Calcolo dell’indennità: conta la qualifica di appartenenza

Incarico dirigenziale temporaneo di reggenza? Lo stipendio da considerare come base di calcolo dell’indennità di buonuscita è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non quello rapportato all’esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22754, depositata il 27 ottobre. Il caso. Un reggente del Reparto Servizi Doganali, divenuto dirigente responsabile dell’Area Affari giuridici e contenzione il 18 aprile 2001, chiedeva il riconoscimento delle differenze retributive maturate nel periodo 2 novembre 2000 – 17 aprile 2001, comprensive di tutte le voci stipendiali previste per i dirigenti nonché la rideterminazione dell’indennità di buonuscita. Dopo l’accoglimento della domanda da parte dei giudici di merito, la questione viene affrontata anche dalla Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 22754/2014, ha ribadito quanto deciso dalla stessa Corte qualche giorno fa sent. n. 22156/2014 . In sostanza, rifacendosi anche alle decisioni della Consulta nn. 243/1993 e 278/1995 e alle Sezioni Unite, i Giudici di Cassazione hanno sottolineato la legittimità della tassatività degli emolumenti computabili ai fini dell’indennità di buonuscita e che tale principio deve essere applicato nel caso della reggenza. Questo perché – si legge in sentenza – la reggenza è connotata dalla temporaneità e presuppone che per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro, nel caso di vacanza di un posto in organico, sia temporaneamente adibito a mansioni proprie di una qualifica superiore . La temporaneità dell’incarico dirigenziale come reggente, pertanto, spiegano i Giudici, comporta che l’incremento di trattamento economico rispetto a quello corrispondente alla qualifica di appartenenza sia concettualmente isolabile e non appartenga alla nozione di stipendio” che è invece il trattamento economico tabellarmente riferibile alla qualifica di appartenenza . Diamo al reggente ciò che è del reggente. In conclusione, la S.C. si è uniformata al consolidato principio di diritto secondo cui nel regime dell’indennità di buonuscita spettante ai sensi degli artt. 3 e 38 d.p.r. 1032/1973 al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell’esercizio di mansioni superiori in ragione dell’affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell’art. 52 d.lgs. n. 165/2001, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell’indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non già quello rapportato all’esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 luglio – 27 ottobre 2014, n. 22754 Presidente Stile – Relatore Venuti Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Genova il dott. C.G. , premesso che dal 2 novembre 2000 al 17 aprile 2001 era stato reggente del Reparto Servizi Doganali presso la Direzione Compartimentale delle Dogane di Genova e che dal 18 aprile 2001 al 31 marzo 2004 aveva svolto le funzioni dirigenziali di responsabile dell'Area Affari giuridici e contenzioso presso la Direzione Regionale della Liguria, esponeva che il trattamento economico corrispondente alle funzioni dirigenziali gli era stato riconosciuto solo a far data dal 18 aprile 2001, mentre per il periodo precedente aveva continuato a percepire lo stipendio di Direttore Tributario di nono livello, maggiorato dell'indennità di posizione. Chiedeva pertanto che gli venissero riconosciute le differenze retributive maturate nel periodo 2 novembre 2000 - 17 aprile 2001, comprensive di tutte le voci stipendiali previste per i dirigenti nonché la rideterminazione dell'indennità di buonuscita da calcolarsi sul trattamento retributivo spettante ai dirigenti. Il Tribunale adito accoglieva le domande, condannando l'Agenzia delle Dogane a corrispondere al dott. C. il trattamento economico complessivo del dirigente di seconda fascia relativo al periodo dianzi indicato. Condannava altresì l’INPDAP a corrispondergli l'indennità di buonuscita sulla base del trattamento retributivo da lui effettivamente percepito nell'ultima busta paga. Tale decisione veniva confermata dalla Corte d'appello di Genova con la sentenza indicata in epigrafe. Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte di merito ha osservato, in ordine all'indennità di buonuscita, che, a norma dell'art. 3, comma 3, D.P.R. n. 1032/73, la base contributiva è costituita dall'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti. Quindi ogni emolumento avente natura retributiva andava considerato ai fini della liquidazione dell'indennità di buonuscita, a prescindere dalla qualifica di appartenenza e defila provvisorietà dell'incarico di reggenza. Quanto alle differenze retributive, il giudice d'appello ha rilevato che la reggenza del pubblico ufficio comporta lo svolgimento di mansioni dirigenziali e determina il diritto al corrispondente trattamento retributivo. Nella specie il dott. C. aveva ricoperto, quale reggente, il posto di Direttore del reparto Servizi Doganali per oltre cinque mesi e sino all'espletamento del concorso per la copertura della posizione dirigenziale. Lo svolgimento delle mansioni superiori determinava quindi il diritto al corrispondente trattamento economico. Avverso questa sentenza ricorrono per cassazione l'Agenzia delle Dogane, per due motivi, e l’INPDAP, sulla base di un solo motivo. Il C. , nell'eccepire l'inammissibilità del ricorso proposto dall’INPDAP perché tardivo, ne chiede comunque il rigetto, unitamente a quello proposto dall'Agenzia delle Dogane. Quest'ultima e il C. hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ Motivi della decisione 1. Deve innanzitutto disporsi la riunione dei ricorsi, in quanto proposti avverso la stessa sentenza art. 335 cod. proc. civ. . 2. L'eccezione di inammissibilità del ricorso dell’INPDAP ex art. 325 c.p.c., sollevata dalla parte resistente non è fondata. Risulta che nel giudizio di appello l'Istituto anzidetto era rappresentato e difeso dagli avvocati Giorgio Ruta e Michela Foti ed era elettivamente domiciliato presso il Dirigente della sede provinciale dell’INPDAP in omissis Torre A . Risulta altresì che la sentenza d'appello è stata notificata all’I.N.P.D.A.P., in persona del legale rappresentante .nel luogo del suo domicilio eletto presso il Dirigente della sede provinciale dell’I.N.P.D.A.P. in omissis TORRE A . In base a tali risultanze, deve escludersi l'idoneità della notificazione a far decorrere il termine breve di cui all'art. 325 cod. proc. civ., essendo stata la sentenza notificata non già ai difensori con i quali l'Istituto si era costituito in giudizio, bensì all'Istituto medesimo. Come questa Corte ha già affermato con specifico riferimento a controversie in cui è parte l'INPS o l’INAIL ai fini di detta decorrenza la notifica della sentenza alla parte costituita mediante procuratore deve essere effettuata a tale procuratore e nel domicilio del medesimo, per cui, ove l'Istituto si sia costituito in giudizio eleggendo domicilio presso l'Ufficio Legale della propria sede provinciale, la notifica della sentenza eseguita presso tale Ufficio nei riguardi dell'Istituto, anziché del procuratore nominato, è inidonea a far decorrere il predetto termine breve cfr. Cass. Sez. Un. n. 7269/94 Cass. n. 1900/96 Cass. n. 4645/96 Cass. n. 4443/99 Cass. n. 7527/10 . Ne consegue che, essendo stato notificato il ricorso dell’INPDAP entro il termine annuale di cui all'art. 327 cod. proc. civ. nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009 , esso è ammissibile. 3. Con il primo motivo del ricorso l'Agenzia delle Entrate, denunziando violazione degli artt. 112 e 329, comma 2, cod. proc. civ., rileva che, nonostante il C. non avesse proposto appello incidentale avverso il capo della sentenza con la quale gli erano state riconosciute le differenze retributive relative al periodo 2 novembre 2000 - 17 aprile 2001, la Corte di merito gli ha riconosciuto dette differenze anche relativamente al periodo 28 ottobre 1998 - 31 ottobre 2000, con ciò incorrendo nel vizio di ultrapetizione. 4. Il motivo è fondato per le ragioni di seguito esposte. La Corte di merito ha confermato, come risulta sia dalla motivazione dalla sentenza che dal dispositivo, la decisione di primo grado che aveva condannato l'Agenzia delle Dogane a corrispondere al dott. C. il trattamento economico relativo alla qualifica dirigenziale di seconda fascia per il periodo 2 novembre 2000 - 17 aprile 2001. E tuttavia, per mero errore materiale, a pag. 9 della sentenza, ha indicato, in luogo di tale periodo, quello che va dal 28 ottobre 1998 al 31 ottobre 2000. Che si tratti di un errore materiale non vi sono dubbi, avendo la stessa Corte, subito dopo, affermato che la sentenza impugnata meritava integrale conferma , statuizione questa ribadita nel dispositivo con il quale gli appelli sono stati respinti. Del resto lo stesso controricorrente riconosce l'errore materiale in cui è incorsa la sentenza impugnata. Ne consegue che questa deve sul punto essere cassata e decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, previa declaratoria che al C. spettano le differenze retributive dal 2 novembre 2000 al 17 aprile 2001, come affermato dal giudice di primo grado. 5. Con il secondo motivo, l'Agenzia delle Dogane, denunziando violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 38 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 e dell'art. 26 del Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle Dogane, deduce che l'indennità di buonuscita, per quanto faccia parte del complessivo trattamento economico spettante al personale dipendente dello Stato, assolve anche a una funzione previdenziale ed assistenziale. La base contributiva da considerare per la sua determinazione, ai sensi del D.P.R. n. 1032 del 1973, è pari all'80% dello stipendio annuo lordo e degli altri assegni ed indennità espressamente previsti da tale normativa. Al C. , aggiunge la ricorrente, sono state assegnate, quale funzionario inquadrato nell'Area C, soltanto in via provvisoria e temporanea le funzioni dirigenziali di reggenza, fermo restando l'inquadramento di appartenenza. Tale transitorietà esclude che il maggior trattamento stipendiale attribuitogli possa concorrere al calcolo del trattamento di quiescenza. Lo stesso dicasi per la retribuzione di posizione e di risultato, connesse allo svolgimento dell'incarico dirigenziale. Il computo delle voci retributive ai fini dell'indennità di buonuscita è ammesso soltanto per gli assegni e le indennità tassativamente previsti dal citato D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, risultando in modo non equivoco la volontà del legislatore di escludere ogni altra voce del trattamento economico non espressamente menzionata. Pertanto gli ulteriori emolumenti corrisposti al C. in relazione all'incarico temporaneamente affidatole non possono concorrere a formare la base di calcolo dell'indennità. 6. Identiche censure, con un unico motivo, muove all'impugnata sentenza l’INPDAP, denunziando le medesime violazioni di legge artt. 3 e 38 D.P.R. n. 1032 del 1973 nonché violazione dell'art. 26 del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia delle Dogane. 7. Tale ultimo ricorso ed il secondo motivo del ricorso dell'Agenzia delle Dogane sono fondati. La questione relativa alla base di calcolo dell'indennità di buonuscita, sulla quale le parti controvertono, è stata decisa in senso difforme dalla Sezione lavoro di questa Corte, sicché essa, con ordinanza interlocutoria n. 10979/13, è stata rimessa alle Sezioni Unite per la composizione del contrasto. Aveva infatti affermato Cass., sez. lav., 11 giugno 2008, n. 15498, con riferimento alla fattispecie di un funzionario della IX qualifica funzionale che aveva svolto mansioni vicarie di dirigente, che nel rapporto di lavoro c.d. privatizzato alle dipendenze di pubbliche amministrazioni, poiché l'esercizio di fatto di mansioni più elevate rispetto a quelle della qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore nella superiore qualifica, la base retributiva dell'indennità di buonuscita, che è normativamente costituita dalla retribuzione corrispondente all'ultima qualifica legittimamente rivestita dall'interessato all'atto della cessazione del servizio, non è da riferire alla retribuzione corrispondente alla superiore qualifica, bensì a quella corrispondente all'inferiore qualifica di appartenenza. Questo principio non è stato condiviso da Cass., sez. lav., 13 giugno 2012, n. 9646, che ha invece ritenuto che ai fini della buonuscita si debba considerare il trattamento economico corrisposto per l'incarico svolto a titolo di reggenza affermando in particolare che nell'ipotesi di reggenza conferita per un posto vacante di dirigente per il periodo necessario all'espletamento delle procedure di selezione per la copertura del posto stesso con attribuzione del relativo trattamento economico, se la reggenza prosegue per un periodo eccessivamente lungo e nel frattempo il dipendente matura i requisiti per il collocamento a riposo, nel computo dell'indennità di buonuscita non si può non tenere conto, come ultimo trattamento economico percepito, di quello corrisposto per il suddetto incarico dirigenziale, anche se a titolo di reggenza. L'orientamento precedente è stato ulteriormente ribadito da Cass., sez. lav., 2 luglio 2013, n. 16506, che, ponendosi in critico confronto ed in consapevole contrasto con Cass. n. 9646 del 2012, ha in particolare evidenziato che il rapportare la liquidazione dell'indennità di buonuscita alla retribuzione da ultimo percepita in forza delle mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea, anziché alla retribuzione dell'ultima qualifica rivestita, è una soluzione che si traduce in un sostanziale aggiramento del disposto dell'art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, di fatto realizzando lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento nelle forme previste dalla citata normativa. 8. Le Sezioni unite di questa Corte, con la recente sentenza n. 10413 del 14 maggio 2014, nel comporre il contrasto, hanno aderito a quest'ultimo, prevalente orientamento. Richiamando le pronunce della Corte Costituzionale che hanno affermato la legittimità della tassatività degli emolumenti computabili ai fini dell'indennità di buonuscita C. Cost. n. 243/93 e n. 278/95 nonché le pronunce di legittimità e del Consiglio di Stato che si sono espresse in piena sintonia con la giurisprudenza costituzionale con riguardo a settori diversi Cass. Sez. Un. n. 3673/97 Cass. n. 16596/04 Cass. n. 22125/11 Cass. n. 2259/12 Cass. n. 709/12 Cons. St., Sez. VI, n. 6736/11 n. 2075/11 n. 3717/09 n. 482/09 , le Sezioni Unite hanno affermato che gli stessi principi trovano applicazione nella fattispecie della reggenza, la quale è connotata dalla temporaneità e presuppone che per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro, nel caso di vacanza di posto in organico, sia temporaneamente adibito a mansioni proprie di una qualifica superiore. Anche in tali ipotesi l'intrinseca temporaneità dell'incarico dirigenziale come reggente, affidato al dipendente sprovvisto della qualifica di dirigente, comporta che l'incremento di trattamento economico rispetto a quello corrispondente alla qualifica di appartenenza sia concettualmente isolabile e non appartenga alla nozione di stipendio che è invece il trattamento economico tabellarmente riferibile alla qualifica di appartenenza. D'altra parte, aggiungono le Sezioni Unite, rapportare la liquidazione dell'indennità di buonuscita alla retribuzione da ultimo percepita in forza delle mansioni dirigenziali espletate in via di reggenza temporanea, anziché alla retribuzione dell'ultima qualifica rivestita, significa realizzare di fatto lo stesso effetto che si sarebbe verificato se il dipendente avesse regolarmente conseguito il superiore inquadramento, effetto questo che il legislatore con la privatizzazione del rapporto di pubblico impiego ha sempre inteso evitare, disponendo che l'esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non rileva ai fini dell'inquadramento del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi dirigenziali. Ne consegue, hanno rilevato Sezioni Unite, che nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita del dipendente che da ultimo abbia svolto le superiori mansioni di dirigente in situazione di reggenza, non possono comprendersi emolumenti diversi da quelli previsti dal combinato disposto degli artt. 3 e 38 d.P.R. n. 1032 del 1973 non potendo in particolare interpretarsi le locuzioni stipendio , paga o retribuzione , nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva riferibile a tutto quanto ricevuto dal dipendente in modo fisso o continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione, ma dovendo esse essere riferite al trattamento retributivo relativo alla qualifica di appartenenza. Ed hanno affermato, ex art. 384, primo comma, cod. proc. civ., il seguente principio di diritto Nel regime dell'indennità di buonuscita spettante ai sensi degli artt. 3 e 38 d.P.R. 1032 del 1973 al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell'esercizio di mansioni superiori in ragione dell'affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell'art. 52 d.lgs. n. 165 del 2001, lo stipendio da considerare come base di calcolo dell'indennità medesima è quello relativo alla qualifica di appartenenza e non già quello rapportato all'esercizio temporaneo delle mansioni relative alla superiore qualifica di dirigente. A questo principio questo Collegio intende dare continuità, non essendovi ragioni per discostarsene. 9. Con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ., la parte resistente, nel dare atto dell'intervento, nelle more, della sentenza delle Sezioni Unite sopra menzionata, rileva che quella fattispecie era diversa da quella in esame. Qui infatti le funzioni dirigenziali sono state svolte dal C. in forza di provvedimenti formali dell'Amministrazione e per circa tre anni e sei mesi, in mancanza quindi dei caratteri della straordinarietà e della temporaneità. Inoltre non è stato indetto il concorso per la copertura del posto dirigenziale. L'incarico per cui è controversia, aggiunge il resistente, va ricondotto alla disciplina di cui all'art. 19 D. Lgs. n. 29/93, ora D. Lgs. n. 165/01, il quale trova specificazione nell'art. 26 del Regolamento di Amministrazione dell'Agenzia delle Entrate, laddove dispone che per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti l'Agenzia può stipulare contratti individuali di lavoro a termine con i propri funzionali con l'attribuzione dello stesso trattamento economico dei dirigenti. Inoltre il predetto art. 19, nel testo novellato dall'art. 40 del D. Lgs. n. 150/09, stabilisce che, per i dipendenti titolari di incarichi dirigenziali per almeno tre anni l'ultimo stipendio va 7 individuato, ai fini dell'applicazione dell'art. 43, comma 1, D.P.R. n. 1092/73, nell'ultima retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto. L'art. 19 come sopra modificato, preso in esame dalla sentenza delle Sezioni Unite sopra citata, ma sotto diversi profili, rende evidente che l'intenzione del legislatore era, ed è, quella di non operare, ai fini della indennità di fine servizio, alcuna differenziazione tra qualifiche di inquadramento ma un distinguo sulla base del solo elemento temporale, ossia essere stati incaricati di funzioni dirigenziali per almeno tre anni. È quindi da escludere, secondo la parte resistente, che ai fini della determinazione dell'indennità di buonuscita possa farsi riferimento al trattamento economico della qualifica di appartenenza. Una diversa conclusione si porrebbe chiaramente in contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost. In particolare la posizione di chi ha svolto per lungo tempo funzioni dirigenziali non può essere ingiustamente discriminata nei confronti di coloro che, quali dirigenti, hanno trascorso brevissimi periodi in tale posizione ed ai quali si applica pacificamente l'art. 3 del D.P.R. n. 1032/73. Tale norma, interpretata in senso favorevole all'Amministrazione, premia un comportamento contra legem, perché autorizza la medesima ad utilizzare sistematicamente e per lunghi periodi i funzionali in posizione dirigenziale, con conseguenti impropri vantaggi sotto il profilo economico. Infine, la decisione delle Sezioni Unite non è condivisibile laddove afferma il carattere tassativo degli elementi retributivi di cui agli artt. 3 e 38 D.P.D. n. 1032/73, atteso che la contrattazione collettiva del personale dirigenziale ha integralmente disciplinato le voci stipendiali dei dipendenti dei diversi comparti, specificando che tali voci hanno effetto ai fini dell'indennità di buonuscita, disposizione questa che prevale su quelle previgenti difformi. 10. Non ritiene questo Collegio che le superiori deduzioni possano condurre ad una soluzione diversa da quella adottata dalle Sezioni Unite cfr. art. 374, comma 3, cod. proc. civ. . 10.1. È innanzitutto irrilevante che lo svolgimento delle superiori mansioni nella specie sia avvenuto in base ad un formale provvedimento di incarico. Si tratta, infatti, pur sempre, di un incarico di reggenza affidato ad un funzionario che non riveste la qualifica dirigenziale e che è nettamente distinto dall'incarico di dirigente vero e proprio il primo cessa alla scadenza del periodo di reggenza, che può essere più o meno lungo il dirigente mantiene definitivamente la qualifica una volta superato il concorso. Ed è tale distinzione che giustifica il diverso trattamento ai fini della liquidazione dell'indennità in questione. Il dipendente che svolge mansioni superiori conserva la qualifica di appartenenza, con la conseguenza che l'indennità di buonuscita non può che essere commisurata al trattamento retributivo previsto per tale qualifica. Ed è per questo che l'art. 3 del D.P.R. citato fa riferimento all'ultimo stipendio percepito e non già al trattamento economico da ultimo provvisoriamente corrisposto, posto che, diversamente, il sistema si presterebbe a speculazioni ed a calcoli opportunistici si pensi all'ipotesi in cui l'incarico di reggenza venga conferito poco prima che il dipendente venga collocato a riposo, con la conseguenza che la buonuscita dovrebbe essere calcolata sulla base dell'ultima retribuzione percepita . 10.2. Quanto poi al rilievo secondo cui le retribuzioni del personale che svolge incarichi dirigenziali hanno effetto, per espressa previsione della contrattazione collettiva art. 40 CCNL quadriennio 1994/97 , sull'indennità di buonuscita o di fine servizio, deve rilevarsi che il contratto collettivo per il personale dirigente richiamato dalla resistente si applica solo al personale che riveste tale qualifica, e non già ai funzionali che svolgono temporaneamente mansioni superiori. 10.3. Il resistente ha altresì richiamato, a sostegno della propria pretesa, la modifica dell'art. 19, comma 2, D. Lgs. n. 165/01, introdotta dall'art. 40 D. Lgs. n. 150 del 2009 c.d. riforma Brunetta . Al riguardo va osservato quanto segue. L'art. 40 dianzi indicato ha modificato il suddetto articolo 19 Incarichi di funzioni dirigenziali , inserendo al comma 2 di tale articolo, dopo il secondo periodo, il seguente La durata dell'incarico può essere inferiore a tre anni se coincide con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato . Alla fine dello stesso comma, ha poi inserito il seguente periodo In caso di primo conferimento ad un dirigente della seconda fascia di incarichi di uffici dirigenziali generali o di funzioni equiparate, la durata sell'incarico è pari a tre anni. Resta fermo che per i dipendenti statali titolari di incarichi di funzioni dirigenziali ai sensi del presente articolo, ai fini dell'applicazione dell'art. 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto . Lo stesso art. 19, comma 2, è stato altresì modificato dall'art. 1, comma 32, D.L. n. 138/11, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 148/11, nei seguenti termini All'art. 19, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in fine, è aggiunto il seguente periodo Nell'ipotesi prevista dal terzo periodo del presente comma, ai fini della liquidazione del trattamento di fine servizio, comunque denominato, nonché dell'applicazione dell'art. 43, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, e successive modificazioni, l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni . Come si evince dal tenore di dette disposizioni, il legislatore, con riguardo ai dipendenti statali titolari di incarichi dirigenziali, ha disposto che, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza ex art. 43 cit., l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto, mentre, nell'ipotesi di incarico inferiore a tre anni perché coincidente con il conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo dell'interessato terzo periodo del secondo comma , il legislatore ha stabilito che l'ultimo stipendio va individuato nell'ultima retribuzione percepita prima del conferimento dell'incarico avente durata inferiore a tre anni, norma questa palesemente diretta ad evitare ogni forma di speculazione. Orbene, la disposizione di cui al D. Lgs. n. 150/09, art. 40 - che qui rileva - non è applicabile nella fattispecie in esame, essendo stato il C. collocato in quiescenza nel 2004. Né dalla introduzione di tale norma possono trarsi elementi per ritenere che le disposizioni in tema di indennità di buonuscita dei dipendenti che svolgono funzioni di reggenza debbano essere interpretate nel senso auspicato dal resistente. L'art. 43 D.P.R. n. 1092/73, richiamato dalla novella di cui al D. Lgs. n. 150/09, nell'indicare le voci retributive costituenti la base pensionabile le stesse di cui all'art. 38 D.P.R. n. 1032/73, aumentate del 18% ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza dei dipendenti civili dello Stato, ha disposto, nell'ultimo comma, che ai fini anzidetti, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabile, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne preveda espressamente la valutazione nella base pensionabile”. In coerenza con la norma anzidetta, il legislatore, con la disposizione innovativa di cui al D. Lgs. n. 150/09, art. 40, sopra indicata, ha individuato, ai fini della base di calcolo del trattamento di quiescenza dei dipendenti statali titolari di incarichi dirigenziali, V'ultimo stipendio nell’ultima retribuzione percepita in relazione all'incarico svolto . Ma, come già evidenziato, tale disposizione è qui inapplicabile ratione temporis. Ne consegue che i rilievi posti dal resistente con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ. sono privi di fondamento. 11. Manifestamente infondata è la questione di legittimità costituzionale che la parte resistente ha sollevato con riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., nell'ipotesi in cui l'interpretazione dalla medesima prospettata fosse stata disattesa. L'art. 38 tutela infatti i cittadini inabili al lavoro ed i lavoratori sprovvisti di mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria, mentre, quanto alla lesione del principio di uguaglianza, essa presuppone sperequazioni e/o disparità di trattamento in presenza di situazioni uguali, evenienza questa non ricorrente nella specie posto che la posizione di chi svolge un incarico dirigenziale per effetto della reggenza e quella di chi riveste una qualifica dirigenziale è, ai fini per cui è controversia, diversa per le ragioni sopra evidenziate. 12. In conclusione, le censure relative all'indennità di buonuscita devono essere accolte e, anche qui, non essendo necessari ulteriori di accertamento di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384, comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto della domanda proposta da C.G. . 12. Il contrasto giurisprudenziale sopra richiamato giustifica la compensazione delle spese dell'intero processo. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara che a C.G. spettano le differenze retributive dal 2 novembre 2000 al 17 aprile 2011. Rigetta la domanda dal medesimo proposta, volta ad ottenere nel calcolo dell'indennità di buonuscita il trattamento retributivo da lui effettivamente percepito per effetto dell'incarico di reggenza. Compensa tra le parti le spese dell'intero giudizio.