Il dipendente ha diritto a ritornare a tempo pieno, pur se viene superato il limite di spesa del personale

Il superamento della spesa del personale, a seguito dell'accoglimento della richiesta di riespansione dell'orario di lavoro, da tempo parziale a pieno, da parte di dipendenti attualmente in regime di part-time non può determinare effetti preclusivi, ne sanzionatori a carico dell'ente. Tuttavia, l'Ente rimane tenuto ad indirizzare tutte le scelte discrezionali, in materia di spesa di personale e la relativa programmazione, al conseguimento nel più breve tempo possibile dell'obiettivo di contenimento stabilito dalla legge.

E' quanto statuito dalla Corte dei Conti, sez. controllo Lombardia, 1° ottobre 2014, n. 251. Le richieste del dipendente. Un dipendente a tempo indeterminato e pieno in un Comune con popolazione inferiore a 1.000 abitanti, circa 5 anni fa, chiese di poter trasformare il proprio rapporto da tempo pieno a tempo parziale 18/36 ore settimanali . Dopo la concessione del passaggio a part-time, trascorsi più di 2 anni, il dipendente chiede di poter ritornare a tempo pieno, anche in ragione delle attuali esigenze organizzative e di lavoro, che giustificano ampiamente il passaggio. Tale richiesta viene fondata sull'art. 4, comma 14, del CCNL 14 settembre 2000, che dispone quanto segue I dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale hanno diritto di tornare a tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione, anche in soprannumero oppure, prima della scadenza del biennio, a condizione che vi sia la disponibilità del posto in organico . Tale disposizione contrattuale configura la richiesta di ritornare dall'attuale part-time al tempo pieno come diritto” del lavoratore. Inoltre, occorre osservare che siffatto diritto alla riespansione, come riconosciuto dalla Corte dei Conti sezione controllo Veneto, n. 287/2011 e n. 139/2013 , non trova un substrato solo contrattuale, ma anche normativo. Stabilisce, infatti, l’art. 6, comma 4, d.l. n. 79/1997, convertito dalla Legge n. 140/1997, che i dipendenti del settore pubblico che abbiano trasformato il rapporto da tempo pieno a tempo parziale hanno il diritto di ottenere il ritorno al tempo pieno alla scadenza di un biennio dalla trasformazione nonché alle successive scadenze previste dai contratti collettivi . Contraddizioni normative. La normativa, quindi, sembra configurare l'aspirazione del dipendente a ritornare a tempo pieno come un vero diritto. Infatti, occorre segnalare che, con sentenza del 14 novembre 2012, il Tribunale di Bergamo ha condannato il Sindaco di un comune bergamasco a disporre l'immediata trasformazione del rapporto di lavoro del dipendente da tempo parziale a tempo pieno ed a corrispondere allo stesso dipendente ladifferenza fra il trattamento economico contrattuale a tempo pieno e quello a tempo parziale. Ciò sulla base della considerazione che risulta prevalente l'indicata disciplina della legge n. 140/1997. Tuttavia, sembra contrastare il diritto al ritorno al tempo pieno del lavoratore la disposizione normativa, prevista dall'art. 1, comma 562, legge n. 296/2006, che dispone quanto segue per gli enti non sottoposti alle regole del patto di stabilità interno, le spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, non devono superare il corrispondente ammontare dell'anno 2008 . Nella concreta vicenda, la spesa complessiva del personale era già superiore rispetto ai limiti del 2008. Fra l'altro, proprio in relazione al primario obiettivo di contenimento, appare necessario rammentare come la riduzione tendenziale degli oneri del personale, che trova fondamento anche nell’art. 91, d.lgs. n. 267/2000, imponga alle amministrazioni puntuali obblighi. Precisamente, l'obbligo di effettuare una dettagliata e capillare programmazione della spesa nel corso dell’esercizio finanziario di volta in volta considerato ed una proiezione, che abbracci gli esercizi successivi. Ad esempio, i precisi obblighi imposti a livello di determinazione delle cessazioni, anche ai fini del riassorbimento delle eventuali eccedenze di personale, come previsti dall’art. 2, comma 11, d.l. n. 95/2012, convertito in legge n. 135/2012. In relazione a tale situazione, sembrerebbe palesarsi un contrasto fra due distinti obblighi l'obbligo del Comune di garantire il diritto del lavoratore e l'obbligo sempre del medesimo Comune di rispettare i limiti di spesa del personale. Al riguardo, la Corte dei Conti del Veneto ha ritenuto che la spesa, derivante dalla trasformazione del posto a tempo pieno, debba ritenersi esclusa dal rispetto del limite. Ciò, in quanto ove ricorrano tutti presupposti previsti dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva , l’ente non può non dar seguito alla richiesta del dipendente di riconduzione del rapporto di lavoro alle modalità originarie, anche nell’evenienza in cui tale comportamento obbligato conduca ad un aumento della spesa di personale Corte Conti Veneto, sez. controllo, n. 106/2013 . In buona sostanza, ove ricorrano tutti presupposti previsti dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva, l’ente non può non dar seguito alla richiesta del dipendente di riconduzione del rapporto di lavoro alle modalità originarie, anche nell’evenienza in cui tale comportamento obbligato conduca ad un aumento della spesa di personale Inesistenza di un vero contrasto. Il Comune, per risolvere la contraddizione sussistente fra i predetti due obblighi, presenta una richiesta di parere alla Corte dei conti, ai sensi del comma 8, art. 7, legge n. 131/2003. La Corte, con il parere in esame, conferma la sussistenza, in favore del dipendente, del diritto alla riespansione del rapporto di lavoro a tempo pieno, senza che residui in capo all'amministrazione, una volta accertata la presenza dei presupposti di legge, alcuna discrezionalità . Il Comune, quindi, deve ottemperare alla richiesta, indipendentemente dalla problematica del contenimento dei costi del personale. Tuttavia, se tale questione non preclude la riespansione, è evidente che crea precisi e gravosi problemi. Ciò, per quanto concerne gli Enti non sottoposti al patto di stabilità, alla luce della richiamata disposizione normativa, che pone un preciso limite le spese del personale del 2008. Anche, per gli Enti sottoposti al Patto di stabilità, sussiste un equivalente obbligo art. 1, comma 557, legge n. 296/2006 , in quanto tali enti devono assicurare la riduzione delle spese di personale, con azioni rivolte in diversi ambiti. La contraddizione fra gli obblighi non viene, però, costruita in termini di contrasto in senso tecnico, nel senso che, ad avviso della Corte, si è piuttosto in presenza di una duplicità di obblighi l'obbligo del Comune di concedere la riespansione l'obbligo del Comune, immediatamente conseguente, di intraprendere concrete azioni finalizzate al contenimento della spesa del personale. In altri termini, il rispetto della disciplina finanziaria, cioè afferente i conti del personale, normalmente non impatta sulle regole che presiedono alla gestione dei rapporti di lavoro, bensì, sulle scelte di fatto del datore di lavoro . Ciò, in quanto, nel governo dei rapporti d'impiego l'amministrazione deve adottare, a monte, gli opportuni interventi in grado di rendere compatibili atti di macro-gestione poteri organizzativi e micro-gestione modifiche del singolo rapporto di lavoro con la vigente disciplina finanziaria, in modo da realizzare i necessari risparmi Corte dei Conti, sez. controllo Lombardia, n. 679/2011 . Quindi, nella concreta fattispecie, si verifica solo una presunta antinomia tra le disposizioni in vigore ed i connessi obblighi, in quanto, a fronte degli effetti di un’attività normativamente consentita, quale quella di riespansione del rapporto di lavoro, l’ente non può subire delle conseguenze sanzionatorie per la mancata osservanza dei vincoli normativi di spesa. Pertanto, il superamento della spesa del personale, a seguito della riespansione dell'orario di lavoro, non può determinare effetti preclusivi, ne sanzionatori a carico dell'ente. Tuttavia, il medesimo ente è obbligato ad indirizzare tutte le scelte discrezionali, in materia di spesa di personale, al conseguimento nel più breve tempo possibile dell'obiettivo di contenimento stabilito dalla legge.

Corte dei Conti, sez. Regionale Controllo Lombardia, adunanza 18 settembre – 1 ottobre 2014, n. 251 Presidente Bragò – Relatore Bertozzi