Avvio della Cassa integrazione: obbligo di comunicazione ai sindacati e specificità dei criteri

Il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo se il datore di lavoro ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16517, depositata il 21 luglio 2014. Il caso. La sentenza impugnata dichiarava violato l’obbligo datoriale, ex art. 1, commi 7 e 8, l. n. 233/1991, di comunicazione ed esame congiunto dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità della rotazione prevista dalla sopracitata norma. Perciò veniva condannata la società, per illegittimità del provvedimento di collocazione, al pagamento, in favore del lavoratore, del differenziale retributivo per i mesi di illegittima sospensione dal lavoro. La società soccombente ricorreva per cassazione, denunciando la violazione e falsa applicazione della l. n. 233/1991 e degli artt. 1362 intenzione dei contraenti , 1363 interpretazione collettiva della clausole , 1366 interpretazione di buona fede e 1367 conservazione del contratto c.c., oltre all’omessa e insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La Cassazione è intervenuta ribadendo i principi consolidati regolatori della materia. Illegittimità del provvedimento di sospensione se il datore omette la comunicazione dei criteri scelti alle organizzazioni sindacali. Il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo se il datore di lavoro, sia che intenda adottare il metodo della rotazione sia in caso contrario, non comunichi alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifichi criteri da adottare per l’individuazione dei lavoratori da sospendere. Necessario, poi, che la scelta rispetti in toto i criteri adottati Cass., n. 28464/2008 . E’ necessaria la specificità dei criteri. I criteri di scelta devono essere specifici, di modo che gli stessi possano essere idonei ad operare la selezione e, contemporaneamente, a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri stessi. Cass., n. 772/2004 . La comunicazione di apertura della procedura non deve essere generica. E’ violato l’obbligo di comunicazione previsto dalla l. n. 223/1991, quando la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale sia generica, tale da rendere impossibile qualunque valutazione di coerenza tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere Cass., n. 1324/2009 . Devono essere tutelati gli interessi dei lavoratori. Infine, la mancata specificazione dei criteri di scelta, o la mancata indicazione della ragioni che impediscono il ricorso alla rotazione, comporta l’inefficacia dei provvedimenti aziendali, che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori Cass., n. 12137/2003 . Nel caso in esame, le indicazioni contenute nell’accordo sindacale risultavano del tutto carenti rispetto all’individuazione dei lavoratori e totalmente generiche quanto alle modalità applicative della rotazione. Risultava, inoltre, che il datore non avesse dato comunicazione alle associazioni sindacali dei criteri di individuazione. Il giudice di merito correttamente aveva motivato adeguatamente il rigetto dell’appello, avendo rispettato i principi sopracitati, consolidati in sede di legittimità. La Cassazione rigetta, quindi, il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile - L, sentenza 10 giugno – 21 luglio 2014, n. 16517 Presidente Curzio – Relatore Mancino Svolgimento del processo e motivi della decisione 1. La sentenza impugnata, respingendo il gravame svolto dalla ITCA produzione s.p.a. avverso la sentenza di prime cure, ha dichiarato violato l'obbligo datoriale, ex art. 1, commi 7,8 L.223/1991, di comunicazione ed esame congiunto dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità della rotazione prevista nel citato comma 8 e, conseguentemente, dichiarato illegittimo il provvedimento di collocazione in C.I.G.S., ha condannato la predetta società al pagamento, in favore del lavoratore, del differenziale retributivo per i mesi di illegittima sospensione dal lavoro. 2. La Corte d'appello di Roma, per quel che qui interessa, precisa che - a le indicazioni contenute nell'accordo sindacale del 23 luglio 2002 risultavano del tutto carenti quanto ai criteri di individuazione dei lavoratori alternativi alla rotazione per il primo trimestre successivo al 1.9.1992 e totalmente generiche quanto alle modalità applicative della rotazione medesima - b non era stata fornita validamente alcuna prova che criteri di individuazione specifici fossero stati forniti alle OO.SS. - c la carenza di informazioni non poteva ritenersi sanata dal raggiungimento, con il verbale del 23 luglio 2002, di un accordo sindacale in ordine alla procedura di collocamento in C.I.G.S. dei lavoratori - d tale effetto sanante, insussistente nella specie, avrebbe potuto verificarsi solo in ipotesi di accordo sindacale recante individuazione di criteri di scelta con un minimo contenuto di specificità - e privo di rilievo doveva ritenersi l'assunto secondo cui il d.P.R. n. 218 del 2000 avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa integrazione guadagni. 3. Propone ricorso la FGA Investimenti s.p.a. incorporante la ITCA Produzione s.p.a. , affidato a tre motivi, cui ha resistito, con controricorso, il lavoratore. 4. I tre motivi del ricorso denunciano, in sintesi 1^ violazione e falsa applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 233, art. 1, commi 7 e 8 2^ violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 cod. civ., e omessa, insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censura, quest'ultima, ribadita nel terzo mezzo d'impugnazione. 5. Tali sono le diverse questioni poste dalla società e qui illustrate, in breve, in ordine logico - a la legge n. 59 del 1997, che regolò la delegificazione di norme concernenti procedimenti amministrativi, avrebbe inciso anche nella materia in esame in quanto il d.P.R. n. 218 del 2000 Regolamento recante norme per la semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di CIGS e di integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà, ai sensi dell'art. 20 della legge n. 59 del 1997, allegato 1 n. 90 e 91 , avrebbe delegificato la legislazione sulla Cassa integrazione guadagni sicché il predetto decreto presidenziale costituirebbe ormai l'unico regolamento della materia con la conseguente sostituzione, per abrogazione esplicita od implicita per incompatibilità, di tutte le altre disposizioni anche di fonte legale. In questo diverso contesto normativo, tanto la comunicazione datoriale di avvio della procedura quanto l'esame congiunto dovevano intendersi disciplinati esclusivamente dal d.p.r., con esclusione di ogni possibilità di integrazione con la legge n. 223, con conseguente venir meno del diritto delle organizzazioni sindacali, e di riflesso dei lavoratori, ad essere informati sin dalla comunicazione di avvio della procedura circa i criteri di selezione dei lavoratori da sospendere e le modalità di rotazione. La Corte territoriale non avrebbe dato spiegazione alcuna di tale portata innovativa - b quanto alla necessaria specificazione dei criteri di selezione dei lavoratori da sospendere e di applicazione della rotazione, in sede di comunicazione di avvio della procedura ai sensi dell'art. 1, comma 7, L. 223/1991, era stato individuato l'ambito oggettivo dell'intervento di ristrutturazione aziendale e le modalità dell'intervento e l'ambito soggettivo di individuazione del personale da sottoporre all'intervento di integrazione salariale con sospensione del lavoro per relationem con l'intervento riorganizzativo e di ristrutturazione, e tali elementi di fatto non contestati, unitamente al criterio di selezione delle esigenze organizzative, costituivano un sistema oggettivo di selezione del personale - c si assume, infine, l'effetto sanante dell'esame congiunto rispetto alla comunicazione di avvio della procedura, muovendo dai rilievi secondo cui i criteri sarebbero stati adeguatamente specificati in tale atto e i verbali di esame congiunto avrebbero il valore di atti amministrativi che certificano la regolarità della procedura. 6. Sulla prima questione, pur prescindendo dal duplice rilievo che la censura svolta deducendo un vizio della motivazione si colloca nel paradigma della violazione della regolamentazione giuridica della fattispecie, e premesso che la Corte di merito ha dato atto, per sintesi, del principio affermato da Cass. 28464/2008, vale la pena di richiamare il predetto arresto del 2008 al quale è seguito un orientamento consolidato di questa Corte, espresso in una lunga teoria di sentenze, che affermò il seguente principio la disciplina del d.p.r. n. 218 del 2000 non ha alcuna efficacia abrogativa della legge n. 223 del 1991 e, quindi, degli oneri di comunicazione di cui all'art. 1. Più specificamente non incide in alcun modo sulle disposizioni di cui al combinato disposto degli artt. 5 della legge 164 del 1975 e 1, comma 7, della legge 223 del 1991 riguardante l'obbligo datoriale di comunicare in avvio della procedura per l'integrazione salariale alle organizzazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità di rotazione. Il d.P.R. tende a semplificare la fase propriamente amministrativa, di rilevanza pubblica, del procedimento di concessione della integrazione salariale, senza in alcun punto ridurre i diritti dei lavoratori e le prerogative delle organizzazioni sindacali ad essi funzionali v., Cass. 28464/2008 e successive conformi . 7. Tale ricostruzione è stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza successiva cfr., tra le tante, Cass. 4053/2011 e costituisce ormai un principio consolidato ai sensi dell'art. 360-bzs, n. 1, c.p.c., come ha rilevato la Sesta sezione civile in una serie di ordinanze emesse in camera di consiglio ai sensi dell'art. 375 c.p.c. cfr. per tutte, Cass. VI civile-lavoro, 26587/2011 In tema di procedimento per la concessione della CIGS devono escludersi incompatibilità tra la normativa regolamentare introdotta con il d.p.r. 10 giugno 2000, n. 218, e le disposizioni della legge 23 luglio 1991 n. 223 la disciplina regolamentare, che si limita a imporre all'imprenditore che intenda chiedere l'intervento straordinario di integrazione salariale l'obbligo di dare tempestiva comunicazione alle organizzazioni sindacali, attiene unicamente alla fase amministrativa di concessione dell'integrazione stessa, e nulla dice sul contenuto concreto della comunicazione, né detta alcuna disciplina in ordine ai criteri di scelta e, pertanto, non ha in alcun modo inciso sugli obblighi di rilevanza collettiva di cui all'art. 1, commi 7 e 8, della legge n. 223 citata. Né la normativa regolamentare ha spostato l'informazione circa i criteri di scelta e le modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione datoriale di avvio della procedura di integrazione salariale a quello, immediatamente successivo, dell'esame congiunto, atteso che, così opinando, il contenuto della norma di cui all'art. 2 del d.p.r. n. 218, citato, risulterebbe del tutto estraneo all'esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo, e avrebbe come conseguenza solo l'alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la compressione dei diritti d'informazione spettanti al sindacato, delineando un sistema di consultazione sindacale palesemente inadeguato rispetto alla finalità perseguita. Principio affermato ai sensi dell'art. 360 bis, comma 1, c.p.c. . 8. Quanto alla necessità della specificazione dei criteri in sede di comunicazione di avvio della procedura ai sensi dell'art. 1, comma 7, L. 223/1991, anche per tale profilo la decisione impugnata si è conformata alla giurisprudenza di legittimità espressa in modo costante. 9. La norma guida art. 1, comma 7, della legge 223 del 1991 è molto chiara nello stabilire che devono formare oggetto della comunicazione i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione prevista dal comma 8 . 10. Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni riduttive di tale disposizione, sottolineando, con la sentenza n. 302 del 2000, che, in caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l'attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale implicante una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato disposto della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, e della L. 20 maggio 1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5. 11. L'orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma nella successiva giurisprudenza di legittimità per tutte Cass. 7720/2004 Cass. nn. 10236 e 15393 del 2009 Cass. 19235/2011 . 12. Da ultimo, e peraltro con riferimento alla medesima procedura di sospensione dell'attività lavorativa presso la ITCA produzione s.p.a., questa Corte, con la sentenza n. 7459 del 2012, ha così sintetizzato i principi regolatori della materia a il provvedimento di sospensione dell'attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione, sia in caso contrario ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell'esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, ed ai quali criteri la scelta dei lavoratori deve poi effettivamente corrispondere Cass. 28464/2008 b la specificità dei criteri di scelta consiste nell'idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri Cass. 7720/2004 c la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale la cui genericità rende impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l'obbligo di comunicazione previsto dalla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7, Cass. 13240/2009 d la mancata specificazione dei criteri di scelta o la mancata indicazione delle ragioni che impediscono il ricorso alla rotazione determina l'inefficacia dei provvedimenti aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori Cass. 12137/2003 Cass. 11660/2006 . 13. La valutazione della rispondenza in concreto delle comunicazioni di avvio della procedura di Cassa integrazione oggetto dell'esame giudiziale ai requisiti su indicati, è una valutazione di merito in ordine al contenuto dell'atto negoziale, che rimane estranea al giudizio di legittimità, quando, come nel caso in esame, il giudice di merito abbia motivato la sua decisione in modo sufficiente e privo di contraddizioni. 14. Infine, non meritevole di accoglimento è anche la critica alla sentenza impugnata per il preteso effetto sanante dell'esame congiunto rispetto alla comunicazione di avvio della procedura. 15. Anche per tale profilo la decisione della Corte territoriale si sottrae a censure. 16. La tesi per cui l'accordo sindacale conterrebbe un'adeguata specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in cassa integrazione e spiegherebbe adeguatamente le ragioni della impossibilità del ricorso alla rotazione si risolve nella proposizione di un giudizio di merito basato anche su di una particolare rilettura della prova orale, riportata peraltro per stralci , difforme rispetto a quello della Corte d'appello. Tale valutazione, al pari di quella concernente la comunicazione di avvio della procedura, spetta in via esclusiva al giudice di merito e può essere censurata in cassazione solo negli stretti limiti del giudizio di legittimità, che nel caso in esame vengono nettamente travalicati. 17. Invero la possibilità di un effetto sanante di un accordo sindacale sui criteri di scelta, laddove l'accordo li indichi in modo puntuale e specifico, è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell'ipotesi in cui la comunicazione è strettamente funzionale a mettere in grado le organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la controparte adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali. Né può essere ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in concreto già operate y.,funditus, Cass. 26587/2011 cit. in generale sull'esclusione del carattere sanante dell'accordo cfr., ex multis, Cass. nn. 13240 e 15393 del 2009 . 18. Il ricorso proposto dalla società deve, pertanto, essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, devono essere poste a carico della parte soccombente, con distrazione in favore dell'avvocato Mariafederica Di Libero, antistatario. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.000,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie in misura del quindici per cento, da distrarsi in favore dell'avvocato Mariafederica Di Libero, dichiaratosi antistatario.