L’INAIL prima riconosce la pensione, poi contesta la prescrizione nel giudizio sulla decorrenza: è troppo tardi

In un giudizio avente ad oggetto solo la decorrenza dell’indennità permanente per inabilità, e non la sussistenza del diritto, già riconosciuto senza riserve dall’INAIL, quest’ultimo non può proporre eccezione di prescrizione per il riconoscimento del diritto. Infatti, l’art. 2937, comma 3, c.c. dispone che la rinuncia alla prescrizione può risultare da un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 6624, depositata il 1° aprile 2015. Il caso. Il tribunale di Castrovillari dichiarava che una donna fosse portatrice di inabilità permanente nella misura del 25% a seguito di un infortunio sul lavoro accaduto nel giugno 1991, ed alla conseguente contrazione di epatite cronica a seguito di emotrasfusione, ed accertava il suo diritto alla percezione della rendita a decorrere dal marzo 1993, momento in cui aveva effettuato i test sierologici che avevano evidenziato la contrazione dell’epatite C, in luogo della decorrenza dal giugno 2003, quando veniva riconosciuta in via amministrativa al 30% . La Corte d’appello di Catanzaro accoglieva il gravame dell’INAIL e rigettava la domanda dell’attrice per intervenuta prescrizione. La donna ricorreva in Cassazione, deducendo che l’oggetto del giudizio era l’accertamento della decorrenza a far data dal giugno 1991 dell’indennità permanente per inabilità e non già il diritto all’indennizzo proprio perché già costituito in suo favore. Di conseguenza, l’Istituto non avrebbe potuto proporre l’eccezione di prescrizione, avendovi rinunciato quando, nel 2003, aveva riconosciuto il diritto alla rendita per inabilità derivante proprio dalla contratta epatite C. Inoltre, la ricorrente affermava di aver avuto consapevolezza della riferibilità dell’epatite all’infortunio subito solo nel 2002. Quando le era stata diagnosticata l’epatite, nel 1994, non c’erano possibilità per lei, in virtù dello stato della scienza e della conoscenza medica di riferire la malattia all’infortunio. Giudizio sulla decorrenza. La Corte di Cassazione rileva che l’INAIL, riconoscendo il diritto della donna alla rendita da infortunio, anche se con decorrenza dal giugno 2003 invece che con quella richiesta dalla lavoratrice, aveva rinunciato, per comportamento concludente, e senza riserve sui possibili ratei eventualmente spettanti per il periodo precedente, a far valere la prescrizione. Perciò, questa non era più eccepibile dall’Istituto nel giudizio avente ad oggetto solo la decorrenza della prestazione assicurativa, riconosciuta proprio senza riserve, e non la sussistenza del diritto. Infatti, l’art. 2937, comma 3, c.c. dispone che la rinuncia alla prescrizione può risultare da un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione. Diritto riconosciuto senza riserve. Il riconoscimento, senza riserva, da parte dell’INAIL, del diritto alla rendita da infortunio sul lavoro, con decorrenza dal giugno 2003, quando il diritto sarebbe già estinto per prescrizione , decorrente secondo l’Istituto, dalla risalente conoscenza della malattia da parte dell’infortunata cioè dal momento dei test , implicava non solo la rinuncia a far valere l’eccezione di prescrizione sull’ an debeatur della prestazione, ma anche la rinuncia a far valere la stessa eccezione sulla decorrenza della prestazione. Prescrizione in caso di epatite C. Infine, per il caso specifico del danno da emotrasfusioni per contrazione dell’epatite C, i giudici di legittimità ricordano che il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo non decorre dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno o da quando la malattia si manifesta all’esterno, ma solo dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, come danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, mediante l’ordinaria diligenza e considerando la diffusione delle conoscenze scientifiche. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rimanda la decisione ai giudici di merito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 dicembre 2014 – 1 aprile 2015, n. 6624 Presidente Roselli – Relatore Amoroso Svolgimento del processo 1. Il Tribunale di Castrovillari, giudice del lavoro, ha dichiarato che la sig.ra R.B. è portatrice di inabilità permanente nella misura del 25% a seguito di infortunio sul lavoro occorsole in data 26 giugno 1991 e alla conseguente contrazione di epatite cronica a seguito di emotrasfusione ed ha accertato il diritto della stessa alla percezione della relativa rendita a decorrere dal 24 marzo 1993, epoca di effettuazione dei test sierologici che avevano evidenziato la contrazione dell'infezione epatite C, in luogo della decorrenza dal 1 giugno 2003, riconosciuta nella misura del 30% in via amministrativa, con condanna dell'Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro alla erogazione dalla prima data. Il Tribunale, superata l'eccezione di prescrizione sollevata dall'INAIL, ha rilevato che dall'indagine medico-legale era emerso che la forma di epatite cronica persistente da emotrasfusione, da cui era risultata essere affetta la sig.ra R. , comportava una inabilità permanente nella misura del 25 per cento a partire dal 24 marzo 1993. 2. Ha proposto appello, con ricorso in data 28 giugno 2006, l'Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro che assumeva la erroneità della sentenza di primo grado, per avere il Tribunale disatteso l'eccezione di inammissibilità della domanda della sig.ra R. per intervenuta prescrizione. Osservava, al riguardo, che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione, non era necessaria la perfetta conoscenza del raggiungimento del grado minimo di indennizzabilità, essendo, al contrario, sufficiente la semplice conoscibilità mediante l'uso della normale diligenza. Rilevava che la sig.ra R. aveva avuto la piena conoscenza della riconducibilità dello stato morboso all'infortunio occorsole in data 26 giugno 1991, sin dal 29 aprile 1993, allorché le venne diagnosticata la positività all'epatite C la stessa infatti aveva rivolto istanza per il riconoscimento dell'indennizzo ai sensi della legge 210/1992. Assumeva che neppure l'ulteriore argomento, posto dal giudice di primo grado a sostegno del rigetto dell'eccezione di prescrizione, desunto dalla avvenuta costituzione di rendita, con decorrenza dal 1 giugno 2003, giacché l'ammissione ad indennizzo non poteva comportare la rinuncia dell'Istituto ad avvalersi della prescrizione in ordine ai ratei del periodo precedente. Costituitasi, la sig.ra R.B. chiedeva il rigetto dell'appello, assumendone l'infondatezza, e la conferma della decisione di primo grado. La Corte d'appello di Catanzaro con sentenza del 4 dicembre 2008 - 19 gennaio 2009 ha accolto l'impugnazione riformando la sentenza appellata e, per l'effetto, ha rigettato la domanda proposta dalla R. ed ha compensato le spese per entrambi i gradi di giudizio, salvo per le spese di consulenza tecnica di ufficio che ha posto a carico dell'Istituto. 3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l'originaria ricorrente con due motivi. Resiste con controricorso la parte intimata. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 111 e 112 d.p.r. 1124 del 1965 nonché dell'art. 2937 c.c. Deduce che l'oggetto del giudizio, quale risultante dal ricorso introduttivo, era l'accertamento della decorrenza a far data dal 26 giugno 1991 dell'indennità permanente per inabilità e non già il diritto all'indennizzo proprio perché già costituito in favore della ricorrente. L'eccezione di prescrizione pertanto non poteva essere proposta dall'Istituto che in ogni caso vi aveva rinunciato nel momento in cui nel 2003 aveva riconosciuto il costituito il diritto della ricorrente alla rendita per inabilità derivante proprio dalla contratta epatite C. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione dell'art. 112 d.p.r. 1124 del 1965. La ricorrente solo nel 2002 ha avuto consapevolezza della riferibilità dell'epatite all'infortunio subito nel 1991. Allorché nel 1994 le fu diagnosticata al epatite C non vi era alcuna possibilità per la ricorrente, in virtù dello stato della scienza e conoscenza medica di riferire questa malattia all'infortunio sul lavoro del 1990. 2. Il ricorso - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente - è fondato. L'Istituto, nel riconoscere il diritto della ricorrente alla rendita da infortunio sul lavoro, seppur con decorrenza dal 1 giugno 2003 invece che con la più risalente decorrenza richiesta dalla lavoratrice infortunata, ha rinunciato, per comportamento concludente non accompagnato da alcuna riserva quanto ai possibili ratei eventualmente spettanti per il periodo precedente , a far valere la prescrizione, che pertanto non era più eccepibile dall'Istituto nel giudizio avente ad oggetto soltanto la decorrenza della prestazione assicurativa, già riconosciuta senza riserve, e non invece la debenza della stessa e quindi la sussistenza del diritto. L'art. 2937, terzo comma, c.c. prevede che la rinunzia alla prescrizione può risultare da un fatto incompatibile con la volontà di valersi della prescrizione e, in proposito, questa Corte Cass., sez. lav., 15 marzo 2007, n. 6047 ha ritenuto che la rinuncia del debitore alla prescrizione del credito al capitale comporta rinuncia alla prescrizione del credito agli interessi, salva la facoltà di limitare gli effetti di tale rinuncia, dichiarando che essa si riferisce soltanto al capitale. Cfr. anche Cass., sez. lav., 15 marzo 2007, n. 6047, secondo cui la rinuncia del debitore alla prescrizione del credito al capitale, manifestata, ex art. 2937 c.c., attraverso il pagamento della somma capitale comporta anche la rinuncia alla prescrizione del credito per accessori, nella specie interessi e rivalutazione monetaria per crediti retributivi, ex art. 429 c.p.c., salva la facoltà, per il debitore rinunciante, di limitare espressamente gli effetti della propria rinuncia al solo capitale. Analogamente il riconoscimento, senza riserva, da parte dell'Istituto del diritto alla rendita da infortunio sul lavoro con decorrenza dal 1 giugno 2003 quando il diritto sarebbe già stato estinto per prescrizione - decorrente, secondo la prospettazione difensiva dell'Istituto, dalla risalente conoscenza della malattia da parte dell'infortunata, ossia fin dall'epoca di effettuazione dei test sierologici - implicava non solo la rinuncia a far valere l'eccezione di prescrizione in ordine all' an debeatur della prestazione assicurativa - ciò che è pacifico tra le parti - ma anche la rinuncia a far valere la stessa eccezione quanto alla decorrenza della prestazione. Con riferimento poi al danno da emotrasfusioni per contrazione dell'infezione epatite C - evento questo che nella specie configura l'infortunio sul lavoro - va ricordato che secondo la giurisprudenza di questa Corte Cass. civ., sez. un., 11 gennaio 2008, n. 580 in generale il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno di chi assume di aver contratto per contagio una malattia per fatto doloso o colposo di un terzo decorre, non dal giorno in cui il terzo determina la modificazione che produce il danno altrui o dal momento in cui la malattia si manifesta all'esterno, ma dal momento in cui viene percepita o può essere percepita, quale danno ingiusto conseguente al comportamento doloso o colposo di un terzo, usando l'ordinaria oggettiva diligenza e tenuto conto della diffusione delle conoscenze scientifiche. 3. Il ricorso va quindi accolto con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Reggio Calabria. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio di cassazione, alla Corte d'appello di Reggio Calabria.