Alle R.S.U. non spettano i permessi sindacali

L’art. 4 dell’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 ha trasferito, dalle R.S.A. alle neocostituite R.S.U., i soli diritti di cui al titolo 3 dello Statuto dei Lavoratori, restandone perciò escluso il diritto ai permessi retribuiti di cui all’art. 30 St. Lav., trattandosi di disposizione contenuta nel titolo 4 di tale legge.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 16637, depositata il 22 luglio 2014. Negati i permessi retribuiti alle R.S.U. condotta antisindacale? La pronuncia in commento trae origine dal giudizio promosso ex art. 28 St. Lav. dai sindacati di base per far dichiarare l’antisindacalità della condotta posta in essere dalla FIAT e consistita nella mancata concessione ai propri dipendenti, membri del coordinamento direttivo provinciale dell’organizzazione ricorrente, dei permessi sindacali retribuiti di cui all’art. 30 St. Lav. e dell’art. 4 del CCNL metalmeccanici. Nell’ambito del giudizio di merito – conclusosi con la condanna della società datrice – è stata riconosciuta, in primo luogo, la legittimazione ad agire del sindacato ricorrente, considerato che la stipula del contratto collettivo nazionale poteva costituire uno degli indici maggiormente rivelatori della rappresentatività sindacale a livello nazionale, ma non ne rappresentava l’unico elemento rivelatore. Nella fattispecie, era stata dimostrata la presenza dell’organizzazione sindacale in oltre 70 province e, nella maggior parte delle regioni italiane, lo svolgimento di numerose iniziative finalizzate al perseguimento degli scopi associativi e la stipulazione di vari accordi aziendali. In secondo luogo, la Corte territoriale - ritenuto pacifico che, presso lo stabilimento in questione, già dal 1994 non erano più presenti le R.S.A. di cui all’art. 1 St. Lav., bensì le R.S.U., previste dall’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 e dall’accordo per il settore metalmeccanico del 2 febbraio 1994 – ha riconosciuto la spettanza dei permessi sindacali, atteso che la contrattazione collettiva aveva trasferito, in virtù dell’art. 4 del citato accordo interconfederale, l’attribuzione dei diritti di cui al titolo 3 dello Statuto dei Lavoratori dalle R.S.A. alle neocostituite R.S.U Il sindacato non ha firmato il CCNL? La rappresentatività non è necessariamente esclusa. La pronuncia in commento ribadisce il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, per l’accesso alla tutela di cui all’art. 28 St. Lav., il requisito determinante la legittimazione di organismi locali di sindacati non maggiormente rappresentativi sul piano nazionale è costituito dalla diffusione del sindacato sul territorio nazionale, da intendersi nel senso che basta lo svolgimento di un’effettiva azione sindacale, non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale, restando quindi escluso che la stipulazione di un contratto collettivo nazionale costituisca, nonostante l’indubbia rilevanza sintomatica della rappresentatività che ne discende, l’unico elemento a tal fine significativo, ovvero che lo svolgimento di effettiva attività sindacale possa essere ravvisato solo nella stipula di un contratto collettivo esteso all’intero ambito nazionale una simile conclusione si porrebbe in contrasto, nella sua assolutezza, con il suddetto principio, incentrato sull’effettività dello svolgimento dell’attività sindacale e sulla sua diffusione, a carattere contenutistico e non meramente formale, su gran parte del territorio nazionale cfr., ad es., Cass., n. 6206/2012 . Conseguentemente, sono state ritenute in contrasto con tale orientamento le pronunce di merito che, per ritenere la sussistenza della legittimazione alla tutela ex art. 28 l. n. 300/1970, avevano dato rilievo solo alla circostanza che il carattere nazionale del sindacato fosse affermato nello statuto del sindacato stesso cfr. Cass., n. 5209/2010 , ovvero che si erano basate esclusivamente sul dato di fatto attinente alla mera dimensione territoriale dell’organizzazione sindacale, arrestandosi ad un mero rilievo topografico , rappresentativo solo di un prefigurato obiettivo o di un’autoqualificazione del sindacato cfr. Cass., n. 1307/2006 . La sentenza impugnata, pertanto, nel dare rilievo ad una serie di rilevanti circostanze fattuali, risulta conforme al ricordato orientamento giurisprudenziale. Le R.S.U. non hanno diritto ai permessi sindacali ex art. 30 St. Lav A mente dell’art. 30 l. n. 300/1970, il diritto a permessi retribuiti spetta ai componenti degli organi direttivi provinciali e nazionali delle associazioni di cui all’art. 19 per consentire la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti. Il comma 1, lett. b , della disposizione richiamata prevede che possano essere costituite rappresentanze sindacali aziendali nell’ambito delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva . Tale norma è stata dichiarata incostituzionale nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell’ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell’unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti Corte Cost., n. 231/2013 . Dagli atti di causa, tuttavia, non è emerso che, all’epoca dei fatti, il sindacato ricorrente avesse sottoscritto i contratti collettivi o, comunque, partecipato alla loro negoziazione. Inoltre, nel giudizio di merito è stato accertato che, presso lo stabilimento in questione, già dal 1994 non erano più presenti le R.S.A. di cui all’art. 1 St. Lav., bensì le R.S.U., previste dall’accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 e dall’accordo per il settore metalmeccanico del 2 febbraio 1994. Sennonché, la contrattazione collettiva, in virtù dell’art. 4 del citato accordo interconfederale, ha trasferito dalle R.S.A. alle neocostituite R.S.U. l’attribuzione dei soli diritti di cui al titolo 3 dello Statuto dei Lavoratori, restandone perciò escluso il diritto ai permessi retribuiti di cui all’art. 30 St. Lav., trattandosi di disposizione contenuta nel titolo 4 di tale legge. Conseguentemente, la Suprema Corte ha rigettato la domanda di declaratoria di condotta antisindacale proposta dal sindacato ricorrente.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 20 maggio – 22 luglio 2014, n. 16637 Presidente Roselli – Relatore Bandini Svolgimento del processo Il Tribunale di Cassino, adito ex art. 28 legge n. 300/70 dal S.IN Cobas poi SdL - Sindacato Lavoratori Intercategoriale ed ora USB -Unione Sindacale di Base Lavoro Privato , dichiarò, per quanto ancora qui rileva, l'antisindacabilità della condotta della Fiat Auto spa ora Fiat Group Automobiles spa consistita nella concessione ai propri dipendenti presso la stabilimento di omissis , membri del coordinamento provinciale di Frosinone dell'organizzazione ricorrente, dei permesso sindacali retribuiti di cui all'art. 30 dello Statuto dei Lavoratori e dell'art. 4, disciplina generale, seconda sezione, del CCNL metalmeccanici, ordinando, per l'effetto alla Società convenuta di rimuovere ogni effetto di tale censurata condotta e di concedere tali permessi con riferimento alla già programmata riunione del 12.11.1999 in . Il Tribunale respinse quindi il ricorso in opposizione svolto dalla Società e la Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 15.10.2012 - 19.2.2013, respinse l'appello proposto dalla parte datoriale. A sostegno del decisum , la Corte territoriale, sempre per ciò che ancora qui rileva, osservò quanto segue doveva ritenersi la legittimazione ad agire del Sindacato, posto che la stipula del contratto collettivo nazionale poteva costituire uno degli indici maggiormente rivelatori della rappresentatività sindacale a livello nazionale, ma non ne rappresentava l'unico elemento rivelatore nel caso di specie, giusta quanto evidenziato dal primo Giudice, era stata dimostrata, sulla base della documentazione in atti, l'attività di promozione di iniziative, la presenza del SIN COBAS in oltre 70 province e nella maggior parte delle regioni italiane ed anche lo svolgimento di numerose iniziative finalizzate al perseguimento di scopi associativi, nonché la stipulazione di vari accordi aziendali tali circostanze di fatto non erano state specificamente contestate quanto alla spettanza dei permessi, era circostanza pacifica che presso lo stabilimento di omissis della già dal 1994 non erano più presenti le RSA di cui all'art. 19 legge 300/70, bensì le RSU, previste dall'accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 e dall'accordo per il settore metalmeccanico del 2 febbraio 1994 appariva condivisibile l'argomentazione contenuta nella sentenza di primo grado secondo cui la contrattazione aveva trasferito, in virtù dell'art. 4 dell'accordo interconfederale del 20 dicembre 1993, l'attribuzione dei diritti di cui al titolo III dello Statuto dei Lavoratori dalle RSA alle neocostituite RSU compreso il S.IN. Cobas con l'art. 4 dell'accordo del settore metalmeccanico 2 febbraio 1994, erano stati garantiti i diritti minimi di cui all’art. 30 dello Statuto dei Lavoratori ai membri delle RSU in materia di permessi sindacali retribuiti per la partecipazione alle riunioni dei direttivi provinciali, fermo restando il trattamento di maggio favore rispetto a tale previsione minima a vantaggio delle organizzazioni firmatarie del CCNL. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, la FIat Group Automobilies spa ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi e illustrato con memoria. L'USB - Unione Sindacale di Base Lavoro Privato ha resistito con controricorso. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, si duole che la Corte territoriale abbia riconosciuto la legittimazione ad agire del Sindacato, deducendo che il concetto di nazionalità andava inteso come effettività dell'azione sindacale su dimensione nazionale e che il porre in essere tale azione si sarebbe dovuto concretizzare nella stipula di contratti collettivi ovvero di altri accordi sindacali erroneamente la Corte territoriale aveva sostenuto che il Sindacato aveva dato prova della nazionalità, perché, come si poteva notare analizzando la copiosa documentazione depositata dal sindacato oggi resistente si tratta di tutti elementi di fatto assolutamente ininfluenti ai fini del riconoscimento della nazionalità e ciò, o perché si tratta di eventi di carattere e contenuto eminentemente politico, come tali inutili per la dimostrazione della effettività dell'azione sindacale, ovvero perché si tratta di azioni sindacali non connotate del carattere della effettività, giacché non hanno dato luogo alla sottoscrizione di contratti collettivi, ovvero ancora perché si tratta di azioni sindacali sostanzialmente dimostrative ed autoreferonziali si trattava cioè di elementi scollegati dalla necessaria oggettività della effettività dell'azione sindacale su dimensione nazionale. 1.1 La giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, ha già avuto modo di precisare che, per l'accesso alla tutela all'art. 28 legge n. 300/70, il requisito determinante la legittimazione di organismi locali di sindacati non maggiormente rappresentativi sul piano nazionale è costituito dalla diffusione del sindacato sul territorio nazionale, da intendersi nel senso che basta lo svolgimento di effettiva azione sindacale, non su tutto, ma su gran parte del territorio nazionale, restando quindi escluso che la stipulazione di un contratto collettivo nazionale costituisca, nonostante l'indubbia rilevanza sintomatica della rappresentatività che ne discende, l'unico elemento a tal fine significativo, ovvero che lo svolgimento di effettiva attività sindacale possa essere ravvisato solo nella stipulazione di un contratto collettivo esteso all'intero ambito nazionale, trattandosi di affermazione che si pone in contrasto, nella sua assolutezza con il suddetto principio, incentrato sulla effettività dello svolgimento dell'attività sindacale e sulla sua diffusione, a carattere contenutistico e non meramente formale, su gran parte del territorio nazionale cfr., ex plurimis, Cass., nn. 13240/2009 6206/2012 . Stante appunto il necessario carattere contenutistico della nazionalità, sono state quindi ritenute non coerenti con il ricordato orientamento di merito che, per ritenere la sussistenza della legittimazione alla tutela ex art. 28 legge n. 300/70 avevano dato rilievo solo alla circostanza che il carattere nazionale del sindacato fosse affermato nello statuto del sindacato stesso cfr. Cass. n. 5209/2010 , ovvero che si erano basate esclusivamente sul dato di fatto attinente alla mera dimensione territoriale dell'organizzazione sindacale, arrestandosi ad un mera rilievo topografico , rappresentativo solo di un prefigurato obiettivo o di un'autoqualificazione del sindacato cfr, Cass. n. 1307/2006 . Nel caso di specie la sentenza impugnata non si è tuttavia basata su un mero riscontro territoriale della diffusione del SIN Cobas ovvero sulle relative previsioni statutarie, ma, nei termini già diffusamente esposti nello storico di lite, ha dato rilievo alle indicate circostanze fattuali, non specificamente contestate, risultanti dalla documentazione versata in atti, in linea quindi con i principi della ricordata giurisprudenza di legittimità. 1.2 Considerato che il riscontro del requisito della rappresentatività ai fini de quibus costituisce un accertamento di fatto riservato al giudice di merito ed è, pertanto, incensurabile, in sede di legittimità, ove sufficientemente motivato cfr, ex plurimis, Cass. n. 15262/2002 , deve riconoscersi l'inammissibilità del profilo di doglianza relativo all'asserita inidoneità allo scopo delle circostanze fattuali valorizzate dalla Corte territoriale, risolvendosi la censura nella richiesta, inammissibile in questa sede, di un riesame diretto di elementi di giudizio documentali già vagliati dai Giudici del merito e dei quali, peraltro, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, non è stata neppure fatta specifica indicazione e, tanto meno, riportato il contenuto. 1.3 Il motivo all'esame, nei distinti profili in cui si articola, va quindi disatteso. 2. Con il secondo motivo la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto, si duole che la Corte territoriale abbia ritenuto che il Sindacato potesse beneficiare dei permessi per i direttivi, posto che tali permessi spettano unicamente alle organizzazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi e che la decisione sul punto si fondava su un'errata interpretazione dei richiamati articoli dell'accordo interconfederale del 1993 sulla costituzione delle RSU e dell'omologo accordo nel settore metalmeccanico del 1994. 2.1 A mente dell'art. 30 legge n. 300/70, della cui applicabilità al caso di specie si controverte, il diritto a permessi retribuiti secondo le norme dei contratti di lavoro, spetta ai componenti degli organi direttivi, provinciali e nazionali, delle associazioni di cui all’art. 19 per la partecipazione alle riunioni degli organi suddetti il richiamato art. 19, al comma 1, prevede che possano essere costituite rappresentanze sindacali aziendali nell'ambito b delle associazioni sindacali, che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva la sentenza n. 231/2013 della Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della suddetta lettera, nella parte in cui non prevede rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda. Giusta le allegazioni svolte nel ricorso introduttivo, quali rilevate dai Giudici del merito e, peraltro, dettagliatamente riportate nel controricorso, non risulta dedotto che, all'epoca dei fatto, il S.IN. COBAS avesse sottoscritto tali contratti collettivi o, comunque, partecipato alla loro negoziazione. 2.2 È stato comunque accertato nella sentenza impugnata, quale circostanza pacifica, che, presso lo stabilimento di omissis della Fiat Auto, già dal 1994 non erano più presenti le RSA di cui al ridetto art. 19 legge n. 300/70, bensì le RSU, previste dall'accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 e dall'accordo per il settore metalmeccanico del 2 febbraio 1994 da ciò il riferimento svolto dalla Corte territoriale alle previsioni di tali accordi. Le conclusioni alle quali è pervenuta al riguardo la sentenza impugnata non sono però condivisibili. L'Accordo interconfederale per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie del 1.12.1993, che assume la disciplina generale in materia di rappresentanze sindacali unitarie art. 1 , prevede all'art. 4, il subentro dei componenti delle RSU ai dirigenti della RSA nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali già loro spettanti per effetto delle disposizioni di cui al titolo 3^ della Legge n. 300/1970 comma 1 , fatte salve le condizioni di maggior favore eventualmente già previste nei confronti delle associazioni sindacali” dal CCNL o da accordi collettivi di diverso livello comma 2 . A sua volta l'Accordo Federmeccanica del 1994, integrativo di quello interconfederale per la costituzione delle rappresentanze sindacali unitarie del 1.12.1993, prevede, all'art. 4, che Con riferimento al punto 4, parte prima, dell'Accordo interconfederale 20 dicembre 1993, le organizzazioni sindacali firmatarie del ccnl per l’industria metalmeccanica privata e dell'installazione di impianti, restano titolari dei diritti previsti dall'articolo 4, disciplina generale sezione seconda del vigente ccnl, in ordine alle ore di permesso retribuite nelle unita’ produttive che occupano fino a 200 dipendenti aggiuntive rispetto a quanto previsto dall’articolo 23, legge 20 maggio 1970, n. 300, pari al monte ore derivante dalla porzione di 30 minuti all'anno per ciascun dipendente, e in ordine alla titolarità dei permessi per i dirigenti provinciali e nazionali prevista in termini più ampi rispetto a quanto stabilito dall'articolo 30, legge 20 maggio 1970, n. 300 . Ne discende che la suddetta disposizione dell’accordo Federmeccanica del 1994 non poteva trovare applicazione di specie, non rientrando quanto meno all'epoca il S.IN. COBAS fra le organizzazioni sindacali firmatarie del CCNL al contempo il subentro dei componenti delle RSU ai dirigenti delle RSA nella titolarità dei diritti, permessi e libertà sindacali, previsto dall'art. 4 dell'Accordo interconfederale del 1993, è testualmente limitato alle disposizioni di cui al titolo 3° della Legge n. 300/1970”, restandone perciò escluso il diritto ai permessi retribuiti contemplati dall'art. 30 legge n. 300/70, trattandosi di disposizione contenuta nel titolo 4^ di tale legge. Il motivo all'esame risulta quindi fondato. 3. In definitiva soltanto il secondo motivo di ricorso merita accoglimento. Per l'effetto la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alla censura accolta. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda di declaratoria di condotta antisindacale in relazione alla mancata concessione ai membri del coordinamento direttivo provinciale di Frosinone del S.IN. Cobas dei permessi sindacali retribuiti di cui all'art. 30 dello Statuto dei Lavoratori. La complessità delle questioni trattate e il difforme esito dei gradi di merito, consiglia la compensazione delle spese afferenti all’intero processo. Avuto riguardo all'esito del giudizio e alla data di proposizione del ricorso, non sussistono i presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, dpr n. 115/02. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta E decidendo nel merito, rigetta la domanda di declaratoria di condotta antisindacale in relazione alla mancata concessione ai membri del coordinamento direttivo provinciale di Frosinone del SIN. Cobas dei permessi sindacali retribuiti di cui all'art. 30 dello Statuto dei Lavoratori compensa le spese afferenti all'intero processo. Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.