Accusato di peculato: in tema di procedimento disciplinare la contrattazione collettiva è la grande esclusa

In materia di procedimento disciplinare collegato a procedimento penale nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al d.lgs. n. 165/2001, a seguito dell’entrata in vigore della l. n. 97/2001, i termini per dare inizio o, in caso di intervenuta sospensione, per disporre la prosecuzione del procedimento disciplinare sono quelli stabiliti dall’art. 5, comma 4, di tale legge che, nella sua formulazione originaria, rinviava anche ai termini stabiliti dalla contrattazione collettiva per la contestazione dell’addebito. A seguito della modificata del citato art. 5 tale rinvio è stato soppresso.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 11827 del 27 maggio 2014. Il fatto. Il Tribunale di Paola annullava il licenziamento per giusta causa intimato dal Ministero della Giustizia ad un uomo a seguito del procedimento penale nel quale egli era stato accusato di peculato. Per essersi impossessato dei contributi unificati apposti sui fascicoli delle cause civili preso l’ufficio giudiziario dove prestava servizio. Secondo il Tribunale non era stato rispettato il principio dell’immediatezza in quanto il Ministero non aveva provato di aver comunicato al dipendente l’avvio dei procedimenti disciplinari a suo carico. La Corte d’Appello ribalta la decisione di primo grado, sulla base del fatto che il primo Giudice avrebbe dovuto ammettere la documentazione prodotta dal Ministero, sia pure tardivamente, e considerare provata la tempestività del procedimento disciplinare. Violato il principio del contraddittorio. L’uomo ricorre per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello si sarebbe pronunciata su domande ed eccezioni non proposte dall’Amministrazione appellante che non aveva comunicato al dipendente le contestazioni mossegli. Inoltre, sarebbero stati violati i principi del contraddittorio e del diritto di difesa, non essendo stato disposto il rinvio d’ufficio della causa ad una successiva udienza per consentire al lavoratore di interloquire al riguardo. Ricerca della verità materiale. Il ricorso non può essere accolto nel rito del lavoro, il principio dispositivo va contemperato con le esigenze di ricerca della verità materiale nella specie, la documentazione prodotta dal Ministero tardivamente è meramente integrativa rispetto a quella già acquisita agli atti. Quindi, si può senz’altro ammettere in appello. Normativa cambiata. Occorre, poi, ricordare che in materia di procedimento disciplinare collegato a procedimento penale nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al d.lgs. n. 165/2001, e seguito dell’entrata in vigore della l. n. 97/2001 – recante Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche” - i termini per dare inizio o, in casi di intervenuta sospensione, per disporre la prosecuzione del procedimento disciplinare sono quelli stabiliti dall’art. 5, comma 4, di tale legge che, nella sua formulazione originaria, rinviava anche ai termini stabiliti dalla contrattazione collettiva per la contestazione dell’addebito. A seguito della modificata del citato art. 5, introdotta dall’art. 72, comma 2, d.lgs. n. 150/2009, tale rinvio è stato soppresso. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 febbraio – 27 maggio 2014, n. 11827 Presidente Stile – Relatore Tria Svolgimento del processo 1- La sentenza attualmente impugnata depositata il 17 ottobre 2012 accoglie l'appello del Ministero della Giustizia avverso la sentenza del Tribunale di Paola n. 711/2010, del 15 settembre 2010 e, per l'effetto, in riforma della suddetta sentenza, rigetta la domanda avanzata da B.G. nel ricorso introduttivo del giudizio. La Corte d'appello di Catanzaro, per quel che qui interessa, precisa che a il Tribunale di Paola ha annullato, per ritenuta violazione del principio di tempestività della contestazione, il licenziamento per giusta causa intimato, il 20 dicembre 2007, dal Ministero della Giustizia al B. , in seguito alla conclusione - con sentenza di applicazione della pena su richiesta dell'imputato di cui all'art. 444 cod. proc. pen. del Tribunale penale di Paola divenuta definitiva il 16 gennaio 2007 - del procedimento penale nel quale egli è stato accusato dei reati di peculato - per essersi impossessato dei contributi unificati apposti sui fascicoli delle cause civili presso l'ufficio giudiziario ove prestava servizio come ausiliario posizione Al - e di soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, per aver soppresso le note di iscrizione a ruolo relative ai predetti fascicoli b secondo il Tribunale la contestazione disciplinare - effettuata con nota ministeriale del 10 ottobre 2007, ricevuta dall'interessato il successivo 13 ottobre - sarebbe avvenuta senza il rispetto del principio di immediatezza, in quanto il Ministero, non avrebbe dato la prova, posta a suo carico, dell'avvenuta comunicazione al dipendente, prima dell'anzidetta data, dei provvedimenti di avvio dei procedimenti disciplinari, poi unificati e tale affermazione si rivela incongrua rispetto agli elementi fattuali rinvenibili negli atti di causa d infatti, l'assunto della intempestività della contestazione viene posto in correlazione con la dedotta conoscenza, da parte del Ministero, degli addebiti disciplinari almeno da quando ha tempestivamente avviato il procedimento disciplinare con le note del 7 marzo 2006 e dal 6 luglio 2006, tuttavia, non avendo potuto il primo Giudice fare riferimento a tali note sulla base della documentazione prodotta in giudizio dal Ministero - di cui è stata disposta l'inammissibilità, per effetto della tardiva costituzione in giudizio dell'Amministrazione - è evidente che il Giudice ha preso conoscenza delle suddette note sulla base della documentazione allegata dal B. nel proprio fascicolo, comprendente numerosi atti nei quali vi è esplicito riferimento e richiamo agli anzidetti atti di avvio dei procedimenti disciplinari c in particolare, la nota di contestazione disciplinare del 10 ottobre 2007 ha disposto la riattivazione dei procedimenti disciplinari poi unificati con avviso all'interessato della facoltà di presentare le proprie giustificazioni, dopo avere richiamato le due suddette note di avvio del procedimenti stessi contestualmente sospesi e la sentenza suindicata del Tribunale penale di Paola, di cui ha specificato che è divenuta irrevocabile il 16 gennaio 2007 e che è pervenuta al Ministero il 26 settembre 2007 f in sede disciplinare, nella memoria difensiva del 30 ottobre 2007 e nella richiesta in pari data, il B. ha indicato con precisione gli estremi dei procedimenti disciplinari, facendo riferimento espresso alle due suddette note del 2006 di avvio dei procedimenti stessi per le condotte descritte nel provvedimento di riunione dei due iniziali procedimenti g pertanto il primo Giudice - eventualmente anche esercitando i poteri di cui all'art. 421 cod. proc. civ. - avrebbe dovuto ammettere la documentazione prodotta dal Ministero, sia pure tardivamente, e considerare provata la tempestività del procedimento disciplinare h del resto, non va dimenticato l'orientamento della Corte di cassazione secondo cui il principio generale di riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 cod. civ. deve essere contemperato con il principio di acquisizione probatoria, che trova fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo, con la conseguenza che anche il principio dispositivo delle prove va inteso in modo differente, traducendosi nel dovere del giudice di pronunciare nel merito della causa sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito da qualunque parte processuale provenga i né va dimenticato che nel rito del lavoro il principio dispositivo è contemperato - atteso il riconoscimento dei poteri officiosi del giudice ex art. 421 e 437 cod. proc. civ. - con le esigenze della ricerca della verità materiale al fine di assicurare ai diritti che con esso vengono azionati una tutela differenziata in ragione della loro natura 1 inoltre, si deve considerare che, nella specie, la documentazione prodotta dal Ministero tardivamente è meramente integrativa rispetto a quella già acquisita agli atti, sicché per tutte le suesposte ragioni essa - già ammissibile in primo grado - si può senz'altro ammettere in appello, unitamente con le relate di notifica delle suddette note del 2006 m quanto alla proporzionalità della sanzione, è da condividere la valutazione del Ministero, in quanto il numero dei fascicoli interessati dalla condotta delittuosa superiore a 100 , la reiterazione della condotta medesima, le modalità di attuazione della stessa, lo sfruttamento del servizio pubblico per ricavare illeciti ricavi a danno dell'Amministrazione nonché l’irrogazione della sanzione penale a seguito di patteggiamento sono tutti elementi significativi della gravità degli addebiti e ostativi della permanenza del B. nell'Amministrazione della Giustizia, essendo chiaramente e irrimediabilmente lesivi del rapporto di fiducia che è alla base del rapporto lavorativo. 2.- Il ricorso di B.G. , illustrato da memoria, domanda la cassazione della sentenza per cinque motivi resiste, con controricorso, il Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato. MOTIVI DELLA DECISIONE I - Profili preliminari. 1 - Preliminarmente va affermata la fondatezza dell'eccezione dell'Amministrazione controricorrente di inammissibilità delle censure dedotte dal ricorrente per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione , sul rilievo secondo cui al presente ricorso si applica ratione temporis visto che la sentenza impugnata è stata depositata il 17 ottobre 2012 e la novella si applica ai ricorsi avverso sentenze depositate dopo il giorno 11 settembre 2012 il nuovo testo dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. in base al quale ai sensi della suindicata disposizione si può denunciare l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e non più la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”. Come di recente precisato dalle Sezioni unite di questa Corte vedi sentenze 7 aprile 2014, n. 8053 e n. 8054 nei giudizi per cassazione assoggettati ratione temporis alla nuova normativa, la formulazione di una censura riferita al n. 5 dell'art. 360 cit. che replica sostanzialmente il previgente testo di tale ultima disposizione - come accade nella specie - si palesa inammissibile alla luce del nuovo testo della richiamata disposizione, che ha certamente escluso la valutabilità della insufficienza della motivazione, limitando il controllo di legittimità all'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti”, omesso esame che non costituisce nella specie oggetto di censura. Deve essere, peraltro, precisato che il suddetto inconveniente si riscontra soltanto con riguardo ad una parte delle censure proposte con il primo, il terzo e il quarto motivo di ricorso e non impedisce, quindi, l'esame di tutte le altre censure. II - Sintesi dei motivi di ricorso. 2 - Il ricorso è articolato in cinque motivi. 2.1.- Con il primo motivo si denunciano 1 decadenza dalle domande e dalle eccezioni non riproposte 2 violazione e falsa applicazione dell'art. 2909 cod. civ. 3 omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione al principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato art. 112 cod. proc. civ. , disponibilità e valutazione della prova documentale artt. 115 e 116 cod. proc. civ. 4 nullità della sentenza per carente, contraddittoria, insufficiente motivazione su punti fondamentali della controversia. In sintesi, si sostiene che la sentenza impugnata a abbia violato il giudicato interno formatosi sull'intervenuta decadenza del Ministero dalla produzione documentale b sia il frutto di un erroneo esercizio dei poteri istruttori del Giudice c contenga una motivazione insufficiente e contraddittoria in ordine al punto decisivo della controversia, rappresentato dall'ammissione in appello della documentazione che il Ministero non aveva potuto produrre nel giudizio di primo grado, a causa della tardività della sua costituzione. In particolare, ad avviso del ricorrente, la Corte d'appello avrebbe oltrepassato le preclusioni e le decadenze già dichiarate, pronunciandosi, in violazione dei limiti del devoluto, su domande ed eccezioni non proposte dall'Amministrazione appellante, in palese contrasto con la disciplina relativa all'oggetto del giudizio di appello. Invero, il Giudice di primo grado aveva dichiarato la decadenza dalla prova del Ministero della Giustizia a causa della sua tardiva costituzione in giudizio e, quindi, correttamente non aveva utilizzato i poteri officiosi di cui all'art. 421 cod. proc. civ., rilevando altresì che nel fascicolo del Ministero non vi era alcuna prova della avvenuta comunicazione al dipendente degli atti di contestazione degli addebiti del 7 marzo 2006 e del 6 luglio 2006, né vi era alcuna allegazione nella memoria di costituzione in ordine alla data della presunta comunicazione delle contestazioni ivi contenute. L'Amministrazione, nel proprio atto di appello, nulla ha dedotto o contestato in merito alla pronuncia di inammissibilità della documentazione prodotta in primo grado né ha espresso alcuna censura sul mancato esercizio da parte del Tribunale dei poteri officiosi e ciononostante la Corte catanzarese ha ammesso, in appello, la documentazione stessa, senza che ricorressero i presupposti di cui all'art. 345 cod. proc. civ., essendo evidente che non vi era alcuna causa non imputabile idonea a giustificare la mancata allegazione delle relate di notifica in oggetto, che peraltro non avevano alcun carattere di novità. 2.2.- Con il secondo motivo si denunciano 1 nullità della sentenza per errato esercizio dei poteri istruttori e violazione dell'art. 437 cod. proc. civ. 2 violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa. Si ribadiscono le censure prospettate nel primo motivo, aggiungendosi che la analisi effettuata dalla Corte territoriale delle emergenze processuali e dei presupposti richiesti per il corretto esercizio dei poteri istruttori di cui all'art. 437 cod. proc. civ. sarebbe contraddittoria e superficiale nonché giustificata con argomentazione meramente apodittica. Si aggiunge che la sentenza impugnata sarebbe il frutto di un error in procedendo per il fatto che la Corte catanzarese, dopo avere scorrettamente ammesso le prove documentali prodotte in entrambi i gradi del giudizio dal Ministero della Giustizia, non ha disposto il rinvio d'ufficio della causa ad una successiva udienza per consentire al lavoratore di interloquire al riguardo, così violando il principio del contraddittorio e il diritto di difesa dell'interessato, di cui all'art. 24 Cost 2.3 - Con il terzo motivo si denunciano 1 nullità della sentenza per omesso esame e per carente, contraddittoria, insufficiente motivazione su punti fondamentali della controversia 2 errata valutazione dei presupposti di diritto 3 nullità dell'azione per indeterminatezza dell'atto introduttivo art. 342 e 434 cod. proc. civ. . Si contesta la mancata considerazione e la omessa motivazione in ordine alla rituale deduzione difensiva del lavoratore relativa alla assenza di specificità dei motivi di appello e alla conseguente inammissibilità dell'appello stesso. 2.4.- Con il quarto motivo si denunciano 1 nullità della sentenza per omesso esame e per carente, contraddittoria, insufficiente motivazione su punti fondamentali della controversia 2 errata valutazione dei presupposti di diritto 3 violazione del principio di proporzionalità e gradualità tra l'addebito contestato e la sanzione da irrogare art. 2106 cod. civ. e art. 13 CCNL Ministeri 2002-2006 . Si sostiene che la Corte d'appello - senza neppure esaminate le censure prospettate sul punto dal B. nel ricorso introduttivo, dichiarate assorbite dal giudice di primo grado - abbia formulato un giudizio di proporzionalità tra la sanzione espulsiva e gli addebiti, sulla sola base della valutazione compiuta dal Ministero e di personali considerazioni del Giudicante , senza valutare affatto le emergenze in atti e giustificando la propria scelta con motivazione seriamente carente , specialmente con riguardo al mancato vaglio della questione relativa all'applicabilità, nella specie, dell'art. 13, n. 4, lettera c , del CCNL di settore, anziché dell'art. 13, n. 6, lettera d del contratto stesso. Pertanto, la Corte territoriale non ha analizzato il comportamento del B. in tutte le sue componenti, oggettive e soggettive e non ha dato alcun rilievo alla sua scelta di ammettere gli addebiti che gli sono stati contestati, così permettendo una celere conclusione del procedimento penale a suo carico. 2.5.- Con il quinto motivo si denunciano 1 nullità della sentenza per omesso esame su un punto decisivo della controversia violazione dell'art. 14 CCNL Comparto Ministeri 2002-2006 2 errata valutazione dei presupposti di diritto. Si sottolinea che, anche con riguardo all'eccezione di violazione dell'art. 14 CCNL da applicare nella specie, la motivazione della sentenza sarebbe sbrigativa e non sufficiente a superare le molteplici questioni, in fatto e in diritto, proposte con l'eccezione stessa. Si precisa che 1 il 16 febbraio 2007 l'Ufficio competente per l'irrogazione delle sanzioni disciplinari, avendo preso visione della sentenza n. 229/06 emessa dal Tribunale penale di Paola il 17 dicembre 2006, ha sospeso obbligatoriamente il lavoratore, ai sensi dell'art. 4, comma 1, della legge n. 97 del 2001 2 soltanto il 10 ottobre 2007 - quindi dopo 237 giorni dall'effettiva conoscenza della sentenza penale - l'Amministrazione ha disposto la riattivazione dei procedimenti disciplinari fino ad allora rimasti sospesi 3 già alla data della lettura e contestuale deposito delle motivazioni della sentenza penale suddetta 7 dicembre 2006 la sentenza stessa, emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., era inappellabile, ex art. 448, comma 2, cod. proc. pen, perché resa con il consenso del Pubblico ministero 4 la Amministrazione ha sostenuto di avere avuto comunicazione della passaggio in giudicato della sentenza de qua in data 26 settembre 2007, sicché la riattivazione disposta con PDG 10 ottobre 2007, sarebbe tempestiva, tuttavia non si rinvengono in atti documenti dai quali si possa desumere che la data dell'anzidetta comunicazione sia quella dichiarata dal Ministero. III - Esame delle censure. 3.- Tutte le censure che residuano dalla dichiarazione di inammissibilità disposta preliminarmente vedi paragrafo 1 - da esaminare congiuntamente perché intimamente connesse - non sono da accogliere, per le ragioni di seguito esposte. 3.1.- La motivazione della sentenza impugnata si snoda attraverso i seguenti principali passaggi argomentativi a il primo giudice avrebbe dovuto ammettere la documentazione prodotta dal Ministero, sia pure tardivamente, e considerare provata la tempestività del procedimento disciplinare in conformità con l'orientamento della Corte di cassazione secondo cui il principio generale di riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 cod. civ. deve essere contemperato con il principio di acquisizione probatoria, che trova fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo, con la conseguenza che anche il principio dispositivo delle prove va inteso in modo differente, traducendosi nel dovere del giudice di pronunciare nel merito della causa sulla base del materiale probatorio ritualmente acquisito da qualunque parte processuale provenga b nella specie, infatti, il giudice di primo grado per affermare la presunta tardività della contestazione disciplinare - effettuata con nota ministeriale del 10 ottobre 2007, ricevuta dall'interessato il successivo 13 ottobre - ha fatto riferimento alle note del 7 marzo 2006 e dal 6 luglio 2006, avendone appreso il contenuto dall'esame della documentazione allegata dal B. nel proprio fascicolo, comprendente numerosi atti a partire dalla nota di contestazione disciplinare del 10 ottobre 2007 , nei quali vi è esplicito richiamo agli anzidetti atti di avvio dei procedimenti disciplinari e non certamente dalla documentazione prodotta in giudizio dal Ministero, di cui era stata disposta l'inammissibilità, per effetto della tardiva costituzione in giudizio dell'Amministrazione c peraltro, in sede disciplinare, nella memoria difensiva del 30 ottobre 2007 e nella richiesta in pari data, il B. ha indicato con precisione gli estremi dei procedimenti disciplinari, facendo rinvio espresso alle due suddette note del 2006 di avvio dei procedimenti stessi per le condotte descritte nel provvedimento di riunione dei due iniziali procedimenti d non va, comunque, dimenticato che nel rito del lavoro il principio dispositivo è contemperato - atteso il riconoscimento dei poteri officiosi del giudice ex art. 421 e 437 cod. proc. civ. - con le esigenze della ricerca della verità materiale al fine di assicurare ai diritti che con esso vengono azionati una tutela differenziata in ragione della loro natura, poteri il cui esercizio nella specie deve considerarsi ancor più giustificato dal fatto che la documentazione prodotta dal Ministero tardivamente è meramente integrativa rispetto a quella già acquisita agli atti, sicché per tutte le suesposte ragioni essa - già ammissibile in primo grado - si può senz'altro ammettere in appello, unitamente con le relate di notifica delle suddette note del 2006 e quanto alla proporzionalità della sanzione, è da condividere la valutazione del Ministero, in quanto il numero dei fascicoli interessati dalla condotta delittuosa superiore a 100 , la reiterazione della condotta medesima, le modalità di attuazione della stessa, lo sfruttamento del servizio pubblico per ricavare illeciti ricavi a danno dell'Amministrazione nonché l’irrogazione della sanzione penale a seguito di patteggiamento sono tutti elementi significativi della gravità degli addebiti e ostativi della permanenza del B. nell'Amministrazione della Giustizia, essendo chiaramente e irrimediabilmente lesivi del rapporto di fiducia che è alla base del rapporto lavorativo. 3.2.- Ne deriva che la decisione sulla ammissibilità dell'esame delle note del 7 marzo 2006 e dal 6 luglio 2006 di avvio dei procedimenti disciplinari e della successiva documentazione su cui si fonda la censura del B. - di cui in questa sede si contesta il mancato accoglimento - di presunta tardività della contestazione disciplinare effettuata con nota ministeriale del 10 ottobre 2007, ricevuta dall'interessato il successivo 13 ottobre risulta fondata su due rationes decidendi ciascuna delle quali di per sé idonea a sostenere la pronuncia, rappresentate rispettivamente 1 dall'applicazione del consolidato indirizzo di questa Corte che, peraltro, il Collegio condivide secondo cui il principio generale di riparto dell'onere probatorio di cui all'art. 2697 cod. civ. deve essere contemperato con il principio di acquisizione probatoria, che trova fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo 2 dall'utilizzabilità, nella specie, dei poteri officiosi del giudice ex art. 421 e 437 cod. proc. Civ Nessuna delle numerose censure prospettate dal ricorrente si riferisce alla prima delle suddette rationes decidendi . Trova quindi applicazione il principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, nel caso in cui venga impugnata con ricorso per cassazione una sentenza o un capo di questa che si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, l'omessa impugnazione di una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza vedi, per tutte Cass. 5 ottobre 1973, n. 2499 Cass. SU 8 agosto 2005, n. 16602 Cass. SU 29 maggio 2013, n. 7931 Cass. 11 febbraio 2011, n. 3386 . 3.3.- Di qui il rigetto del ricorso, con assorbimento di ogni altro profilo di censura. IV – Conclusioni. 4. In sintesi, il ricorso deve essere respinto. Le spese del presente giudizio di cassazione - liquidate nella misura indicata in dispositivo - seguono la soccombenza. 5.- Peraltro, ai sensi dell'art. 384, primo comma, cod. proc. civ., si ritiene opportuno enunciare il seguente principio di diritto 1 in materia di procedimento disciplinare collegato a procedimento penale nei confronti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al d.lgs. n. 165 del 2001, a seguito dell'entrata in vigore della legge 27 marzo 2001 n. 97 - recante Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche - i termini per dare inizio, o in caso di intervenuta sospensione, per disporre la prosecuzione del procedimento disciplinare sono quelli stabiliti dall'art. 5, comma 4, di tale legge. Nel dettare tali termini legali lo stesso art. 5, comma 4, nella sua formulazione originaria, rinviava anche ai termini stabiliti dalla contrattazione collettiva per la contestazione dell'addebito, destinati ad entrare in vigore con la costituzione dell'ufficio competente per la contestazione disciplinare e comunque alternativi rispetto a quelli legali nei limiti di cui all'art. 8 della stessa legge . Peraltro, in seguito alla modifica del citato art. 5, comma 4, introdotta dall'art. 72, comma 2, del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, il rinvio ai termini previsti dalla contrattazione collettiva è stato soppresso”. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione, liquidate in Euro 100,00 cento/00 per esborsi, Euro 3500,00 tremilacinquecento/00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.