Tutela reale: alla società il compito di fare la conta

Sono idonei a fornire la prova del requisito dimensionale di un’impresa i dati risultanti dalla copia del libro matricola prodotto in giudizio.

Lo afferma la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19456, depositata il 15 settembre 2014. Il caso. Il tribunale di Salerno rilevava l’invalidità del licenziamento a danno di una dipendente e, ai sensi dell’art. 18 l. n. 300/1970, ordinava la sua reintegrazione e la condanna al pagamento delle differenze retributive. La società datrice di lavoro si appellava, deducendo la mancanza del requisito dimensionale ai fini dell’applicazione della tutela reale. La Corte d’appello di Salerno accoglieva questo punto di ricorso e, in applicazione dell’art. 8 l. n. 604/1966, condannava la società al solo pagamento di tre mensilità dell’ultima retribuzione globale percepita, confermando nel resto la sentenza del tribunale. La donna ricorreva in Cassazione, deducendo che l’onere della prova riguardo al requisito dimensionale fosse a carico della società, la quale non lo aveva soddisfatto. Onere della prova. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricorda che l’onere della prova dei requisiti per l’applicabilità della tutela reale ex art. 18 l. n. 300/1970 ricade sul datore di lavoro. Per soddisfare tale onere, comunque, sono idonei anche i dati risultanti dalla copia del libro matricola prodotto in giudizio. Ciò è quanto aveva fatto la società già in primo grado da esso la Corte d’appello aveva rilevato che, nel corso del rapporto di lavoro in contestazione, erano in servizio 8 lavoratori, ritenendo quindi non sussistente il requisito dimensionale per la tutela reale. In più, la ricorrente non aveva fatto cenno all’eventuale presenza di altro personale. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 10 giugno – 15 settembre 2014, n. 19456 Presidente Curzio – Relatore Tricomi Fatto e diritto Atteso che è stata depositata relazione del seguente contenuto. La Corte d'Appello di Salerno, con la sentenza n. 2209 del 2010, in parziale accoglimento dell'appello proposta da Tio Pepe srl già hotel Montestella di D.P.R. , dichiarava l'illegittimità del licenziamento del 15 ottobre 2001 e condannava la suddetta società Tio Pepe srl, in applicazione dell'art. 8 della legge n. 604 del 1966, al risarcimento del danno cagionato a N.S. con il versamento di tre mensilità della ultima retribuzione globale di fatto percepita al 15 ottobre 2001, oltre legali accessori dal maturato diritto alla effettiva soluzione. Confermava, nel resto, la sentenza impugnata. Il Tribunale di Salerno, a cui era ricorsa la N. , aveva dichiarato invalido il licenziamento intimato il 15 ottobre 2001 alla stessa, ai sensi dell'art. 18 della legge n. 300 del 1970, ordinando, tra l'altro, la reintegrazione della stessa e la condanna al pagamento delle differenze retributive. L'appello proposto dalla società verteva, in particolare, sulla mancanza, dedotta già in primo grado, del requisito dimensionale ai fini dell'applicazione o meno della tutela reale, e su tale profilo veniva accolto. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la N. . Resiste con controricorso la società Tio Pepe srl già hotel Montestella di D.P.R. . La ricorrente prospetta il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il giudice d'appello, con una valutazione illogica, avrebbe ritenuto che la società avesse fornito la prova dell'insussistenza del requisito dimensionale per applicare la tutela reale, senza considerare che la società non aveva formulato nessuna istanza o richiesta di prova in ordine a tale elemento e tanto al fine di poter stabilire il regime applicabile alla fattispecie, né aveva dedotto nei verbali di causa in ordine a tale punto o aveva fatto riferimento ai documenti fascicolati nella produzione. L'onere della prova incombeva sul datore di lavoro ed aveva errato la Corte d'Appello a ritenere che la prova stessa fosse stata fornita peraltro, le risultanze del libro matricola potevano avere valore solo contro il datore di lavoro ma non possono essere utilizzate a favore dello stesso. Il datore di lavoro avrebbe dovuto provare non solo il numero degli occupanti, ma il loro status nell'impresa e di non avere alle proprie dipendenze lavoratori non assunti formalmente. Il motivo appare manifestamente infondato. In tema di onere della prova dei requisiti per l'applicabilità della tutela reale di cui all'art. 18 S.L., occorre ricordare come si siano contrapposti due orientamenti giurisprudenziali, di cui il primo, in passato sicuramente prevalente, onerava il lavoratore, attore in giudizio, di provare il requisito dimensionale, mentre il secondo, che ha trovato conforto nella pronuncia delle S.U. n. 141/2006, ha ritenuto gravare sul datore di lavoro il suddetto onere. Va altresì osservato che, nel processo del lavoro, il rigoroso sistema di preclusioni del rito del lavoro trova un contemperamento - ispirato alla esigenza della ricerca della verità materiale , cui è doverosamente funzionalizzato il rito del lavoro, teso a garantire una tutela differenziata in ragione della natura dei diritti che nel giudizio devono trovare riconoscimento - nei poteri d'ufficio del giudice in materia di ammissione di nuovi mezzi di prova, ai sensi del citato art. 437 c.p.c., comma 2, ove essi siano indispensabili ai fini della decisione della causa, poteri, peraltro, da esercitare pur sempre con riferimento a fatti allegati dalle parti ed emersi nel processo a seguito del contraddittorio delle parti stesse. Questa Corte, in applicazione dei suddetti principi, ha ritenuto idonei a fornire la prova del requisito dimensionale i dati risultanti dalla copia del libro matricola prodotto in giudizio Cass., n. 1925 del 2011 , ritenendo che tale produzione, anche nel caso in cui fosse stata prodotta in appello, andava valutata con statuizione discrezionale ed insindacabile come indispensabile. Nella specie il libro matricola era prodotto dalla società già in primo grado e dall'esame dello stesso, relativo ad 86 dipendenti a far data dal 14 agosto 1970 al 22 luglio 2002, la Corte d'Appello rilevava che nel corso del rapporto di lavoro in contestazione della durata di due mesi e mezzo quale decorrente dal 30 luglio 2001 al 15 ottobre 2001 , erano in servizio otto lavoratori, ritenendo quindi non sussistente il requisito dimensionale per la tutela reale. Peraltro, la ricorrente nulla deduce di aver contraddetto sulla eventuale presenza di altro personale”. Il Collegio condivide e fa proprie le argomentazioni e le conclusioni che precedono, atteso che le stesse sono conformi alla giurisprudenza di legittimità in materia, alla quale si intende dare continuità. La Corte rigetta il ricorso. Ai sensi dell'art. 92, comma 2, c.p.c., compensa tra le parti le spese di giudizio atteso il diverso esito dei due gradi di giudizio di merito e del periodo di tempo preso in considerazione ai fini del requisito dimensionale. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese di giudizio.