Pensione di inabilità, nessun arretrato da recuperare: fatale il conteggio dei redditi della beneficiaria e del coniuge

In ballo il periodo 1999-2005 per questi anni una donna chiede la corresponsione, a posteriori, della pensione di inabilità, riconosciuta dall’Inps solo post 2005, ma i giudici ritengono illegittima la domanda. Decisivo l’arco temporale a cui si fa riferimento, e la normativa applicabile, ossia quella prevista dalla l. n. 33/1980, nel testo previgente alle modifiche apportate dal d.l. n. 76 /2013.

Pensione di inabilità erogata ‘a scoppio ritardato’ dall’Istituto nazionale di previdenza sociale. Almeno questo è quanto sostiene la beneficiaria, rivendicando il diritto a recuperare gli arretrati relativi al periodo ottobre 1999-dicembre 2005. Ma questa richiesta è respinta in maniera netta fatale il reddito della donna, cui va aggiunto anche quello del coniuge. Cassazione, sentenza n. 9391, sez. Lavoro, depositata oggi . Pensione. A dichiarare sconfitta la donna, nella battaglia con l’Inps, sono stati già i giudici di primo e di secondo grado niente recupero della pensione di inabilità . Ciò perché ai fini dell’accertamento del requisito reddituale bisogna tener conto anche del reddito del coniuge dell’invalido . E in questa vicenda è emerso, carte alla mano, che il reddito dell’assistita, cumulato con quello del coniuge, superava i limiti stabiliti dal Ministero. Comunque, aggiungono i giudici, il diverso trattamento , sul fronte del requisito reddituale , tra titolari di pensione di inabilità assoluta e titolari di assegno di invalidità con disciplina più favorevole per questi non è contrastante con il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione. Reddito. E le valutazioni compiute dai giudici di merito vengono condivise, e ‘cristallizzate’, dai giudici del ‘Palazzaccio’, nonostante le obiezioni ulteriori mosse dalla donna e fondate sulla tesi secondo cui è irragionevole – e incostituzionale – sostenere che per la pensione di inabilità continua a trovare applicazione la disciplina per cui il reddito personale dell’invalido si cumula con quello del coniuge . Tali obiezioni , secondo i giudici, non hanno alcun fondamento, alla luce del periodo di tempo anni dal 1999 al 2005 cui fa riferimento la richiesta della provvidenza oggetto di causa e della normativa applicabile ratione temporis ossia quella dell’art. 14 septies della l. n. 33/80, nel testo previgente le modifiche apportatevi dall’art. 10, commi 5 e 6, del d.l. n. 76/2013, convertito nella l. n. 99 Alla vicenda in esame, in sostanza, va applicato, tenendo ben presente l’ intervento del legislatore , il principio secondo cui ai fini dell’accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l’assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui all’art. 12 della l. n. 118/1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell’invalido, ma anche quello eventuale del coniuge , onde il beneficio va negato quando l’importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato . Per chiudere, i giudici chiariscono che pur vertendosi nell’ipotesi di domanda oggetto di un procedimento giurisdizionale non ancora concluso, non viene in questione un diritto a pensione da riconoscere alla data di entrata in vigore della norma – alla donna il diritto in questione era già stato riconosciuto spontaneamente dall’Inps nell’anno 2005 – né la beneficiaria potrebbe vantare il diritto al pagamento di importi arretrati . Decisiva la considerazione che proprio l’intervento del legislatore , nonostante alcune ambiguità , ha fissato ‘paletti’ importanti il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità è condizionato, oltre che dalla totale invalidità, anche dal possesso di un reddito personale dell’invalido non superiore al limite la disposizione si applica anche alle domande amministrative presentate prima del 28 giugno 2013, ed a tutte le domande giudiziarie non ancora definite ove l’Istituto, anteriormente a tale data, abbia erogato ratei di prestazione, sia in via amministrativa che in esecuzione di un provvedimento giudiziario, le somme non sono ripetibili, a condizione che il reddito personale dell’invalido fosse inferiore al limite annualmente previsto .

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 marzo – 29 aprile 2014, numero 9391 Presidente Coletti De Cesare – Relatore Lorito Svolgimento del processo Con sentenza depositata in data 19/3/09 la Corte di Appello di Ancona confermava la pronuncia di primo grado del 14/12/05, con la quale era stata respinta la domanda proposta da F.N. nei confronti dell'Inps intesa a conseguirne la condanna alla corresponsione della pensione di inabilità ex L. numero 118 del 1971 articolo 12 dall'ottobre 1999 al dicembre 2005, epoca in cui l'Istituto aveva erogato la prestazione richiesta. La Corte territoriale osservava nei motivi che, ai fini dell'accertamento del requisito reddituale previsto per la concessione della pensione di inabilità, deve tenersi conto anche del reddito del coniuge dell'invalido, non potendo trovare applicazione la regola della esclusione dei redditi percepiti dagli altri componenti del nucleo familiare, stabilita dalla L. numero 33 del 1980, articolo 14 septies, comma 5, perché prevista solo per l'attribuzione dell'assegno mensile di cui alla citata Legge numero 118 del 1971, articolo 13. Osservava ancora che il diverso trattamento, quanto al requisito reddituale, tra titolari di pensione di inabilità assoluta e titolari di assegno di invalidità con disciplina più favorevole per questi non poteva ritenersi contrastante con il principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 Cost., e concludeva rilevando che, nella specie, per gli anni oggetto di causa, il reddito dell' assistita, cumulato con quello del coniuge, superava i limiti stabiliti dal Ministro competente. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la F. affidandosi a due motivi. Resiste con controricorso l'Inps e con atto di costituzione il Ministero dell'Economia e delle Finanze. Motivi della decisione 1. Con due motivi, illustrati da quesiti, la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 14 septies legge numero 33/80 e ripropone, in relazione agli artt. 3,29,31,32 e 38 Cost., la questione di legittimità costituzionale della norma, sostenendo che è irragionevole la interpretazione della normativa in materia suggerita dalla sentenza impugnata, nel senso che per la pensione di inabilità continua a trovare applicazione la disciplina per cui il reddito personale dell'invalido si cumula con quello del coniuge. 2. Le censure, da esaminarsi congiuntamente per la connessione giuridica che le connota, sono infondate, tenuto conto del periodo di tempo anni dal 1999 al 2005 cui fa riferimento la richiesta della provvidenza oggetto di causa e della normativa applicabile ratione temporis, ossia quella dell'articolo 14 septies della legge numero 33/80, nel testo previgente le modifiche apportatevi dall'articolo 10, commi 5 e 6, del recente d.l. 28 giugno 2013, numero 76 convertito in legge 9 agosto 2013 numero 99 , non operando, nella specie, tali modifiche per le ragioni che di seguito si esporranno. Tanto precisato si osserva che la giurisprudenza di questa Corte, pervenuta in passato a difformi interpretazioni dell'articolo 14 septies, può dirsi ormai consolidata nell'affermare il principio alla cui stregua Ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito reddituale per l'assegnazione della pensione di inabilità agli invalidi civili assoluti, di cui all'articolo 12 della legge numero 118 del 1971, assume rilievo non solamente il reddito personale dell'invalido, ma anche quello eventuale del coniuge del medesimo, onde il beneficio va negato quando l'importo di tali redditi, complessivamente considerati, superi il limite determinato con i criteri indicati dalla norma suindicata vedi Cass. numero 28565 del 20 dicembre 2013, Cass. 22 marzo 2013 numero 7320, Cass. numero 20274 del 19 novembre 2012, Cass. numero 10658 del 26 giugno 2012, Cass. numero 5003 del 1° marzo 2011 . 4. All'affermazione del suddetto principio la Corte è pervenuta sulla base di considerazioni che il Collegio pienamente condivide e fa proprie, in particolare rilevando che l'intervento attuato dal legislatore con l'articolo 14 septies, comma 5, è chiaramente inteso a riequilibrare le posizioni dei mutilati e invalidi civili, a seguito dell'innalzamento del limite reddituale previsto - ma esclusivamente per gli invalidi civili assoluti - dalla L. numero 29 del 1977. Significativo di tale intento è che per l'attribuzione dell'assegno è, bensì, preso a riferimento il solo reddito individuale dell'assistito, ma l'importo da non superare per la pensione di inabilità comma 4 corrisponde a più del doppio di quello stabilito per l'assegno L. 5.200.000 annue a fronte di L. 2.500.000 annue successivamente la divaricazione si è notevolmente ampliata in quanto, secondo le tabelle INPS, il limite reddituale stabilito per la pensione agli invalidi civili totali è divenuto quasi tre volte superiore a quello indicato per l'assegno mensile agli invalidi civili parziali a parità di importo mensile della prestazione . 5. La norma, inoltre, rappresenta una deroga all'orientamento generale della legislazione in tema di pensioni di invalidità e di pensione sociale, in base al quale il limite reddituale va determinato tenendosi conto del cumulo del reddito dei coniugi vedi Corte cost. sent. numero 769 del 1988 e numero 75 del 1991 vedi anche Corte cost. numero 454 del 1992, in tema di insorgenza dello stato di invalidità dopo il compimento del 65 anno e, di conseguenza, non esprime un principio generale con il quale dovrebbero essere coerenti disposizioni particolari. Del resto la sua stessa formulazione letterale, che fa menzione del solo assegno - fino a quel momento equiparato alla pensione di inabilità quanto alla regola del cumulo con i redditi del coniugo - non può che far concludere nel senso che la prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti a questa regola sia rimasta assoggettata. 6. Non può, poi, tralasciarsi di considerare che l'articolo 13 della L. numero 118 del 1971 - che come sopra ricordato, disciplina l'assegno mensile di invalidità - è stato sostituito ad opera dell'articolo 1, comma 35, della L. 24 dicembre 2007, numero 247 il quale, testualmente, stabilisce che Agli invalidi civili di una età compresa fra il diciottesimo e il sessantaquattresimo anno nei cui confronti sia accertata una riduzione della capacità lavorativa, nella misura pari o superiore al 74 per cento, che non svolgono attività lavorativa e per il tempo in cui tale condizione sussiste, è concesso a carico dello Stato ed erogato dall'INPS, un assegno mensile di Euro 242.84 per tredici mensilità, con le stesse condizioni e modalità previste per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo 12 . 7. Si tratta, all'evidenza, di un intervento con il quale viene ripristinato il collegamento tra le due prestazioni assistenziali quanto alle condizioni comprese, quindi, quelle economiche richieste per la loro assegnazione. Ma il prendere a riferimento, a tal fine, le condizioni stabilite per l'assegnazione della pensione di cui all'articolo 12 , determinare cioè una equiparazione che si vuole modulata sulla disciplina propria della prestazione prevista per gli invalidi civili assoluti, è, di per sè, indicativo del fatto che tale disciplina - anche per quanto riguarda le condizioni reddituali rilevanti - è diversa da quella nel frattempo dettata si ripete, con la L. numero 33 del 1980, articolo 14 septies, comma 5 per l'assegno mensile - non avendo senso, invero, una simile formulazione normativa ove le condizioni reddituali richieste per la pensione di inabilità fossero state le stesse previste per l'assegno e, dunque, si dovesse dar rilievo al solo reddito personale dell'invalido, ancorché coniugato, piuttosto che al reddito di entrambi i coniugi. 8. Sempre con riferimento alla normativa che, nel caso controverso, viene in questione ratione temporis è anche infondata la prospettata questione di illegittimità costituzionale con riferimento a tutti i precetti invocati. Con riguardo agli articoli 3 e 38 della Costituzione, la notevole diversità dell'importo del reddito previsto dall'articolo 14 septies della legge numero 33 del 1980 per gli invalidi civili totali e parziali quello richiesto per la corresponsione della pensione di inabilità è quasi doppio rispetto a quello previsto per l'attribuzione dell'assegno mensile , vale ad escludere, nel regime introdotto con la suddetta disposizione di legge, un'identità di ratio nella tutela che si è voluta apprestare con le due provvidenze, evidentemente graduate in esito a una complessa valutazione delle situazioni di bisogno delle varie categorie, attuata dal legislatore tenendo conto di vari elementi concorrenti vedi sul punto, Cass. numero 7320 del 22 marzo 2013 . Per quanto concerne, poi, la asserita violazione delle norme costituzionali poste a tutela della famiglia, mette conto osservare come l'attribuzione di un rilievo preclusivo dell'intervento pubblico al reddito familiare, di cui i singoli componenti beneficiano, discende dal riconoscimento, nel vigente sistema di sicurezza sociale, di meccanismi di solidarietà particolari, concorrenti con quello pubblico, ugualmente intesi alla tutela dell'uguaglianza e della libertà dal bisogno, in attuazione dell'articolo 3, comma 2°, della Costituzione. Il reddito familiare, del resto, a seguito della sostituzione del testo dell'articolo 13 della legge numero 118 del 1971 ad opera dell'articolo 1 comma 35 legge numero 247 del 2007, costituisce necessario parametro di riferimento anche per la concessione dell'assegno mensile, consistendo la provvidenza in questione vedi la sentenza della Corte costituzionale numero 187 del 2010 , in una erogazione destinata non già ad integrare il minor reddito dipendente dalle condizioni soggettive della persona invalida come aveva ritenuto, in passato, la giurisprudenza di questa Corte e della stessa Corte Costituzionale ma a fornire all'invalido -allo stesso modo che la pensione di inabilità - un minimo di sostentamento atto ad assicurarne la sopravvivenza cfr. Cass. cit numero 7320/13 . 9. Osserva, infine, la Corte, richiamando quanto già accennato in principio che, nello specifico, non viene in considerazione lo ius superveniens di cui all'articolo 10 d.l. numero 76 del 28 giugno 2013 convertito inumero L. 9 agosto 2013 numero 99 recante Primi interventi urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto IVA e altre misure finanziarie urgenti . 10. L'articolo 10 comma 5 ha inserito dopo il sesto comma dell'articolo 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 979, numero 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, numero 33, una ulteriore disposizione con la quale si specifica che Il limite di reddito per il diritto alla pensione di inabilità in favore dei mutilati e degli invalidi civili, di cui all'articolo 12 della legge 30 marzo 1971, numero 118, è calcolato con riferimento al reddito agli effetti dell'IRPEF con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte . La nuova norma individua quindi, anche per la pensione di inabilità, nel solo reddito dell'invalido il parametro in base al quale verificare l'esistenza del diritto alla prestazione assistenziale. La disposizione dell'articolo 10 comma 5 si completa, poi, con quanto disposto al successivo comma 6 della stessa norma dove si prescrive che La disposizione del settimo comma dell'articolo 14-septies del decreto-legge 30 dicembre 1979, numero 663, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1980, 33, introdotta dal comma 5, si applica anche alle domande di pensione di inabilità in relazione alle quali non sia intervenuto provvedimento definitivo e ai procedimenti giurisdizionali non conclusi con sentenza definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, limitatamente al riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dalla medesima data, senza il pagamento di importi arretrati. Non si fa comunque luogo al recupero degli importi erogati prima della data di entrata in vigore della presente disposizione, laddove conformi con i criteri di cui al comma 5. 11. Così facendo il legislatore ha inteso definire un nuovo regime reddituale senza, tuttavia, pregiudicare le posizioni di tutti quei soggetti che, avendo presentato domanda nella vigenza della precedente normativa da interpretarsi nei termini più sopra riportati , non avessero ancora visto - alla data di entrata in vigore della nuova disciplina 28 giugno 2013 - la definizione in sede amministrativa del procedimento ovvero fossero parti di un procedimento giudiziario ancora sub iudice . 12. Sebbene l'intervento del legislatore presenti qualche ambiguità, tuttavia dallo stesso possano trarsi i seguenti principi - il riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità è condizionato oltre che dalla totale invalidità anche dal possesso di un reddito personale dell'invalido non superiore al limite calcolato con le modalità di cui al comma 5 - la disposizione si applica anche alle domande amministrative presentate prima del 28 giugno 2013 ed a tutte le domande giudiziarie non ancora definite comma 6 - ove l'Istituto, anteriormente a tale data, abbia erogato ratei di prestazione, sia in via amministrativa che in esecuzione di un provvedimento giudiziario, le somme non sono ripetibili a condizione che il reddito personale dell'invalido fosse inferiore al limite annualmente previsto comma 6 vedi in motivazione Cass. numero 28565 del 20 dicembre 2013 . 13. Orbene, nel caso di specie, pur vertendosi nell'ipotesi - considerata nel comma 6 - di domanda oggetto di un procedimento giurisdizionale non ancora concluso, non viene in questione un diritto a pensione da riconoscere dalla data di entrata in vigore della norma alla F. il diritto in questione era già stato riconosciuto spontaneamente dall'INPS nell'anno 2005 , né la ricorrente potrebbe vantare il diritto al pagamento di importi arretrati, stante l'esplicito divieto in tal senso contenuto nello stesso comma 6. 14. In conclusione, quindi, il ricorso va rigettato. 15. Nulla per spese nei rapporti tra la ricorrente, l'INPS ed il Ministero dell'Economia, considerato che al giudizio in esame non è applicabile ratione temporis l'art 152 disp. Att. cpc come sostituito dall'art 42 del D.L. numero 269/2003 convertito nella legge n 326/2003 . P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.