Chi soccombe paga

L’esito finale del giudizio che determina la totale soccombenza di una parte, impedisce la condanna alle spese sia pure parziale della parte totalmente vittoriosa.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23209, depositata il 31 ottobre 2014. Il fatto. Un’azienda ospedaliera intimava il licenziamento ad un’infermiera professionale per aver erroneamente somministrato a un degente un farmaco scoagulante in dose dieci volte superiore a quella indicata per la terapia, il che aveva provocato al paziente un’emorragia celebrale. Mentre il Tribunale di Brescia dichiarava illegittimo tale licenziamento per mancanza di prova della condotta addebitata alla lavoratrice, la Corte d’appello, in riforma della pronuncia di prime cure, accertava invece la legittimità del licenziamento con diritto al preavviso, condannando l’azienda a pagare la relativa indennità sostitutiva e il 50% delle spese del doppio grado. L’infermiera ricorre per la cassazione di tale sentenza, ma i motivi posti a fondamento della sua domanda sono stati ritenuti privi di fondamento dalla Corte. Meritevole, invece, dell’attenzione della Cassazione è il ricorso incidentale proposto dall’azienda ospedaliera col quale sostiene che la Corte territoriale sia caduta in errore nell’averla condannata a pagare il 50% delle spese del doppio grado di giudizio, compensato il restante 50%. La condanna alle spese del giudizio. La S.C. è intervenuta ritenendo tali motivi fondati, giacché, a fronte di un licenziamento con preavviso intimato dalla suddetta azienda ospedaliera, l’esito finale del giudizio aveva visto la totale soccombenza dell’infermiera, il che impediva la condanna alle spese sia pure parziale della parte totalmente vittoriosa, vale a dire dell’odierna ricorrente incidentale. Pertanto, il ricorso principale è stato rigettato, mentre quello incidentale, alla luce del noto principio giurisprudenziale sopra richiamato, è stato accolto. La Corte, cassata la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto, decidendo nel merito, ritiene equo compensate fra le parti le spese dell’intero processo, considerato l’esito altalenante dei gradi di merito.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 – 31 ottobre 2014, n. 23209 Presidente Roselli – Relatore Manna Svolgimento del processo 1l 6.12.04 l'Azienda ospedaliera Spedali civili di Brescia intimava il licenziamento all'infermiera professionale N.G. per aver erroneamente somministrato a un degente un farmaco scoagulante eparina in dose dieci volte superiore a quella indicata per la terapia, il che aveva provocato al paziente un'emorragia cerebrale. Mentre con sentenza n. 386/10 il Tribunale di Brescia dichiarava illegittimo tale licenziamento per mancanza di prova della condotta addebitata alla lavoratrice, con sentenza depositata il 30.4.11 la Corte d'appello di Brescia, in riforma della pronuncia di prime cure, accertava invece la legittimità del licenziamento con diritto al preavviso ravvisando un'ipotesi non di giusta causa, bensì di giustificato motivo soggettivo , condannando l'azienda a pagare la relativa indennità sostitutiva e il 50% delle spese del doppio grado a N.G., che oggi ricorre per la cassazione di tale sentenza affidandosi a cinque motivi, poi ulteriormente illustrati con memoria ex art. 378 c.p.c. L'Azienda ospedaliera Spedali civili di Brescia resiste con controricorso e a sua volta spiega ricorso incidentale basato su due motivi. Motivi della decisione Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. vanno riuniti i ricorsi in quanto aventi ad oggetto la medesima sentenza. II ricorso principale Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 legge n. 604/66, 2104, 2106 e 2967 c.c., 115 e 116 c.p.c., 40 e 41 c.p. 13 CCNL comparto sanità, nonché vizio di motivazione, per avere l'impugnata sentenza dato per pacifico ciò che - invece - non poteva dirsi accertato, ossia che l'emorragia cerebrale sofferta dal degente fosse stata cagionata dal sovradosaggio di eparina addebitato alla ricorrente anziché da un possibile effetto collaterale della normale terapia anticoagulante, considerato altresì che si trattava d'un paziente già da giorni sottoposto a tale trattamento e che presentava una spiccata vulnerabilità vascolare tale ipotesi, compatibile con le deposizioni testimoniali acquisite, era stata fin dall'inizio ventilata dai sanitari che avevano redatto la cartella clinica. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 legge n. 604/66, 2104, 2106 e 2967 c.c., 115 e 116 c.p.c., 40 e 41 c.p. 13 CCNL comparto sanità, nonché vizio di motivazione, riguardo alla compatibilità della ipotizzata erronea somministrazione di eparina - che sarebbe avvenuta la sera del 22.10.04 cioè durante il turno della ricorrente - con la circostanza che il paziente aveva accusato i primi sintomi di emorragia da scoagulazione soltanto il pomeriggio del 23.10.04 prosegue il ricorso con il sostenere che dall'espletata CTU emergono precisi e puntuali rilievi che, se adeguatamente apprezzati, escludono che il peggioramento delle condizioni cliniche del paziente sia riconducibile ad un'erronea somministrazione di eparina avvenuta la sera precedente, trattandosi di ipotesi che la CTU ha dichiarato sì astrattamente possibile, ma poco probabile pertanto - prosegue il ricorso - l'erronea somministrazione deve ritenersi essere stata effettuata la mattina seguente, quando la ricorrente non era più di turno, ma lo era la sua collega Bianchetti, che la mattina del 23.10.04 aveva somministrato altra dose di eparina al paziente. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 5 legge n. 604/66, 2104, 2106 e 2967 c.c., 115 e 116 c.p.c., 40 e 41 c.p. 13 CCNL comparto sanità, nonché vizio di motivazione, nella parte in cui la gravata pronuncia ha ritenuto attendibile la deposizione della teste dott.ssa C., secondo la quale il 23.10.04 la ricorrente le avrebbe riferito di avere caricato la pompa di infusione, la sera precedente, con un erroneo sovradosaggio. Con il quarto motivo ci si duole di violazione e falsa applicazione degli artt. 3 legge n. 604/66, 2104, 2106 e 2119 c.c., 7 Stat., 55 d.lgs. n. 165101, 13 CCNL comparto sanità e 3 del codice disciplinare dell'azienda ospedaliera contro ricorrente, nonché vizio di motivazione, là dove la gravata pronuncia ha ritenuto che l'infrazione disciplinare addebitata alla G. ledesse il vincolo fiduciario tra le parti tanto da meritare la sanzione dei licenziamento. Censura sostanzialmente analoga viene fatta valere con il quinto motivo, nel quale si sottolinea che, se errore vi era stato da parte della G., esso era consistito nella conversione delle unità internazionali di eparina in millilitri e che a tale riguardo la ricorrente a,eva chiesto chiarimenti alla dott.ssa R. prima di effettuare la somministrazione la sera del 22.10.04. Osserva questa Corte che nel primo motivo la ricorrente - pur essendone onerata cfr., ex a[üs, Cass. n. 10902/2001 - parla di un tema di indagine senza chiarire in quale difesa e in quale fase processuale esso sarebbe stato oggetto di discussione. Solo nella memoria depositata ex art_ 378 c.p.c. afferma che il tema sarebbe stato oggetto di quesito posto in sede di conferimento dell'incarico peritale, ma aggiunge che le risposte fornite dai consulenti tecnici sarebbero state inadeguate, incongrue e perplesse, senza chiarirne l'esatta formulazione. A sua volta il controricorso riporta che i consulenti tecnici officiati hanno comunque affermato che l'essere stato il sovradosaggio di eparina causa dell'alterazione dei parametri riscontrata nel paziente ha trovato conferma nei referti successivi. Ciò significa che ad ogni modo, lungi dall'essere data per pacifica, l'ipotesi d'una irrilevanza causale del sovradosaggio di eparina è stata esaminata e motivatamente esclusa essa non può essere riproposta nemmeno in forma meramente dubitativa innanzi a questa Corte, perché implica un accertamento di merito ad essa precluso. Il secondo e il terzo motivo - da esaminarsi congiuntamente perché connessi - in sostanza sollecitano soltanto una terza lettura nel merito delle risultanze istruttorie, operazione non consentita in sede di legittimità. Non a caso, è lo stesso ricorso ad invocare un diverso e adeguato apprezzamento dei rilievi contenuti nella consulenza tecnica d'ufficio, ossia a chiedere una loro diversa valutazione, il che - oltre a costituire un'indagine di merito - imporrebbe una lettura complessiva non solo dell'elaborato tecnico, ma di tutto il materiale istruttorio acquisito, non ostensibile alla Corte Suprema. A ciò si aggiunga che nel vigente ordinamento processuale non esiste una gerarchia tra le prove cfr., da ultimo. Cass. n. 12971/2012 , sicché neppure un apprezzamento della CTU in senso più favorevole alla ricorrente sarebbe di per sé sufficiente a superare le contrarie risultanze testimoniali valutate dal giudice di secondo grado, che - a fronte di una prova tecnica giudicata come non risolutiva - ha dato credito alla deposizione della teste C., indirettamente riscontrata da quella dei testi R. e Paratore. Il quarto e il quinto motivo del ricorso principale - da esaminarsi congiuntamente perché entrambi relativi alla valutazione della gravità dell'infrazione disciplinare - sono da disattendersi. A parte la non deducibilità mediante ricorso per cassazione dell'asserita violazione dell'art. 3 del codice disciplinare dell'azienda ospedaliera contro ri corrente che non è fonte del diritto né fa parte di un contratto od accordo nazionale di lavoro. sicché la sua violazione non può essere prospettata ai sensi dell'art. 360 co. 1° n. 3 c.p.c. , resta il rilievo che l'impugnata sentenza ha fornito una motivazione immune da vizi logici o giuridici circa il venir meno del rapporto fiduciario tra le parti, considerata la gravità dell'errore in quanto, pur avendo dubbi circa l'esatta quantità di eparina da somministrare, la G. non ha controllato le specifiche di posologia del farmaco e non ha chiaramente esposto i propri dubbi al fine di ottenere più esaurienti spiegazioni dal medico cui si era rivolta, confondendo i ml. contenuti in ogni flacone di farmaco con le unità di eparina da somministrare. Si tratta di una valutazione che appartiene al giudice di merito, che l'ha effettuata alla luce d'una visione d'insieme della vicenda e della condotta della ricorrente. Il ricorso incidentale Con il primo motivo del ricorso incidentale si prospetta violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. per avere la Corte territoriale ritenuto che il licenziamento fosse stato intimato per giusta causa mentre, in realtà, era stato intimato per giustificato motivo soggettivo e, quindi, con preavviso, sicché non vi era materia alcuna di conversione del recesso. Conseguentemente, nel secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 91, 92, 13 e 132 c.p.c. per avere l'impugnata sentenza condannato l'appellata azienda ospedaliera a pagare il 50% delle spese del doppio grado di giudizio, compensato il restante 50%. 1 due motivi - da esaminarsi congiuntamente perché connessi -- sono fondati, giacché, a fronte d'un licenziamento con preavviso intimato dalla suddetta azienda ospedaliera, l'esito finale del giudizio aveva visto la totale soccombenza della G., il che impediva - alla luce del noto principio giurisprudenziale - la condanna alle spese sia pure parziale della parte totalmente vittoriosa, vale a dire dell'odierna ricorrente incidentale. In conclusione, il ricorso principale è da rigettarsi, mentre va accolto quello incidentale. Per l'effetto, cassata la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto, ex art. 384 co. 2° c.p.c. questa Corte, decidendo nel merito, ritiene equo compensare fra le parti le spese dell'intero processo, considerato l'esito altalenante dei gradi di merito. P.Q.M. La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il ricorso principale, accoglie quello incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e, decidendo nel merito, compensa le spese dell'intero processo.