Liquidazione delle spese processuali, se la domanda è dettagliata, lo deve essere anche la risposta

In tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione, in misure inferiori a quelle esposte, dei diritti e degli onorari di avvocato. Invece, ha l’onere di motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione delle voci.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 2909, depositata il 13 febbraio 2015. Il caso. La Corte d’appello di Roma riliquidava le spese del giudizio di primo grado in merito ad una domanda di pensione di invalidità civile. Mentre il tribunale aveva liquidato 1.030 euro, la Corte d’appello di Roma, su richiesta della donna, richiedente la pensione poi riconosciutale , riconosceva l’importo di 1.600 euro, di cui 800 euro per onorari. La donna ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di non aver liquidato le spese processuali del primo grado di giudizio nella misura richiesta nella dettagliata elencazione contenuta nel ricorso in appello e, quindi, in misura inferiore agli importi stabiliti nella tariffa forense. Motivazione del giudice. La Corte di Cassazione ricorda che, in tema di liquidazione delle spese processuali, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione, in misure inferiori a quelle esposte, dei diritti e degli onorari di avvocato. Invece, ha l’onere di motivare adeguatamente l’eliminazione o la riduzione di voci per consentire poi, in sede di legittimità, l’accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione all’inderogabilità dei relativi minimi a norma dell’art. 24 l. n. 794/1942. Perciò, qualora non risulti una specifica motivazione al riguardo, non può essere superata la soglia minima inderogabile prevista per legge in relazione alle singole voci effettivamente spettanti in ordine alle singole attività professionali espletate. Nel caso di specie, si configurava proprio tale eventualità, in rapporto allo scaglione tariffario concretamente applicabile nella controversia di merito, considerando le complessive voci correttamente indicate nell’interesse della ricorrente. Perciò, a quest’ultima doveva essere liquidata la globale somma richiesta. Di conseguenza, la Corte di Cassazione accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, in applicazione del d.m. n. 127/2004, allora vigente, riconosce alla ricorrente un importo totale di 2.302 euro di cui 1.1112 per diritti e 1.190 per onorari .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 dicembre 2014 – 13 febbraio 2015, numero 2909 Presidente Macioce – Relatore Ghinoy Ragioni della decisione 1. Con la sentenza numero 623 del 2008, la Corte d'appello di Roma, accogliendo parzialmente l'appello di C. R., riliquidava le spese del giudizio di primo grado, all'esito del quale era stata accolta la sua domanda avente ad oggetto il diritto alla pensione di invalidità civile, riconoscendo l'importo di complessivi € 1.600,00 di cui € 800,00 per onorari, in luogo del minor importo di complessivi € 1.030,00 liquidato dal Tribunale. Compensava tra le parti le spese del grado d'appello, in considerazione del corretto comportamento processuale dell'Inps che si era rimesso alla decisione della Corte. 2. Per la cassazione di tale sentenza C. R. ha proposto ricorso, affidato a due motivi l'Inps si è costituito con delega in calce al ricorso notificato ed il Ministero dell'economia e delle finanze ai soli fini dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione. 3. Il Collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata. 4. A fondamento del ricorso C. R. censura sia sotto il profilo del vizio di motivazione che della violazione di legge art. 64 comma primo RDL. numero 1578 del 1933 convertito dalla L.numero 36 del 1934, nonché art. 1 della Tariffa approvata con D.M. 8/4/2004 numero 127 e art. 2 c.2 del D.L. 4/7/2006 numero 223 conv. nella L.numero 248 del 4/8/2006 numero 248 la sentenza della Corte di merito, laddove non ha liquidato le spese processuali del primo grado di giudizio nella misura richiesta nella dettagliata elencazione contenuta nel ricorso in appello e quindi in misura inferiore agli importi stabiliti nella tariffa forense. 5. Il ricorso è fondato. 5.1. La liquidazione delle spese processuali rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, ma è possibile denunziare in sede di legittimità le liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali, con obbligo di indicare le singole voci contestate, in modo da consentire il controllo di legittimità senza necessità di ulteriori indagini Cass. numero 18086 del 2009, Cass. numero 14542 del 2011, Cass. numero 2421 del 2014 . 5.2. In tema di liquidazione delle spese processuali, inoltre, il giudice, in presenza di una nota specifica prodotta dalla parte vittoriosa, non può limitarsi ad una globale determinazione, in misure inferiori a quelle esposte, dei diritti e degli onorari di avvocato, ma ha l'onere di dare adeguata motivazione della eliminazione o della riduzione di voci da lui operata,allo scopo di consentire, attraverso il sindacato di legittimità, l'accertamento della conformità della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed alle tariffe, in relazione alla inderogabilità dei relativi minimi, a norma della L. numero 794 del 1942, art. 24. Ne consegue che, ove non risulti, come nel caso, una specifica motivazione al riguardo, non può essere superata la soglia minima inderogabile prevista per legge in relazione alle singoli voci effettivamente spettanti in ordine alle singole attività professionali espletate così Cass. numero 22164 del 2014 . 5.3. Pertanto, essendo configurata, nella fattispecie, proprio quest' eventualità in rapporto allo scaglione tariffario concretamente applicabile nella controversia di merito in questione, avuto riguardo alle complessive voci correttamente indicate nell'interesse della ricorrente, a quest'ultima avrebbe dovuto essere liquidata la globale somma richiesta. 6. In definitiva, in accoglimento del ricorso, può, previa parziale cassazione della sentenza impugnata e non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2 , provvedersi a decidere direttamente la causa nel merito in questa sede in ordine alla riliquidazione delle spese processuali del primo grado di giudizio, riconoscendo, in applicazione delle tariffe previste dal D.M. 124 del 2004 all'epoca vigente e secondo la notula che era stata depositata, un importo di € 1.112,00 per diritti ed € 1.190,00 per onorari, per un totale di € 2.302, 00, oltre ad € 20,00 per esborsi, ed oltre rimborso spese generali ed accessori. 7. La compensazione delle spese operata dal giudice di secondo grado non è stata oggetto del ricorso per cassazione, mentre le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza dell'Inps e, considerati il valore della controversia e l'attività processuale svolta, vengono liquidate come da dispositivo in applicazione del D.M. 10 marzo 2014 numero 55, con distrazione in favore del difensore per la dichiarata anticipazione. 8. L'estraneità alla questione affrontata del Ministero, che neppure ha svolto attività processuale, determina la compensazione delle spese nei suoi confronti. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese del giudizio di primo grado in complessivi € 2.322,00 di cui € 1.190,00 per onorari ed € 20,00 per esborsi, ed oltre rimborso spese generali ed accessori, con distrazione in favore del difensore. Compensa tra le parti le spese del giudizio di secondo grado. Condanna l' Inps al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in € 1.500,00 per compensi professionali, oltre ad € 100,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge, con distrazione in favore del difensore. Compensa le spese nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze.