Ramo d’azienda ceduto e smembrato: persa l’autonomia funzionale … e la cessione è illegittima

L'art. 2112 c.c. consente, in linea con la giurisprudenza comunitaria formatasi in merito alla interpretazione della direttiva n. 187/1977 e con le esplicite indicazioni fornite dalla direttiva n. 50/1998, di ricondurre, ai fini da esso considerati, alla cessione di azienda anche il trasferimento di un ramo della stessa, purché si tratti di un insieme di elementi produttivi organizzati dall'imprenditore per l'esercizio di un'attività, che si presentino prima del trasferimento come una entità dotata di autonoma ed unitaria organizzazione, idonea al perseguimento dei fini dell'impresa e che conservi nel trasferimento la propria identità. Requisito indefettibile della fattispecie appare l'elemento della organizzazione, intesa come legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo interagenti tra di esse e capaci di tradursi in beni o servizi ben individuabili, configurandosi altrimenti la vicenda traslativa come cessione del contratto di lavoro, richiedente per il suo perfezionamento il consenso del contraente ceduto.

Così deciso dalla Corte di Cassazione, sezione Lavoro con la sentenza n. 7144, depositata il 9 aprile 2015. La vicenda esaminata. Domanda di una lavoratrice volta ad ottenere l’accertamento dell’invalidità della cessione del contratto di lavoro avvenuto in occasione della cessione di ramo d’azienda. Una lavoratrice dipendente di una società si rivolgeva al Giudice del lavoro al fine di ottenere la declaratoria di invalidità della cessione del suo contratto di lavoro, realizzato in occasione del trasferimento di ramo d’azienda con altra società. Il Tribunale rigettava la domanda. Proposto appello dalla lavoratrice, la Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado, accogliendo la domanda, ritenendo non sussistenti gli elementi richiesti dall’articolo 2112 c.c. per una valida cessione d’azienda, con superamento del necessario consenso del lavoratore ceduto al mutamento di datore di lavoro. Proponeva ricorso in cassazione l’azienda cedente. Il concetto di ramo d’azienda secondo la normativa comunitaria. In materia di trasferimento di parte c.d. ramo di azienda, tanto la normativa comunitaria direttive CE nn. 98/50 e 2001/23 quanto la legislazione nazionale art. 2112, comma 5, c.c. perseguono il fine di evitare che il trasferimento si trasformi in semplice strumento di sostituzione del datore di lavoro, in una pluralità di rapporti individuali, con altro sul quale i lavoratori possano riporre minore affidamento sul piano sia della solvibilità sia dell'attitudine a proseguire con continuità l'attività produttiva. La citata direttiva del 1998, osservano i Giudici di legittimità, richiede, pertanto, che il ramo d'azienda oggetto del trasferimento costituisca un'entità economica con propria identità, intesa come insieme di mezzi organizzati per un'attività economica, essenziale o accessoria analogamente, l'art. 2112, comma 5, c.c. si riferisce alla parte d'azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata . Deve, quindi, trattarsi di un'entità economica organizzata in modo stabile e non destinata all'esecuzione di una sola opera, ovvero di un'organizzazione quale legame funzionale che renda le attività dei lavoratori interagenti e capaci di tradursi in beni o servizi determinati. Il giudice di merito deve verificare le caratteristiche del compendio ceduto Così inquadrato l’aspetto normativo della fattispecie, ne deriva che il Giudice di merito chiamato a verificare la validità o meno della cessione adottata, dovrà verificare l’effettiva e concreta sussistenza degli elementi di autonomia e di preesistenza caratterizzanti la parte di azienda ceduta. Dando atto che elemento precipuo rimane quello dell’autonomia funzionale, rispetto a quello della preesistenza. Solo con il positivo accertamento della presenza dei suddetti elementi la cessione del contratto di lavoro derivante dal trasferimento del ramo d’azienda potrà essere considerata lecita e consentita anche senza il consenso dei lavoratori interessati. e la sua valutazione, insindacabile in sede di legittimità, è corretta. Secondo la Suprema Corte l’analisi delle risultanze istruttorie circa la natura del ramo d’azienda ceduto appare corretta e completa. La Corte d’Appello ha accertato che l’entità ceduta da un lato non aveva conservato in alcun modo la propria identità dopo il trasferimento e dall’altro che non risultava connotata dall’imprescindibile requisito dell’organizzazione intesa come legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo ceduto interagenti tra loro e capaci di consentire la prosecuzione dell’attività. Anzi, come accertato dalla Corte di merito, all’atto della cessione, non erano stati trasferiti il vertice direttivo aziendale, la metà dei quadri direttivi e il 20% dei dipendenti di fatto azzoppando” il ramo ceduto, privandolo del vertice organizzativo e così facendo venir meno l’indispensabile requisito di autonomia funzionale. Peraltro, osservano ancora i Giudici di legittimità, l’analisi operata dalla Corte d’Appello costituisce valutazione rientrante nella discrezionalità del Giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, ove correttamente motivata, come nel caso specifico. Il ricorso è stato così ritenuto infondato e rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 dicembre 2014 – 9 aprile 2015, n. 7144 Presidente Roselli – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Con sentenza del 29.11.2012la Corte di Appello di Roma riformava la sentenza di prime cure ed accoglieva la domanda della dipendente D.F.S. di accertamento dell'inefficacia del dedotto trasferimento del ramo d'azienda effettuato dalla MSD Italia alla X Pharma srl con conseguente persistenza del rapporto di lavoro con la detta lavoratrice e con condanna della MSD al pagamento in favore della D.F. delle differenze tra il trattamento spettante in virtù dell'accertata persistenza del rapporto e quanto medio tempore percepito dalla X Pharma. Per quanto qui interessa la Corte territoriale ha ritenuto che nella vicenda in esame non era ravvisabile una cessione di ramo d' azienda sussumibile nell'ambito della disciplina di cui all'art. 2112 c.comma per mancanza del requisito dell'autonomia funzionale del ramo ceduto alla società X Pharma e cioè la Linea Corum , che svolgeva un servizio di informazione medico scientifica di alcuni prodotti farmaceutici. La Corte territoriale ha accertato che l'entità ceduta da un lato non aveva conservato in alcun modo la propria identità dopo il trasferimento e dall'altro lato non risultava connotata dall'imprescindibile requisito dell'organizzazione intesa come legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo ceduto interagenti tra loro e capaci di consentire la prosecuzione dell'attività. Era infatti emerso che circa il 20% degli informatori della linea Corum non erano stati trasferiti con la cessione, che non era stato trasferito il vertice della linea e metà dei quadri intermedi, che gli informatori erano stati ripartiti dalla cessionaria in tre linee, ciascuna preposta alla commercializzazione di farmaci che non consentivano di utilizzare le conoscenze acquisite nel corso dell'attività svolta con la cedente. La Corte di appello ha ritenuto ammissibili le contestazioni della D.F. in ordine alla allegazioni di controparte circa i lavoratori effettivamente trasferiti in quanto già contenute nel ricorso di primo grado e considerato che l'onere della prova circa la sussistenza dei requisiti della cessione gravava in realtà sulla società. Per la Corte territoriale, posto che il vertice della linea Corum non era stato trasferito così come la metà dei quadri, era stato azzoppato il vertice gerarchico e quindi la rete di informatori era priva del legante organizzativo necessaria a farla funzionare, tenuto anche conto che la stessa rete di informatori era già stata indebolita dall'ulteriore taglio, nella cessione, di quest'ultimi nella misura del 20%. Che con la cessione la rete avesse perso autonomia organizzativa risultava ulteriormente confermato dalla circostanza che la struttura era stata poi smembrata in tre diverse linee di promozione. L'entità dei mezzi materiali trasferiti peraltro era modesta e comunque necessitava di un centro direttivo ed organizzativo, che, invece, era venuto meno. Ricorre la MSD Italia s.r.l. con quattro motivi corredati da memoria illustrativa ex art. 378 c.p.comma Resiste con controricorso la D.F. con controricorso corredato da memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. dell'art. 101 c.p.c. dell'art. 414 c.p.comma e dell'art. 416 c.p.comma nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto di ammettere le avverse e tardive contestazioni sulla composizione del ramo nonostante la decadenza maturata in primo grado. Il motivo appare infondato. La Corte territoriale ha osservato che era onere della società dimostrare la sussistenza dei requisiti di validità della cessione di ramo d'azienda e che il ricorrente aveva comunque già contestato nel ricorso che non tutti gli osservatori già addetti alla Linea Corum erano stati trasferiti e che nelle note autorizzate si era solo specificato circostanze già dedotte. Ora il motivo non rispetta il principio dell'autosufficienza del ricorso in cassazione posto che il ricorso originario non è stato né prodotto, né riprodotto e che le difese di controparte sono quindi ricostruite per stralci sintetici e quindi inidoneamente. In ogni caso gravava su parte oggi ricorrente dare la dimostrazione della sussistenza dei requisiti di legittimità della cessione del ramo d'azienda e quindi dimostrare che fossero stati trasferiti tutti gli elementi, in termini di personale e di mezzi materiali, necessari per realizzare l'autonomia funzionale ed organizzativa del ramo. L'accertamento di quanti fossero i lavoratori in effetti trasferiti era centrale ed obiettivamente determinante, come osservato dalla Corte di appello, da sempre il thema decidendum . Con il secondo motivo si allega l'omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti la Corte di appello non ha valutato l'allegato L del contratto di cessione docomma 10 del fascicolo di primo grado . L'allegato indicava i nominativi dei lavoratori effettivamente trasferiti al momento della cessione mentre l'allegato 1 del fascicolo era costituito solo da slides fogli di presentazione non nominative che non potevano prevalere su quanto attestato da una scrittura privata autenticata. Il docomma n. 1 indicava gli appartenenti alla linea Corum nel 2007, mentre la cessione era avvenuta solo il 31.12.2007. Il motivo appare infondato. In primo luogo non si indica alcuna difesa dei precedenti gradi del giudizio in cui l'argomentazione per cui ci si doveva riferire al docomma n. 10 invece che a quello n. 1 sarebbe stata introdotta. In ogni caso la Corte di appello ha esaminato il docomma n. 10 prodotto dalla parte appellata e l'ha confrontato con altro documento il docomma n. 1 prodotto dalla stessa parte, e cioè la società oggi ricorrente pag. 9 della sentenza impugnata , ed ha correttamente assunto il secondo come organigramma della linea Corum il fatto che si trattassero di slides fogli di presentazione non esclude che si trattasse di un organigramma nel periodo immediatamente precedente la cessione ed il primo come elenco dei dipendenti effettivamente trasferiti ed ha accertato che molti di questi non erano stati interessati alla cessione. La Corte territoriale ha quindi elencato i dipendenti che non erano passati alla cessionaria già appartenenti alla linea Corum. La motivazione appare corretta e logicamente coerente e fondata su due documenti prodotti proprio dalla parte ricorrente le censure sono di merito, dirette ad una rivalutazione del fatto, come tale inammissibile in questa sede e sono anche generiche perché la parte ricorrente non indica quali lavoratori che la Corte territoriale ha accertato non essere stati coinvolti nella cessione sarebbero in realtà passati alla cessionaria. Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 2112 c.comma e dell'art. 12 disp. att. del c.p.comma nella parte in cui la Corte di appello ha ritenuto che l'identità del ramo, così come la sua organizzazione ed autonomia, si configurino, nelle cessioni aventi ad oggetto le linee di informazione scientifica del farmaco, solo in caso di corrispondente cessione dei farmaci trattati e dell'intero gruppo di dipendenti come componeva il ramo prima del suo trasferimento. Il motivo appare infondato. L'art. 2112 c.c., sia nel testo sostituito dal D.Lgs. n. 18 del 2001, art. 1 vigente a decorrere dal 1 luglio 2001, sia nel testo modificato dal D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 32 applicabile alla presente controversia, ha mantenuto immutata la definizione di trasferimento di parte dell’azienda nella parte in cui essa è intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata . Tale nucleo della disposizione è rimasto intatto, non essendo stato toccato dalle modifiche normative che hanno invece riguardato, con riferimento all'articolazione appena descritta, la soppressione dell'inciso preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità e l'aggiunta testuale identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento . Detta nozione di trasferimento di ramo d' azienda nella parte di testo non modificata è coerente con la disciplina in materia dell'Unione Europea direttiva 12 marzo 2001, 2001/23/CE, che ha proceduto alla codificazione della direttiva 14 febbraio 1977, 77/187/CEE, come modificata dalla direttiva 29 giugno 1998, 98/50/CE secondo cui è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di una entità economica che conserva la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un'attività economica, sia essa essenziale o accessoria art. 1, n. 1, direttiva 2001/23 . La Corte di Giustizia, cui compete il monopolio interpretativo del diritto comunitario vivente ex plurimis Cass. n. 19740 del 2008 , ha ripetutamente individuato la nozione di entità economica come complesso organizzato di persone e di elementi che consenta l'esercizio di un'attività economica finalizzata al perseguimento di un determinato obbiettivo cfr. Corte di Giustizia, 11 marzo 1997, C-13/95, Suzen, punto 13 Corte di Giustizia, 20 novembre 2003, C-340/2001, Abler, punto 30 Corte di Giustizia, 15 dicembre 2005, C 232/04 e C-233/04, Guney-Gorres e Demir, punto 32 e sia sufficientemente strutturata ed autonoma cfr. Corte di Giustizia, 10 dicembre 1998, Hernandez Vidal, C-127/96, C-229/96, C-74/97, punti 26 e 27 Corte di Giustizia, 13 settembre 2007, Jouini, C-458/05, punto 31 Corte di Giustizia, 6 settembre 2011, C-108/10, Scattolon, punto 60 . Il criterio selettivo dell'autonomia funzionale del ramo d'azienda ceduto, letto conformemente alla disciplina dell'Unione, consente di affrontare e scongiurare ipotesi in cui le operazioni di trasferimento si traducano in forme incontrollate di espulsione di personale. Pertanto nessuna censura può essere addebitata alla sentenza impugnata laddove assume il canone della articolazione funzionalmente autonoma di un'attività economica organizzata quale pre-requisito indispensabile per configurare una efficace cessione del contratto di lavoro senza il consenso del lavoratore, prima ed oltre la questione della preesistenza del ramo ceduto. Peraltro sull'aspetto della preesistenza del ramo ceduto di recente la Corte di Giustizia, pregiudizialmente sollecitata da un giudice italiano proprio in riferimento alla formulazione dell'art. 2112 c.comma novellata dall'art. 32 del cit. D.Lgs., ha testualmente ritenuto che L'art. 1, paragrafo 1, lett. a e b , della direttiva 2OO1/23/CE del Consiglio, del 12 marzo 2001, ., deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, la quale, in presenza di un trasferimento di una parte di impresa, consenta la successione del cessionario al cedente nei rapporti di lavoro nell'ipotesi in cui la parte di impresa in questione non costituisca un'entità economica funzionalmente autonoma preesistente al suo trasferimento CGUE, 6 marzo 2014, C-458/12, Amatori ed a. . Ciò posto la Corte territoriale ha escluso che nella fattispecie sottoposta al suo vaglio fossero emerse circostanze tali da far ritenere che nella specie fosse stata trasferita una attività organizzata funzionalmente autonoma , con una valutazione di merito che, ove espressa con motivazione sufficiente e non contraddittoria, sfugge al sindacato di legittimità cfr. Cass. n. 5117 del 2012, Cass. n. 20422 del 2012, Cass. n. 2151 del 2013, Cass. n. 20729 del 2013, Cass. n. 1821 del 2013, Cass. n. 24262 del 2013 . La Corte di appello ha accertato che l'entità ceduta da un lato non aveva conservato in alcun modo la propria identità dopo il trasferimento dall'altro lato non risultava connotata dall'imprescindibile requisito dell'organizzazione intesa come legame funzionale che rende le attività dei dipendenti appartenenti al gruppo ceduto interagenti tra loro e capaci di consentire la prosecuzione dell'attività. Era infatti emerso che circa il 20% degli informatori della linea Corum non erano stati trasferiti con la cessione, che non era stato trasferito il vertice della linea e a metà dei quadri intermedi, che gli informatori erano stati ripartiti dalla cessionaria in tre linee, ciascuna preposta alla commercializzazione di farmaci che non consentivano di utilizzare le conoscenze acquisite nel corso dell'attività svolta con la cedente. Per la Corte territoriale, posto che il vertice della linea Corum non era stato trasferito così come la metà dei quadri, era stato azzoppato il vertice gerarchico e quindi la rete di informatori era priva del legante organizzativo necessaria a farla funzionare, tenuto anche conto che la stessa rete di informatori era già stata indebolita dall'ulteriore taglio, nella cessione, di quest'ultimi nella misura del 20%. Che con la cessione la rete di informatori avesse perso autonomia organizzativa risultava ulteriormente confermato dalla circostanza che la struttura era stata poi smembrata in tre diverse linee di promozione. L'entità dei mezzi materiali trasferiti peraltro era modesta e comunque necessitava di un centro direttivo ed organizzativo, che, invece, era venuto meno. Si tratta di un percorso motivazionale sufficiente e non contraddittorio, formalmente coerente nell'equilibrio dei vari elementi che ne costituiscono la struttura argomentativa, immune da vizi logici o giuridici cui si pongono censure generiche e comunque di merito. In una prospettiva processuale, poi, occorre rilevare che come condivisibilmente sostenuto dalla Corte territoriale incombe su chi intende avvalersi degli effetti previsti dall'art. 2112 c.comma quale eccezione al principio del necessario consenso del lavoratore creditore ceduto, fornire la prova dell'esistenza di tutti i requisiti che ne condizionano l'operatività grava, cioè, sulla società cedente l'onere di allegare e provare l'insieme dei fatti concretanti un trasferimento di ramo d1 azienda cfr., in motivazione, Cass. n. 206 del 2004 . Nella specie tale prova, secondo la valutazione di merito del giudice d'appello non è stata fornita. La circostanza per cui non sarebbero stati neppure trasferiti i farmaci oggetto dell'informazione con l'atto di cessione è circostanza ulteriore che comprova l'accertata inconsistenza organizzativa e funzionale del preteso ramo trasferito. Con l'ultimo motivo si allega l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti. Non è stato valutato che la lavoratrice aveva conservato le sue aree territoriali e analoghe branche di divulgazione. Il motivo appare inammissibile in quanto parte ricorrente non dimostra la decisività della circostanza pretesamente non valutata posto che il cuore della decisione impugnata, come già ricordato, risiede palesemente nella inconsistenza organizzativa e funzionale e quindi nella mancanza di autonomia del ramo ceduto. Si deve quindi rigettare il ricorso. Le spese di lite del giudizio di legittimità liquidate come al dispositivo in favore della parti costituite seguono la soccombenza. Nulla tra le altre parti. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 la Corte da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore delle parti costituite che si liquidano in Euro 100,00 per esborsi, nonché in Euro 4.000,00 per compensi oltre accessori di legge. Nulla tra le altre parti. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002 da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.