La società in liquidazione coatta amministrativa deve solo l’indennità di fine rapporto

In base all’art. 6 del d.l. n. 576/1978, l’impresa in liquidazione coatta amministrativa può riconoscere all’ex agente soltanto l’indennità di fine rapporto con esclusione di altre indennità quale, anche, l’indennità suppletiva.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 26413, depositata il 16 dicembre 2014. Il fatto. La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale, ha ammesso una società al passivo di un’altra società in liquidazione coatta amministrativa a titolo di indennità suppletiva ex art. 12, comma 4, dell’AEC. Rilevava la Corte che tale norma stabiliva che nel caso di recesso dell’impresa, all’agente spettava l’indennità suppletiva cessando il rapporto per causa a lui non imputabile. Contro tale decisione la società in liquidazione coatta amministrativa propone ricorso per cassazione, censurando la sentenza per avere affermato che la risoluzione del rapporto di agenzia conseguente alla liquidazione coatta amministrativa della società mandante sia ascrivibile ad un comportamento comunque riconducibile a quest’ultima. La ricorrente sostiene che la Corte d’appello avrebbe in questo modo violato l’art. 6 del d.l. n. 576/1978, norma speciale e prevalente rispetto ad ogni altra. Società in liquidazione coatta amministrativa e indennità di fine rapporto. A parere del Collegio la censura della ricorrente deve ritenersi fondata. Infatti, in base a consolidata giurisprudenza di legittimità il principio di diritto applicabile alla fattispecie è quello in base al quale l’art. 6 del d.l. n. 576/1978 – che dispone che i rapporti di agenzia costituiti con l’impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa sono risoluti di diritto alla data della pubblicazione del decreto con cui è promossa la procedura concorsuale e che l’indennità di fine rapporto è posta a carico della liquidazione – va interpretata nel senso che detta indennità è unicamente quella collegata con la risoluzione ipso iure del rapporto, conseguente alla procedura concorsuale, e non può comprendere quelle che la disciplina collettiva ricollega alle ipotesi di scioglimento del rapporto per volontà delle parti, quale il recesso per opera di una di esse. Sulla base di queste considerazioni, la S.C. cassa la sentenza impugnata e, non essendoci ulteriori accertamenti di fatto, decide la causa con il rigetto dell’opposizione allo stato passivo proposta dalla società, dovendo essere confermata la decisione del commissario straordinario che ha riconosciuto alla società la sola indennità di fine rapporto.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 4 novembre – 16 dicembre 2014, n. 26413 Presidente Macioce – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo Con sentenza del 4/10/2010 la Corte d'appello di Roma , in riforma della sentenza del Tribunale , ha ammesso la soc Moscardo Assicurazioni al passivo della soc SIDA in L.C.A. per l'importo rivalutato di € 61.974,84 , oltre interessi, a titolo di indennità suppletiva ex art 12 , comma 4, dell'AEC. La CA. ha rilevato , infatti, che l'art 12 , comma IV, AEC stabiliva che nel caso di recesso dell'impresa all'agente spettava l'indennità suppletiva cessando il rapporto per causa a lui non imputabile Secondo la Corte la risoluzione del rapporto di agenzia conseguente alla liquidazione coatta amministrativa dell'impresa mandante era ascrivibile , comunque, ad un comportamento di quest'ultima e non poteva essere imputata in alcun modo all'incolpevole agente e che, pertanto, per analogia la messa in LCA della compagnia doveva farsi rientrare tra le ipotesi di risoluzione per causa non imputabile all'agente con conseguente diritto al riconoscimento di detta indennità . La Corte ha poi liquidato sull'importo dovuto all'agente la rivalutazione monetaria fino alla data di LCA e gli interessi legali calcolati sulla semisomma del capitale originario e di quello rivalutato . Avverso la sentenza ricorre la SIDA in LCA formulando un unico articolato motivo poi ulteriormente illustrato con memoria ex art 378 cpc. Resiste la Moscardo Assicurazioni spa. Motivi della decisione La ricorrente denuncia violazione dell'art 6 del DL n 576/1978 , convertito in L. n 738/1978 e di Contratti e AEC nazionale di lavoro nonché vizio di motivazione. Censura la sentenza per aver affermato che la risoluzione del rapporto di agenzia conseguente alla liquidazione coatta amministrativa della società mandante sia ascrivibile ad un comportamento comunque riconducibile a quest'ultima non potendo essere imputato in alcun modo all'agente , del tutto incolpevole , con conseguente riconoscimento all'agente dell'indennità suppletiva di clientela. Assume la ricorrente che la Corte d'appello aveva violato l'art 6 citato , norma speciale e prevalente rispetto ad ogni altra norma , in base alla quale l'impresa in liquidazione coatta amministrativa poteva riconoscere all'ex agente soltanto l'indennità di fine rapporto con esclusione di altre indennità quale nella specie l'indennità suppletiva . La censura è fondata. In base alla consolidata giurisprudenza di questa Corte il principio di diritto applicabile alla fattispecie è, infatti, quello indicato già dalla sentenza di questa Corte 28 febbraio 1996 n. 1592, in base al quale il D.L. 26 settembre 1978, n. 576, art. 6, convertito nella L. 24 novembre 1978, n. 738 - che dispone che i rapporti di agenzia costituiti con l'impresa di assicurazione posta in liquidazione coatta amministrativa sono risoluti di diritto alla data della pubblicazione del decreto con cui è promossa la procedura concorsuale e che l'indennità di fine rapporto è posta a carico della liquidazione - va interpretata nel senso che detta indennità è unicamente quella collegata con la risoluzione ipso iure del rapporto, conseguente alla procedura concorsuale, e non può comprendere quelle che la disciplina collettiva ricollega alle ipotesi di scioglimento del rapporto per volontà delle parti, quale il recesso per opera di una di esse . conf. 22 giugno 2005 n. 13443 17 novembre 2005 n. 23266 4 settembre 2009 n. 19210 1 agosto 2011 n. 16850, 27 maggio 2014 n 16655 . Nei citati precedenti giurisprudenziali è precisato che la disciplina speciale del Decreto n. 576 del 1978, art. 6 rende inapplicabili, nel caso della liquidazione coatta amministrativa della società preponente, gli artt. 2118 e 2119 c.c. e che il rapporto di agenzia, risoluto di diritto per effetto della disposta liquidazione coatta amministrativa, è automaticamente ricostituito con l'impresa cessionaria del portafoglio, circostanza che concorre a giustificare la scelta del legislatore. In tale quadro giurisprudenziale, sostanzialmente omogeneo, l'unica pronuncia realmente dissonante è quella di Cass. 10 agosto 2007 n. 17602, per la quale il principio di cui all'art. 6 della legge n. 576 del 1978 - secondo il quale nel caso di liquidazione coatta amministrativa della preponente compete all'agente e vanno poste a carico della liquidazione le sole indennità collegate con la risoluzione ipso iure del rapporto e non anche le ulteriori indennità previste dalla contrattazione per i casi di scioglimento del rapporto per volontà delle parti - non trova applicazione ove sia la stessa contrattazione collettiva a prevedere la corresponsione delle ulteriori indennità predette. Il collegio non ritiene che la citata pronuncia, rimasta peraltro isolata, giustifichi un mutamento di giurisprudenza. Invero, la contrattazione collettiva non può disporre che con efficacia tra le parti, e non contra legem. Essa non può essere opposta ai creditori della società posta in liquidazione coatta amministrativa, ne' quindi agli organi di questa, fermo restando che essa vale nei rapporti con la cessionaria del portafoglio, a nonna del capoverso del Decreto n. 576 del 1978, art. 6. In accoglimento del ricorso la sentenza impugnata deve essere c assata e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto la causa può essere decisa con il rigetto dell'opposizione allo stato passivo proposta dalla s oc M oscardo Assicurazioni do-vendo essere confermata 1 a decisione del commissario straordinario che ha riconosciuto alla società la sola indennità di fine rapporto . Le spese del giudizio d'appello possono essere compensate considerate le iniziali incertezze esistenti sulla questione in esame Le spese del presente giudizio, stante il consolidarsi dell'interpretazione qui accolta , seguono la soccombenza . P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l'opposizione allo stato passivo proposta dalla soc Moscardo Assicurazioni sas compensa le spese del giudizio d'appello e condanna la sas Moscardo Assicurazioni a pagare alla ricorrente le spese del presente giudizio liquidate in €100,00 per esborsi ed € 5.000,00 per compensi professionali , oltre IVA, CP e 15% per spese generali .