Il mancato svolgimento di attività lavorativa è elemento costitutivo del diritto al beneficio

In materia di assegno di invalidità civile, il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa previsto per beneficiare dell'assegno d'invalidità di cui all'art. 13 l. n. 118/1971, come novellato dall'art. 1, comma 35, l. n. 247/2007, costituisce elemento costitutivo del diritto all’assegno. Pertanto la prova di tale requisito non può essere fornita in giudizio mediante mera dichiarazione dell'interessato, anche se rilasciata con formalità previste dalla legge per le autocertificazioni, che può assumere rilievo solo nei rapporti amministrativi ed è, invece, priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale.

Principio affermato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 21888, pubblicata il 16 ottobre 2014. La vicenda domanda di riconoscimento di assegno di invalidità civile, contestata dall’Inps per mancata prova del requisito di mancata occupazione. Un lavoratore aveva richiesto al Tribunale del lavoro l’accertamento del diritto all’assegno di invalidità previsto dall’art. 13 l. n. 118/1971. Il Tribunale adito respingeva la domanda. Proposto appello, la Corte d’Appello, riformava la sentenza di primo grado, riconoscendo il diritto all’assegno a far data dal 1° gennaio 2008, ritenendo provata la mancanza di occupazione da tale data. Proponeva ricorso in Cassazione l’Inps. L’assegno di invalidità ex art. 13 l. n. 118/1971. La vicenda prende spunto dal riconoscimento ad un soggetto non più collocabile al lavoro dell’assegno di invalidità previsto dall’art. 13 l. n. 118/1971, che così recita Agli invalidi civili di età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso, a carico dello Stato ed erogato dall'INPS, un assegno mensile di euro 242,84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo 12 . Il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa. La Corte d’Appello, con la sentenza impugnata, aveva riconosciuto il diritto del ricorrente all’assegno, ritenendo provata la mancanza di occupazione a far tempo dal 1° gennaio 2008. Secondo la Corte di merito, l’onere della prova era stato assolto dalla richiedente l’assegno, mediante la produzione della dichiarazione autocertificata presentata annualmente all’Inps. L’Ente previdenziale, con il ricorso proposto, censura la sentenza resa dalla Corte d’Appello, ritenendo non provato il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa. Questo deve ritenersi, secondo un orientamento ripetutamente affermato dalla Suprema Corte, un elemento costitutivo del diritto all’assegno di invalidità e dunque la relativa prova non può limitarsi alla mera produzione di un’autocertificazione dello stesso interessato. La prova a carico del richiedente il beneficio La Corte di Cassazione ritiene manifestamente fondato il motivo proposto dall’Inps sul punto, conforme a precedenti decisioni della Corte, sì da ritenere di decidere la causa con ordinanza ai sensi dell’art. 375 n. 5 del c.p.c. In effetti, osservano i giudici di legittimità, il requisito della incollocazione al lavoro si configura quale elemento costitutivo del diritto all’assegno assistenziale. Consegue che la prova della sussistenza del requisito è a carico dell’interessato, in applicazione dei principi sulla prova operanti nei giudizi civili, nei quali peraltro, in difetto di specifici limiti normativi, è ammessa anche la prova per presunzioni. ma non basta l’autocertificazione. Unico limite a tale prova, conclude la Suprema Corte, è costituito dal fatto che non potrà essere utilizzata una mera dichiarazione dell’interessato, anche se formalizzata come autocertificazione. Questa, che può assumere rilievo nei rapporti amministrativi, è priva di efficacia probatoria in sede giurisdizionale. Principio più volte affermato dalla Corte di Cassazione. In conclusione, con la sentenza impugnata la Corte di merito non si è attenuta al principio di diritto sopra evidenziato, posto che aveva ritenuto provato il diritto del beneficiario all’assegno per l’intero periodo richiesto, unicamente sulla base della dichiarazione sostitutiva di atto notorio, ai sensi della l. n. 247/2007. La Corte di Cassazione ha così accolto il motivo di ricorso proposto dall’Inps, cassando con rinvio la sentenza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 15 luglio – 16 ottobre 2014, n. 21888 Presidente Curzio – Relatore Marotta Fatto e diritto 1 - Considerato che è stata depositata relazione del seguente contenuto Con sentenza n. 1554/2010, depositata in data 31 dicembre 2010, la Corte di appello di Catanzaro, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Crotone, riconosceva in favore di M.G. l'assegno mensile di invalidità con decorrenza dall'1/1/2008 e cioè dal momento della provata mancanza di occupazione ai sensi della legge n. 244 del 24/12/2007. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’I.N.P.S. affidato ad un motivo. M.G. è rimasta solo intimata. Con l'unico articolato motivo l'I.N.P.S. denuncia violazione e errata applicazione dell’art. 13 della legge n. 118 del 1971 nel testo sostituito dall'art. 1, comma 35, della l. n. 247/2007, dell'art. 2697 cod. civ. in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ Si duole del fatto che la Corte territoriale abbia ritenuto che, con l'entrata in vigore della legge n. 247/2007, possa ritenersi superata la necessità di offrire giudizialmente la prova del requisito della mancata occupazione. Osserva, al riguardo, che anche dopo la modifica introdotta dall'art. 1, comma 35 L. n. 247 cit., il requisito dell'incollocazione al lavoro si configura quale elemento costitutivo del diritto all'assegno di assistenza per cui era onere dell'interessata allegare e provare il mancato svolgimento di attività lavorativa. In questa prospettiva sottolinea che la dichiarazione sostitutiva che l'interessata era tenuta a presentare annualmente all’I.N.P.S., di non svolgere attività lavorativa, valeva solo a semplificare l'iter procedimentale ed i rapporti tra il cittadino e la Pubblica Amministrazione ma non poteva sortire alcun effetto in ordine alla distribuzione dell'onere probatorio in sede giudiziale. Il ricorso è manifestamente fondato. Questa Corte ha affermato che anche dopo la novella introdotta dall'art. 1, comma 35 della L. n. 247 del 2007, il mancato svolgimento di attività lavorativa costituisce elemento costitutivo del diritto all'assegno di assistenza la cui prova, peraltro, non può essere fornita in giudizio mediante mera dichiarazione dell'interessato, anche se rilasciata con le formalità previste dalla legge per le autocertificazioni Cass. 20 dicembre 2010, n. 25800 id. 11 febbraio 2011, n. 3552 28 agosto 2013, n. 19833 3 marzo 2014, n. 4942 . La Corte di appello di Catanzaro non si è attenuta a tale principio in quanto, esclusa la necessità della iscrizione nelle liste del collocamento obbligatorio, non ha svolto alcun accertamento in ordine al requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa. In conclusione, si propone l’accoglimento del ricorso, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice, che farà applicazione dell'indicato principio di diritto, il tutto con ordinanza, ai sensi dell'art. 375 cod. proc. civ., n. 5 . 2 - Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata giurisprudenza di legittimità in materia e che ricorra con ogni evidenza il presupposto dell'art. 375, n. 5, cod. proc. civ. per la definizione camerale del processo. 3 - Conseguentemente, il ricorso va accolto e va cassata la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione. P.Q.M. LA CORTE accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla. Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione.