Ulteriori deduzioni su fatti già acquisiti, non costituiscono un elemento di novità

Se la Corte di merito ha accertato che, nella fattispecie, non è emersa la prova dell’avvenuta ricezione, da parte del lavoratore, della missiva contente la contestazione disciplinare propedeutica al successivo licenziamento, non c’è alcuna violazione dello ius novorum in appello, e neppure alcuna ultra petizione o alcuna violazione del principio del contraddittorio, se il lavoratore fa semplici ulteriori deduzioni su elementi di fatto già acquisiti e già oggetto di contraddittorio tra le parti.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 24886, depositata il 21 novembre 2014. Il fatto. Il Giudice del Lavoro annullava la sanzione disciplinare irrogata al lavoratore e, per l’effetto, condannava la società datrice di lavoro al pagamento in favore del ricorrente delle retribuzioni maturate nei dieci giorni di sospensione dal lavoro inflitti annullava, inoltre, il licenziamento e ordinava alla società di reintegrare il predetto nel posto di lavoro, risarcirgli il danno mediante corresponsione di un’indennità pari alla retribuzione, nonché provvedere al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali, per il periodo dal licenziamento alla reintegra. Il giudice riteneva sproporzionata la sanzione conservativa e dichiarava illegittimo il licenziamento perché sproporzionato rispetto ai fatti contestati. La Corte d’appello, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, rigettava l’impugnativa contro la sanzione conservativa e confermava l’illegittimità del licenziamento. La società datrice di lavoro ha proposto ricorso per cassazione contro tale decisione, lamentando che la Corte territoriale abbia fondato la sua decisione su circostanze nuove introdotte per la prima volta in appello , pronunciandosi sul profilo d’ufficio e senza consentire un contraddittorio delle parti. Infatti, rileva la ricorrente, il lavoratore, in primo grado, si era limitato a negare genericamente la circostanza di aver ricevuto la raccomandata contenente la contestazione posta alla base del licenziamento, pertanto, la introduzione in appello di un elemento di novità la circostanza che l’avviso di deposito di raccomandata, priva dell’indicazione del numero interno dell’appartamento del lavoratore non era mai stato inserito nella buca delle lettere dell’appellato costituiva una nuova prospettazione ed un nuovo tema di indagine, e come tale inammissibile in appello. Sono semplici ulteriori deduzioni. Il Collegio ritiene, invece, che fin dall’inizio il lavoratore aveva negato di aver ricevuto la raccomandata in oggetto e che incombeva, dunque, sulla società l’onere della prova della avvenuta comunicazione della contestazione disciplinare. È, quindi, evidente che il rilievo da parte dell’appellato secondo cui non aveva avuto conoscenza della comunicazione, costituiva mera difesa, trattandosi soltanto di semplici ulteriori deduzioni basate su elementi di fatto tutti già documentalmente acquisiti al processo e già oggetto di contraddittorio tra le parti. Nessun elemento di novità. Quindi, conclude la Corte, non solo non vi è stata alcuna violazione dello ius novorum in appello, ma neppure vi è stata alcuna ultra petizione o alcuna violazione del principio del contraddittorio, giacché la Corte di merito ha soltanto accertato che, nella fattispecie, non è emersa la prova dell’avvenuta ricezione, da parte del lavoratore, della missiva contente la contestazione disciplinare propedeutica al successivo licenziamento. La S.C. ha, pertanto, rigettato il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese in favore del lavoratore.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 16 ottobre – 21 novembre 2014, n. 24886 Presidente Macioce – Relatore Nobile Svolgimento del processo Con sentenza n. 714/2010 il Giudice del lavoro del Tribunale di Genova annullava la sanzione disciplinare irrogata a B.G. in data 29-8-2007 e, per l'effetto condannava la SDA Express Courier s.p.a. al pagamento in favore del ricorrente delle retribuzioni maturate nei dieci giorni di sospensione dal lavoro inflitti annullava inoltre il licenziamento intimato al B. in data 13-2-2008 e ordinava alla società resistente di reintegrare il predetto nel posto di lavoro, risarcirgli il danno mediante corresponsione di un'indennità pari alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento alla reintegra, da maggiorarsi con gli interessi legali dal licenziamento al saldo, nonché provvedere al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali per il periodo dal licenziamento alla reintegra condannava infine la società resistente alla rifusione delle spese in favore del ricorrente. Il giudice riteneva sproporzionata la sanzione conservativa e, rigettata l'eccezione di tardività del licenziamento, avanzata dal ricorrente ex art. 32, comma 8, del ceni di categoria, lo dichiarava illegittimo per violazione del principio di immutabilità dei fatti contestati e, comunque, perché sproporzionato rispetto ai fatti oggetto di contestazione. La società proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con il rigetto della domanda di controparte. Il B. si costituiva e resisteva al gravame, ribadendo, tra l'altro, che non aveva avuto conoscenza della contestazione dell'addebito del 19-12-2007. La Corte d'Appello di Genova, con sentenza depositata il 31-10-2011, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, rigettava l'impugnativa contro la sanzione conservativa del 29-8-2007 e confermava la illegittimità del licenziamento, con diversa motivazione, sotto il profilo della mancata prova della previa contestazione degli addebiti disciplinari posti a base del licenziamento stesso. Per la cassazione di tale sentenza la SDA Express Courier s.p.a. ha proposto ricorso con due motivi. Il B. ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo la società ricorrente, denunciando violazione dell'art. 437 comma 2 c.p.c., rileva che, essendosi il B. , in primo grado, limitato a negare genericamente la circostanza di aver ricevuto la raccomandata contenente la contestazione posta a base del licenziamento, la introduzione in appello nel processo da parte dell'appellato di un elemento di novità la circostanza che l'avviso di deposito di raccomandata, privo dell'indicazione del numero interno dell'appartamento del B. non era mai stato inserito nella buca delle lettere dell'appellato costituiva una nuova prospettazione in punto di fatto ed un nuovo tema di indagine, come tale inammissibile in sede di gravame. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c., ed in sostanza lamenta che la Corte territoriale ha fondato la propria decisione su circostanze nuove introdotte per la prima volta in appello , pronunciando sul punto d'ufficio e senza consentire uno specifico contraddittorio delle parti al riguardo. Entrambi i motivi, che in quanto strettamente connessi possono essere trattati congiuntamente, non meritano accoglimento. Premesso che il B. fin dall'inizio ha negato di aver ricevuto la raccomandata in oggetto e che incombeva sulla società l'onere della prova della avvenuta comunicazione della contestazione disciplinare de qua, è evidente che il rilievo da parte dell'appellato secondo cui non aveva avuto conoscenza della detta comunicazione, giacché l'avviso di deposito della raccomandata - privo dell'indicazione del numero interno dell'appartamento - non era stato mai inserito nella propria buca delle lettere , costituiva mera difesa in quanto deduzione volta a corroborare la affermazione originaria circa la mancata ricezione della detta raccomandata come tale non soggetta al regime di preclusione di cui all'art. 437 c.p.c. cfr. fra le altre Cass. 25-2-2009 n. 4545, Cass. 23-12-2011 n. 28703, Cass. 16-11-2012 n. 20157 . Peraltro è evidente che nella specie si è trattato soltanto di semplici ulteriori deduzioni basate su elementi di fatto tutti già documentalmente acquisiti al processo e già oggetto di contraddittorio tra le parti. Non solo, quindi, non vi è stata alcuna violazione dello ius novorum in appello, ma neppure vi è stata alcuna ultra petizione o alcuna violazione del principio del contraddittorio, giacché la Corte di merito, sulla base dei citati elementi, ha semplicemente accertato che, nella fattispecie, non è emersa la prova della avvenuta ricezione, da parte del B. , della missiva contenente la contestazione disciplinare propedeutica al successivo licenziamento. Il ricorso va, quindi, respinto, non essendo incorsa la Corte d'Appello in alcuno degli errores in procedendo denunciati, e la società ricorrente, in ragione della soccombenza, va condannata al pagamento delle spese in favore del B. . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente a pagare al B. le spese, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e Euro 6.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.