Non tutte le OO.SS. possono sottoscrivere contratti collettivi

La legittimazione a sottoscrivere gli accordi provinciali di c.d. riallineamento retributivo era riservata, originariamente, alle associazioni imprenditoriali ed OO.SS. locali aderenti a - o comunque organizzativamente collegate con - le associazioni ed organizzazioni nazionali di categoria firmatarie del CCNL di riferimento e, successivamente, alle associazioni imprenditoriali ed OO.SS. locali aderenti a - o comunque organizzativamente collegate con - le associazioni ed organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 15846, depositata il 10 luglio 2014. Una premessa cosa sono i c.d. contratti di riallineamento retributivo . Sono accordi sindacali, disciplinati dall’art. 5 del d.l. n. 510/1996 conv. in l. n. 608/1996 , tesi a i consentire l’emersione dei trattamenti retributivi erogati in nero ed ii adeguare, progressivamente, i rapporti di lavoro formalizzati ai trattamenti economici minimi previsti dai CCNL. La sottoscrizione di tali accordi recava al datore di lavoro vari vantaggi, tra cui a una sanatoria, anche per il pregresso, delle pendenze contributive b l’estinzione dei reati previsti da leggi speciali in materia di contributi e premi ed c all’atto dell’avvenuto riallineamento, la fruizione degli incentivi previsti per le ipotesi di nuova occupazione. Il caso. Il Tribunale di Lecce, con sentenza successivamente confermata in appello, revocava due decreti ingiuntivi emessi a favore dell’INPS in danno ad una società, relativi ad omissioni contributive per differenti retribuzioni imponibili derivanti dalla mancata applicazione del CCNL di categoria , all’indebita fiscalizzazione i.e. una riduzione delle aliquote contributive a carico del datore di lavoro degli oneri sociali ed all’impropria applicazione di sgravi contributivi per il periodo 1992-1995. Ad avviso del Tribunale, i debiti verso l’Istituto risultavano sanati dall’adesione della società all’accordo provinciale di riallineamento retributivo risultando irrilevante, in questo contesto, che tale accordo fosse stato sottoscritto dalle sole Federterziario e Cisal senza partecipazione delle OO.SS. più rappresentative, che pure avevano sottoscritto il CCNL di settore , in quanto la norma, ad avviso del Giudicante, non prevedeva alcun vincolo sull’identità dei soggetti stipulanti. Contro la pronuncia di appello, l’INPS ricorreva alla Corte di Cassazione articolando un unico motivo. Il Giudice non può interpretare la legge come vuole. In particolare, ad avviso dell’Istituto, la condizione necessaria per l’operatività dell’accordo di riallineamento retributivo è che quest’ultimo sia stipulato dalle OO.SS. locali aderenti, o comunque collegate, a quelle firmatarie del CCNL di riferimento nel testo ratione temporis applicabile . Condizione che nella specie non ricorreva, con conseguente inapplicabilità dei benefici previsti. Opinione che viene condivisa dalla Cassazione la quale, affermando il principio esposto in massima, accoglie il ricorso. I contributi devono essere calcolati quantomeno sui minimi sindacali . La Corte premette che la retribuzione su cui commisurare i contributi dovuti all’INPS è quantomeno quella minima prevista dai CCNL di categoria, indipendentemente dalla minor somma eventualmente corrisposta al lavoratore, e che il rispetto di tale principio condiziona la fiscalizzazione degli oneri sociali. Fatta questa premessa, la Cassazione rileva come, allo scopo di salvaguardare i livelli occupazionali e far emergere eventuali somme corrisposte in nero , il Legislatore abbia introdotto una deroga a tale principio tipizzando i contratti di riallineamento retributivo, che consentivano di pervenire all’integrale applicazione del CCNL attraverso incrementi retributivi scaglionati in un arco temporale predefinito. Gli accordi di riallineamento non possono essere sottoscritti da tutti. Affinché tali accordi siano efficaci, tuttavia, il d.l. n. 510/1996 richiede che vi sia un accordo quadro a livello provinciale, a cui le imprese possono aderire tramite un apposito verbale aziendale con le stesse parti che hanno sottoscritto l’accordo provinciale . Considerata l’incidenza che tali accordi hanno sulle retribuzioni e sul sistema previdenziale, tuttavia, lo stesso Legislatore ha previsto in prima battuta che questi dovessero essere sottoscritti dalle associazioni imprenditoriali e dalle OO.SS. locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con quelle firmatarie del CCNL di riferimento. Alla luce di un tale dato normativo, è dunque errata l’affermazione dei Giudici di merito circa l’assenza di alcun vincolo sull’identità dei soggetti stipulanti ed, anzi, in contrasto con la necessità di controllo sull’effettiva rappresentatività che li accompagna. In conclusione, ritiene la Corte – richiamando taluni suoi precedenti Cass. nn. 5719/2011 e 6322/2001 - che affinché la procedura di riallineamento possa produrre i suoi effetti è necessario il puntuale rispetto dei tempi e delle forme imposte dalla relativa previsione normativa.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 2 aprile – 10 luglio 2014, n. 15846 Presidente Stile – Relatore Ghinoy Svolgimento del processo Con distinti ricorsi depositati in data 24 marzo 2000 la s.n.c 4C Supermercati di C.C. & amp comma Proponeva opposizione avverso i decreti ingiuntivi emessi dal Presidente di Tribunale di Lecce n. 221 e n. 222/2000, con i quali era stato intimato alla società di pagare all'Inps le rispettive somme di £. 256.852.729 e £. 18.254.946, richieste a seguito di verbale ispettivo con il quale erano state contestate omissioni contributive per differenti retribuzioni imponibili non essendo stato applicato il C.C.N.L. di categoria , per indebita fiscalizzazione degli oneri sociali e per impropria applicazione di sgravi contributivi per il periodo dall'111/1992 al 31/1/1995. Il Tribunale di Lecce riuniva i ricorsi, li accoglieva e revocava i decreti ingiuntivi, ritenendo sanata la posizione debitoria per effetto della regolarizzazione eseguita dalla società, che aveva aderito all'accordo di riallineamento retributivo ai sensi dell'art. 5 comma 1 D.L. n. 510 del 1996, conv. nella L. 608 del 1996. Con la sentenza n. 1256/2008 la Corte d'Appello di Lecce rigettava l'appello proposto dall'Inps. Anche la Corte d'Appello, così come aveva fatto il Tribunale, riteneva validi gli effetti sulla contribuzione dell'adesione della società all'accordo provinciale di riallineamento retributivo stipulato dalle sole Organizzazioni sindacali Federterziario e Cisal, senza compartecipazione delle organizzazioni sindacali più rappresentative che pure avevano sottoscritto il CCNL di settore, argomentando che non vi era nel testo normativo alcun vincolo circa l'identità delle organizzazioni sindacali stipulanti inoltre, anche un'organizzazione sindacale minore poteva assumere un carattere di rappresentatività tale da legittimarne le pattuizioni, considerato anche che nel caso gli importi previsti non si discostavano dal riallineamento stipulato dalle organizzazioni sindacali più rappresentative. Per la cassazione di tale sentenza l' Inps ha proposto ricorso, affidato ad un solo motivo. La s.n.comma Supermercati 4 C di C.C. & amp comma non ha svolto attività difensiva. Motivi della decisione 1. Il motivo di ricorso ha ad oggetto la Violazione dell'art. 5 comma 1 del D.L. 1 ottobre 1996 n. 510, conv. in L. n. 608 del 1996 . L'Inps sostiene che la lettura della disposizione denunciata evidenzia che la condizione necessaria per l'operatività della sospensione dell'obbligo di corresponsione del minimo retributivo è che l'accordo di riallineamento recepito sia stato stipulato da associazioni sindacali locali aderenti o comunque collegate con le organizzazioni sindacali di categoria firmatarie del CCNL di riferimento, requisiti che non ricorrevano nel caso in esame, in cui l'accordo era stato stipulato dalle sole Federterziario e Cisal. Formula il seguente quesito di diritto Si chiede di conoscere se la sospensione della condizione di corresponsione dell'ammontare retributivo ex art. 6 lettere a b e c del D.L. n. 338 del 1989 conv. nella L. 389 del 1989 opera solo per le imprese che recepiscono accordi di riallineamento stipulati da associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque collegate con le associazioni e organizzazioni nazionali di categoria firmatarie del CCNL di riferimento ovvero anche in ipotesi di accordi, peraltro non conformi a quelli posti in essere dagli organismi più rappresentativi, stipulati da organizzazioni locali non collegate a quelle nazionali, ma dogmaticamente ritenute dal giudice di merito dotate nella realtà territoriale periferica di rappresentatività in misura tale da legittimarne le pattuizioni . 2. Il motivo è fondato, in quanto la soluzione adottata dalla Corte d'Appello è in contrasto con la procedura prevista dalla legge in tema di contratti di riallineamento retributivo. In proposito occorre premettere, come è stato già ben illustrato da questa Corte nella sentenza n. 14450 del 2012, che la retribuzione su cui commisurare la contribuzione è in via generale quella c.d. minimale prevista dalla L. n. 389 del 1989, art. 1 come interpretato dall'art. 2, comma 25, della L. 28 dicembre 1995, n. 549 sulla base di tale disposizione, quale che sia la retribuzione dovuta o corrisposta al lavoratore in forza del rapporto di lavoro, la contribuzione deve essere necessariamente commisurata alla retribuzione determinata dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative nella categoria. Inoltre, il rispetto della regola del minimale condizionava il diritto alla fiscalizzazione degli oneri sociali, come prevedeva espressamente la citata L. n. 389 del 1989, art. 6, comma 9, lett. c . Al fine di salvaguardare i livelli occupazionali e di consentire la regolarizzazione retributiva e contributiva, nonché l'emersione del sommerso , si introdusse una deroga rispetto ad entrambi detti obblighi, ad opera dell'art. 5 della L. n. 608 del 1996, di conversione del D.L. n. 510 del 1996, deroga che riguardava nella prima applicazione esclusivamente le imprese operanti nei territori meridionali di cui alla L. n. 64 del 1986, art. 1. La suddetta L. n. 608 del 1996 è stata successivamente più volte modificata dalla L. n. 196 del 1997, art. 23 dalla L. n. 448 del 1998, art. 75 e L. n. 144 del 1999, art. 45, comma 20 . Ed infatti, quanto alla prima regola, l'art. 5 comma 4 del D.L. 01/10/1996, n. 510, citato, ha previsto che la retribuzione da prendere a riferimento per il calcolo dei contributi previdenziali non fosse più quella sopra indicata, ma quella, inferiore, fissata dai contratti di riallineamento retributivo. Quanto alla seconda regola, si è consentita al comma 1 dell'art. 5 la fruizione della fiscalizzazione degli oneri sociali anche quando la contribuzione sia inferiore al minimale, ma sia parametrata alla retribuzione fissata dagli accordi di riallineamento. Entrambe le deroghe sono state condizionate al fatto che le imprese abbiano recepito o recepiscano gli accordi provinciali di riallineamento retributivo. 3. Il suddetto art. 5 del D.L. n. 510 del 1996, convertito con modificazioni dalla L. 28 novembre 1996, n. 608, ha individuato quindi un sistema finalizzato a salvaguardare i livelli occupazionali e consentire la regolarizzazione retributiva e contributiva per le imprese operanti in territori svantaggiati. Il meccanismo consente di pervenire all'integrale applicazione del contratto collettivo attraverso aumenti retributivi scaglionati lungo un arco determinato di tempo, ma con l'immediata estensione dell'efficacia della sua parte normativa, presso quelle aziende che si sono sottratte - in tutto o in parte - al rispetto delle regole contrattuali fondamentali. Tale graduale riallineamento viene incoraggiato e favorito dalla contestuale predisposizione di benefici di ordine previdenziale. Affinché l'accordo di riallineamento sia efficace per le singole imprese, la norma richiede che vi sia un accordo-quadro a livello provinciale di riallineamento retributivo. Tale accordo deve prevedere, secondo il disposto dell' art. 5, comma 1, terzo periodo, in forme e tempi prestabiliti, programmi di graduale riallineamento dei trattamenti economici dei lavoratori ai livelli previsti nei corrispondenti contratti collettivi nazionali di lavoro . Una volta presente l'accordo provinciale di riallineamento, le singole imprese che vogliono aderire al programma ivi previsto dovranno recepire tale accordo attraverso la sottoscrizione ultimo periodo dell'art. 5, comma 1 di apposito verbale aziendale di recepimento con le stesse parti che hanno stipulato l'accordo provinciale . 4. L'incidenza dell'intervento sulle retribuzioni e sul sistema previdenziale ha reso tuttavia necessario un controllo sull'effettiva rappresentatività delle OO.SS. stipulanti, anche al fine di evitare la stipulazione di accordi di riallineamento eccessivamente sensibili alle esigenze datoriali di competitività. Ciò ha determinato che nella formulazione originaria della norma la sottoscrizione degli accordi provinciali fosse riservata alle associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni nazionali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di riferimento art. 5 comma 1 la disposizione è stata successivamente modificata dall'art. 45 comma 20 della L. 17 maggio 1999, n. 144, che ha disposto la sostituzione delle parole nazionali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di riferimento con comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale . Il criterio selettivo di legittimazione individuato dalla norma appare coerente con le ripercussioni della procedura sulle finanze pubbliche e sul parametro cui rapportare la retribuzione garantita dall'art. 36 della Costituzione e per tale motivo non appare in contrasto con l'evoluzione del concetto di rappresentatività sindacale che ha caratterizzato le modifiche legislative apportate dall'art. 19 dello Statuto dei Lavoratori e l'intervento della Corte Costituzionale da ultimo, con la sentenza n. Corte Cost. n. 231 del 2013 , che attengono alla diversa materia dell'esercizio dei diritti sindacali in azienda. Non è corretta pertanto l'affermazione della Corte di merito, secondo la quale non vi sarebbe nel testo di legge alcun vincolo circa l'identità delle Organizzazioni sindacali stipulanti , ed anzi essa contrasta con il testo normativo e con la necessità di controllo sull'effettiva rappresentatività sindacale che vi è sottesa. Perché la procedura di riallineamento retributivo possa produrre i suoi effetti è quindi necessario il puntuale rispetto dei tempi e delle forme imposte dalla relativa previsione normativa così Cass. Sez. L, Sentenze n. 6322 del 5/5/2001 e n. 5719 del 10/03/2011 . 5. La sentenza gravata va quindi cassata con rinvio al giudice di merito, che si atterrà al seguente principio di diritto La legittimazione a sottoscrivere gli accordi provinciali di riallineamento retributivo è riservata dall'art. 5 del D.L. n. 510 del 1996, convertito con modificazioni dalla L. 28 novembre 1996, n. 608 nella sua formulazione originaria alle associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni nazionali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale di riferimento e successivamente, nel testo modificato dall'art. 45 comma 20 della L. 17 maggio 1999, n. 144, alle associazioni imprenditoriali ed organizzazioni sindacali locali aderenti o comunque organizzativamente collegate con le associazioni ed organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale . 6. Segue l'accoglimento del ricorso ed il rinvio alla Corte d'Appello di Bari che dovrà attenersi al principio di diritto sopra enunciato, valutarne le ricadute sulla pretesa impositiva oggetto di causa e decidere anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d'Appello di Bari, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.