Nullo il CFL per lavoratori già qualificati

E’ nullo il Contratto di Formazione e Lavoro nel quale il lavoratore già al momento della sua assunzione possiede la professionalità che, secondo quanto previsto dal contratto di lavoro, dovrebbe costituire lo scopo del programma formativo.

Questo è quanto afferma la Sesta Sezione della Corte di Cassazione con sentenza 17521. La Suprema Corte a tal riguardo afferma nelle motivazioni della sentenza che lo scopo del contratto di formazione e lavoro risulta essere quello di favorire l’ingresso in maniera guidata dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso una tipologia di rapporto che li porti ad apprendere una determinata professionalità con momenti di formazione teorica o pratica. La fattispecie. Nel caso in esame i lavoratori avevano già lavorato presso l’azienda durante un periodo di lavoro temporaneo svolgendo la medesima mansione, e risultando per la stessa qualificati, inoltre durante il periodo rientrante nel contratto di formazione e lavoro non avevano ricevuto alcun aggiornamento professionale da parte dell’azienda. L’azienda inoltre non aveva provato di aver reso alcuna formazione al personale assunto contratto di formazione lavoro, venendo meno ad uno degli elementi essenziali del contratto. Il rapporto diventa a tempo indeterminato. La Corte ha quindi sottolineato la rilevanza delle carenze al contratto di lavoro, affermando che la totale mancanza di formazione, teorico e pratica, ovvero una attività formativa carente rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione, determina la trasformazione, fin dall’inizio, del contratto formazione e lavoro in rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ed essendo tali lavoratori, divenuti, normali” lavoratori a tempo indeterminato, spettano agli stessi tutte le competenze previste per gli altri lavoratori derivanti da contrattazione nazionale o aziendale. fonte lavoropiù

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, sentenza 27 maggio – 31 luglio 2014, n. 17521 Presidente Curzio – Relatore Marotta Svolgimento del processo Con sentenza n. 8193/2011, depositata in data 20/2/2012, la Corte di appello, giudice del lavoro, di Roma decidendo sull'impugnazione proposta dalla Trambus S.p.A., confermava la pronuncia di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da C.C. , A.F. e P.F. inteso ad ottenere la declaratoria di conversione dei contratti di formazione e lavoro in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con decorrenza dalla data di assunzione con tale forma contrattuale e la condanna della predetta società al pagamento dell'indennità denominata E.R.S. elemento di riordino del sistema retributivo . I lavoratori avevano dedotto di avere già svolto attività di conducente di linea presso l'ATAC durante un periodo di lavoro temporaneo ex l. n. 196/97 di non avere ricevuto alcuna formazione teorica e/o tecnico-pratica durante il periodo del contratto di formazione e lavoro di essere stati inseriti sin dall'assunzione nel normale ciclo produttivo aziendale. Avevano quindi dedotto l'illegittimità e/o la nullità dei c.f.l. sia per difetto genetico che per difetto funzionale della causa del contratto, atteso che tale tipo negoziale era stato utilizzato per l'assunzione di lavoratori già in possesso della professionalità che tramite esso avrebbero dovuto conseguire, sia per l'assoluta mancanza di attività formativa. Avevano quindi rivendicato il diritto all'inquadramento nel 6^ livello del c.c.n.l. e al trattamento anche economico previsto dagli accordi nazionali dell'11 aprile 1995 e del 25 luglio 1997, nonché dall'accordo aziendale dell'11 luglio 2000, relativo all'emolumento mensile denominato E.R.S. emolumento di riordino del sistema retributivo . La Corte di appello, nel respingere il gravame proposto dalla Trambus S.p.A., osservava - che la società non aveva provato né offerto di provare di avere adempiuto gli obblighi formativi previsti dal c.f.l. - che l'unico momento di formazione riguardava il periodo di lavoro interinale - che, quanto all'E.R.S., il tenore della norma non deponeva per l'interpretazione sostenuta dalla società di limitare l'attribuzione dell'emolumento al solo personale dipendente a tempo indeterminato alla stipula dell'accordo dell'11 luglio 2000 con esclusione di quello che tale fosse divenuto per effetto della conversione del rapporto in via giudiziale e con effetto ex tunc ai sensi dell'art. 3, comma 9, d.l. n. 762/84 - che a diverse conclusioni non poteva pervenirsi in base alla clausola di interpretazione autentica del 24 marzo 2005, alla quale doveva attribuirsi significato novativo, esprimendo l'intenzione dei contraenti che nessuna assunzione successiva al 2 marzo 2000 poteva prevedere il riconoscimento dell'elemento mensile E.R.S Per la cassazione di tale decisione ricorre ATAC S.pA., quale incorporante di Trambus S.pA., affidando l'impugnazione a due molivi, illustrati con successiva memoria ex art. 378 cod. proc. civ Resistono con controricorso C.C. , A.F. e P.F. che hanno parimenti depositato memoria illustrativa. Motivi della decisione 1. Preliminarmente, il Collegio richiama il proprio orientamento interpretativo espresso nelle recenti sentenze nn. 18553 del 29 ottobre 2012, 20598 del 22 novembre 2012, 20761 del 23 novembre 2012 nonché 16445 dell'I luglio 2013, 6082 del 17 marzo 2014, 6803 del 21 marzo 2014, 7301 del 27 marzo 2014 rese in fattispecie analoghe a quella oggetto del ricorso in esame. 2. Con il primo motivo, l'ATAC S.p.A. denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 12 disp. gen., in relazione al D.L. n. 726 del 1984, art. 3, convertito in L. n. 863 del 1984, ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 3. Assume che un eventuale vizio genetico della causa del contratto di formazione non può essere idoneo a determinare la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non afferendo il vizio all'adempimento degli obblighi formativi. Evidenzia che la decisione raggiunta dai giudici di appello in ordine all'asserito mancato assolvimento degli obblighi formativi derivanti dal c.f.l. è apodittica e sfornita di riscontri probatori laddove la società aveva allegato e chiesto di provare che l'attività svolta dall'allora ricorrente era stata caratterizzata da diverse modalità di esecuzione, tali da giustificare e legittimare la stipulazione dei contratti di formazione e lavoro, in quanto volti a realizzare l'effettivo e stabile inserimento dei lavoratori in azienda. Rileva che la funzione precipua del c.f.l. è quella di favorire la costituzione di rapporti di lavoro subordinato per i giovani e tale finalità è prevalente su quella meramente formativa evidenziando che, nella specie, l’allora ricorrente era stato assunto a tempo indeterminato allo scadere del contratto di formazione e lavoro e ciò costituiva la dimostrazione che il contratto aveva raggiunto lo scopo cui era preordinato. Inoltre, un qualsiasi discostamento, anche lieve, dal programma di formazione non può essere idoneo a determinarne la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, qualora si accerti che il contratto ha raggiunto la finalità di consentire al giovane un ingresso guidato nel mondo del lavoro. Sottolinea che un significato interpretativo può trarsi dal d.lgs. n. 276 del 2003 che nel prevedere una nuova tipologia contrattuale - il contratto di inserimento art. 54 e segg. in sostituzione del c.f.l. - prescinde completamente dalla previsione di un progetto formativo. 3. Con il secondo motivo la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 1321 cod. civ., art. 1362 cod. civ. e segg., in relazione all'accordo collettivo aziendale dell'1 luglio 2000 ed al verbale di accordo del 24 marzo 2005, ai sensi dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 3. Assume che con il c.c.n.l. dell'11 aprile 1995 fu stabilito un salario di ingresso per i neo assunti con c.f.l., il cui trattamento, durante il contratto stesso e per i quindici mesi successivi alla trasformazione, prevedeva l'esclusione di tutti gli istituti retributivi previsti dalla contrattazione aziendale il successivo accordo nazionale del 2 marzo 2000 aveva fatto riferimento alla necessità di procedere alla riclassificazione degli istituti salariali aziendali e di definire a livello aziendale la quota da riservare ai neo assunti. Tali disposizioni vennero attuate dall'ATAC con l'accordo aziendale dell'11 luglio 2000 il quale, nel definire le nuove voci, stabilì la soppressione di ogni altra indennità, premio o maggiorazione in precedenza prevista a livello aziendale al contempo, al fine di compensare della soppressione di tali voci chi di fatto già ne godeva, mantenendo un differenziale sul trattamento economico dei più anziani rispetto a quello dei più giovani, l'art. 2 di tale accordo del luglio 2000 previde che fosse istituito, a decorrere dal mese di agosto 2000, per il solo personale in forza a tempo indeterminato alla data di stipula del presente accordo, un emolumento mensile consolidato denominato Elemento di Riordino del Sistema retributivo E.R.S. . Sostiene la ricorrente che la ratio e la finalità dell'accordo dell'11 luglio 2000 fossero quelle di limitare il diritto all'E.R.S. ai soli dipendenti formalmente assunti a tempo indeterminato, escludendo proprio i lavoratori in quel momento assunti con contratti di lavoro flessibile. Assume che il verbale sindacale del 24 marzo 2005 si limitò a confermare tale interpretazione, senza alcuna portata novativa. In punto di diritto rileva che la possibilità delle parti sociali di fornire una interpretazione autentica della propria volontà contrattuale è riconducibile al negozio di accertamento, dovendosi pure considerare che in tema di interpretazione di contratti collettivi il comportamento posteriore delle parti, valutabile ex art. 1362 secondo comma cod. civ., può essere costituito da un successivo accordo, il quale - nella parte non direttamente dispositiva - presupponga una determinata interpretazione di una complessa ed organica disciplina di istituti contrattuali articolata nel tempo e nel corso di più contratti collettivi. 4. Il ricorso è infondato. 5. Quanto alle censure di cui al primo motivo, questa Corte ha ripetutamente affermato che, in tema di contratto di formazione e lavoro, l'inadempimento degli obblighi di formazione determina la trasformazione, fin dall'inizio, del rapporto in rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, qualora l'inadempimento abbia un'obiettiva rilevanza, concretizzandosi nella totale mancanza di formazione, teorica e pratica, ovvero in una attività formativa carente o inadeguata rispetto agli obiettivi indicati nel progetto di formazione e quindi trasfusi nel contratto. In questa seconda ipotesi il giudice deve valutare in base ai principi generali la gravità dell'inadempimento, giungendo alla declaratoria di trasformazione del rapporto v. per tutte Cass. 1 febbraio 2006, n. 2247, Cass. 7 agosto 2004, n. 15308 Cass. 4 ottobre 2004, n. 19846 e, più specificamente, Cass. 9 marzo 2009, n. 5644, relativa all'ipotesi in cui il lavoratore, già al momento della sua assunzione con c.f.l., possegga la professionalità che, secondo gli accordi intervenuti, dovrebbe costituire lo scopo del programma formativo avendo espletato in precedenza analoga attività lavorativa . È, pertanto, corretta in diritto e congruamente motivata la sentenza impugnata che ha dichiarato la trasformazione dei rapporti di lavoro sul rilievo della totale mancanza di formazione, per non avere la società provato, con riferimento al periodo di cui al c.f.l., di aver impartito quell'addestramento teorico e pratico costituente l'obiettivo del progetto formativo. Non può dirsi, peraltro, che non sia stata tenuta in debito conto la ratio legis e cioè il sistema in cui la norma di cui al citato art. 3 si colloca. Invero, lo scopo del contratto di formazione e lavoro è quello di favorire un ingresso guidato dei giovani nel mondo del lavoro, attraverso un rapporto che dia loro anche gli strumenti per apprendere una determinata professionalità ed è consentito al datore di lavoro l'uso di una circoscritta discrezionalità nel realizzare il programma di formazione, che si traduce nella possibilità di alternare la fase teorica con la fase pratica tenendo conto delle esigenze dell'impresa, ma tale discrezionalità non può mai spingersi fino ad espungere una delle due fasi dalla esecuzione del contratto, atteso che entrambe sono coessenziali, con la conseguenza che il periodo di prova in tanto è rilevante per giudicare delle attitudini del lavoratore in formazione in quanto nello stesso, sia pure con cadenze diverse rispetto a quelle previste dal programma, siano presenti entrambe le predette fasi coessenziali al raggiungimento dello scopo di un inserimento qualificato nel mondo del lavoro Cass. 8 gennaio 2003, n. 82 . Né può indurre a diverse conclusioni il richiamo al contratto d'inserimento - di cui alla legge d.lgs. n. 276 del 2003 - riguardando la presente fattispecie un contratto del tutto diverso al quale il richiamato d.lgs. ha assegnato ratione temporis una differente funzione economico-sociale. 6. Non è fondata la seconda censura con cui la società ricorrente prospetta, come detto, che la Corte del merito abbia erroneamente ritenuto, quanto alla spettanza dell'E.R.S. - elemento di riordino del sistema retribuivo -, che l'accordo d'interpretazione autentica del 24 marzo 2005 - in base al quale veniva esclusa la corresponsione di detto E.R.S. a coloro i quali, come gli odierni resistenti, al momento della stipula del precedente accordo del 2000 non erano lavoratori subordinati a tempo indeterminato - avesse natura innovativa. Il decisum sul punto della sentenza impugnata si fonda essenzialmente sulla considerazione che, in conseguenza della trasformazione del rapporto a tempo indeterminato con efficacia ex tunc, gli originali ricorrenti, all'epoca dell'accordo, erano a tutti gli effetti, giuridici ed economici, dipendenti a tempo indeterminato e come tali rientrante nel personale in forza a tempo indeterminato alla data della stipula dell'accordo al quale, secondo detto accordo, spettava la corresponsione del c.d. E.R.S Assume la società che agli attuali resistenti non spetterebbe il richiamato E.R.S. poiché con l'accordo del 24 marzo 2005 le parti, interpretando in via autentica la precedente intesa dell'11 luglio 2000, avevano escluso dalla corresponsione dell'E.R.S. coloro i quali non fossero formalmente dipendenti a tempo indeterminato all'epoca della stipula dell'accordo del 2000, ciò al fine di lasciare fuori gli assunti con contratto di formazione lavoro i quali si erano visti riconoscere expost la qualificazione giuridica del proprio rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Ritiene il Collegio che la stessa prospettazione della società confermi l'esattezza dell'affermazione della Corte di appello secondo la quale l'accordo del 2005 non ha natura interpretativa, bensì innovativa. Invero, affinché un negozio giuridico successivo possa ritenersi interpretativo di uno precedente è necessario, al di là delle espressioni di qualificazione utilizzate dalle parti, che la volontà esplicitata nell'ultimo negozio sia desumibile anche dal precedente, viceversa la nuova intesa è innovativa e non interpretativa. Avuto riguardo al caso di specie, ritiene il Collegio che la volontà di limitare la corresponsione dell'E.R.S. solo ai lavoratori che al marzo del 2000 fossero formalmente dipendenti a tempo indeterminato con esclusione di coloro i quali fossero divenuti tali per effetto di successivo riconoscimento giudiziale non sia desumibile dall'accordo del 2000, non essendovi alcuna clausola contrattuale che legittima siffatta ricostruzione della volontà delle parti. Né la società ricorrente la indica, limitandosi a prospettare le ragioni storiche che indussero le parti alla previsione dell'E.R.S Tanto, tuttavia, non è sufficiente, atteso che la volontà esplicitata nell'intesa del 2005 non trova alcun riscontro nell'accordo del 2000, dove si fa riferimento al personale in forza a tempo indeterminato alla data di stipula del presente accordo , né in altre clausole collettive. La ratio posta a base dell'accordo del 2005, come prospettata dalla stessa società ricorrente è, all'evidenza, del tutto estranea all'accordo precedente ed è funzionale all'esigenza di far fronte ad una situazione venutasi a creare dopo l'accordo del 2000. Tutto ciò a prescindere dalla possibilità per le parti sociali, in sede di contrattazione collettiva del settore privato, di procedere ad un'interpretazione di clausole contenute in precedente contratto, essendo tale meccanismo espressamente previsto con riguardo al settore del lavoro pubblico privatizzato in tema di procedura di accertamento della validità, efficacia ed interpretazione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti dall'ARAN, di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, art. 64, ed operando, in tema di contrattazione collettiva privata, il principio della normale successione dei contratti. Tali considerazioni hanno carattere assorbente di ogni altro rilievo mosso, sul punto, dalla società alla sentenza impugnata. 7. Sulla base delle esposte considerazioni il ricorso va, conclusivamente, respinto. 8. Quanto alla domanda ex art. 96 cod. proc. civ. formulata dalla difesa della parte controricorrente questa Corte osserva che la condanna per lite temeraria può essere pronunciata solo se la parte ha agito o resistito con mala fede o colpa grave. Con riguardo al giudizio di cassazione ai fini della responsabilità aggravata ex art. 96 cod. proc. civ., il ricorso può considerarsi temerario solo allorquando, oltre ad essere erroneo in diritto, sia tale da palesare la consapevolezza della non spettanza del diritto fatto valere, o evidenzi un grado di imprudenza, imperizia o negligenza accentuatamente anormali Cass. 2 giugno 1995, n. 6190 conf. Cass. 26 giugno 2007, n. 14789 . Applicando i detti principi al caso di specie si osserva che il proposto ricorso ancorché infondato, non è tale da dimostrare la consapevolezza ovvero una ignoranza, gravemente colpevole, della sua infondatezza così Cass. 14 ottobre 2005, n. 19976 si vedano, in senso sostanzialmente conforme, Cass. 26 giugno 2007, n. 14789 Cass. 30 giugno 2010, n. 15629 Cass. 24 luglio 2012, n. 12922 . L'istanza ex art. 96 cod. proc. civ., pertanto, non può essere accolta. 9. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo in base a quanto previsto dal d.m. n. 55 del 10 marzo 2014 art. 28 , seguono la soccombenza della società e vanno distratte in favore del difensore dei controricorrenti che ha dichiarato di averle anticipate. 10. Infine, il ricorso è stato notificato il 20/2/2013, dunque in data successiva a quella 31/1/2013 di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 art. 1, comma 17 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012 , che ha integrato l'art. 13 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore Quando l'impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l'ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. I bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l'obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso . Essendo il ricorso in questione avente natura chiaramente impugnatoria integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in Euro 100,00 per esborsi ed Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge e rimborso forfettario in misura del 15%, da corrispondersi all'avv. Riccardo Faranda antistatario. Dichiara dovuto dalla ricorrente l'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato.