Limite patrimoniale per il diritto all’assegno sociale: non si computa il reddito della casa

In tema di assegno sociale attribuito a seguito di conversione dell’assegno per invalidità civile per il raggiungimento dei 65 anni d’età, ai fini della determinazione del requisito reddituale, non deve tenersi in considerazione il reddito della casa di abitazione.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 1081/15, depositata il 21 gennaio. Il caso. L’INPS ricorre in Cassazione al fine di ottenere l’annullamento della sentenza di merito che aveva riconosciuto indebita la sospensione dell’erogazione dell’assegno sociale a favore di una signora 65enne, precedentemente titolare dell’assegno di invalidità civile. L’ente previdenziale aveva sospeso il versamento della pensione sociale per superamento dei limiti di reddito, assumendo appunto che il reddito dell’interessata oltrepassasse la soglia patrimoniale rilevante, nel cui computo era stato incluso anche il reddito derivante dalla casa di abitazione della stessa. La Corte di merito, ritenendo necessaria l’esclusione di detta voce reddituale dal calcolo necessario per l’accertamento del requisito, accoglieva la domanda della signora relativa al riconoscimento del suo diritto all’assegno sociale. Invalidità civile e trattamento pensionistico. La Corte di Cassazione respinge innanzi tutto la tesi del ricorrente, secondo la quale sarebbe necessario l’inserimento del reddito della casa di abitazione nel computo del limite reddituale per le prestazioni di invalidità civile, di cui l’assegno sociale costituisce trasformazione al compimento del 65esimo anno d’età. La Corte afferma infatti che l’ammissione degli invalidi civili, al compimento dei 65 anni, alla pensione sociale erogata dall’INPS in sostituzione delle provvidenze di invalidità civile ha carattere automatico e prescinde pertanto dall’accertamento, da parte dell’ente previdenziale, della posizione patrimoniale dell’interessato, costituendo la titolarità della pensione di invalidità presupposto sufficiente per il conseguimento della pensione sociale a condizioni più favorevoli. Nel caso concreto pertanto si pone la necessità di accertare quale fosse il limite reddituale applicabile al beneficio assistenziale di invalidità civile di cui godeva l’interessata, prima della sua trasformazione in trattamento pensionistico. Il reddito della casa è computabile? A tal fine, si rende doveroso l’accertamento dell’inclusione o meno del reddito derivante dalla casa di abitazione nelle componenti reddituali rilevanti. La questione è stata esaminata anche da precedenti pronunce della Corte medesima che hanno creato un costante orientamento interpretativo Cass. n. 5479/12, n. 1456/12, n. 20387/13 . In particolare si sottolinea che le disposizioni relative alla concessione della pensione sociale, condizionando il trattamento a determinati limiti di reddito, prevedono l’esclusione del computo degli assegni familiari e della casa di abitazione. Nonostante un successivo intervento in rialzo del limite reddituale, l’esclusione di quelle voci patrimoniali dal computo non è stata oggetto di modifiche. Anche le disposizioni più recenti confermano l’esclusione dei redditi dominicali dell’abitazione. In caso contrario, il limite reddituale previsto per le prestazioni assistenziali per invalidità, al momento della conversione delle stesse in pensione sociale compimento dei 65 anni andrebbe a detrimento dell’interessato considerando che all’invalidità si accompagnerebbe in tal caso un avanzamento dell’età. Per questi motivi, la Suprema Corte rigetta il ricorso dell’INPS.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 1 dicembre 2014 – 21 gennaio 2015, n. 1081 Presidente Mammone - Blasutto Ragioni di fatto e di diritto La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio, preso atto dell'assenza di memorie delle parti. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Firenze confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da Nanni Gloria concernente il diritto all'assegno sociale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 3. La Nanni, titolare della pensione di inabilità civile L. n. 118 del 1971, ex art. 12, al compimento dei 65 anni ossia nel 2002 era divenuta titolare del predetto assegno sociale, la cui erogazione le era stata sospesa dall'INPS a decorrere dal 1.1.2005 per superamento dei limiti di reddito. La Corte territoriale riteneva, contrariamente all'assunto dall'ente previdenziale, che ai fini del riconoscimento delle prestazioni assistenziali in questione il reddito della casa di abitazione andasse escluso dal reddito imponibile. Di questa sentenza l'INPS domanda la cassazione sulla base di due motivi. Gli eredi di N.G. resistono con controricorso. Con il primo motivo l'Inps denuncia violazione della L. n. 118 del 1971, art. 19 e della L. n. 335 del 1995 e vizio di motivazione art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. , con il secondo violazione del D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies, convertito in L. n. 33 del 1980, e dell'art. 2 D.M. 31 ottobre 1992, n. 553, in relazione all'art. 8 legge 10.2.1962, n. 66 art. 360 n. 3 cod. proc. civ. , sostenendo che il reddito della casa di abitazione si computa ai fini del limite reddituale per le prestazioni di invalidità civile, posto che l'assegno sociale in godimento costituisce trasformazione del trattamento assistenziale. In limine, deve rilevarsi la manifesta infondatezza del ricorso ex art. 375, primo comma, n. 5 cod. proc. civ. pertanto, la causa può essere trattata in camera di consiglio ex art. 380 bis, primo comma, cod. proc. civ Va premesso che l'ammissione degli invalidi civili, al compimento del sessantacinquesimo anno di età, alla pensione sociale erogata dall'INPS in sostituzione delle provvidenze di invalidità civile ha, in applicazione della L. 30 marzo 1971, n. 118, art. 19, carattere automatico e prescinde pertanto dall'accertamento, da parte di detto Istituto, della rivalutazione della posizione patrimoniale dell'assistito, costituendo la titolarità della pensione di invalidità sufficiente presupposto per il conseguimento della pensione sociale alle condizioni di maggior favore già accertate cfr. Sez. Unite, sent n. 10972 del 09/08/2001 . Quindi, per decidere la questione per cui è causa, è necessario accertare quale fosse il limite reddituale prescritto per il beneficio assistenziale di cui la Nanni godeva, prima della sua trasformazione in assegno. Ciò premesso, va osservato che la questione sottoposta all'esame della Corte - vertente sulla computabilità o meno del reddito della casa di abitazione tra le componenti del reddito ai fini della verifica del requisito reddituale per il riconoscimento dei beneficio della pensione di inabilità civile o dell'assegno di invalidità civile di cui agli artt. 12 e 13 Legge n. 118/71 - è stata recentemente esaminata e risolta da Cass. 14456 del 13.8.2012. Tale sentenza si è espressa nei termini seguenti La L. n. 114 del 1974, art. 8 di conversione del D.L. n. 30 del 1974 Condizioni economiche per le provvidenze ai mutilali e invalidi civili stabiliva che le condizioni economiche per la concessione sia della pensione di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12 sia per l'assegno di cui all'art. 13, fossero quelle previste dall'art. 3, della cit. legge per la concessione della pensione sociale. Indi la L. n. 114 del 1974, art. 3 concernente la pensione sodale, dopo avere condizionato il diritto a pensione sociale a determinati limiti di reddito prevedeva che dal computo del reddito suindicato sono esclusi gli assegni familiari e la casa di abitazione . È vero poi che il D.L. n. 663 del 1979, art. 14 septies conv. in L. n. 33 del 1980 ha elevato i limiti di reddito di cui al D.L. n. 30 dd 1974, art. 4 convertito in L. n. 114 del 1974, ma non ha per nulla modificato quella parte del comma 8 che escludeva il reddito della casa di abitazione ai fini del limite di legge. In altri termini, l’elevazione, per tener conto della svalutazione intervenuta nelle more, del limite reddituale non ha però travolto la specifica disposizione che escludeva appunto dal computo la casa di abitazione, facendo rinvio alla disciplina concernente la pensione sociale. Anche nei riguardi di quest'ultima, la L. n. 153 del 1969, art. 26 esclude dal computo dei redditi il reddito dominicale della casa di abitazione. Ed ancora lo stesso L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 6 prevede che per l'assegno sodale, il quale dal primo gennaio 1996 si eroga in luogo della pensione sociale, non si computano redditi casa abitazione. Diversamente opinando il mantenimento del limite reddituale previsto per le prestazioni assistenziali, quando le medesime si convertono, al compimento dei 65 anni in pensione o assegno sociale, andrebbe a detrimento dell'interessato, nonostante che all'invalidità si accompagni anche la debolezza dell'età. Nello stesso senso si è già espressa la sentenza di questa Corte n. n. 5479 del 05/04/2012, in cui si è affermato che, in tema di pensione di inabilità, ai fini del requisito reddituale non va calcolato il reddito della casa di abitazione, in quanto la L. n. 118 del 1971, art. 12 rinvia per le condizioni economiche, alla L. n. 153 del 1969, art. 26 che, per la pensione sociale, esclude dal computo il reddito della casa di abitazione. Né rileva, in senso contrario, la previsione di cui al D.M. n. 553 del 1992, art. 2 che impone, ai fini assistenziali, la denuncia dei redditi al lordo degli oneri deducibili , in quanto la casa di abitazione, non costituisce, a tal scopo, un onere deducibile, ma una voce di reddito . Detta sentenza rileva giustamente che non si può tenere conto di disposizioni dettate ad altri fini, come quelle che impongono la denuncia dei redditi ai fini assistenziali, perché queste nulla dicono sulla determinazione effettiva del reddito da considerare ai fini del diritto alla prestazione. Antecedentemente aveva deciso nello stesso senso Cass. n. 2509 del 08/04/1983. Non sembra quindi condivisibile il diverso orientamento espresso dall'ordinanza di questa Corte n. 4223/2012 in tali termini, Cass. sent. n. 14456 del 2012 . È stato così enunciato il seguente principio di diritto In tema di assegno sociale, attribuito a seguito della conversione dell'assegno di invalidità civile, già erogato ai sensi dell'art. 13 della legge n. 118 del 1971, per il raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età, ai fini della determinazione del requisito reddituale non si tiene conto del reddito della casa di abitazione, in quanto, da un lato, l'art. 3 della legge n. 114 del 1974, nonché il successivo art. 14 septies del d.l. n. 663 del 1979, convertito nella legge n. 33 del 1980, ne escludevano il computo per la concessione dell'assegno di invalidità civile, mentre, dall'altro, l'art. 3, comma 6, della legge n. 335 del 1995 per la determinazione dei redditi utili per il riconoscimento dell'assegno sociale non include, a propria volta, tale voce. Né assume rilievo, in senso contrario, la previsione di cui all'art. 2 del d.m. n. 553 del 1992, che comprende tra gli oneri deducibili anche la casa di abitazione, trattandosi di disposizione dettata in funzione della denuncia dei redditi a fini assistenziali e non relativa ai criteri per la determinazione effettiva del reddito da considerare per l'attribuzione del diritto. L'interpretazione indicata dal Cass. n. 14456/2012 ha trovato conferma nella successiva pronuncia di questa Corte n. 20387 del 5/9/2013. La motivazione della impugnata sentenza ha deciso in conformità al medesimo principio e risulta dunque immune dalle censure che le sono state mosse. Né vi sono elementi che giustifichino l'esonero di questa Corte dal dovere di fedeltà ai propri precedenti, sul quale si fonda, per larga parte, l'assolvimento della funzione assegnatale dall'art. 65 dell'ordinamento giudiziario di cui al r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 e succ. modificazioni, ma di rilevanza costituzionale, essendo anche strumentale al suo espletamento il principio, sancito dall'art. 111 Cost., dell'indeclinabilità del controllo di legittimità delle sentenze di assicurare l'esatta osservanza, l'uniforme interpretazione della legge e l'unità del diritto oggettivo nazionale. In conclusione, il ricorso va rigettato Tenuto conto dei riferiti contrasti giurisprudenziali, si ravviano giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.