derivanti dall'applicazione delle norme di legge che disciplinano la materia comma 1 e quelle relative all'inosservanza degli obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da contratti e accordi collettivi comma 2 , di taiché rientrano nella competenza dei giudice dei lavoro anche le controversie previdenziali relative a forme di previdenza previste dall'autonomia collettiva, ancorché esse coinvolgono società assicuratrici estranee al sistema pubblicistico della previdenza ed assistenza sociale e anche se la controversia insorga non già tra le parti del rapporto di lavoro, bensì tra datore di lavoro e società assicuratrice, ovvero tra quest'ultima e il lavoratore, coinvolgendo posizioni attinenti al regime privatistico della polizza assicurativa, come la sua stipulazione e l'inclusione in essa dell'infortunio lamentato ab imo, Cass. n. 364 del 1980 conformi, tra le altre, Cass. n. 2674 del 1987 Cass. n. 3149 del 1991 Cass. n. 1006 del 1996 più di recente Cass. n. 4571 del 2013 . La stessa pronuncia di questa Corte n. 13140 dei 1999, richiamata dalla sentenza impugnata, ribadisce in motivazione detto principio, pur ritenendo che siano state assoggettate allo stesso regime processuale categorie di controversie che restano nettamente diversificate sul piano del diritto sostanziale, a cagione della radicale diversità dei rapporti ai quali, rispettivamente, ineriscono . Pertanto ha errato la Corte romana nel respingere il motivo di appello con cui il C. aveva impugnato la declinatoria di competenza dei primo giudice - peraltro in una ipotesi di ripartizione degli affari tra giudice del lavoro e giudice civile appartenenti allo stesso ufficio giudiziario - rispetto ad una domanda avente ad oggetto obblighi di assistenza e di previdenza derivanti da fonte collettiva, ancorché insorta tra lavoratore e società assicuratrice. 4.- Con il secondo motivo si denuncia insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza impugnata circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in ordine alla sussistenza della denunciata dequalificazione professionale, ai sensi dell'art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c Il motivo è inammissibile per violazione dell'art. 366 bis c.p.c. che, nel testo pro tempore applicabile alla sentenza d'appello pronunciata il 24 settembre 2007, stabiliva nel caso previsto dall'art. 360, primo comma, n. 5 , l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione dei fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione . Si è affermato che, per le doglianze di vizio di motivazione, occorre la formulazione - con articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso - di un momento di sintesi o di riepilogo v. Cass. n. 16002 del 2007 SS.UU. n. 20603 del 2007 Cass. n. 27680 del 2009 , il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure - se non soprattutto - le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell'illustrazione del motivo - all'esito di una interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione della parte ricorrente - consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure da ultimo, Cass. n. 12248 del 2013 e Cass. n. 17128 del 2014 . In particolare si è ritenuto inammissibile, perché privo di autosufficienza e concretezza, come richiesto dall'art. 366 bis c.p.c., il motivo di ricorso per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, in cui non siano specificamente indicati i fatti controversi in relazione ai quali la motivazione si assume carente, né siano indicati i profili di rilevanza di tali fatti, essendosi il ricorrente limitato ad enunciare la necessaria esaustività della motivazione quale premessa maggiore del sillogismo che dovrebbe portare alla soluzione del problema giuridico, senza indicare la premessa minore cioè i fatti rilevanti su cui vi sarebbe stata omissione e svolgere il successivo momento di sintesi dei rilievi attraverso il quale poter cogliere la fondatezza della censura Cass. SS.UU. n. 16528 del 2008 . Nella specie il motivo scrutinato è completamente privo di un momento di sintesi o di riepilogo in cui sia individuato il fatto decisivo controverso. 5.- Conclusivamente la Corte, dichiarato inammissibile il secondo motivo di ricorso, accoglie il primo e, in relazione ad esso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese.