Per il lavoratore interinale dura lex sed lex

Nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca della mens legis.

Lo ha confermato la Cassazione – Sez. Lav., con la sentenza n. 25022, depositata il 25 novembre 2014. Successione di contratti a termine e di lavoro autonomo il messo notificatore può chiedere la costituzione di un rapporto a tempo indeterminato? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso dal messo notificatore dapprima assunto alle dipendenze del servizio di riscossione tributi di un istituto di credito pubblico con una pluralità di rapporti a termine stipulati ai sensi dell’art. 32 del CCNL di categoria, successivamente con contratti di lavoro autonomo ex art. 45, d.lgs. n. 112/1999 ed, infine, in virtù di ulteriori contratti d’opera con la società alla quale l’istituto di credito aveva, nelle more, appaltato il servizio di notificazione. Il ricorrente, invocando la nullità delle assunzioni a termine, chiedeva la costituzione di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell’istituto di credito, decorrente dalla data di sottoscrizione del primo contratto a termine. All’esito del giudizio di merito, le domande del ricorrente venivano rigettate per le seguenti ragioni la previsione del contratto collettivo, nel fissare un tetto massimo alle assunzioni a tempo determinato, poneva una percentuale riferita a tutti i dipendenti a tempo indeterminato e non ai soli lavoratori svolgenti le medesime mansioni di messo notificatore il lavoratore non aveva allegato che le modalità esecutive del rapporto fossero diverse da quelle delineate nel contratto di lavoro autonomo l’appalto non aveva avuto ad oggetto l’esecuzione di mere prestazioni di lavoro in violazione dell’art. 1, l. n. 1369/1970 , posto che la società appaltatrice aveva una risalente e consistente struttura organizzativa. Percentuale consentita di assunzioni a termine in claris non fit interpretatio. L’art. 23, comma 1, l. n. 56/1987, applicabile ratione temporis alla fattispecie, prevede testualmente che l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui alla l. n. 230/1962, art. 1, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché al d.l. n. 79/1983, è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. I contratti collettivi stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato . Ad avviso della Suprema Corte, il testo della norma non risulta affatto oscuro e non legittima l’interpretazione del ricorrente secondo cui la percentuale dei lavoratori che possono essere assunti a termine debba essere riferita a quelli in servizio con le medesime mansioni oggetto delle norme collettive e non già all’intero organico aziendale. In difetto di qualsivoglia ulteriore specificazione da parte della citata disposizione, il numero di lavoratori a tempo indeterminato in relazione al quale deve essere fissata la percentuale di quelli che possono essere assunti con contratto a termine non può che riferirsi a quello dei lavoratori a tempo indeterminato occupati nell’azienda. Trova, quindi, applicazione il consolidato principio giurisprudenziale secondo cui, nell’ipotesi in cui l’interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l’interprete non deve ricorrere al criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, sulla base dell’esame complessivo del testo, della mens legis , specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma, siccome inequivocabilmente espressa dal legislatore. Qualificazione del rapporto di lavoro la valutazione delle risultanze processuali non è censurabile in Cassazione. La pronuncia in commento ribadisce, poi, che, in materia di qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in tale sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale. Nella fattispecie, la Corte territoriale ha rilevato che il lavoratore non aveva dedotto che le modalità esecutive del rapporto fossero diverse da quelle delineate dalle clausole del contratto di lavoro autonomo, evidenziando che il tenore letterale di tali clausole compenso legato al buon esito della notifica, assenza di poteri di direzione, assenza di vincoli di orario, organizzazione dei mezzi e del lavoro lasciata all’autonomia decisionale del messo erano tutti chiaramente nel senso che il rapporto di lavoro era da considerarsi di tipo autonomo. La sentenza impugnata, pertanto, risulta coerente ed immune da vizi logici.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 ottobre – 25 novembre 2014, n. 25022 Presidente Roselli – Relatore Ghinoy Svolgimento del processo M.M. esponeva con ricorso al Tribunale di Napoli di avere prestato attività lavorativa quale messo notificatore dal 1994 al giugno 2000, dapprima alle dipendenze del Servizio riscossione tributi del Banco di Napoli con una pluralità di rapporti a termine, stipulati ai sensi dell'articolo 32 del C.C.N.L. di categoria successivamente, con contratti di lavoro autonomo con il Banco di Napoli ex art. 45 del D.lgs. n. 112 del 1999 ed infine, in virtù di ulteriori contratti d'opera, con la s.r.l. Centro recapiti Campania, appaltatrice del servizio di notificazione per conto del Banco di Napoli. Chiedeva dichiararsi la nullità delle assunzioni a termine e la costituzione di un unico rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze del Banco di Napoli s.p.a., decorrente dalla data di sottoscrizione del primo contratto a termine ovvero dalla data di sottoscrizione del contratto di lavoro formalmente autonomo, o in subordine l'accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato alle dipendenze del Banco di Napoli come conseguenza della natura interpositoria del rapporto di lavoro intercorso con il Centro recapiti Campania s.r.l., con condanna del Banco di Napoli al pagamento delle retribuzioni maturate medio tempore . Il Tribunale di Napoli rigettava tutte le domande e la sentenza veniva confermata dalla Corte d'appello con la sentenza n. 3594 del 2007. La Corte disattendeva in primo luogo l'eccezione in virtù della quale le parti appellate ribadivano l'intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro a termine per mutuo consenso tacito. Confutando poi le argomentazioni proposte dall'appellante, la Corte argomentava che il datore di lavoro aveva assolto all'onere di dimostrare il rispetto della percentuale di contingentamento massima del 100% che il contratto collettivo poneva per le assunzioni a tempo determinato, percentuale che doveva riferirsi a tutti i dipendenti a tempo indeterminato addetti alla concessione e non ai soli lavoratori svolgenti le medesime mansioni di messo notificatore che in ogni caso, anche condividendosi l'interpretazione della clausola offerta dal lavoratore, non era stato allegato né dimostrato che i suoi contratti a termine fossero stati sul piano cronologico proprio quelli che superavano la soglia percentuale massima prevista dal contratto collettivo. Riteneva inoltre che non potesse recepirsi la tesi della natura simulata del rapporto di lavoro autonomo intercorso con il Banco di Napoli s.p.a., in quanto non risultava né era stato dedotto che le modalità esecutive del rapporto fossero state diverse da quelle delineate nel contratto di lavoro autonomo, né era sufficiente nel senso voluto dal lavoratore il fatto di essere sottoposto al potere di controllo del concessionario, al quale la legge riserva la facoltà di revocare il patentino di abilitazione all'attività di messo notificatore, poiché tale facoltà di controllo atteneva al profilo pubblicistico dell'attività svolta e non incideva sulla qualificazione del rapporto. Disattendeva inoltre la tesi secondo la quale l'appalto stipulato tra il Banco di Napoli e il Centro recapiti Campania s.r.l. avrebbe avuto ad oggetto l'esecuzione di mere prestazioni di lavoro art. 1 della L. n. 1369 del 1970 , rilevando che tale società aveva una risalente e consistente struttura organizzativa in quanto era una consorziata della società Recapitalia s.p.a., con sede in Firenze e con 44 agenzie di recapito, dislocate su tutto il territorio nazionale e che essa svolgeva la sua attività fin dal 1993, ben prima che il servizio di riscossione venisse affidato in concessione al Banco di Napoli, che solo nel 2001 le aveva appaltato il servizio. Inoltre, il ricorrente non aveva chiarito le modalità della prestazione svolta per l'agenzia di notificazione. Infine, con riferimento alla domanda di nullità di tutti i contratti succedutisi nel tempo per frode alla legge, rilevava che la prospettazione era generica, priva di specifici riferimenti alle circostanze di fatto che potessero fondare un giudizio di frode alla legge, a fronte della legittimità dei contratti singolarmente considerati. M.M. ha proposto ricorso per cassazione fondato su nove motivi. L'intimata Intesa San Paolo spa ed Equitalia Polis s.p.a - succedute in corso di causa alle originarie convenute nel rapporto controverso - hanno resistito con controricorso proponendo anche ricorso incidentale condizionato, cui ha resistito il M. con controricorso. Intesa San Paolo spa ed Equitalia Polis s.p.a hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c Centro Recapiti Campania s.r.l., è rimasta intimata. Motivi della decisione Preliminarmente, il ricorso principale e quello incidentale devono essere riuniti ex art. 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la medesima sentenza. I. Sintesi dei motivi del ricorso principale. 1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge L. n. 56 del 1987, art. 23, con riferimento all'art. 12 preleggi L. n. 230 del 1962, art. 1, comma 2, lett. f D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2 , deducendo che erroneamente la Corte territoriale aveva escluso che il calcolo della percentuale dei lavoratori da assumere a tempo determinato andasse fatto considerando i lavoratori già in servizio con le stesse mansioni, oggetto delle norme collettive introdotte ai sensi della L. n. 57 del 1986, art. 23. 2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge L. n. 230 del 1962, art. 3 art. 2697 c.c. , nonché vizio di motivazione, deducendo che erroneamente la Corte territoriale non aveva ritenuto che incombesse al datore di lavoro fornire la prova in ordine al rispetto della soglia percentuale dei lavoratori assunti a tempo determinato. 3. Con il terzo motivo denuncia violazione dell'art. 1362 c.c., e segg., nell'interpretazione degli artt. 32 e 33 CCNL 12.7.1991 e 26 e 21 CCNL 12.7.1995, per non avere ritenuto che la percentuale ivi contemplata andasse riferita all'organico dei messi notificatori a tempo indeterminato. 4. Con il quarto motivo il ricorrente eccepisce l'incostituzionalità della L. n. 57 del 1986, art. 23, per contrasto con l'art. 3 Cost., ove interpretato nel senso che la percentuale prevista per l'assunzione a tempo determinato vada riferita non già ai dipendenti a tempo indeterminato impegnati nella stessa attività oggetto dell'accordo collettivo, ma all'intero organico dell'azienda. 5. Con il quinto motivo denuncia violazione di legge artt. 99 e 112 c.p.c. , vizio di motivazione e omessa pronuncia, per avere la Corte territoriale ritenuto irrilevanti i mezzi istruttori diretti ad accertare l'adibizione a mansioni diverse da quelle di notificazione degli atti e la protrazione dei rapporti oltre i termini di scadenza dei singoli contratti. 6. Con il sesto motivo denuncia violazione di legge artt. 2094 e 2222 c.c. e art. 1414 c.c., e segg. L. n. 112 del 1999, art. 45 , nonché vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale erroneamente rigettato la doglianza relativa alla dedotta simulazione assoluta dei contratti di lavoro autonomo stipulati con il Banco di Napoli spa. 7. Con il settimo motivo denuncia violazione di legge art. 420 c.p.c. art. 2697 c.c. , nonché vizio di motivazione, dolendosi che la Corte territoriale abbia disatteso, come già il primo Giudice, le istanze istruttorie dirette a provare la sussistenza della subordinazione. 8. Con l'ottavo motivo denuncia violazione di legge art. 1 della L. n. 1369 del 1960, artt. 414 e 420 c.p.c., art. 2797 cc , nonché vizio di motivazione, per non avere ritenuto la Corte d'appello la natura illecita dell'appalto stipulato tra il Banco di Napoli e la Srl centro recapiti Campania. 9. Con il nono motivo il ricorrente denuncia infine violazione di legge art. 1344 c.c., L.n. 230 del 1962 nonché vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale disatteso la domanda di nullità dei contratti, siccome posti in essere al fine di eludere le norme che garantiscono la durata indeterminata del rapporto di lavoro. II. Sintesi del motivo del ricorso incidentale condizionato. Con il ricorso incidentale condizionato, Sanpaolo IMI s.p.a. ed Equitalia Polis s.p.a. denunciano violazione di legge art. 1321 c.c. e segg., artt. 1418 e 1419 cc. e vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove questa avrebbe, erroneamente e con motivazione carente, respinto l'eccezione relativa alla intervenuta acquiescenza nell'impugnazione dei contratti a termine. III. Esame dei motivi del ricorso principale. La fattispecie oggi in esame è stata già affrontata e risolta da questa Corte con una serie di sentenze rese all'esito della medesima udienza nn. 24441, 24332, 24333, 23883, 23882, 23880, 23768, 23767, 23455 del 2009 , cui occorre dare continuità, non risultando significativi apporti che depongano in senso contrario e restando ancor oggi valide e condivisibili le motivazioni adottate. Si argomentava allora e si conferma pertanto oggi quanto segue. 1. Il primo e il quarto motivo, che vanno esaminati congiuntamente siccome tra loro strettamente connessi, non sono fondati. La L. n. 56 del 1987, art. 23, comma 1, nella cui vigenza si collocano temporalmente i contratti di lavoro a tempo determinato conclusi fra l’odierno ricorrente e il Banco di Napoli, prevede testualmente che L'apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro, oltre che nelle ipotesi di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché al D.L. 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 25 marzo 1983, n. 79, è consentita nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. I contratti collettivi stabiliscono il numero in percentuale dei lavoratori che possono essere assunti con contratto di lavoro a termine rispetto al numero dei lavoratori impegnati a tempo indeterminato . 1.1. Il primo motivo si incentra sull'ultimo periodo della norma suddetta, ritenendo il ricorrente che la percentuale dei lavoratori che possono essere assunti a termine debba essere riferita a quelli in servizio con le stesse mansioni oggetto delle norme collettive e non già all'intero organico aziendale ciò perché, attesa la dedotta oscurità della norma, dovrebbe farsi riferimento ai casi analoghi e, quindi, in particolare, alla previgente legislazione L. n. 230 del 1962, art. 23, comma 2, lett. o , ove viene indicata una percentuale non superiore al 15 per cento dell'organico aziendale che, all'1 gennaio dell'anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi sopra indicati e a quella successiva D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 2, comma 1 , ove ancora viene indicata una percentuale non superiore al quindici per cento dell'organico aziendale che, all'I gennaio dell'anno a cui le assunzioni si riferiscono, risulti complessivamente adibito ai servizi sopra indicati . 1.2. Il testo della norma all'esame non risulta però affatto oscuro nel suo significato letterale, posto che il numero dei lavoratori a tempo indeterminato il relazione al quale deve essere fissata la percentuale di quelli che possono essere assunti con contratto a termine non può che riferirsi, in difetto di qualsivoglia ulteriore specificazione chiaramente indicata, invece, nelle norme alle quali, secondo il mezzo all'esame, dovrebbe farsi ricorso in via analogica , a quello dei lavoratori a tempo indeterminato occupati nell'azienda presso la quale potranno essere effettuate le assunzioni a tempo determinato. 1.3. Trova quindi applicazione il principio, reiteratamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui nell'ipotesi in cui l'interpretazione letterale di una norma di legge sia sufficiente ad individuarne, in modo chiaro ed univoco, il relativo significato e la connessa portata precettiva, l'interprete non deve ricorrere a criterio ermeneutico sussidiario costituito dalla ricerca, sulla base dell'esame complessivo del testo, della mens legis , specie se, attraverso siffatto procedimento, possa pervenirsi al risultato di modificare la volontà della norma, siccome inequivocabilmente espressa dal legislatore. 1.4. Nella specie, peraltro, l'inequivoco tenore letterale della norma neppure si presenta collidente con la sua interpretazione sistematica. Infatti, come già ribadito nelle richiamate sentenze del 2009, la disciplina di cui alla L. n. 56 del 1987, art. 23, si colloca nell'ottica legislativa, progressivamente sviluppatasi rispetto a quella che aveva informato la legislazione previgente, caratterizzata da tradizionale sfiducia verso il contratto a termine, di assicurare una maggiore flessibilità del mercato del lavoro ed una più accentuata corresponsabilizzazione delle organizzazioni sindacali nella gestione delle imprese, così da delegare ai sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale il potere di introdurre causali contrattate oltre che di natura oggetti va anche di carattere soggettivo di assunzioni a termine, con l'unica limitazione di stabilire il numero percentuale dei lavoratori a termine sul totale dei dipendenti, che funge da contrappeso agli ampi poteri alla stessa contrattazione assegnati. 1.5. Alla luce delle considerazioni che precedono, condivisibilmemte quindi questa Corte nelle richiamate sentenze del 2009 ha ritenuto manifestamente infondati i dubbi di costituzionalità della L. n. 57 del 1986, art. 23 nell'interpretazione accolta nella sentenza impugnata sollevati dal ricorrente, poiché la previsione della necessaria individuazione della percentuale dei lavoratori assumendo con contratto di lavoro a termine rispetto al totale dei dipendenti a tempo indeterminato, senza ulteriori limitazioni, si presenta coerente - e dunque pienamente ragionevole - con gli obiettivi di politica legislativa in vista dei quali la norma scrutinata è stata emanata, cosicché risulta evidentemente contraddittorio assumere quale parametro di valutazione della sua costituzionalità altre fonti normative prive peraltro di rango costituzionale dettate nel diverso previgente contesto ordinamentale o, addirittura, emanate in epoca successiva. 2. In merito al secondo motivo di ricorso, deve osservarsi che, secondo quanto riportato nella sentenza impugnata pg. 14 il datore di lavoro aveva dato la prova di avere rispettato la percentuale di contingentamento imposta dalla contrattazione collettiva l’argomentazione relativa alla mancata prova dell'incidenza dei contratti a termine del ricorrente sul superamento della percentuale aveva quindi rilevo solo ad abundantiam , per l'ipotesi non verificatasi di recepimento della soluzione prospettata dall'appellante, secondo la quale la valutazione del rispetto della percentuale massima avrebbe dovuto essere compiuta con riguardo non a tutti i lavoratori dipendenti, ma solo a quelli svolgenti analoghe mansioni di messo notificatore. Il motivo all'esame non può dunque trovare accoglimento. 3. Quanto al terzo motivo, si rileva che la Corte territoriale ha interpretato la normativa collettiva nel senso che la percentuale del 100% deve essere riferita non a tutti i dipendenti a tempo indeterminato dell'istituto di credito, ma a quelli della concessione , ossia a quell'ambito a cui si riferisce la competenza a riscuotere il ruolo oggetto della concessione da parte dell'ente impositore. Ciò in conformità al tenore testuale rispettivamente dell'art. 33 CCNL 12.7.1991 e art. 27 CCNL 12.7.1995, secondo i quali è in facoltà del concessionario procedere ad assunzioni a tempo determinato di personale con mansioni di messo notificatore .nel limite massimo, tempo per tempo, del 100% del numero del personale in servizio presso ciascuna Concessione gestita . 3.1. Secondo il ricorrente tale interpretazione sarebbe erronea, dovendo la portata delle predette norme pattizie essere interpretata alla luce del disposto delle precedenti clausole contrattuali rispettivamente gli artt. 32 e 26 dei ricordati contratti collettivi , ove si prevede la facoltà del Concessionario di assumere in via straordinaria messi notificatori nei periodi di tempo ivi indicati, con la conseguenza che la percentuale delle assunzioni a tempo determinato dovrebbe essere riferita all'organico dei messi notificatori in servizio a tempo indeterminato e quindi assunti in via ordinaria e non già a tutto il personale in servizio. 3.2. La tesi non può essere condivisa posto che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, nell'interpretazione dei contratti e, quindi, anche dei contratti collettivi di diritto comune il primo e principale strumento è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, sicché deve rilevarsi che la qualificazione in via straordinaria delle assunzioni a tempo determinato consentite dalla normativa pattizia è data in contrapposizione alle modalità di assunzione ordinaria a tempo indeterminato ed invero il carattere straordinario delle prime è confermato dalla specifica determinazione dei periodi in cui possono essere effettuate , ma non consente di attribuire all'inequivoca dizione del termine di riferimento della percentuale delle assunzioni effettuande altro significato che quello proprio delle parole utilizzate, con esclusione della limitazione della platea dei lavoratori di riferimento in base alle mansioni. Anche il terzo motivo di ricorso va quindi disatteso. 4. Il quinto e il settimo motivo di ricorso, fra loro connessi, vanno esaminati congiuntamente. 4.1. Osserva la Corte che le circostanze dedotte a prova così come riportate nel ricorso risultano effettivamente genericamente indicate quanto alla pretesa protrazione dei rapporti oltre i termini di scadenza dei singoli contratti e all'adibizione a mansioni diverse da quelle di notificazione degli atti, indicandosi altresì, in relazione a quest'ultimo aspetto, incombenze sostanzialmente complementari al servizio di notificazione inoltre tali prove, con riferimento alla questione della natura pretesamente subordinata dei contratti di lavoro autonomo stipulati inter partes , risultano prive del carattere della decisività, sia perché attinenti, peraltro in termini di sostanziale genericità, al complesso dei rapporti di lavoro intercorsi e dunque anche a quelli che, pacificamente, sono stati configurati in termini di lavoro subordinato , sia perché non investono circostanze che, quand'anche provate, sarebbero state in grado di invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, così da rendere priva di fondamento la ratio decidendi . Le censure svolte non scalfiscono quindi il giudizio di irrilevanza dei mezzi istruttori formulato dalla Corte territoriale. 5. Quanto al sesto motivo di ricorso, occorre premettere che secondo il consolidato orientamento di questa Corte, in materia di qualificazione del rapporto di lavoro come autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede, se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto controverso nell'uno o nell'altro schema contrattuale. 5.1. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha anzitutto rilevato che l’appellante non aveva dedotto che le modalità esecutive del rapporto di lavoro fossero state diverse da quelle delineate dalle clausole del contratto di lavoro autonomo, evidenziando che il tenore di tali clausole compenso legato al buon esito della notifica, assenza di poteri di direzione, assenza di vincoli di orario, organizzazione dei mezzi e del lavoro lasciata all'autonomia decisionale del messo erano tutti chiaramente nel senso che il rapporto di lavoro era da considerarsi di tipo autonomo. Ha poi aggiunto che la pretesa natura subordinata del rapporto non poteva essere desunta dal fatto che i messi notificatori fossero sottoposti al potere di controllo del concessionario, al quale la legge riservava altresì la facoltà di revocare il patentino di abilitazione all'attività di messo notificatore, poiché tali aspetti di controllo, ivi compreso il potere di revoca del patentino, attengono al profilo pubblicistico dell'attività svolta e non ineriscono alla natura autonoma o subordinata del rapporto lavorativo instaurato tra il messo notificatore e il concessionario. 5.2. Deve dunque riconoscersi che la Corte territoriale ha fatto corretto uso dei criteri distintivi fra rapporto di lavoro autonomo e rapporto di lavoro subordinato, rilevando da un lato che le modalità esecutive del rapporto, quali delineate contrattualmente e non confutate da diverse emergenze attinenti al loro effettivo svolgimento, siccome neppure dedotte, escludevano la sussistenza del vincolo della subordinazione nell'ambito del rapporto e, al contempo, con motivazione coerente ed immune da vizi logici, che i poteri di controllo riservati al concessionario erano propri del profilo pubblicistico dell'attività svolta e non configuravano quindi espressione di un potere gerarchico insito nel rapporto lavorativo. Ne consegue che la doglianza svolta con il sesto motivo di ricorso, principalmente incentrata sulla presenza dei ricordati poteri di controllo inerenti al carattere pubblicistico dell'attività svolta, non merita accoglimento. 6. In merito all'impossibilità di configurare un appalto illecito, la Corte ha puntualmente argomentato, valorizzando la risalente esistenza dell'articolata struttura imprenditoriale del Centro Recapiti Campania s.r.l., nonché sul fatto che non risultasse dedotto né provato che l'appalto avesse avuto ad oggetto mere prestazioni di lavoro. Tali presupposti fattuali vengono contrastati nella formulazione dell'ottavo motivo solo genericamente e senza il riscontro di adeguati supporti fattuali, con formulazione sotto tale aspetto inammissibile. 7. Parimenti infondato è il nono mezzo, inerente alla dedotta nullità dei contratti, poiché la doglianza si fonda sull'apodittico assunto che gli stessi fossero stati conclusi per eludere le norme che garantiscono la durata indeterminata del rapporto di lavoro, laddove tali contratti furono invece stipulati nel rispetto della normativa legale e pattizia l'eventuale intento fraudolento del datore di lavoro, che non può essere desunto dalla mera reiterazione dei contratti, implica del resto un accertamento in fatto, che si sottrae a censura in sede di legittimità ove, come nella specie, congruamente motivato. Conclusioni. Il ricorso principale va dunque rigettato, restando così assorbito l'incidentale condizionato le spese seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi rigetta il ricorso principale, assorbito l'incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità nei confronti di Intesa San Paolo s.p.a. ed Equitalia Polis s.p.a., che liquida complessivamente in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 100,00 per esborsi ed accessori di legge. Nulla sulle spese nei confronti del Centro Recapiti Campania s.r.l