Indennità di buonuscita, i criteri per il calcolo sono tassativi

Gli elementi retributivi che valgono a definire la base di calcolo dell’indennità di buonuscita per i dipendenti civili e militari dello Stato iscritti al Fondo di previdenza ex d.P.R. n. 1032/1973 hanno carattere tassativo.

Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17512, depositata il 31 luglio 2014. Il fatto. In accoglimento della pretesa del ricorrente, nei primi due gradi di giudizio veniva riconosciuta la computabilità della retribuzione di posizione, parte fissa, di cui al CCNL Dirigenza Area 1 Ministeri , biennio economico 2004 – 2005, ai fini del calcolo dell’indennità di buonuscita erogata dall’INPDAP. L’INPS quale successore dell’INPDAP ricorreva in Cassazione rilevando la non inclusione di tale voce retributiva tra quelle dettate, ai fini della determinazione dell’indennità, dall’art. 38, d.P.R. n. 1032/1973, avente carattere tassativo e, quindi, non derogabile dalla contrattazione collettiva. Orientamento consolidato. I giudici di p.za Cavour hanno più volte affermato che, in applicazione dell’art. 3, d.P.R. n. 1032/1973, la base contributiva cui l’indennità di buonuscita deve essere commisurata non può includere emolumenti diversi da quelli espressamente menzionati dall’art. 38, la cui elencazione ha carattere tassativo. Resta, pertanto, esclusa ogni possibilità di interpretare le locuzioni stipendio , paga o retribuzione nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva, riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa. Qualifica. La Cassazione, inoltre, sottolinea l’erroneità dei presupposti da cui muove la memoria difensiva il ricorrente non possedeva la qualifica dirigenziale, ma apparteneva alla carriera direttiva e, quale ex funzionario del Ministero dell’Interno, aveva solo percepito un trattamento economico equiparato a quello di un dirigente e, in virtù di tale equiparazione economica, aveva ricevuto la c.d. retribuzione di posizione. La Corte, quindi, accoglie il ricorso dell’INPS, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda. fonte www.lavoropiu.info

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 17 giugno – 31 luglio 2014, n. 17512 Presidente Curzio – Relatore Blasutto Ragioni di fatto e di diritto La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione a norma dell'art. 380 bis c.p.c., condivisa dal Collegio, lette le memorie di parte resistente. Con sentenza n. 444/2011 la Corte d'Appello di Firenze rigettava l'appello proposto dall'Inpdap avverso la sentenza del Tribunale di Livorno che, accogliendo la domanda proposta da M.R. , ex Direttore Amministrativo Contabile, ex carriera di ragioneria, posizione C3 comparto Ministeri, aveva riconosciuto la computabilità della retribuzione di posizione, parte fissa, di cui al CCNL Dirigenza Area 1 Ministeri , biennio economico 2004-2005, ai fini del calcolo dell'indennità di buonuscita erogata dall'Inpdap. Avverso tale sentenza della Corte territoriale, l’Inps, quale successore ex lege dell'Inpdap, ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo rilevando il carattere tassativo dell'elencazione delle voci utili ai fini de quibus dettata dal D.P.R. n. 1032 del 1972, art. 38, non derogabile da parte della contrattazione collettiva, e la non ricomprensione della predetta voce retributiva fra quelle contemplate dalla norma anzidetta. Il M. è rimasto intimato. Il ricorso è qualificabile come manifestamente fondato ex art. 375, primo comma, n. 5 c.p.c., per cui può essere trattato in camera di consiglio ex art. 380 bis, primo comma, c.p.c La giurisprudenza di questa Corte ha reiteratamente affermato che, in applicazione del D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 3, la base contributiva cui l'indennità di buonuscita deve essere commisurata non può includere emolumenti diversi da quelli espressamente menzionati dal medesimo D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, la cui elencazione ha carattere tassativo, o da leggi speciali, restando, pertanto, esclusa ogni possibilità di interpretare le locuzioni stipendio , paga o retribuzione nel senso generico di retribuzione omnicomprensiva, riferibile a tutto quanto ricevuto dal lavoratore in modo fisso e continuativo e con vincolo di corrispettività con la prestazione lavorativa cfr, ex plurimis, Cass., nn. 16596/2004 19427/2006 13201/2008 28281/2008 27836/2009 più in particolare è stato osservato che il D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38, nell'individuare la base contributiva di calcolo dell'indennità di buonuscita, fa espresso riferimento alle retribuzioni annue, nonché a specifiche indennità ed assegni previsti da varie norme di legge comma 1 , prevedendo poi che concorrono altresì a costituire la base contributiva gli assegni e le indennità previsti dalla legge come utili ai fini del trattamento previdenziale comma 2 con la conseguenza che, attesa l'inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l'indennità di buonuscita cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 14/2007 , deve escludersi che l'autonomia individuale o collettiva, in difetto di specifiche disposizioni in tal senso e giusta l'inequivoco tenore della norma surricordata, possa introdurre specifiche modificazioni alla relativa disciplina legale e, quindi, interferire in ordine all'inclusione di ulteriori elementi retributivi nella base di computo dell'indennità di buonuscita cfr., Cass., n. 27836/2009, cit. . Stante la non appartenenza dell'emolumento in questione alla elencazione tassativa del ridetto D.P.R. n. 1032 del 1973, art. 38 e non ravvisandosi ragioni per discostarsi dalla ricordata giurisprudenza di legittimità, il motivo di ricorso deve trovare accoglimento v. anche le recenti ordinanze di questa Corte, nn. 17420 e 17421 del 2013 . Giova richiamare anche Cass. sent. n. 709 del 2012, secondo cui, in tema di trattamento di fine servizio per i pubblici dipendenti già assunti alla data del 31 dicembre 1995, è demandata alla contrattazione collettiva soltanto la definizione delle modalità applicative della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto art. 2, comma 7, della legge n. 335 del 1995 e la nuova regolamentazione contrattuale della materia , destinata a superare la previgente disciplina ex art. 72, comma 3, del d.lgs. n. 29 del 1993, ora trasfuso nell'art. 69, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001, va riferita ad un intervento complessivo di modifica del quadro normativo e non a meri interventi specifici su taluni punti, quale l'inclusione di voci retributive nella base di calcolo dell'indennità di buonuscita. Pertanto, attesa l'inderogabilità della normativa previdenziale, nel cui ambito rientra l'indennità di buonuscita, in difetto di specifiche disposizioni, all'autonomia collettiva è preclusa l'inclusione di ulteriori elementi retributivi nella relativa base di calcolo. Nella specie, per un dipendente in servizio alla data del 31 dicembre 1995, è stata esclusa la computabilità della retribuzione di posizione di cui al c.c.n.l. 2002/2005 del comparto università . Deve anche evidenziarsi che, in questione in parte analoga pubblico dipendente che ha svolto mansioni dirigenziali di reggenza , le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 10413 del 14 maggio 2014, hanno ribadito il principio secondo cui nel regime dell'indennità di buonuscita spettante ai sensi degli artt. 3 e 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032, al pubblico dipendente, che non abbia conseguito la qualifica di dirigente e che sia cessato dal servizio nell'esercizio di mansioni superiori in ragione dell'affidamento di un incarico dirigenziale temporaneo di reggenza ai sensi dell'art. 52 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nella base di calcolo dell'indennità va considerato lo stipendio relativo alla qualifica di appartenenza e non quello corrisposto per il temporaneo esercizio delle superiori mansioni di dirigente. È stato confermato con tale sentenza che L'indennità di buonuscita per i dipendenti civili e militari dello Stato prevista dagli artt. 3 e 38 d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1032, recante il testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato. L'art. 3 stabilisce che gli iscritti al Fondo di previdenza per il personale civile e militare dello Stato, che cessino dal servizio, conseguono, dopo almeno un anno di iscrizione al Fondo, il diritto alla indennità di buonuscita che è pari a tanti dodicesimi della base contributiva di cui all'art. 38 quanti sono gli anni di servizio computabili ai sensi delle disposizioni contenute nel successivo capo III. Per la determinazione della base contributiva si considerano l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti” a ciò si aggiungono gli assegni che concorrono a costituire la base contributiva” ossia i trattamenti retributivi accessori ed integrativi dei quali sia prevista l'inclusione nella suddetta base contributiva. Questo criterio è poi specificato nell'art. 38 che definisce la base contributiva come costituita dall'80 per cento dello stipendio, paga o retribuzione annui”, nonché di assegni specificamente individuati ed elencati l'indennità di funzione per i dirigenti superiori e per i primi dirigenti l'assegno perequativo per gli impiegati civili, di ruolo e non di ruolo, e per gli operai dello Stato ed altre indennità previste per particolari settori del pubblico impiego. Quindi risulta testualmente dalla lettera delle due citate disposizioni artt. 3 e 38 il carattere tassativo degli elementi retributivi che valgono a definire la base di calcolo dell'indennità di anzianità e che sono quelli inquadrabili nella nozione di stipendio oppure in quella di uno degli assegni dell'elenco del cit. art. 38 . . Sul carattere tassativo dell'elencazione degli emolumenti indicati dall'art. 38 del d.P.R. n. 1032 del 1973 si è espressa questa Corte anche successivamente cfr. ex plurimis, Cass., sez. lav., 25 ottobre 2011, n. 22125 16 febbraio 2012 n. 2259 18 gennaio 2012 n. 709. In particolare in quest'ultima pronuncia si sottolinea come, in ogni caso, la regola per cui la indennità di anzianità viene calcolata su una base non onnicomprensiva, ossia limitata allo stipendio base, con esclusione di altre indennità, conduce comunque ad un trattamento più favorevole rispetto al trattamento di fine rapporto spettante ai dipendenti privati, giacché i dipendenti pubblici ai quali trova applicazione l'art. 38 cit., hanno il vantaggio di moltiplicare l'ultimo stipendio per il numero degli anni di servizio prestati, in luogo del sistema del trattamento di fine rapporto, che si compone della somma di accantonamenti annuali, che riproducono, non già i più alti compensi percepiti al termine della carriera, ina solo la quota di quelli ricevuti anno per anno conf. Cass., sez. lav., 9 maggio 2008, n. 11605 in tali termini, S.U. sent. n. 10413/14 cit. . A ciò aggiungasi che le considerazioni mosse nella memoria difensiva di parte resistente muovono dall'erroneo presupposto del possesso della qualifica dirigenziale da parte del M. , il quale apparteneva alla carriera direttiva e, quale ex funzionario del Ministero dell'Interno, aveva solo percepito un trattamento economico equiparato a quello di dirigente in virtù del beneficio di cui all'art. 15 legge n. 232/90 e, in virtù di tale equiparazione economica, aveva ricevuto la c.d. retribuzione di posizione. In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito ex art. 384, secondo comma, c.p.c., con il rigetto dell'originaria domanda. Sussistono giustificati motivi, in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute, per compensare tra le parti le spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originaria domanda compensa le spese dell'intero giudizio.