Mancata promozione non significa perdita di chance

In tema di risarcimento del danno connesso alla svolgimento di procedure selettive, incombe sul singolo dipendente l’onere di provare - pur se solo in modo presuntivo - il nesso di causalità tra l’inadempimento datoriale ed il danno derivato dal mancato conseguimento della qualifica superiore.

Così ha deciso la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 10429, depositata il 14 maggio2014. L’agognata promozione. Nel lontano 1988 un dipendente della Cassa di Risparmio di Roma lamentava di aver subito un ingiustificato arresto nella propria carriera per essere stato escluso dalla promozione a funzionario di terzo grado. Sebbene il bancario fosse stato in possesso di tutti i requisiti per ottenere la promozione, per ben due volte, la banca aveva selezionato dipendenti con titoli, professionalità ed anzianità di servizio inferiori a quelli dell’escluso. Il lavoratore, quindi, conveniva in giudizio la banca avanti il Pretore onde accertare la violazione dei principi di buona fede e correttezza nell’applicazione dei criteri di selezione ed ottenere, di conseguenza, l’annullamento della procedura con condanna della banca all’attribuzione dell’inquadramento superiore con relativo pagamento delle differenze retributive e contributive. In via subordinata, il lavoratore avanzava le medesime domande con riferimento alla seconda procedura di selezione. Orientamento altalenante. Secondo il Pretore, la documentazione prodotta dal bancario non era sufficiente a ricostruire in modo puntuale i criteri di valutazione dei candidati, dei quali, peraltro, non era nemmeno stata stilata una graduatoria. Di conseguenza, le istanze retributive e contributive venivano dichiarate inammissibili. Tuttavia, poiché la procedura era risultata poco trasparente, il Pretore ne dichiarava la nullità, rilevando una violazione dei principi di buona fede e correttezza. Ormai pensionato e con la decisione pretorile passata in giudicato, l’ex bancario promuoveva avanti il Tribunale una nuova domanda di pagamento delle differenze retributive e contributive, sulla base di quanto avrebbe dovuto percepire in qualità di funzionario di terzo grado. In subordine chiedeva il risarcimento del danno da perdita di chance subito a seguito dell’esclusione. Ricalcando le motivazioni pretorili, il Tribunale respingeva tutte le domande, le quali, però, venivano successivamente accolte dalla Corte d’Appello. Secondo la Corte territoriale, a seguito dell’annullamento della procedura, la banca avrebbe dovuto rinnovare la selezione, eliminando i vizi che ne avevano determinato la nullità. Non avendolo fatto, permanevano le violazioni dei principi di buona fede e correttezza. Inoltre, diversamente da quanto rilevato dal Pretore e dal Tribunale, la Corte riteneva che la documentazione prodotta dal lavoratore escluso fosse idonea a dimostrare come quest’ultimo avesse le carte in regola per poter essere promosso. Pertanto, se i criteri di selezione fossero stati applicati correttamente, egli sarebbe risultato vincitore. All’esito delle prime tre decisioni è il caos la procedura di selezione è viziata secondo tutti e tre i giudicanti, ma ciò cosa comporta? Solo la nullità della procedura oppure anche il diritto a percepire le differenze retributive e contributive dovute al maggior inquadramento? La mancata promozione implica una deminutio spei e, quindi, un danno da perdita di chance ? Cosa deve provare il lavoratore escluso? La Corte di Cassazione cerca di rimettere ordine partendo dalla ripartizione dell’onere probatorio concernente il nesso di causalità tra la procedura di selezione viziata e la mancata promozione. La Suprema Corte consolida il suo orientamento Cass., n. 2598/1992 Cass., n. 16233/2012 Cass., S.U., n. 21678/2013 affermando che spetta al lavoratore l’onere di provare, seppur in modo presuntivo, l’inadempimento datoriale procedura di selezione viziata e il danno derivato dal mancato conseguimento della qualifica superiore, nonché il nesso di causalità tra l’uno e l’altro. Ora, il Pretore aveva già individuato tale carenza probatoria e la Corte di Cassazione rincara la dose, affermando che il lavoratore pretermesso avrebbe dovuto allegare e dimostrare di possedere requisiti eguali o migliori rispetto ai candidati promossi e requisiti migliori rispetto agli altri esclusi. In altri termini, affinché la procedura di selezione possa dirsi viziata a causa del mancato rispetto degli obblighi di buona fede e correttezza, il lavoratore pretermesso deve allegare tutti i fatti idonei a dimostrare il suo diritto alla promozione rispetto ai candidati promossi e a quelli esclusi. Solo attraverso questa comparazione, la ricostruzione dei criteri di selezione risulta quanto più precisa. La mancata allegazione e prova dei fatti, costitutivi del diritto di promozione, comporta l’accoglimento del ricorso promosso dalla banca. Ciò significa che la mancata promozione non comporta automaticamente una deminutio spei tale da determinare una perdita di chance l’allegazione dei fatti costituenti il diritto alla qualifica superiore deve essere puntuale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 1° aprile – 14 maggio 2014, numero 10429 Presidente Stile – Relatore Lorito Svolgimento del processo Con ricorso al pretore di Roma in funzione di giudice del lavoro depositato in data 25/1/91 M.P. , dipendente della Cassa di Risparmio di Roma, lamentava di aver subito un ingiustificato arresto nella propria carriera per esser stato escluso, pur essendo in possesso dei necessari requisiti soggettivi ed oggettivi, dalla promozione a funzionario di grado terzo nei due procedimenti di promozione a scelta per merito comparativo, instaurati nel dicembre 1988 e nell'ottobre 1990, nel corso dei quali erano stati promossi 249 dipendenti quasi tutti con anzianità di servizio, titoli e professionalità inferiori ai suoi. Dopo aver descritto, a sostegno del diritto azionato, le qualifiche e i giudizi di merito che gli erano stati attribuiti nonché i vari incarichi ricoperti nel tempo, conveniva in giudizio la Cassa di Risparmio di Roma chiedendo, previo accertamento della violazione delle norme contrattuali e dei principi generali di correttezza e buona fede, una pronuncia di annullamento della prima procedura e di accertamento del suo diritto alla promozione a funzionario di grado III e di condanna al pagamento delle differenze retributive, in subordine spiegando le stesse domande in relazione alla seconda procedura del 1/12/90. All'esito della costituzione dell'istituto di credito e della acquisizione della documentazione relativa agli atti di entrambe le procedure, con sentenza 12/11/96-13/1/97 coperta dal giudicato, il giudice adito rilevava che, alla stregua della documentazione depositata nel corso del giudizio, ritenuta incompleta per mancanza di alcune schede relative al medesimo ricorrente, e comunque della tardività delle allegazioni della convenuta, non era possibile ricostruire i criteri applicati in sede di valutazione dei candidati in relazione alle posizioni dei quali neanche era stata stilata una graduatoria. Dichiarava, quindi, la nullità degli atti inerenti le procedure di promozione oggetto di impugnazione per violazione sia delle disposizioni contrattuali collettive che regolavano la materia delle procedure selettive, sia dei criteri di correttezza e buona fede. Dichiarava, poi, l'inammissibilità delle ulteriori domande proposte dal M. , non essendo stati acquisiti elementi adeguati sui nominativi di coloro che erano stati valutati e non essendo possibile verificare se, all'esito della comparazione, avrebbe avuto effettivamente diritto ad essere preferito rispetto agli ammessi. Con successivo ricorso al Tribunale di Roma depositato in data 28/12/05 il M. , collocato in pensione dal 31/5/98, dopo aver fatto richiamo alla precedente decisione pretorile numero 291/97 passata in giudicato, proponeva nuovamente le domande avanzate nel pregresso giudizio, chiedendo altresì la condanna al pagamento anche delle differenze sul TFR spettanti dal 1/1/89 al 31/5/98 e sul trattamento pensionistico percepito dal 10/6/98 al 31/10/05 per un importo complessivo di Euro 304.734,28 nonché della differenza a tale titolo per il periodo successivo al 31/10/05 da liquidarsi equitativamente, oltre accessori di legge. In subordine, instava per la condanna della controparte al risarcimento del danno da perdita di chance a seguito della esclusione dalla promozione a funzionario di terzo grado nella procedura selettiva del 1988. Il giudice adito, respingeva il ricorso con sentenza 15/2/07 che veniva riformata dalla Corte d'appello di Roma. La Corte territoriale con pronuncia del 9/10/12 procedeva all'accoglimento della domanda principale proposta dal M. riconoscendo il suo favore il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni ed al trattamento pensionistico che avrebbe percepito se avesse ottenuto la promozione richiesta, nella misura di Euro 304.734,28, e dell'ulteriore importo di Euro 13.832,47 annuali per il periodo successivo al 31/10/05 sino alla data della sentenza. Nel pervenire a tali conclusioni i giudici di merito osservavano in sintesi che, in seguito all'annullamento degli atti inerenti le procedure selettive disposta dalla pronuncia del Tribunale di Roma numero 291/97 passata in giudicato, sarebbe stato onere della banca, in ossequio ai principi di correttezza e buona fede, disporre la rinnovazione della procedura concorsuale emendandola dai vizi che avevano condotto alla declaratoria di nullità. Permanendo, quindi, un vizio di violazione delle clausole generali descritte, i giudici rilevavano che, sulla base della documentazione versata in atti, il ricorrente risultava aver conseguito punteggi più favorevoli, quanto meno rispetto a tre concorrenti risultati vincitori, di guisa che ben poteva ritenersi che, se i criteri di valutazione concorsuale fossero stati correttamente applicati, egli sarebbe risultato inevitabilmente vincitore. Avverso tale pronuncia interpone tempestivo ricorso per Cassazione la Unicredit spa, già Banca di Roma spa affidato a sette motivi. Resiste con controricorso il M. . Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo la società denuncia vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 2909 c.c. in relazione al disposto di cui all'articolo 360 numero 3 c.p.c. sul rilievo che la Corte d'Appello adita non poteva statuire in ordine al corretto svolgimento delle operazioni di comparazione fra i concorrenti ed alla possibile inclusione del ricorrente nel novero dei promossi, ostandovi le statuizioni della sentenza numero 291/97 emessa dal Pretore di Roma. Questi aveva infatti acclarato che, nella obiettiva carenza di deduzioni, documentazione e graduatorie, mancavano dati precisi sul numero e sui nominativi di coloro che nel complesso erano stati oggetto di valutazione nell'ambito delle due procedure. In siffatto contesto non era, quindi, consentito verificare rispetto a quale dei concorrenti promossi il ricorrente avrebbe avuto diritto ad essere preferito né se all'esito della comparazione, sarebbe rientrato effettivamente nel novero dei promossi considerato che la previsione di un preciso numero di posti vacanti nella qualifica di funzionario di III grado preclude la possibilità di una eventuale promozione in sovrannumero. Detta pronuncia, resa intangibile dal passaggio in giudicato, riverberava i propri effetti sia sulla domanda intesa a conseguire l'accertamento del diritto a promozione, sia quella concernente il diritto al risarcimento del danno, residuando in capo al M. eventualmente la sola possibilità di agire per il ristoro del danno da perdita di chance . Con il secondo mezzo di impugnazione la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2934 c.c. e seguenti avendo la Corte territoriale del tutto omesso di motivare in ordine alla eccezione di prescrizione dell'azione di risarcimento del danno e del risarcimento da perdita di chance sollevata sin da primo grado di giudizio. Con il terzo motivo lamenta la ricorrente violazione e falsa applicazione dell'articolo 2697 c.c. avendo i giudici di merito invertito l'onere della prova in tema di domanda tesa all'accertamento della illegittimità di procedura concorsuale e di mancata promozione, ponendolo a carico dell'azienda, piuttosto che del lavoratore. Rinvia, quindi, alla costante giurisprudenza di legittimità secondo cui grava sul lavoratore l'onere di dimostrare il nesso di causalità fra illegittimità del concorso ed omessa promozione, che consiste nella prova del possesso di titoli superiori rispetto a quelli dei promossi solo quando sia collocato in graduatoria dopo l'ultimo degli stessi, laddove, nell'ipotesi in cui sia preceduto da altri idonei non promossi, è necessario anche il raffronto con la posizione di tutti i candidati che lo precedono dal quale emerga la illegittimità della sua mancata promozione, che nella specie era del tutto mancato. Con il quarto motivo si denuncia vizio di omessa o insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia per avere i giudici di merito affermato, sul presupposto della errata prospettiva di una inversione dell'onere probatorio, che il M. possedeva titoli maggiori rispetto ai candidati D. , V. e G. senza argomentare in ordine alle ragioni di tale convincimento. In realtà, nella prospettazione della società, in relazione ai parametri assunti a base del metodo comparativo, ovverosia le competenze professionali maturate e l'attitudine ai nuovi sviluppi professionali, il M. risultava comunque inferiore agli altri tre concorrenti considerati alla stregua delle acquisizioni probatorie versate in atti. Con il quinto motivo si lamenta vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 1224 c.c. e delle disposizioni in tema di determinazione e quantificazione del danno da perdita di chance. Dopo aver posto l'accento sulla preclusione all'accertamento del diritto derivante dal giudicato della pronuncia pretorile numero 291/97, laddove aveva acclarato l'impossibilità di verifica rispetto a quale dei concorrenti promossi nell'una e nell'altra procedura, il dipendente avrebbe avuto diritto ad essere preferito, né se, all'esito della comparazione, sarebbe rientrato nel novero dei promossi, osserva che comunque il M. non avrebbe avuto diritto alla liquidazione del risarcimento del danno nella misura del 100% posto che in applicazione del criterio equitativo, la Corte di merito avrebbe dovuto valutare la mera possibilità del ricorrente di conseguire la richiesta promozione, tenuto conto del rapporto esistenze fra dipendenti promossi e dipendenti che potevano aspirare ad accedere alla qualifica medesima. Con il sesto motivo si denuncia il medesimo vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 1224 c.c. e delle disposizioni in tema di determinazione e quantificazione del danno da perdita di chance in cui è incorsa la Corte di merito nella liquidazione del c.d. danno pensionistico posto che nella specie si verte in tema di perdita di chance concernente la valutazione in un procedimento di promozione e non certo di ricostruzione della carriera, come se il dipendente avesse maturato un diritto certo alla promozione. Con il settimo mezzo di impugnazione si lamenta vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 1224 c.c. e delle disposizioni in tema di determinazione e quantificazione del danno da perdita di chance in tema di quantificazione del danno disposta dalla Corte di merito, che ha proceduto alla quantificazione del danno sulla scorta di un preciso parametro retributivo piuttosto che di criteri che tenessero conto della percentuale di probabilità che il lavoratore avrebbe avuto di risultare vincitore. Il primo motivo di ricorso è fondato. Osserva la Corte che l'errore di fondo che connota la sentenza impugnata risiede nella omessa retta valutazione dei contenuti della sentenza numero 291/97 resa intangibile dai passaggio in giudicato. Il Pretore nella pronuncia richiamata, aveva acclarato che l'esito dell'accertamento svolto in quel giudizio non aveva fornito elementi di univocità sul diritto alla promozione, nella carenza di dati precisi sul numero e sui nominativi di coloro che nel complesso, erano stati oggetto di valutazione in entrambe le procedure. Di conseguenza, era impossibile pervenire all'accertamento del rivendicato diritto alla promozione ed al risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni corrispondenti alla qualifica di funzionario di grado III. La pronuncia aveva quindi statuito, con autorità di cosa giudicata, che non risultavano acquisiti elementi idonei a fondare il diritto azionato dal M. . Si trattava di un capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato, risolvendo una questione controversa avente una propria individualità ed autonomia si da integrare astrattamente una decisione indipendente vedi sul punto fra le tante, Cass. 23 marzo 2012 numero 4732 . La sentenza pretorile, peraltro, oltre ad aver negato riconoscimento alle pretese azionate dal ricorrente, non aveva sancito alcun obbligo per la società di rinnovare le procedure di promozione dichiarate nulle. Deve ritenersi pertanto privo di pregio l'assunto del giudice d'appello, secondo cui nonostante l'insussistenza di un obbligo in capo all'istituto di credito di rinnovare le procedure selettive, sarebbe comunque residuata a suo carico una responsabilità per violazione dei canoni di correttezza e buona fede derivante dal mancato rinnovo delle stesse da cui sarebbe scaturita la fondatezza della domanda risarcitoria azionata dal M. . La statuizione non è coerente con le premesse relative alla non obbligatorietà di rinnovo delle procedure, pur affermata dalla Corte territoriale in conformità al principio di rango costituzionale attinente alla libertà di esercizio del diritto d'impresa , ed urta con il ricordato accertamento della insussistenza di elementi atti a configurare un diritto del ricorrente a conseguire la qualifica di funzionario di grado terzo rivendicata. Peraltro, la sentenza della Corte territoriale presta il fianco anche alle ulteriori censure formulate dalla società con il terzo motivo di ricorso. La Unicredit spa si duole invero del governo, da parte dei giudici di merito, dei principi in tema di ripartizione dell'onere probatorio concernente il rapporto di causalità fra illegittimo espletamento del concorso e mancata promozione, avendo essi limitato la comparazione della posizione del ricorrente con soli tre concorrenti dichiarati vincitori, sul presupposto che la lacunosità della documentazione prodotta dalla banca in relazione alle selezioni svolte, non potesse ridondare a danno del dipendente il cui onere probatorio ben poteva essere limitato entro i ristretti termini descritti. In realtà ostano alle conclusioni cui è pervenuta la Corte di merito i principi consolidati nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di risarcimento danno connesso allo svolgimento di procedure selettive, incombe sul singolo dipendente l'onere di provare pur se solo in modo presuntivo il nesso di causalità fra l'inadempimento datoriale e il danno derivato dal mancato conseguimento della qualifica superiore vedi fra le tante, Cass. 4 marzo 1992 numero 2598, Cass. 25 settembre 2012 numero 16233, Cass. S.U. 23 settembre 2013 numero 21678 sentenza quest'ultima emessa in caso di inadempimento da parte del datore di lavoro pubblico dell'obbligo contrattualmente previsto di organizzare procedure selettive per progressioni verticali e di risarcimento del danno da perdita di chance . Appare evidente che la sentenza impugnata presenti, quindi, innegabili carenze, avendo tralasciato di considerare che il M. non aveva non solo provato ma nemmeno allegato di ricoprire una posizione poziore rispetto a tutti i partecipanti alle procedure dichiarate nulle i quali, come lui erano stati dichiarati non idonei nelle procedure già espletate. Nell'ipotesi in cui il concorrente pretermesso sia preceduto da altri idonei non promossi, in coerenza con i principi già sanciti da questa Corte vedi Cass. 4 marzo 1992 numero 2598 , sarebbe stato infatti necessario un raffronto anche con la posizione di questi candidati dal quale potesse emergere l'illegittimità che aveva determinato la mancata promozione del ricorrente. In tal senso si impone l'evidenza della insufficienza della comparazione della posizione del ricorrente solo con tre dei vincitori di concorso, che si traduce in un passaggio motivazionale inidoneo a superare la carenza di allegazione del fatto costitutivo del diritto azionato dall'attore ed, a fortiori, la carenza probatoria del medesimo. Nella descritta prospettiva la pronuncia impugnata non ha disposto un corretto governo dei principi generali vigenti in tema di rispetto del principio di allegazione e di ripartizione dell'onere probatorio sullo specifico tema dibattuto, come delineato dal costante orientamento espresso da questa Corte. In definitiva, i motivi primo e terzo vanno accolti dichiarandosi assorbiti quelli ulteriori. La sentenza impugnata va pertanto cassata e respinta la domanda proposta in primo grado dal M. ex articolo 384 comma 2 c.p.c. non essendo necessario disporre ulteriori accertamenti di fatto. L'alterno esito dei giudizi di merito, comprovante l'obiettiva difficoltà dell'apprezzamento dei fatti e la complessità delle questioni trattate, giustificano, infine, la compensazione fra le parti delle spese inerenti all'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da M.P. . Compensa le spese dell'intero processo.