È il reddito del nucleo familiare a determinare il quantum dell’assegno

L'assegno per il nucleo familiare, disciplinato dall'art. 2, d.l. n. 69/1988, conv. in l. n. 153/1988, è finalizzato ad assicurare una tutela in favore di quelle famiglie che mostrano di essere effettivamente bisognose sul piano economico, ed è attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo altresì conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali e che pertanto si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età. Ne consegue che, ai sensi dei commi 2 e 6 dell'art. 2 cit., il reddito rilevante ai fini dell'ammontare dell'assegno è quello del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli, con esclusione del coniuge legalmente separato, anche se titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all'erogazione della provvidenza.

Così affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro con la sentenza n. 6351, pubblicata il 30 marzo 2015. Il caso domanda di coniuge separato volta ad ottenere il pagamento dell’assegno per il nucleo familiare, spettante all’altro coniuge, contestata dall’Inps per difetto del requisito reddituale. Il coniuge separato di un lavoratore chiedeva al Tribunale del lavoro l’accertamento del diritto all’assegno per il nucleo familiare, deducendo di essere coniuge non convivente del lavoratore avente diritto all’assegno e affidatario dei figli minori. Secondo l’azienda l’assegno non era dovuto in quanto l’entità del reddito percepito dal coniuge affidatario non giustificava tale diritto. Si costituiva in giudizio l’Inps, contestando la domanda, mentre rimaneva contumace l’azienda. Il Tribunale adito accoglieva la domanda. Proposto appello da parte dell’Inps, la Corte d’Appello lo rigettava, affermando il diritto all’assegno richiesto. Proponeva così ricorso in cassazione l’Inps. L’assegno per il nucleo familiare ex art. 2 D. Lg. n. 69/1988. L’articolo 2 del d. l n. 69/1988 ha introdotto l’assegno per il nucleo familiare, modificando il precedente regime dei trattamenti in favore della famiglia assegni familiari e simili per i lavoratori dipendenti, i titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali derivanti da lavoro dipendente, i lavoratori assistiti dall'assicurazione contro la tubercolosi, il personale statale in attività di servizio ed in quiescenza, i dipendenti e pensionati degli enti pubblici anche non territoriali, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1988, gli assegni familiari, le quote di aggiunta di famiglia, ogni altro trattamento di famiglia comunque denominato e la maggiorazione di cui all'art. 5 del d.l. n. 17/1983, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 79/1983, cessano di essere corrisposti e sono sostituiti, ove ricorrano le condizioni previste dalle disposizioni del presente articolo, dall'assegno per il nucleo familiare . La contestazione mossa dall’ente previdenziale trae fondamento dal fatto che il coniuge affidatario dei figli minori e legalmente separato, avesse un reddito di entità tale da non giustificare il diritto a percepire l’assegno per il nucleo familiare. In altre parole, secondo l’Inps occorreva prendere in considerazione non il reddito del coniuge che aveva maturato il diritto all’assegno e non affidatario della prole ma il reddito del coniuge affidatario. Il reddito del nucleo familiare determina il quantum dell’assegno Secondo la Suprema Corte, l’interpretazione dell’Inps è infondata e contraria a precedente giurisprudenza di legittimità in materia. La Corte, in altre pronunce, aveva affermato che il reddito a disposizione del nucleo familiare, derivante da quanto percepito dal coniuge separato, affidatario dei figli rileva per la determinazione del quantum dell’assegno, con esclusione del reddito percepito dall’altro coniuge separato, non convivente e non affidatario dei figli. mentre il reddito del coniuge non affidatario si considera per stabilire il diritto alla prestazione. Il reddito del coniuge legalmente ed effettivamente separato, non affidatario dei figli viene preso in considerazione unicamente per stabilire il diritto a percepire l’assegno. Una volta stabilito tale diritto, l’ammontare dell’assegno verrà determinato sulla base del reddito del nucleo familiare. Pertanto, afferma la Corte di legittimità, la pretesa dell’Inps di voler considerare il requisito reddituale del coniuge affidatario ai fini della spettanza della prestazione e non solo per la determinazione del quantum è palesemente infondata, alla luce della costante giurisprudenza della Corte. La decisione dei giudici d’appello appare corretta e pertanto il ricorso proposto è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 dicembre 2014 – 30 marzo 2015, numero 6351 Presidente De Cesare – Relatore Bronzini Svolgimento del processo G.L. conveniva avanti il Tribunale del lavoro di Venezia t'INPS e la CFM scarl chiedendo accertarsi il proprio diritto alla percezione diretta dell'assegno per il nucleo familiare relativo ai figli R.S. e R.E. e chiedendo la condanna della CFM scarl al pagamento in suo favore dei predetti assegni con la decorrenza indicata in ricorso, con accessori. La ricorrente deduceva che era coniuge separata da R.G. , dipendente CFM scarl e affidata ria dei figli minori prima ricordati e che l'INPS aveva comunicato alla CSM il venir meno del diritto di R.G. alla percezione dell'assegno e contestualmente il diritto della ricorrente alla percezione del medesimo trattamento. La CSM scarl aveva invece negato la corresponsione degli assegni motivando il diniego con l'entità del reddito percepito dalla G. , decisione contestata dalla ricorrente. Si costituiva l'INPS chiedendo il rigetto del ricorso, rimaneva contumace la CFM scarl. Il Tribunale con sentenza del 27.5.2005 accoglieva la domanda condannando la CSM scarl al versamento, a titolo di anticipazione del trattamento, in favore della ricorrente degli assegni familiari per i due figli. La Corte di appello di Venezia con sentenza del 17.3.2008 rigettava l'appello dell'INPS. La Corte territoriale osservava, alla luce della giurisprudenza di legittimità, che il coniuge separato non affidatario è titolare del diritto alla corresponsione degli assegni e il reddito di quest'ultimo viene in considerazione per stabilire il diritto all'erogazione della provvidenza. Quindi il requisito reddituale andava verificato con riferimento al R.G. e non all'appellata G. al fine di stabilire se sussistesse la titolarità in capo al R. del diritto in parola. Una volta stabilita la spettanza dell'assegno l'ammontare dello stesso andava determinato in relazione al reddito del nucleo familiare dell'altro coniuge affidatario. La tesi dell'INPS appariva quindi infondata. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso l'INPS con un motivo corredato da memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c La G. è rimasta intimata. Motivi della decisione Con il motivo proposto l'INPS allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 2 commi sesto, nono e decimo del DL numero 69/1988 convertito dalla legge 13.5.1975. Si doveva considerare, al fin di accertare la spettanza del diritto, il reddito del coniuge affidatario. Il motivo appare infondato alla luce dell'orientamento di questa Corte che il Collegio condivide pienamente e che l'INPS non tiene in alcuna considerazione secondo il quale l’assegno per il nucleo familiare, disciplinato dall'art. 2 del D.L. 13 marzo 1988 numero 69, convertito in legge 13 maggio 1988 numero 153 - finalizzato ad assicurare una tutela in favore di quelle famiglie che mostrano di essere effettivamente bisognose sul piano economico, ed attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo altresì conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali e che pertanto si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro, ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età - ha natura assistenziale ne consegue che, ai sensi dei commi secondo e sesto dell'art. 2 cit., il reddito rilevante ai fini dell'ammontare dell'assegno è quello del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli, con esclusione del coniuge legalmente separato, anche se titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all'erogazione della provvidenza Cass. numero 13200/2003 . La Corte ha osservato più specificamente che nel periodo in cui era in vigore l'istituto degli assegni familiari sono state emanate due norme per regolare le situazioni di conflitto fra coniugi separati e favorire in ogni caso il coniuge cui erano affidati i figli, indipendentemente dalla titolarità del diritto alla corresponsione degli assegni. L'art. 211 della L. numero 151 del 19/5/75, prevede che il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge l'art. 9 della L. numero 903 del 9/12/77, sulla parità di trattamento tra uomini e donne, dopo avere previsto che tutte le prestazioni in favore della famiglia possono essere corrisposte, in alternativa, alla donna lavoratrice . con gli stessi limiti previsti per il lavoratore , al secondo comma stabilisce che nel caso di richiesta di entrambi i genitori le prestazioni debbono essere corrisposte al genitore con il quale il figlio convive . Abolito l'istituto degli assegni familiari queste norme sono rimaste in vigore perché non abrogate esplicitamente o implicitamente da norme successive , la prima, ai fini della scissione fra titolarità del diritto alla corresponsione del trattamento di famiglia e diritto alla percezione dello stesso e la seconda per regolare le situazioni di conflitto fra coniugi separati che abbiano entrambi diritto alla corresponsione. Per tutto il resto, però, il regime è radicalmente mutato con la introduzione dell'assegnò per il nucleo familiare col DL. numero 69 del 13/3/88, convertito in L. numero 153 del 1988. La Corte ha già avuto modo di precisare, con la sentenza n 7668 del 20/8/96, che, come è stato messo in luce dalla dottrina, il nuovo istituto dell'assegno per il nucleo familiare si caratterizza per accentuare il processo di ridistribuzione del reddito, attraverso un sistema dei trattamenti diretto ad assicurare una tutela in favore di quelle famiglie che si mostrano effettivamente bisognose sul piano finanziario. Ed invero, l'assegno compete in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare art. 2, 2^ comma, prima parte, L. numero 153 del 1988 . Detto reddito, preso a parametro per la corresponsione dell'assegno, viene elevato per quei nuclei familiari, che risultino meritevoli di una specifica e più intensa tutela, per comprendere soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali e che si trovino, a causa di tali difetti, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro , ovvero minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età art. 2, 2^ comma, seconda parte, L. numero 153-1988 . Si realizza, cosi, con l'istituto in esame, una compenetrazione tra strumenti previdenziali e precisamente tra quelli posti a tutela per il carico di famiglia, con quelli apprestati a tutela di malattie, essendosi rivolta particolare attenzione a quei nuclei familiari che presentano aree di accentuata sofferenza in ragione di infermità che hanno colpito qualcuno del propri componenti. In proposito, rileva il Collegio che la suddetta finalità della L numero 153/88 di operare cioè la ridistribuzione del reddito favorendo le famiglie che hanno veramente bisogno e tenendo conto delle loro particolari situazioni dimostra il carattere squisitamente assistenziale della nuova normativa, che al 6^ comma dell'art. 2 definisce il nucleo familiare, precisando che lo stesso è composto dai coniugi, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato e dai figli ed equiparati , comprendendo in esso, tutte le persone in favore delle quali è erogata la prestazione assistenziale, anche maggiorenni, purché si trovino nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro nucleo che può essere composto anche da una sola persona che si trovi nelle condizioni previste dal successivo comma 8. Ed è in relazione a tale nucleo familiare che viene determinato, ai sensi del 2^ comma, l'importo da erogare in misura differenziata a seconda delle necessità e, in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo medesimo. La finalità assistenziale del nuovo istituto e la chiara dizione legislativa inducono a ritenere che il reddito da tenere presente ai fini dell'ammontare dell'assegno è quello del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli, con esclusione del coniuge legalmente ed effettivamente separato, anche, se titolare del diritto alla corresponsione il reddito di quest'ultimo viene tuttavia in considerazione per stabilire il diritto alla erogazione della provvidenza assistenziale una volta stabilita la spettanza dell'assegno, l'ammontare viene determinato sulla base del reddito del nucleo familiare dell'altro coniuge affidatario. Pertanto la pretesa dell'INPS di voler considerare il requisito reddituale del coniuge affidatario ai fini della spettanza della prestazione e non solo per la determinazione del quantum è palesemente infondata alla luce della chiaro decisum di questa Corte. Quanto accertato dai Giudici di appello in relazione al reddito della G. non viene contestato. Si deve quindi rigettare il ricorso. Nulla sulle spese del giudizio di legittimità posto che l'intimata non si è costituita. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.