Assunta in formazione, fa un lavoro superiore: il giudice la premia con un regalo “indeterminato”

L’adibizione, pur saltuaria e sotto il controllo di un responsabile, a mansioni proprie di livello superiore a quello di inquadramento, in aggiunta alla mancata prova dello svolgimento di una proporzionata attività di formazione, integra un inadempimento tale da giustificare la conversione del contratto di formazione in uno indeterminato.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 20012, depositata il 24 settembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Roma confermava la sentenza di primo grado, che aveva convertito un contratto di formazione e lavoro in uno a tempo indeterminato, rilevata l’assenza di formazione, limitata a qualche corso teorico e a saltuari affiancamenti, peraltro per lo svolgimento di mansioni superiori. Quest’ultima circostanza veniva ritenuta, peraltro, in contrasto con la finalità formativa pattuita per un livello inferiore. La società datrice di lavoro ricorreva in Cassazione, sostenendo che l’aver adibito la lavoratrice a mansioni di livello superiore invece che a quelle di assunzione non può integrare un’elusione dello scopo formativo che giustifichi la conversione del contratto. Manca la formazione. Tuttavia, la Corte di Cassazione rileva che i giudici di merito hanno motivato adeguatamente rispetto alle ragioni in base a cui hanno ritenuto che l’adibizione, pur saltuaria e sotto il controllo di un responsabile, a mansioni proprie di livello superiore a quello di inquadramento, in aggiunta alla mancata prova dello svolgimento di una proporzionata attività di formazione, integrasse un inadempimento tale da giustificare la conversione del contratto. Inoltre, la circostanza che le mansioni saltuariamente svolte costituissero una naturale evoluzione di una progressione professionale, ancorata al mero trascorrere del tempo, non negava, ma anzi confermava l’assenza di un vero e proprio percorso formativo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 17 giugno – 24 settembre 2014, n. 20012 Presidente Curzio – Relatore Garri Fatto e diritto La Corte di appello di Roma ha respinto l'appello proposto dalla s.p.a. Sviluppo Discount ed ha confermato la sentenza del Tribunale della stessa città che, in parziale accoglimento del ricorso proposto da V.A.C. , aveva convertito il contratto di formazione e lavoro intercorso tra le parti dal 21.6.2002 in contratto a tempo indeterminato rilevando l'assenza di formazione. La Corte territoriale ha evidenziato che l'istruttoria svolta aveva adeguatamente dimostrato la sostanziale mancanza di una qualsivoglia attività di formazione, limitata a qualche corso teorico, e non surrogata da saltuari affiancamenti peraltro per lo svolgimento di mansioni superiori. Tale ultima circostanza è stata, al contrario, ritenuta in contrasto con la finalità formativa pattuita per un livello di gran lunga inferiore. Quanto alla denunciata erroneità della pronuncia sulle spese, poste a carico della società nonostante l'accoglimento solo parziale della domanda proposta dalla V. , lo ha respinto chiarendo da un canto che la compensazione non è obbligatoria ed anzi è una facoltà discrezionale del giudice. Per altro profilo, poi, ha sottolineato che la condanna comunque era compatibile con l'esito del giudizio di pressoché integrale accoglimento della domanda nella parte più rilevante. Per la cassazione della sentenza ricorre la Dico s.p.a. già Sviluppo Discount s.p.a. sulla base di tre motivi. La signora V. risulta intimata. Con il primo motivo è denunciata l'illogicità, insufficienza e contraddittorietà della motivazione per avere inadeguatamente dato conto delle emergenze istruttorie acquisite in primo grado che, ove compiutamente e esattamente esaminate, avrebbero confermato l'esistenza dell'attività di formazione della lavoratrice addetta alle vendite e solo saltuariamente adibita alla sostituzione di altri dipendenti temporaneamente assenti. Sostiene che l'omessa delibazione di circostanze decisive vizierebbe la sentenza in quanto, ove fossero state valutate tali elementi di fatto, le conclusioni della Corte territoriale sarebbero state differenti. Con il secondo motivo di ricorso, poi, si censura la sentenza per avere, in violazione o falsa applicazione dell'art. 3 comma 9 della legge n. 863 del 1984 anche con riferimento all'art. 1455 c.c. ed avuto riguardo anche alle declaratorie contrattuali del terziario e del commercio, ritenuto l'esistenza di un notevole inadempimento al contratto di formazione e lavoro. Sostiene la ricorrente che l'aver adibito la lavoratrice saltuariamente a mansioni di terzo livello invece che a quelle di assunzione di V con inquadramento automatico dopo 18 mesi nel IV non integrerebbe quell'elusione dello scopo formativo che giustifica la conversione del contratto. Con l'ultimo motivo, infine, si duole dell'errata applicazione dell'art. 92 c.p.c. evidenziando come delle quattro domande formulate dalla ricorrente 1. Elusione dello scopo formativo, 2. Riconoscimento del maggiore livello di inquadramento, 3. Lavoro straordinario, 4. Spettanza dell'indennità di cassa era stata accolta, per quanto rilevante, solo la prima e che tale situazione processuale avrebbe giustificato una compensazione delle stesse. La V. è rimasta intimata. La società ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. ed ha insistito per l'accoglimento del ricorso. Le censure appaiono manifestamente infondate. Il giudice di merito, con motivazione sintetica ma esaustiva di un compiuto esame di tutte le circostanze di fatto confluite nel processo, ha in primo luogo chiarito in base a quali elementi di prova circostanziati lo svolgimento dell'attività lavorativa, anche in sostituzione seppur temporanea di personale assegnato a mansioni più elevate rispetto a quelle di assunzione della signora V. , non era stato accompagnato da quel percorso di formazione che costituisce elemento essenziale della causa del contratto che le parti avevano concluso. Ugualmente ha precisato in base a quali puntuali allegazioni, che afferma di aver riscontrato con testi e documenti, l'inadempimento agli obblighi di formazione assurgeva a quella importanza notevole alla quale consegue la conversione del contratto per effetto del venire meno della causa propria della formazione accompagnata al lavoro. Né l'odierna ricorrente ha evidenziato l'esistenza di elementi probatori decisivi non valutati ma si è limitata solo, nonostante le intenzioni dichiarate in ricorso, ad una rilettura delle prove alternativa e più favorevole alle aspettative della società ricorrente. Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall'art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ., non equivale alla revisione del ragionamento decisorio , ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in un nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità. Ne consegue che, ove la parte abbia dedotto un vizio di motivazione, la Corte di cassazione non può procedere ad un nuovo giudizio di merito, con autonoma valutazione delle risultanze degli atti, né porre a fondamento della sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice di merito cfr tra le tante Cass. n. 91 del 2014, n. 15489 del 2007, n. 5024 del 2012 . Ugualmente infondato è il secondo motivo di ricorso che pretende di scalfire, ancora una volta attraverso una più benevola ricostruzione dei fatti, l'accertato notevole inadempimento all'obbligo di formazione. La Corte territoriale ha dato puntualmente conto delle complessive ragioni in base alle quali ha ritenuto che l'adibizione, pur saltuaria e sotto il controllo di un responsabile, a mansioni proprie di livello superiore a quello di inquadramento, in uno con la mancata prova dello svolgimento di una proporzionata attività di formazione integrasse quell'inadempimento che giustifica la conversione del rapporto. Tale percorso logico e fattuale non è incrinato dalla circostanza che le mansioni saltuariamente svolte costituivano una naturale evoluzione di una progressione professionale ancorata al mero trascorrere del tempo. Si tratta al contrario di circostanza che conferma, come puntualmente osservato dai giudici di appello, l'assenza di un vero e proprio percorso formativo. Per quanto riguarda infine la censura relativa alla condanna alle spese va rammentato che la soccombenza parziale basta a legittimare la condanna alle spese e la mancata compensazione delle stesse, in quanto affidata alla discrezionalità del giudice non è censurabile. In conclusione il motivo va rigettato poiché la Corte d'appello ha fatto esatta applicazione del principio della soccombenza complessiva ed utilizzato, con discrezionalità incensurabile in questa sede, i suoi poteri di compensazione Cass. n. 15566 del 2011 . Peraltro la statuizione sulle spese risulta comunque adeguatamente e correttamente motivata e non è stata censurata sotto il profilo di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5. In conclusione e sulla base delle esposte considerazioni il ricorso deve essere dichiarato manifestamente infondato. In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Non occorre provvedere sulle spese stante la mancata costituzione della parte intimata. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Nulla per le spese.