Classificazione delle minorazioni visive

La l. n. 138/01 reca la classificazione e quantificazione delle minorazioni visive, oltre alle norme in materia di accertamenti medici, prevedendo tre diverse ipotesi di cecità assoluta comprensive anche della cecità ventesimista.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 3665/15 depositata il 24 febbraio. Il fatto. Il Tribunale di Locri veniva chiamato a pronunciarsi in merito al riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento e alla pensione per ciechi civili assoluti proposta dall’attrice nei confronti dell’INPS. La ctu medico - legale disposta dal giudice evidenziava l’esistenza di cataratta e angiosclerosi retinica bilaterale con grave deficit visivo, pari a 1/50 non correggibile all’occhio destro e assoluto al sinistro distinzione di sole luci ed ombre , riconoscendo l’indennità di accompagnamento come cieco civile assoluto. La sentenza di primo grado veniva impugnata dalla ricorrente che si doleva della contraddizione tra il riconoscimento della cecità assoluta, con conseguenti provvidenze economiche, e l’interlineatura con cui la parola assoluta veniva sostituita con la parola ventesimista , deducendo che la ctu espletata era completamente a lei favorevole. La Corte d’appello rigettava il gravame, osservando che è qualificabile come ceco assoluto chi abbia un residuo visivo pari a 0 in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore, mentre è ceco ventesimista chi abbia un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o in quello migliore. Per la cassazione della pronuncia propone ricorso l’interessata. La classificazione normativa. La Cassazione coglie l’occasione per analizzare le classificazioni delle minorazioni visive, meritevoli di riconoscimento giuridico, come risultano dalla l. n. 138/01. L’art. 2 della legge citata definisce cieco totale chi sia colpito da totale mancanza visiva in entrambi gli occhi lett. a , chi abbia una mera percezione di luci ed ombre in entrambi gli occhi o in quello migliore lett. b ed infine chi abbia un residuo perimetrico binoculare inferiore al 3%. All’art. 3 vengono invece classificati come ciechi parziali coloro che abbiano un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o in quello migliore lett. a e coloro che abbiano un residuo perimetrico inferiore al 10% lett. b . Risulta dunque sulla base della sentenza impugnata che i giudici di merito, nel valutare la situazione della ricorrente, hanno trascurato l’ipotesi prevista dalla l. c dell’art. 2, escludendo in tal modo che il deficit visivo della ricorrente rientrasse nelle disposizioni in materia. Per questi motivi la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e rinvia alla Corte d’appello.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, sentenza 12 dicembre 2014 – 24 febbraio 2015, numero 3665 Presidente Curzio – Relatore Blasutto Ragioni di fatto e di diritto La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'art. 380 bis c.p.c V.P. conveniva in giudizio l'INPS per ottenere il riconoscimento del diritto all'indennità di accompagnamento e alla pensione per ciechi civili assoluti. Il Tribunale di Locri, in esito a c.t.u. medico-legale, dichiarava che la ricorrente è cieca ventesimista e riconosceva l'indennità di accompagnamento come cieco civile assoluto a far data dal 1.6.2008. Tale sentenza era impugnata dalla V. che lamentava la contraddizione insanabile del provvedimento che, da un lato, sia nella motivazione che nella seconda parte del dispositivo, aveva riconosciuto la sussistenza delle condizioni della cecità assoluta e il diritto alle conseguenti provvidenze economiche, ma, dall'altro, recava, mediante interlineatura, la correzione della parola assoluta con la parola ventesimista . Deduceva altresì l'appellante che l'esito della ctu. espletata in primo grado era stato completamente favorevole e che, dunque, aveva errato la Corte di appello nel negare il riconoscimento anche della pensione prevista per i ciechi civili assoluti. Con sentenza numero 739 /2012 la Corte di appello di Reggio Calabria rigettava l'appello rilevando che la c.t.u. medico-legale espletata in primo grado aveva evidenziato l'esistenza di cataratta e angiosclerosi retinica bilaterale con grave deficit visivo, pari a 1/50 non correggibile all'occhio destro e assoluto distinzione di sole luci ed ombre al sinistro. Ciò premesso, osservava che è cieco assoluto il soggetto che abbia un residuo visivo pari a zero in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore e che è cieco ventesimista colui che abbia un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore che nel caso in esame l'occhio migliore aveva un residuo visivo superiore alla soglia della cecità assoluta . Per la cassazione di tale sentenza V.P. propone ricorso affidato ad unico motivo di ricorso. L'Inps resiste con controricorso. Con unico motivo si denuncia violazione delle leggi numero 66 del 1962, numero 382 del 1970, numero 508 del 1988, numero 509 del 1988, numero 138 del 2001 e delle Tabelle di cui al D.M. febbraio 1992 per la valutazione delle patologie invalidanti, nonché vizio di motivazione. Si deduce che la sentenza aveva espresso un giudizio errato, atteso che la ricorrente è portatrice di un residuo visivo pari a zero in un occhio e pari ad un cinquantesimo nell'altro e che tale condizione è propria del cieco assoluto e non del cieco ventesimista. Il ricorso è manifestamente fondato e può, pertanto, essere trattato in camera di consiglio. Preliminarmente, va disattesa l'eccezione dell'Istituto controricorrente vertente sul difetto di autosufficienza del ricorso, in quanto privo della trascrizione della c.t.u. espletata in primo grado e vagliata dalla Corte di appello. Nel caso in esame, il vizio denunciato non involge la diagnosi e le percentuali di riduzione del visus indicate dal C.t.u., essendo tali dati fattuali - propri dell'accertamento medico-legale - del tutto certi e mai contestati dalla parte ricorrente, che anzi su di essi ha fondato l'appello e l'odierno ricorso per cassazione. Neppure rileva l'omessa trascrizione della relazione peritale, essendo l'esito dell'accertamento stato riportato nella sentenza impugnata. Secondo l'elaborato peritale, la V. risulta affetta da cataratta e angiosclerosi renitinica con grave deficit visivo, pari a 1/50 non correggibile all'occhio destro e assoluto distinzione di sole luce ed ombre al sinistro . La legge 3 aprile 2001, numero 138 G.U. numero 093 del 21/04/2001 , recante la classificazione e quantificazione delle minorazioni visive e norme in materia di accertamenti oculistici, innovando la precedente normativa, ha disposto - all'art. 1, Campo di applicazione , che la presente legge definisce le varie forme di minorazioni visive meritevoli di riconoscimento giuridico, allo scopo di disciplinare adeguatamente la quantificazione dell’ipovisione e della cecità secondo i parametri accettati dalla medicina oculistica internazionale. Tale classificazione, di natura tecnico-scientifica, non modifica la vigente normativa in materia di prestazioni economiche e sociali in campo assistenziale - all'art. 2 Definizione di ciechi totali , che, ai fini della presente legge, si definiscono ciechi totali a coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi b coloro che hanno la mera percezione dell'ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore c coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento - all'art. 3 Definizione di ciechi parziali , che 1. Si definiscono ciechi parziali a coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione b coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 10 per cento . La legge ha contemplato, inoltre - all'art. 4, la categoria degli ipovedenti gravi, i quali sono a coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione b coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 30 per cento - all'art. 5, la categoria degli ipovedenti medio - gravi, i quali sono a coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 2/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione b coloro Il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 50 per cento - all'art. 6, la categoria degli ipovedenti lievi, i quali sono a coloro che hanno un residuo visivo non superiore a 3/10 in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore, anche con eventuale correzione b coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 60 per cento . Dalla riportata classificazione risulta che rientrano nella definizione di ciechi totali di cui all'art. 2, non solo coloro che sono colpiti da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi ipotesi sub a e coloro che hanno la mera percezione dell'ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell'occhio migliore ipotesi sub c , ma anche coloro il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al 3 per cento ipotesi sub c . Dalla sentenza impugnata risulta che la Corte di appello ha preso in considerazione solo le prime due ipotesi, escludendo che il deficit visivo della ricorrente integrasse le relative previsioni legali, ma non ha considerato l'ipotesi sub c , che consente il riconoscimento delle provvidenze per cecità assoluta in presenza di un residuo perimetrico binoculare inferiore al 3 per cento. È dunque mancato anche il relativo accertamento di fatto e la sentenza è carente in ordine ad un punto decisivo per il giudizio. Il Collegio ha condiviso la proposta di accoglimento del ricorso. Pertanto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Reggio Calabria in diversa composizione.