La puntura di una zecca lo conduce alla morte, ma l’insetto era sul posto di lavoro?

In tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, il dipendente che sostenga la dipendenza dell’infermità da una causa di servizio ha l’onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni. In particolare, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma deve essere fondato sul criterio di elevata probabilità e non della mera possibilità.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6933, depositata il 7 aprile 2015. Il caso. Una donna conveniva in giudizio l’INAIL chiedendo il riconoscimento della rendita ai superstiti, dovuta a causa del decesso del coniuge per arresto cardiaco causato dalla puntura di una zecca che, secondo l’attrice, era riconducibile all’attività lavorativa espletata dal marito mentre lavorava alle dipendenze di una società di costruzioni. La Corte d’appello di Catania rigettava la domanda, rilevando che non ci fossero elementi per ritenere che la puntura si fosse verificata nel cantiere dove lavorava l’uomo, né durante una pausa fisiologica che lo conduceva in aperta campagna per la mancanza di idonei servizi igienici, in tal modo esponendolo ad un rischio maggiore e specifico . Inoltre, da un lato, non c’erano state denunce dell’evento da parte né del datore di lavoro né del lavoratore, dall’altro, l’Ufficio Igiene del Comune aveva verificato che in molte zone della città, comprese quelle vicine al luogo di residenza del lavoratore, erano state oggetto di interventi di disinfestazione proprio a causa della presenza di zecche. Questo, sia nei periodi precedenti sia in quelli successivi all’evento. Perciò, l’uomo era esposto ad un rischio generico, come qualsiasi altro cittadino. La vedova ricorreva in Cassazione, rilevando che i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere sussistente il nesso eziologico tra l’attività lavorativa e l’evento dannoso attraverso la prova per presunzioni, risalendo dal fatto noto a quello ignoto l’ambiente di lavoro era insalubre ed infestato da insetti, un altro lavoratore era stato punto da una zecca, mancavano elementari presidi di igiene nell’ambiente di lavoro, più volte l’Ufficio Igiene aveva disposto la disinfestazione. Rischio generico. La Corte di Cassazione rileva che non ci fossero prove del fatto che la puntura fosse avvenuta nel cantiere edile. Inoltre, concordano con la Corte d’appello su un altro punto fondamentale non si poteva ritenere, secondo un giudizio di tipo probabilistico, che l’evento fosse avvenuto nell’ambiente di lavoro o durante una pausa fisiologica in aperta campagna a causa della mancanza di idonei servizi . Infatti, non solo non risultavano denunce dell’evento da parte del datore di lavoro o del lavoratore, ma era stato accertato che sia nei periodi precedenti che in quelli successivi all’epoca dell’infortunio, molte zone della città erano state disinfestate, comprese quelle adiacenti al cantiere ed al luogo di residenza. Perciò, correttamente era stato ritenuto che il lavoratore fosse stato esposto ad un rischio generico, così come qualsiasi altro cittadino. Onere della prova. I giudici di legittimità ricordano che in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, il dipendente che sostenga la dipendenza dell’infermità da una causa di servizio ha l’onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell’affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni. In particolare, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma deve essere fondato sul criterio di elevata probabilità e non della mera possibilità. Nel caso di specie, non erano state fornite prove sulla riconducibilità dell’evento alle condizioni di lavoro, neanche in termini di probabilità. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 dicembre 2014 – 7 aprile 2015, n. 6933 Presidente Vidiri – Relatore Venuti Svolgimento del processo La Corte d'appello di Catania, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda proposta nei confronti dell’INAIL da L.M.R. , che, quale coniuge di B.G. , aveva chiesto il riconoscimento della rendita ai superstiti negatale in via amministrativa, deducendo che il decesso del coniuge per arresto cardiaco causato dalla puntura di una zecca doveva eziologicamente ricondursi all'attività lavorativa espletata dal medesimo mentre lavorava alle dipendenze della ditta Impresud s.r.l La Corte di merito, premesso che era pacifico che il B. fosse deceduto in conseguenza della puntura di una zecca, ha osservato che non vi erano elementi per ritenere che l'evento si fosse verificato nel cantiere ove il medesimo lavorava, né durante una pausa fisiologica che lo conduceva in aperta campagna per la mancanza di idonei servizi igienici, in tal modo esponendolo ad un rischio maggiore e specifico che non vi era stata alcuna denuncia dell'evento da parte del datore di lavoro o del lavoratore che dalle attestazioni provenienti dall'Ufficio Igiene del Comune di Siracusa risultava che sia nei periodi precedenti che in quelli successivi all'evento in questione molte zone della città, comprese quelle adiacenti al luogo di residenza del B. , erano state oggetto di interventi di disinfestazione proprio in ragione della presenza di insetti e specificamente di zecche che doveva pertanto ritenersi che il B. fosse stato esposto ad un rischio generico, così come qualsiasi altro cittadino. Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso la sig.ra L.M. sulla base di due motivi. L’INAIL resiste con controricorso, illustrato da memoria ex art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Con il primo motivo, cui fa seguito il quesito di diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in vigore ma applicabile ratione temporis , la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2 D.P.R. n. 1124 del 1965 nonché errata, insufficiente e contraddittoria motivazione. Deduce che il defunto coniuge era esposto ad un rischio specifico ovvero ad un rischio generico aggravato, collegato eziologicamente con l'attività lavorativa, tenuto conto delle modalità con cui questa veniva espletata. Ed infatti l'ambiente lavorativo in cui il medesimo operava era caratterizzato da una particolare nocività per la presenza di insetti che comportavano l'esposizione dei lavoratori a gravi fattori di rischio, considerato che trattavasi di luogo infestato da erbacce, che vi stanziavano nelle vicinanze cavalli e cani e che il cantiere edile, nonostante la sua ampiezza ed il numero dei lavoratori occupati, era privo di elementari presidi igienici, tanto che l'Ufficio Igiene aveva provveduto, più volte, nel 2001 ad attività di disinfestazione. Aggiunge la ricorrente che l'occasione di lavoro, ai sensi dell'art. 2 D.P.R. n. 1124 del 1965, ricomprende tutte le condizioni temporali, topografiche ed ambientali in cui l'attività produttiva si svolge e nelle quali è immanente il rischio di danno per il lavoratore. Nella specie ricorreva tale situazione, onde era errata la sentenza impugnata che aveva ritenuto che il defunto coniuge di essa ricorrente fosse esposto ad un rischio generico. 2. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 116 cod. proc. civ., 2727 e 2729 cod. civ., 2 D.P.R. n. 1124 del 1965 nonché errata, insufficiente e contraddittoria motivazione, rileva che la sentenza impugnata è errata laddove ha ritenuto che non vi fosse la prova che la puntura della zecca fosse avvenuta nel contesto e nell'espletamento dell'attività lavorativa da parte del B. e che tale prova non poteva desumersi da un giudizio di tipo probabilistico, considerato peraltro che l'evento non risultava denunziato. Ed infatti, aggiunge, il B. non aveva potuto effettuare alcuna denunzia perché deceduto, mentre il datore di lavoro, considerata l'assoluta illegittimità del cantiere relativamente alle condizioni di salubrità ed igiene, non aveva alcun interesse a denunziare l'evento essendo questo collegato alla sua inadempienza. Rileva ancora la ricorrente che la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere sussistente il nesso eziologico tra l'attività lavorativa e l'evento dannoso attraverso la prova per presunzioni, risalendo dal fatto noto a quello ignoto, considerato che l'ambiente di lavoro era insalubre ed infestato da insetti ed erbacce che un altro lavoratore era stato punto da una zecca che mancavano elementari presidi di igiene nell'ambiente di lavoro, in quanto privo di spogliatoi e di servizi che più volte era stata disposta la disinfestazione da parte dell'Ufficio Igiene. 3. Il ricorso, i cui motivi vanno trattati congiuntamente in ragione della loro connessione, non è fondato. La Corte di merito ha confermato la sentenza di primo grado, rilevando che non vi era alcuna prova che il B. fosse stato punto da una zecca nel cantiere edile in cui il medesimo lavorava per la realizzazione di alcuni corpi di fabbrica. Ha aggiunto che nemmeno poteva ritenersi che, secondo un giudizio di tipo probalistico, l'evento fosse avvenuto nell'ambiente di lavoro del B. ovvero durante una pausa fisiologica che lo conduceva in aperta campagna per la mancanza nel cantiere di idonei servizi. Ed infatti, non solo non risultava alcuna denuncia dell'evento da parte del lavoratore o del datore di lavoro, ma dalla documentazione prodotta dall’INAIL nel corso del giudizio di primo grado, e segnatamente dalle attestazioni provenienti dall'Ufficio Igiene del Comune di Siracusa, risultava che sia nei periodi precedenti che in quelli successivi all'epoca dell'infortunio, molte zone della città, comprese quelle adiacenti al cantiere e al luogo di residenza del B. , erano state disinfestate, onde era da ritenere che il B. , nel luogo di lavoro, fosse stato esposto ad un rischio generico, così come qualsiasi altro cittadino. Ritiene questa Corte di condividere tali conclusioni. Ed invero in tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, il dipendente che sostenga la dipendenza dell'infermità da una causa di servizio ha l'onere di dedurre e provare i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell'affezione denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni. In particolare, il nesso causale tra attività lavorativa ed evento, in assenza di un rischio specifico, non può essere oggetto di presunzioni di carattere astratto ed ipotetico, ma deve essere fondato sul criterio di elevata probabilità e non già della mera possibilità cfr., in questi termini, con riguardo al nesso causale tra attività lavorativa ed evento, Cass. n. 21825/14 Cass. n. 15080/09 Cass. Cass. n. 14308/06 . Correttamente dunque la Corte di merito ha respinto la domanda, ritenendo che non fosse stata fornita alcuna prova circa la riconducibilità dell'evento alle condizioni di lavoro, nemmeno in termini di probabilità. Il ricorso deve pertanto essere rigettato, previa compensazione tra le parti delle spese del presente giudizio, avuto riguardo alla novità e al contenuto delle questioni trattate. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.