Il fantasma della discriminazione nel contratto di formazione e lavoro

Non introducono un trattamento discriminatorio, né violano l’art. 3, comma 5, d.l. n. 726/1984, convertito in l. n. 863/1984, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione, distinguono i lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso dal personale già in servizio con un contratto a tempo indeterminato, equiparando i primi al personale di nuova assunzione, ai limitati fini dell’attribuzione di nuove voci salariali aziendali, senza incidere sulla conservazione dell’anzianità di servizio.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18946/14, depositata il 9 settembre 2014. Per qualche euro in più in busta paga. Un operaio, assunto con contratto di formazione e lavoro poi trasformato in tempo indeterminato, chiedeva il versamento delle competenze accessorie unificate, c.d. CAU, colonna B, previste dall’Accordo aziendale, sottoscritto in applicazione dell’Accordo nazionale del 27.11.200, che mirava al riordino dei compensi previsti dalle singole aziende di un medesimo settore. L’azienda datrice di lavoro, infatti, prevedeva due tipi di CAU la colonna A , riduzione del salario destinata a tutti i dipendenti e la colonna B , assegno ad personam attribuito solo al personale con contratto a tempo indeterminato, già in servizio alla data di entrata in vigore dell’Accordo nazionale, 27.11.2000. In considerazione dell’art. 3, comma 5, l. n. 863/1984, secondo cui, in caso di trasformazione a tempo indeterminato, il periodo di formazione e lavoro è computato ai fini dell’anzianità di servizio, il lavoratore adduceva di avere diritto alle CAU B, che, in virtù di detta equiparazione, sarebbero entrate nella struttura della propria retribuzione. L’azienda si opponeva, affermando che vi fosse sì un’equiparazione, ma solo ed esclusivamente ai fini del computo dell’anzianità di servizio e che il versamento delle CAU B nulla aveva a che vedere con l’anzianità. La discussa questione dell’equiparazione. La Corte territoriale aveva accolto le doglianze del lavoratore aderendo alla sentenza delle Sezioni Unite Cass. SS. UU., n. 20074/10 secondo cui in caso di trasformazione del contratto di formazione e lavoro in contratto a tempo indeterminato, il periodo di formazione e lavoro doveva essere computato nell’anzianità di servizio, anche quando l’anzianità di servizio fosse considerata dagli accordi aziendali ai fini dell’attribuzione di determinati emolumenti. Pertanto, l’azienda aveva discriminato l’operaio nel momento in cui aveva equiparato i dipendenti in formazione e lavoro con i nuovi assunti, attribuendo ai primi le CAU previste ratione temporis per i secondi. L’equiparazione, invece, avrebbe dovuto avvenire con i dipendenti da sempre a tempo indeterminato, i quali avevano conservato il trattamento goduto in precedenza, che risultava migliore rispetto a quello riservato ai lavoratori in formazione, proprio in virtù dell’assegno CAU B. Attenzione al dato letterale. La Suprema Corte cassa la sentenza della Corte territoriale ponendo l’accento sulla lettera delle norme in gioco. In primo luogo, l’art. 3, comma 5, l. n. 863/1984 sancisce la discussa equiparazione, ma non lo fa ad ogni effetto! La norma prevede che i lavoratori assunti a tempo indeterminato, dopo un periodo di formazione e lavoro, siano equiparati a quelli assunti direttamente a tempo indeterminato, ai fini dell’anzianità di servizio. Ciò significa semplicemente che il periodo di formazione e lavoro conta nell’anzianità di servizio come se fosse un periodo di lavoro a tempo indeterminato. L’equiparazione, quindi, non riguarda gli istituti diversi dall’anzianità di servizio. Nel caso di specie, la CAU B non attiene l’anzianità di servizio, ma attua il principio dell’irriducibilità della retribuzione individuale di cui all’art. 2103 cc. Non si riscontra, quindi, alcuna violazione di legge. La Corte di Cassazione rilegge la sentenza delle Sezioni Unite nel senso che il lavoratore, una volta inglobata nella sua anzianità di servizio il pregresso periodo di formazione e lavoro, non può più essere discriminato per il sol fatto che una porzione della sua anzianità è tale in virtù della famosa equiparazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, sentenza 4 luglio – 9 settembre 2014, numero 18946 Presidente Curzio – Relatore Blasutto Svolgimento del processo 1. Con ricorso al Giudice del lavoro di Napoli, D.M.F. agiva nei confronti dell'Azienda Napoletana Mobilità A.N.M. per l'accertamento del suo diritto a fruire, a titolo di competenze accessorie unificate CAU , della componente prevista alla colonna B del verbale di Accordo aziendale del 29 marzo 2001. Premesso di essere stato assunto con contratto di formazione e lavoro poi trasformato in contratto a tempo indeterminato, con attribuzione della qualifica di operatore di esercizio, parametro 140, il ricorrente deduceva che l'Accordo nazionale del 27.11.2000 aveva stabilito, nel contesto del riordino dei compensi e delle indennità previste aziendalmente, l'equiparazione dei lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso ai nuovi assunti che l'Accordo aziendale del 29 marzo 2001, nel dare attuazione all'accordo nazionale, aveva distinto le competenze accessorie unificate cd. CAU in due diversi importi, il primo denominato colonna A e il secondo denominato colonna B e qualificato assegno ad personam che l'Azienda non gli aveva riconosciuto la voce di cui alla colonna B, attribuita solo al personale con contratto a tempo indeterminato in servizio alla data del 27.11.2000. Richiamata la previsione di cui all'art. 3, comma quinto, della legge numero 863 del 1984 secondo la quale, in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, il periodo di formazione e lavoro è computato nell'anzianità di servizio, il ricorrente deduceva che una corretta interpretazione della normativa contrattuale alla luce del dettato legislativo imponeva di ritenere che anche per i lavoratori assunti con contratti di formazione e lavoro stipulati in epoca anteriore al 27.11.2000 le competenze accessorie unificate dovessero essere corrisposte integralmente, poiché entrate nella struttura della retribuzione, e che non potesse operare la limitazione riguardante i nuovi assunti. 2. La società convenuta resisteva alla domanda deducendo che le competenze accessorie unificate non rientravano tra le componenti della retribuzione dei lavoratori in contratto di formazione e lavoro, i quali pertanto durante lo svolgimento di tale rapporto non le avevano percepite che l'Accordo aziendale del 29 marzo 2001, attuativo dell'Accordo nazionale del 27 novembre 2000 e dell'Accordo nazionale preliminare del 2 marzo 2000, nel ristrutturare l'istituto riducendone il valore per tutti i lavoratori nella misura di cui alla colonna A, aveva previsto per i soli lavoratori a tempo indeterminato già in servizio alla data del 27 novembre 2000, cioè per coloro che a quella data già percepivano le competenze accessorie unificate, un assegno ad personam , impropriamente denominato CAU B, pari alla differenza tra il precedente maggior valore del trattamento in atto e il successivo minore importo rideterminato in sede di accordo che legittimamente l'assegno non era stato corrisposto a chi alla data del 27.11.2000 non godeva delle competenze accessorie unificate, ossia ai lavoratori assunti dopo tale data e ai lavoratori che avevano un contratto di formazione e lavoro in corso. Contestava che tale interpretazione ed applicazione della disciplina contrattuale contrastasse con la disposizione di cui all'art. 3, comma quinto, della legge numero 863 del 1984. 3. La domanda veniva respinta in primo grado, con sentenza riformata dalla Corte di appello di Napoli. Ad avviso della Corte territoriale, mentre poteva ritenersi compatibile con il cd. salario di ingresso la previsione di una differenziazione di trattamento all'epoca di svolgimento del contratto di formazione e lavoro, tale deroga non poteva valere per il periodo successivo alla trasformazione del rapporto, dovendo il periodo di formazione essere computato nell'anzianità di servizio ad ogni effetto, ai sensi dell'art. 3, comma quinto, della legge numero 863/84. Difatti, la sentenza delle Sezioni Unite della Corte numero 20074 del 23 settembre 2010, componendo un contrasto di giurisprudenza, aveva affermato che il principio contenuto nell'art. 3 del d.l. numero 726 del 1984, convertito dall'art. 1 della legge numero 863 del 1984, secondo il quale in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato, ovvero nel caso di assunzione a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell'anzianità di servizio, opera anche quando l'anzianità sia presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell'attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva, come nel caso degli aumenti periodici di anzianità di cui all'art. 7, lett. C , dell'accordo nazionale 11 aprile 1995, riprodotto nel successivo art. 7, lett. C , dell'accordo nazionale 27 novembre 2000, per i dipendenti di aziende di trasporto in concessione. Affermava la Corte di merito che, nel caso in esame, l'effetto discriminatorio si era realizzato nel momento in cui i dipendenti con contratto di formazione e lavoro erano stati equiparati ai rapporti di nuova costituzione, con attribuzione del medesimo trattamento economico per competenze accessorie unificate applicabile ratione temporis ai nuovi assunti, mentre gli altri lavoratori a tempo indeterminato avevano conservato il migliore trattamento goduto in precedenza, per effetto del riconoscimento della componente cd. CAU B. 4. Per la cassazione di tale sentenza la A.N.M. s.p.a. propone ricorso, affidato a due motivi. Resiste con controricorso il lavoratore. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 1. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 5, del d.l. numero 726/1984, conv. in legge numero 863/1984, nonché insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 nnumero 3 e 5 cod. proc. civ. . 1.1. Ad avviso della società ricorrente, non è in discussione la natura imperativa dell'art. 3 citato, né si controverte sul diritto al riconoscimento dell'anzianità di servizio ai fini dell'applicazione degli istituti collegati a tale anzianità la citata norma non impone nemmeno un'equiparazione ad ogni effetto tra lavoratori assunti a seguito della trasformazione di un contratto di formazione e lavoro e dipendenti assunti direttamente a tempo indeterminato, dal momento che il precetto imperativo non riguarda gli istituti che non operano in funzione dell'anzianità. Questa è l'ipotesi che ricorre nel caso di specie, in quanto la voce retributiva invocata assegno ad personam di cui alla colonna B della tabella allegata all'Accordo aziendale del 29 marzo 2001 venne prevista ai fini di conservare intatta una componente della retribuzione in favore di coloro che, prima della revisione dell'istituto salariale e della sua riduzione nella misura di cui alla colonna A cd. nuova CAU , percepivano un importo maggiore. Poiché la retribuzione dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non comprendeva le competenze accessorie unificate, l'attuale intimato, una volta assunto a tempo indeterminato, non poteva che percepire le competenze accessorie unificate nella nuova misura prevista, per tutti i lavoratori, alla colonna A dell'accordo aziendale. La circostanza di avere un'anzianità di servizio comprensiva del periodo pregresso non costituiva titolo per l'attribuzione dell'assegno ad personam , il cui presupposto di fatto non era l'avere o meno una determinata anzianità di servizio, ma l'avere o meno percepito le cd. CAU nel loro precedente importo. Del tutto inconferente era dunque il richiamo della sentenza delle Sezioni unite numero 20074 del 2010, non vertendo la controversia in un'ipotesi di decurtazione di trattamenti retributivi conseguenti al disconoscimento dell'anzianità di servizio maturata nel periodo di formazione e lavoro, ma in un caso di differenziazione di trattamenti economici prevista per salvaguardare la retribuzione in godimento all'atto della modifica contrattuale per coloro che a tale data percepivano un trattamento più favorevole. La ratio dell'assegno ad personam risiede dunque nel principio della irriducibilità della retribuzione individuale di cui all'art. 2103 cod. civ., principio ben distinto da quello della conservazione dell'anzianità di servizio. 2. Preliminarmente, deve rilevarsi l'ammissibilità del ricorso. 2.1. Il ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 3, comma 5, del d.l. numero 726/84, conv. in legge numero 863/1984 e vizio di motivazione art. 360 nnumero 3 e 5 c.p.c . Il tenore delle censure - nello sviluppo argomentativo dell'impugnazione - è teso a contestare l'interpretazione dell'art. 2, lett. F, dell'Accordo collettivo nazionale del 27.11.2000 operata dalla Corte di appello, per contrasto con norma di legge la denuncia di vizio di motivazione attiene, invece, all'interpretazione dell'Accordo aziendale del 29 marzo 2001. 2.2. Poiché si verte in un'ipotesi di denuncia di violazione o di falsa applicazione dei contratti o accordi collettivi di lavoro, ai sensi dell'art. 360, primo comma, numero 3 cod. proc. civ., come modificato dall'art. 2 del d.lgs. 2 febbraio 2006 numero 40, che è parificata sul piano processuale a quella delle norme di diritto, ciò comporta, in sede di legittimità, l'interpretazione delle relative clausole in base alle norme codicistiche di ermeneutica negoziale artt. 1362 ss. cod. civ. come criterio interpretativo diretto e non come canone esterno di commisurazione dell'esattezza e della congruità della motivazione, senza più necessità, a pena di inammissibilità della doglianza, di una specifica indicazione delle norme asseritamente violate e dei principi in esse contenuti, né del discostamento da parte del giudice di merito dai canoni legali assunti come violati o di una loro applicazione sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti. In tali termini si è recentemente espressa questa Corte con la sentenza del 19 marzo 2014 numero 6335, il cui orientamento viene qui condiviso e ribadito, in discontinuità con il precedente insegnamento giurisprudenziale secondo cui l'interpretazione dei contratti collettivi di lavoro in sede di legittimità integrerebbe un'indagine di fatto riservata al giudice di merito, censurabile dinanzi alla Corte di cassazione nella sola ipotesi di motivazione inadeguata, ovvero di violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 ss. c.c., sicché, per una corretta denuncia dei due profili, il ricorrente per cassazione dovrebbe fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, precisando altresì in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti Cass. 15 aprile 2013, numero 9054 Cass. 15 aprile 2013, numero 9070 Cass. 9 ottobre 2012, numero 17168 . Deve dunque ritenersi che, nel regime processuale speciale introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, numero 40, la denuncia di violazione o falsa applicazione dei contratti ed accordi collettivi nazionali accomuni questi alle fonti di diritto oggettivo, limitatamente al sindacato esperibile in sede di legittimità. Poiché la norma fa riferimento solo ai contratti collettivi nazionali, tale assimilazione non si estende agli atti di autonomia collettiva che non presentino tale requisito Cass. numero 15923 del 2004, numero 19367 del 2007, numero 2625, 2742 e numero 3459 del 2010 . 3. Ciò premesso, la Corte giudica il ricorso fondato. 4. L'Accordo nazionale 11.4.1995, art. 7, nel regolare il trattamento retributivo spettante ai lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro non contemplava le competenze accessorie unificate la retribuzione per i giovani assunti con contratto di formazione e lavoro è costituita dalla retribuzione conglobata, dall'ex indennità di contingenza, dalla indennità di mensa e dalla indennità domenicale , che difatti non sono state erogate - e neppure rivendicate - per il periodo di svolgimento del contratto di formazione e lavoro. Oggetto della domanda non è la mancata erogazione delle competenze accessorie unificate nel periodo di formazione e lavoro, non avendo il lavoratore contestato la legittimità del trattamento economico percepito durante l'esecuzione di tale contratto fino al momento della trasformazione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. La giurisprudenza è consolidata nel ritenere legittima la previsione di trattamenti retributivi sotto alcuni profili inferiori per i lavoratori in formazione lavoro, in ragione della peculiarità di questo contratto in cui una parte del tempo è dedicata alla formazione cfr. Cass. 15.5.2008, numero 12321 e Cass. 29.1.1998, numero 887 . 4.1. Occorre altresì premettere che esula dall'oggetto del contendere ogni questione concernente la legittimità di tale contratto, trasformato in rapporto a tempo indeterminato alla sua scadenza. La causa petendi della rivendicazione economica non risiede nell'assunto dell'esistenza di vizi di tale contratto, tali giustificarne la conversione giudiziale in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Nella controversia non si fa questione di diritti patrimoniali consequenziali all'accertamento della conversione del rapporto con effetto ex tunc . 5. Venendo all'esame delle fonti normative che regolano la fattispecie, deve osservarsi quanto segue. L'Accordo nazionale preliminare del 2.3.2000, intendendo operare una riforma della retribuzione . , stabilì, al punto 3, che, a livello di contrattazione aziendale, le parti sociali avrebbero proceduto alla riclassificazione degli istituti salariali aziendali, nella prospettiva di realizzarne una semplificazione e razionalizzazione e che in quest'ambito sarebbe stata definita la quota delle voci salariali aziendali da riservare ai nuovi assunti, escludendo prioritariamente quelle voci non collegate a prestazioni effettivamente svolte e al premio di risultato di cui all'art. 6 del vigente C.C.N.L. . Il successivo Accordo nazionale 27.11.2000, all'art. 2, lett. F , ebbe a precisare che Ai fini dell'attribuzione della retribuzione aziendale, i CFL in corso alla data di sottoscrizione del contratto vanno considerati nuovi assunti. Di conseguenza per essi deve valere quanto è stato determinato o sarà determinato a livello aziendale in applicazione del punto 3 dell'accordo 2 marzo 2000 e successive integrazioni . L'Accordo aziendale del 29.3.2001, intervenuto per dare attuazione ai predetti accordi nazionali, ha così provveduto a definire, nel rispetto dei diritti acquisiti, una nuova struttura della retribuzione aziendale , nonché la retribuzione aziendale da corrispondere ai nuovi assunti a decorrere dal 1 gennaio 2001 . In tale contesto ha previsto di - uniformare e definire per il personale in servizio a tempo indeterminato l'importo della CAU nell'ambito dello stesso parametro trasformando in assegno ad personam come stabilito dalla colonna B della tabella allegata la differenza tra il valore economico attualmente corrisposto e quello che si andrà a corrispondere - corrispondere al personale attualmente in forza che assumerà, successivamente all'inquadramento di prima applicazione e a qualsiasi titolo un nuovo parametro retributivo, le CAU della colonna A e l'importo indicato dalla colonna B relativamente al nuovo parametro assegnato - corrispondere al personale assunto successivamente al 27.11.2000 la voce CAU indicata nella colonna A della tabella allegata . 6. L'originario ricorrente assume che la previsione di cui all'art. 2, lett. F , dell'Accordo nazionale del 27.11.2000, nel contemplare l'equiparazione dei lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso ai nuovi assunti, ai fini della determinazione della quota delle voci salariali aziendali da riservare agli stessi in sede di attribuzione della retribuzione aziendale , violerebbe il disposto di cui all'art. 3 del d.l. numero 726 del 1984, convertito dall'art. 1 della legge numero 863 del 1984, nell'interpretazione fornita da Sezioni Unite sent. numero 20074 del 2010. Secondo tale pronuncia, in caso di trasformazione in rapporto a tempo indeterminato, il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell'anzianità di servizio, anche quando l'anzianità sia presa in considerazione da discipline contrattuali ai fini dell'attribuzione di emolumenti che hanno fondamento nella sola contrattazione collettiva come nel caso degli aumenti periodici di anzianità . Quando si tratta di verificare la computabilità del periodo di formazione e lavoro nell' anzianità di servizio dei lavoratori assunti inizialmente con contratto di formazione e lavoro ed il cui rapporto sia stato poi trasformato in ordinario lavoro a tempo indeterminato comma 5 dell'art. 3 cit. ovvero che siano stati assunti a tempo indeterminato, con chiamata nominativa, entro dodici mesi dalla cessazione del rapporto di formazione e lavoro comma 12 dell'art. 3 cit , la particolare garanzia posta, per il lavoratore, dall'art. 3, commi 5 e 12, cit., non riguarda solo gli istituti di fonte legale quale all'epoca l'indennità di anzianità ed attualmente il trattamento di fine rapporto , che, in ragione di tale prescrizione, non sono suscettibili di deroghe in peius ad opera della disciplina collettiva, ma anche istituti di fonte contrattuale la cui regolamentazione sia interamente rimessa alla contrattazione collettiva. Il problema si era posto con specifico riferimento agli aumenti periodici della retribuzione, istituto non previsto dalla legge e quindi interamente rimesso alla regolamentazione collettiva, in quanto la normativa contrattuale, nel regolamentare appunto gli scatti di anzianità del lavoratore, aveva escluso dal computo dell'anzianità utile il periodo del contratto di formazione lavoro. È stato così affermato che Il contratto collettivo potrebbe non prevedere affatto l'istituto degli scatti di anzianità, come anche lo può prevedere articolando nel modo più vario la progressione di tali aumenti retributivi automatici, ma non può escludere dal computo dell'anzianità di servizio, a tal fine, il pregresso periodo di formazione e lavoro. L'equiparazione tra periodo di formazione ed anzianità di servizio esprime un generale canone che si sovrappone, per il suo carattere inderogabile, anche alla contrattazione collettiva, la quale può sì disciplinare nel modo più vario istituti contrattuali rimessi interamente alla sua regolamentazione, come gli scatti di anzianità, ma non potrebbe introdurre un trattamento in senso lato discriminatorio in danno dei lavoratori che abbiano avuto un pregresso periodo di formazione. Con riguardo agli istituti contrattuali l'anzianità di servizio può valere tanto o poco - ciò rientra nell'ambito dell'autonomia collettiva - ma non è possibile, per la contrattazione collettiva, a fronte della prescrizione legale suddetta, sterilizzare il periodo di formazione e lavoro prevedendo che a qualche fine, come quello degli scatti di anzianità, non valga il legislatore considera che la formazione congiunta al lavoro sia ex lege equiparabile a lavoro prestato. Sotto questo profilo l'equiparazione suddetta opera anche come una clausola di non discriminazione il lavoratore, una volta inglobata nella sua anzianità di servizio il pregresso periodo di formazione e lavoro, non può più essere discriminato in ragione del fatto che una porzione della sua anzianità di servizio è tale solo in forza dell'equiparazione legale suddetta. Analogamente non sarebbe possibile una disciplina differenziata in ragione della pregressa formazione perché ciò integrerebbe la fattispecie di una discriminazione vietata . S.U., sent. cit . 7. Osserva il Collegio che, nel caso in esame, non si controverte della disciplina riguardante l'applicazione degli istituti contrattuali collegati all'anzianità di servizio, come gli scatti di anzianità e i passaggi automatici di classe stipendiale. La componente retributiva denominata CAU B, o assegno ad personam , è un istituto contrattuale la cui erogazione non trova fondamento nell'anzianità di servizio, di talché non appaiono direttamente invocabili i sopra citati principi delle S.U., pienamente condivisi anche da questo Collegio e che nemmeno l'Azienda ricorrente contesta. Risulta dal tenore degli Accordi nazionali, nel significato letterale e in una lettura sistematica della clausole, che le parti sociali, intendendo operare una riclassificazione degli istituti salariali aziendali, nella prospettiva di realizzarne una semplificazione e razionalizzazione nel contesto di una riforma della retribuzione, equipararono i lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso ai nuovi assunti come si è visto, l'accordo collettivo nazionale 27.11.2000 prevede a tal fine i CFL in corso alla data di sottoscrizione del contratto vanno considerati nuovi assunti ciò al solo, limitato fine di definire la quota delle voci salariali aziendali da riservare agli stessi, con esclusione delle voci non collegate a prestazioni effettivamente svolte e al premio di risultato. Nessun elemento emergente dalle parole usate o dal senso complessivo della clausole consente di ritenere che, con tali previsioni, le parti collettive abbiano inteso pregiudicare i diritti derivanti dall'anzianità di servizio maturata dai lavoratori durante - o per effetto - dei contratto di formazione e lavoro o abbiano inteso introdurre un trattamento discriminatorio o comunque lesivo di diritti quesiti. Dette clausole, prive di tale significato, si prestano invece ad essere interpretate in conformità alla norma imperativa di cui si discute. L'Accordo aziendale del 29 marzo 2001 ha dettato, a sua volta, una disciplina in linea con l'Accordo nazionale, interpretato nel rispetto della legge numero 863/84. La componente CAU B, qualificata assegno ad personam , corrisponde - nell'accertamento di fatto compiuto in sede di giudizio di merito - alla differenza tra il trattamento percepito dal personale in servizio prima dell'accordo e quello, di minore importo, risultato dalla revisione dell'istituto. Il dato di fatto è circostanza pacifica in giudizio. Ciò non può che corroborare l'assunto secondo cui l'intenzione delle parti contraenti fosse quella di garantire il rispetto del principio di irriducibilità della retribuzione art. 2103 cod. civ. , state la volontà, espressamente enunciata, di fare salvi, nella nuova struttura della retribuzione aziendale , i diritti acquisiti . Tale principio certamente interessava coloro che alla data dell'Accordo nazionale del 27.11.2000 già percepivano le competenze accessorie unificate, ma non coloro che - come i lavoratori con CFL e i nuovi assunti - non percepivano tale emolumento. Costoro non potevano dunque subire il pregiudizio che l'assegno ad personam era destinato a compensare. A fronte di ciò, la Corte territoriale non ha dato conto di come il senso delle parole usate nella prima parte della clausola dell'accordo aziendale - attraverso la quale le parti sociali intendevano uniformare e definire per il personale in servizio a tempo indeterminato l'importo della CAU nell'ambito dello stesso parametro trasformando in assegno ad personam come stabilito dalla colonna B della tabella allegata la differenza tra il valore economico attualmente corrisposto e quello che si andrà a corrispondere - potesse valere ad estendersi anche al personale in servizio con contratto di formazione e lavoro, pur a fronte di una previsione testualmente riferibile alla sola funzione di compensazione tra il trattamento in atto e il minore importo che sarebbe stato erogato in futuro a tutto il personale in servizio componente di cui alla tabella A . Il giudice di merito non da neppure conto di come l'Accordo aziendale, attuativo di quello nazionale, potesse interpretarsi in conformità ad esso a fronte della espressa previsione delle parti sociali, in sede nazionale, di volere equiparare, ai limitati fini della determinazione delle quote di voci salariali, i lavoratori con contratto di formazione e lavoro ai nuovi assunti. Né potrebbe invocarsi l'esistenza di un diritto quesito. Giova ricordare che nell'ambito del rapporto di lavoro sono configurabili diritti quesiti, che non possono essere incisi dalla contrattazione collettiva in mancanza di uno specifico mandato o di una successiva ratifica da parte dei singoli lavoratori, solo con riferimento a situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato, come nel caso dei corrispettivi di prestazioni già rese, e non invece in presenza di quelle situazioni future o in via di consolidamento, che sono frequenti nel contratto di lavoro, da cui scaturisce un rapporto di durata con prestazioni ad esecuzione periodica o continuativa, autonome tra loro e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi Cass. 20838 del 2009, numero 1576 del 2000 v. pure Cass. numero 3982 del 2014 . Nel caso in esame, le cd. CAU, nel valore riconosciuto al personale prima della revisione dell'istituto e della riduzione della sua misura, non erano mai entrate nel patrimonio individuale dei lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro pertanto, costoro non potevano vantare alcun diritto quesito in ordine alla loro percezione nella corrispondente misura per il futuro. Per la stessa ragione, l'attribuzione della sola voce CAU indicata nella colonna A della tabella allegata all'accordo aziendale non ha introdotto un trattamento discriminatorio per i lavoratori assunti a seguito di trasformazione del contratto di formazione e lavoro, che non hanno subito alcuna decurtazione del trattamento retributivo in essere, né potevano vantare diritti ma mere aspettative circa il futuro riconoscimento delle CAU nella stessa misura dei lavoratori che in precedenza già le percepivano. Come affermato da Cass. numero 6018 del 2009, alla stregua dell'art. 3 del decreto-legge 30 ottobre 1984, numero 726, convertito, con modificazioni, nella legge 19 dicembre 1984, numero 863, secondo il quale in caso di trasformazione del rapporto di formazione e lavoro in rapporto a tempo indeterminato il periodo di formazione e lavoro deve essere computato nell'anzianità di servizio, gli istituti, di legge e di contratto collettivo, collegati a detta anzianità retroagiscono alla stipula del contratto di formazione e lavoro, mentre per il resto, il lavoratore deve considerarsi come neo-assunto. 8. Né la recente sentenza numero 13496 del 13 giugno 2014 di questa Corte ha affermato principi diversi per avere dichiarato l'illegittimità della previsione contenuta nell'accordo per il rinnovo del CCNL per i dipendenti del settore degli autoferrotranvieri del 25 luglio 1997 che, nel sopprimere il cd. terzo elemento salariale, lo aveva mantenuto in vita per i soli lavoratori già in forza a tempo indeterminato alla medesima data. In tale fattispecie, è stata ritenuta la disparità di trattamento - come si desume dalla sentenza - per il fatto che un determinato istituto salariale non fosse stato mantenuto per i lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso alla data dell'accordo, senza che tale diversità di trattamento rispetto ai lavoratori già in forza a tempo indeterminato fosse giustificata dall'esistenza di elementi precisi e concreti. 9. Esclusa la violazione denunciata in ricorso, l'attribuzione di quote di voci salariali rientra nell'ambito delle valutazioni e le scelte dell'autonomia collettiva nella determinazione delle componenti del trattamento retributivo e non é consentito al giudice del merito valutare la razionalità del regolamento di interessi realizzato dalle parti sociali, a meno che le predette disposizioni non violino specifiche norme di diritto. 10. Quanto alla conformità alla disciplina in materia di contratti a tempo determinato al cui genus appartiene anche il contratto di formazione e lavoro dell'Unione Europea dettata dall'accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e figurante quale allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all'accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve osservarsi che - come emerge dalla giurisprudenza della Corte di giustizia -, per quanto riguarda l'indennità per anzianità di servizio, i lavoratori a tempo determinato non devono ricevere un trattamento che, al di fuori di qualsiasi giustificazione obiettiva, sarebbe meno favorevole di quello riservato al riguardo a lavoratori a tempo indeterminato comparabili v., in tal senso, sentenze Del Cerro Alonso, punti 42 e 47, nonché Impact, punto 126 . La Corte ha poi ritenuto che rientrano nella nozione di condizioni di impiego”, ai sensi della clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro, le indennità triennali di anzianità di servizio v., in tal senso, citate sentenze Del Cerro Alonso, punto 47 Gavieiro Gavieiro e Iglesias Torres, punti da 50 a 58, nonché ordinanza del 18 marzo 2011, Montoya Medina, C-273/10, punti da 32 a 34 . Deve osservarsi, tuttavia, che la fattispecie in esame - per tutti i motivi sopra esposti - non riguarda una indennità il cui riconoscimento trovi titolo nell'anzianità di servizio. Giova pure rilevare che, la clausola 2, punto 2, dell'accordo quadro conferisce agli Stati membri un margine di discrezionalità per quanto attiene all'applicazione dell'accordo quadro a talune categorie di contratti o di rapporti di lavoro. Infatti, detta disposizione offre agli Stati membri e/o alle parti sociali la facoltà di sottrarre al campo di applicazione di tale accordo quadro i rapporti di formazione professionale iniziale e di apprendistato” nonché i contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici” sentenze Adeneler, punto 57 Sibilio, punti 52 e 53, nonché Della Rocca, punto 35 . 11. Infine, la sentenza impugnata non ha fornito un'adeguata motivazione, né fatto corretta applicazione dei canoni di cui agli artt. 1362 e segg. cod. civ., nell'interpretazione dell'Accordo aziendale del 29 marzo 2001 nella parte che disciplina il trattamento delle competenze accessorie unificate spettanti al personale attualmente in forza . Ha difatti omesso di esaminare il significato della locuzione personale attualmente in forza onde stabilire il significato di essa, disattendendo implicitamente l'argomento di parte convenuta secondo cui, in una valutazione complessiva delle clausole dell'accodo aziendale, questa doveva essere intesa - ad ulteriore conferma della tesi dell'Azienda - come riferibile al solo personale già in servizio prima del 27.11.2000, perché solo per esso era previsto il meccanismo di adeguamento della voce integrativa di cui alla tabella B, allo scopo di agganciane il valore economico al nuovo parametro acquisito, limitando in tal modo l'effetto erosivo derivante dalla cristallizzazione del valore indicato nella tabella A. 12. La sentenza va dunque cassata, dovendosi affermare che non violano l'art. 3, comma 5, d.l. numero 726 del 1984, conv. in L. numero 863 del 1984, né introducono un trattamento discriminatorio, le clausole della contrattazione collettiva nazionale che, nel contesto di una riforma degli istituti contrattuali della retribuzione, distinguono i lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso dal personale già in servizio con rapporto a tempo indeterminato, equiparando i primi al personale di nuova assunzione ai limitati fini della attribuzione di nuove voci salariali aziendali, senza incidere sulla conservazione dell'anzianità di servizio. 13. Resta assorbita ogni altra questione, ivi compreso il riesame dell'accordo aziendale la cui illegittimità è stata prospettata come derivata da quella dell'Accordo nazionale del 27.11.2000 nella parte in cui quest'ultimo prevedeva l'equiparazione, agli effetti dell'attribuzione di quote di voci salariali aziendali, dei lavoratori con contratto di formazione e lavoro in corso ai nuovi assunti. 14. Il ricorso va dunque accolto e, potendo la causa essere decisa nel merito ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., deve essere rigettata l'originaria domanda. 15. La novità delle questioni e i contrasti nella giurisprudenza di merito giustificano la compensazione delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda compensa le spese dell'intero giudizio.