Invalidità civile: la regola “chi perde, paga” vale anche per il Ministero

Nei giudizi in materia di invalidità civile, il Ministero dell’economia, litisconsorte necessario, non è parte solo in senso formale, ma ha un ruolo di parte in senso processuale ne consegue che, a carico del Ministero, può gravare la responsabilità nei confronti della parte vittoriosa sia per le spese di lite, sia per le spese della CTU.

Lo ha affermato la Cassazione – Sez. Lav., con la sentenza n. 24720, depositata il 20 novembre 2014. Giudizio per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento il Ministero è parte soltanto formale? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso, nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’economia e delle finanze, per il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento. All’esito del giudizio di merito, le domande del ricorrente sono state accolte, con condanna di entrambi i convenuti, in via solidale tra loro, alla rifusione delle spese del giudizio. Avverso tale decisione, ha presentato ricorso per cassazione il Ministero, denunciando – in particolare – la violazione dell’art. 91 c.p.c., dell’art. 130, d.lgs. n. 112/1998 e dell’art. 42 d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003. Più precisamente, il Ministero contesta la propria condanna in via solidale con l’istituto di previdenza al pagamento delle spese di lite, adducendo di essere parte necessaria soltanto formale del giudizio, per essere soggetto informato, quale autore dell’accertamento in via amministrativa del requisito sanitario per le prestazioni relative all’invalidità civile, di eventuale supporto nella difesa dell’INPS tenuto in via esclusiva all’erogazione della prestazione previdenziale secondo questa tesi, il Ministero sarebbe meramente destinatario di una litis denuntiatio per un rapporto sostanziale del quale non farebbe parte. Invalidità civile il Ministero è parte processuale. La pronuncia in commento ha respinto le censure e le argomentazioni del Ministero, posto che, secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione in materia di invalidità civile, la partecipazione al giudizio del Ministero del Tesoro come litisconsorte necessario ai sensi dell’art. 102 c.p.c. – prevista dall’art. 42 d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003 al fine di consentire la formazione di un giudicato sullo stato di invalido civile anche nei confronti dell’organo responsabile dell’accertamento sanitario – ancorché nei suoi confronti non sia stata spiegata alcuna domanda, non comporta l’assunzione da parte del Ministero della veste di parte solo in senso formale, ma gli attribuisce un ruolo di parte in senso processuale. In caso di soccombenza, il Ministero deve rifondere le spese del giudizio. Sulla base delle premesse sopra esposte, ne consegue che, a carico del Ministero, può gravare la responsabilità nei confronti della parte vittoriosa sia per le spese di lite, sia per le spese della consulenza tecnica d’ufficio. Con riferimento alla soccombenza nel rapporto processuale, pertanto, a nulla rileva il rapporto sostanziale. Né si comprende la ragione per cui il soggetto che è costretto, per far valere il suo diritto alla prestazione assistenziale, a convenire in giudizio il Ministero litisconsorte necessario , non debba essere rimborsato anche delle spese processuali sostenute a tale scopo né, di converso, nel caso di sua eventuale soccombenza, non lo si debba onerare delle spese di lite in favore dell’Amministrazione Cass., n. 16691/2009 . In ogni caso, nella fattispecie che ha dato origine alla pronuncia in commento, si configura pure una soccombenza in senso proprio, per il comportamento processuale tenuto dal Ministero, di contrasto alla domanda del ricorrente, non meramente passiva ma finalizzata espressamente a contrastare la pretesa azionata. Omesso deposito degli atti del giudizio di merito il ricorso per cassazione non è autosufficiente. La Suprema Corte ha, poi, respinto anche le argomentazioni con cui il Ministero ha motivato la presunta contraddittorietà della sentenza impugnata. In particolare, l’Amministrazione ha contestato l’affermazione della Corte territoriale secondo cui la propria condotta processuale non era stata meramente passiva ma finalizzata a contrastare la pretesa azionata. Il Ministero, tuttavia, non ha riportato la sua memoria di costituzione nel giudizio di merito, né ha provveduto a depositarne copia, così impedendo ai giudici di legittimità di valutare la fondatezza di quanto esposto. Il motivo di impugnazione formulato dal Ministero è, pertanto, inammissibile per difetto di autosufficienza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 18 settembre – 20 novembre 2014, n. 24720 Presidente Coletti De Cesare – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo Con sentenza del 16/1/2008 la Corte d'appello di Potenza ha confermato la sentenza del Tribunale con cui era stata riconosciuta l'indennità di accompagnamento a favore di L. N. M. con condanna dell'Inps al pagamento dell'indennità nonché di entrambi i convenuti al pagamento di metà delle spese processuali. La Corte ha rilevato, con riferimento all'appello dei Ministero , che la condanna di quest'ultimo al pagamento delle spese processuali era giustificata dal fatto che esso era litisconsorte necessario e dunque vera e propria parte del giudizio. La Corte ha, altresì, respinto l'appello incidentale dell'Inps con cui erano stati sollevati il difetto di legittimazione passiva, l'intervenuta decadenza e prescrizione, l'improcedibilità o inammissibilità della domanda, eccezioni ritenute infondate, generiche o non deducibili in appello. Avverso la sentenza ricorre il Ministero dell'economia e delle finanze. L'Inps ha rilasciato delega in calce al ricorso notificato e il L. è rimasto intimato . Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell'art 91 cpc, 130 dlgs n 112/1998, dell'art 42 del DL n 269/2003 conv. in L. n 326/2003. Censura la sentenza per la propria erronea condanna in via solidale con l'Inps al pagamento delle spese di lite in quanto parte necessaria soltanto formale del giudizio per essere soggetto informato, quale autore dell'accertamento in via amministrativa del requisito sanitario per le prestazioni relative all'invalidità civile, di eventuale supporto nella difesa dell'Inps, tenuto in via esclusiva all'erogazione della prestazione previdenziale , meramente destinataria di una litis denuntiatio, ai sensi della norma denunciata. Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione alla censura precedente. Le censure congiuntamente esaminate in quanto connesse, sono infondate. Ed infatti, come già ritenuto da questa Corte, in tema di invalidità civile, la partecipazione necessaria al giudizio del Ministero del Tesoro come litisconsorte necessario ai sensi dell'art. 102 c.p.c., prevista dall'art. 42 del d.l. n. 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003 in funzione della formazione, in una con la condanna dell'ente previdenziale al pagamento di una prestazione assistenziale di invalidità civile, di un accertamento con efficacia di giudicato anche dello stato di invalido civile per la partecipazione al giudizio dell'organo responsabile dell'accertamento sanitario , ancorché nei suoi confronti non sia stata spiegata alcuna domanda, non comporta l'assunzione da parte del Ministero della veste di parte solo in senso formale, ma gli attribuisce un ruolo di parte in senso processuale con la conseguenza che a carico del Ministero può gravare la responsabilità nei confronti della parte vittoriosa sia per le spese di lite, sia per le spese della consulenza tecnica di ufficio. A nulla poi rilevando il rapporto sostanziale, per il riferimento della soccombenza al rapporto processuale, né valendo in senso contrario, come infondatamente preteso dal ricorrente, l'arresto di questa Corte del 9 agosto 2004 n. 15347 espressamente richiamato a pg. 7 del ricorso , per la sua conferma della qualità di litisconsorte necessario del Ministero nei giudizi indicati dalla citata norma denunciata di violazione. Né si comprende perché il soggetto assistibile, costretto, per far valere il proprio diritto alla prestazione assistenziale, a convenire in giudizio il Ministero, litisconsorte necessario, non debba essere rimborsato anche delle spese processuali sostenute allo scopo né di converso, nel caso di sua eventuale soccombenza e di inapplicabilità dell'ipotesi di esonero dal pagamento delle spese stabilito dall'art. 152 disp. att. c.p.c., non lo si debba onerare delle spese di lite in favore dell'Amministrazione Cass. 17 luglio 2009, n. 16691 . Ed infine, nel caso di specie si configura pure una soccombenza in senso proprio, per il comportamento processuale tenuto dal Ministero, di contrasto della domanda del ricorrente, non meramente passiva ma finalizzata espressamente a contrastare la pretesa azionata , come sottolineato dalla Corte d'appello . Il secondo motivo, relativo a vizio di motivazione, per contraddittorietà in relazione all'art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., è inammissibile per difetto di autosufficienza. Il Ministero ricorrente lamenta l'insufficienza del ragionamento argomentativo della sentenza impugnata, per avere la Corte territoriale affermato che la condotta processuale del Ministero non era stata meramente passiva ma finalizzata a contrastare la pretesa azionata. Il Ministero deduce che, invece, nel giudizio si era limitato ad una mera difesa e ad evidenziare le modalità alle quali avrebbe dovuto attenersi il CTU. Il Ministero tuttavia non riporta la sua memoria di costituzione nel giudizio di merito, né provvede a depositarne copia impedendo a questa Corte di valutare la fondatezza di quanto esposto. Dalle superiori argomentazioni ne consegue il rigetto del ricorso, con la condanna del Ministero ricorrente, soccombente, al pagamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, nei confronti dell'Inps per la sola partecipazione del suo difensore, interno all'Istituto, all'udienza di discussione senza assunzione di provvedimenti sulle spese nei confronti di N. M. L., rimasto intimato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso, nulla spese nei confronti della parte intimata condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, in favore dell'Inps, liquidate in € 1.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali in misura dei 15%.