Termine apposto al contratto di assunzione: se l’attività non è eccezionale né temporanea è illegittimo

L’art. 1, comma 2, lett. c , l. n. 230/1962 consente l’apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato quando l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario ed occasionale, mentre non può essere invocato per giustificare assunzioni a termine rivolte a sopperire fluttuazioni di mercato e a incrementi di domanda prevedibili e ricorrenti in determinati periodi dell’anno c.d. punte stagionali . Si deve, dunque, trattare di opere e servizi che, pur potendo consistere in un’attività qualitativamente identica a quella ordinariamente esercitata dall’impresa, ne determinano un incremento particolarmente rilevante sì da non poter essere affrontati con la normale struttura organizzativa e produttiva per quanto efficiente ed adeguatamente programmata.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 9184 del 23 aprile 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Roma rigettava la domanda proposta da una società di fatto nei confronti di un uomo, avverso la sentenza che aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto intercorso tra le parti, ordinando il ripristino del rapporto di lavoro e il pagamento delle retribuzioni maturate dal lavoratore. Nel dettaglio, l’assunzione era avvenuta, a lavori di termoidraulica già iniziati, per la loro esecuzione in 126 appartamenti. Dunque, l’inizio dell’appalto non coincideva con l’assunzione in questione e, a seguito dell’allontanamento dell’uomo, i lavori stessi erano continuati. Alla luce di simili elementi, l’apposizione del termine non poteva ritenersi legittima, in quanto non erano stati forniti gli elementi di fatto sulla base dei quali valutare la corrispondenza tra le eccezionali e temporanee esigenze dell’attività lavorativa e l’assunzione dell’appellato. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la società. Quando l’assunzione a termine è legittima? Secondo la ricorrente, essendo l’appalto eccezionale e avendo reso necessaria l’assunzione di personale a tempo determinato, il termine apposto al contratto era giustificato, in linea con il dettato dell’art. 1, comma 2, lett. c , l. n. 230/1962 secondo cui l’apposizione del termine è legittima quando l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale . Di conseguenza, non è rilevante il fatto che l’assunzione sia avvenuta o meno ad appalto già iniziato, né che la risoluzione del contratto coincida con quella di effettivo termine dei lavori connessi al contratto di appalto. La Corte di Cassazione non condivide tali assunti l’art. 1, comma 2, lett. c , l. n. 230/1962 consente l’apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato quando l’assunzione abbia luogo per l’esecuzione di un’opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario ed occasionale, mentre non può essere invocato per giustificare assunzioni a termine rivolte a sopperire fluttuazioni di mercato e a incrementi di domanda prevedibili e ricorrenti in determinati periodi dell’anno c.d. punte stagionali . Si deve, dunque, trattare di opere e servizi che, pur potendo consistere in un’attività qualitativamente identica a quella ordinariamente esercitata dall’impresa, ne determinano un incremento particolarmente rilevante s’ da non poter essere affrontati con la normale struttura organizzativa e produttiva per quanto efficiente ed adeguatamente programmata. Nella specie, non sussiste alcuna corrispondenza tra l’eccezionalità e la temporaneità delle esigenze dell’attività lavorativa e l’assunzione del lavoratore. Di conseguenza, il termine apposto al contratto è illegittimo. Il contratto a termine può essere giustificato da esigenze soggettive, ma Nell’estremo tentativo di giustificare il suo comportamento, la ricorrente richiama la delega contenuta nell’art. 23, l. n. 56/1987 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare nuove ipotesi di apposizioni di un termine alla durata del rapporto di lavoro, anche per causali di tipo meramente soggettivo, consentendo – per promuovere l’occupazione o per tutelare fasce deboli di lavoratori – l’assunzione di particolari categorie di lavoratori, sempre tenendo conto delle necessità del mercato del lavoro e fornendo idonea garanzia per la salvaguardia dei loro diritti. La ricorrente, tuttavia, non ha prodotto il CCNL invocato e prospetta una diversa causale giustificativa del termine. Cosa accade in caso di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato? Fondate, invece, le ragioni della società per quanto riguarda il risarcimento del danno nei casi di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, la sopravvenuta disciplina dell’art. 32, commi 5, 6 e 7, l. n. 183/2010 si applica nel giudizio pendente di legittimità, con conseguente limitazione dell’entità del risarcimento.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 15 gennaio – 23 aprile 2014, n. 9184 Presidente Lamorgese – Relatore Tricomi Svolgimento del processo 1. La Corte d'Appello di Roma, con la sentenza n. 4616 del 2010, rigettava l'impugnazione proposta dalla società di fatto M.I.T.I. Eredi di Q. M. , nei confronti di F.A. , avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 21 marzo 2003, con la quale il giudice di primo grado aveva dichiarato la nullità del termine apposto al contratto intercorso tra le parti dal 12 marzo 1996, ordinando il ripristino del rapporto di lavoro tra le stesse, e aveva condannato la suddetta società a pagare al lavoratore le retribuzioni maturate dal 25 ottobre 1996, sino all'effettivo ripristino. 2. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello ricorre la società di fatto M.I.T.I. Eredi di Q. M. , prospettando tre motivi di ricorso. 3. Resiste F.A. con controricorso. 4. In prossimità dell'udienza pubblica, entrambe le parti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1. Occorre premettere che il contratto di lavoro in questione veniva stipulato con decorrenza 12 marzo 1996, e con apposizione di termine all'11 settembre 1996, per termine appalto lavori termoidraulici presso cantiere . Espone la Corte d'Appello che ad integrazione di detta causale, la società M.I.T.I. deduceva ed era stato confermato in sede di prova per testi che l'assunzione in questione era collegata alla esecuzione di una commessa consistente in lavori di termoidraulica in relazione a circa 126 appartamenti. Tale deduzione non era risultata corredata dalle ulteriori indicazioni circa la durata dell'appalto e la esatta entità dei lavori e che, peraltro, dalle dichiarazioni testimoniali era emerso che il F. era stato assunto a lavori già iniziati, e che, pertanto, l'inizio dell'appalto non coincideva con l'assunzione in questione. Era, altresì, emerso che, successivamente all'allontanamento del F. , i lavori erano continuati. Il giudice di secondo grado, quindi, riteneva che le risultanze processuali non erano sufficienti a corroborare l'ipotesi della legittima apposizione del termine, perché non erano stati forniti gli elementi di fatto su cui valutare la corrispondenza tra le eccezionali e temporanee esigenze dell'attività lavorativa e l'assunzione dell'appellato. Infine, la Corte d'Appello affermava che le retribuzioni riconosciute erano conseguenti alla ritenuta continuità del rapporto di lavoro in questione, sussistente tra le parti, e che, quanto alle somme asseritamente riconosciute in eccedenza, se ne doveva rilevare la generica indicazione. 2. Tanto premesso, può passarsi all'esame dei motivi di ricorso. 3. Con il primo motivo di ricorso è prospettata violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, comma 2, lettera e , della legge n. 230 del 1962, in relazione all'art. 360, n. 3, cpc. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso ai sensi dell'art. 360, n. 5, cpc. Espone la ricorrente che essa società si era formata alla morte di M.Q. , ed era costituita dalla vedova di quest'ultimo, C.A. , e dai due figli. Essa società, con due dipendenti, aveva continuato l'attività del de cuius , consistente nella realizzazione di impianti idraulici e termici al solo fine di portare a compimento le lavorazioni ancora esistenti. Era stato acquisito l'appalto per la realizzazione degli impianti termoidraulici relativi a 126 unità nel Comune di Acilia, ma poiché tale commessa si poneva in termini quantitativamente eccezionali rispetto alla ordinaria attività di impresa della M.I.T.I., gran parte dei lavori erano stati subappaltati ad altre ditte, tra cui la società Maci di V. e B. , della quale era dipendente il F. prima dell'assunzione da parte di essa ricorrente. Erroneamente, la Corte d'Appello riteneva non giustificato il termine apposto, atteso che l'eccezionalità dell'appalto che aveva reso necessaria l'assunzione di personale a tempo determinato, era stata dedotta sin dal primo grado di giudizio, ed era stata confermata dalla prova testimoniale espletata nel corso del giudizio teste Co.Fi. , ragioniere della società, teste R.M. , idraulico, dipendente della M.I.T.I. dal 1990 al 1999 . Anche la C. , legale rappresentante della società, in sede di interrogatorio, affermava che le assunzioni a termine erano state determinate dall'appalto in questione, e che nella conduzione della società era stata aiutata dal V. e dal B. , amici del marito e già dipendenti della ditta. L'assunzione a termine in questione, quindi, rispondeva ai requisiti stabiliti dall'art. 1, comma 2, lettera c , della legge n. 230 del 1962, secondo cui l'apposizione del termine è legittima quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale . Né in base al suddetto precetto assume rilievo se l'assunzione sia avvenuta o meno ad appalto già iniziato, né che la risoluzione del contratto coincida con quella di effettivo termine dei lavori connessi al contratto di appalto, essendo sufficiente la sussistenza di un'esigenza straordinaria ed occasionale. Nella specie, peraltro, come risultava dalla testimonianza resa da G.G. , quando il F. era andato via, venivano ultimati i lavori di competenza della società che, dunque, erano sostanzialmente conclusi. 3.1. Il motivo non è fondato e deve essere rigettato. Ai sensi dell'art. 1, comma 1, lettera c , della legge n. 230 del 1962, è consentita l'apposizione di un termine alla durata del contratto quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario od occasionale. Secondo la giurisprudenza di legittimità cfr., Cass. n. 19850 del 2004, n. 5209 del 1995, n. 11671 del 1995 l'art. 1 comma secondo lettera c , della legge 18 aprile 1962 n. 230, il quale consente l'apposizione di un termine al contratto di lavoro subordinato quando l'assunzione abbia luogo per l'esecuzione di un'opera o di un servizio definiti e predeterminati nel tempo aventi carattere straordinario ed occasionale, mentre non può essere invocato per giustificare assunzioni a termine rivolte a sopperire fluttuazioni di mercato e ad incrementi di domanda prevedibili e ricorrenti in determinati periodi dell'anno cosiddette punte stagionali trattandosi di fenomeni che un'impresa funzionante opportunamente programmata deve essere in grado di fronteggiare, si riferisce ad opere o servizi che, pur potendo consistere in un'attività qualitativamente identica a quella ordinariamente esercitata dall'impresa, ne determinano un incremento particolarmente rilevante sì da non poter essere affrontati con la normale struttura organizzativa e produttiva per quanto efficiente ed adeguatamente programmata . Nella specie, la Corte d'Appello, con accertamento di merito che si sottrae a censure in ragione della congrua motivazione, ha fatto corretta applicazione del richiamato principio, tenuto conto, altresì, che il motivo di ricorso per cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all'art. 360, comma primo, n. 5 , cpc in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione ex multis , Cass., n. 9233 del 2006 . La Corte d'Appello, ha, infatti, ritenuto che, in mancanza di ulteriori indicazioni sulla durata dell'appalto e sull'esatta entità dei lavori, oltre il fatto che riguardava lavori termoidraulici per circa 126 appartamenti, e considerato che il F. veniva assunto a lavori già iniziati, che continuavano dopo il termine del contratto, non sussistevano gli elementi di fatto su cui valutare la corrispondenza tra le eccezionali temporanee esigenze di attività lavorativa e l'assunzione del lavoratore, necessaria per la legittimità del termine apposto al contratto di assunzione. 4. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo in relazione all'art. 360, n. 5, cpc. I giudici di merito non avrebbero tenuto conto, nel decidere, dell'atto con il quale la società aveva manifestato, in ogni caso, la volontà di recedere dal rapporto e, dunque, di procedere al licenziamento del lavoratore. La sentenza d'appello, erroneamente, non aveva valutato il licenziamento dedotto, con tutte le conseguenze di legge, invocate anche dal F. che chiedeva la tutela di cui all'art. 18 della legge n. 300 del 1970. 4.1. Il motivo è inammissibile. Ed infatti, va premesso che l'omessa pronunzia da parte del giudice di merito integra un difetto di attività che deve essere fatto valere dinanzi alla Corte di cassazione attraverso la deduzione del relativo error in procedendo e della violazione dell'art. 112 cpc, non già con la denuncia della violazione di una norma di diritto sostanziale o del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, cpc Cass., n. 7871 del 2012 . Questa Corte, a Sezioni Unite sentenza n. 17931 del 2013 , ha, altresì chiarito che nel giudizio per cassazione - che ha ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall'art. 360, primo comma, cpc - il ricorso deve essere articolato in specifici motivi immediatamente ed inequivocabilmente riconducibile ad una delle cinque ragioni di impugnazione previste dalla citata disposizione,pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l'esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi. Pertanto, nel caso in cui il ricorrente lamenti l'omessa pronunzia, da parte della impugnata sentenza, in ordine ad una delle domande o eccezioni formulate, non è necessario che faccia espressa menzione della ricorrenza dell'ipotesi di cui al n. 4 del primo comma dell'art. 360 cpc con riferimento all'art. 112 cpc , purché nel motivo si faccia inequivocabilmente riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione. Va invece dichiarato inammissibile il motivo allorquando, in ordine alla suddetta doglianza, il ricorrente sostenga che la motivazione sia stata omessa o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge . Nel motivo di ricorso in esame, la ricorrente non fa alcun specifico riferimento all'avvenuta introduzione di tale thema decidendum nel giudizio di appello, mediante la proposizione di motivo di ricorso, rispetto alla sentenza di primo grado, limitandosi ad una generica deduzione ebbe a chiedere che venisse in ogni caso risolto il rapporto di lavoro per effetto del licenziamento comunicato con la missiva del 15.11.1996 . 5. Con il terzo motivo di ricorso è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 23, comma 1, della legge 28 febbraio 1987 e del contratto collettivo di lavoro di categoria, in relazione all'art. 360, n. 3, cpc. Espone la ricorrente, che il termine era stato legittimamente apposto in ragione della delega contenuta nell'art. 23 della legge n. 56 del 1987, in base alla quale il CCNL per i dipendenti delle imprese artigiane dei settori metalmeccanico ed installazione di impianti, al quale la società aderiva all'epoca dei fatti, all'art. 21, aveva previsto la possibilità di assumere lavoratori con contratto a tempo determinato nel caso di incremento dell'attività produttiva, di confezionamento e di spedizione del prodotto, in dipendenza di commesse eccezionali e/o termini di consegna tassativi punte più intense di attività derivate da richieste di mercato che non sia possibile evadere con il normale potenziale produttivo per la quantità e/o specificità del prodotto e/o delle lavorazioni richieste esigenze di professionalità e di specializzazioni diverse da quelle disponibili in relazione all'esecuzione di commesse particolari. 5.1. Il motivo è inammissibile. Occorre premettere che le assunzioni disposte ai sensi della legge 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23, che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare - oltre le fattispecie tassativamente previste dalla legge 18 aprile 1962 n. 230, art. 1 e successive modifiche nonché dal decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, art. 8 bis, convertito, con modificazioni dalla legge 15 marzo 1983, n. 79 - nuove ipotesi di apposizioni di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati, i quali, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere oggettivo ed anche - alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale - per ragioni di tipo meramente soggettivo , consentendo vuoi in funzione di promozione dell'occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori l'assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l'esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficacia salvaguardia dei loro diritti Cass., S.U. n. 4588 del 2006 . La ricorrente, che, peraltro, non ha prodotto il CCNL invocato, prospetta una diversa causale giustificativa del termine, rispetto a quella accertata nella sentenza della Corte d'Appello, senza dedurre, tuttavia, se tale causale giustificativa del contratto, ai sensi dell'art. 23 della legge n. 56 del 1987, e del CCNL di settore, e le relative circostanze di fatto, hanno costituito oggetto di eccezione in primo grado, e motivo di appello, ai fini della qualificazione giuridica delle stesse. 6. Infine, con il quarto motivo di impugnazione, la ricorrente deduce che, in caso di conversione a tempo indeterminato del rapporto di lavoro, troverebbe applicazione nella fattispecie in esame l'art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge n. 183 del 2010, con la limitazione del risarcimento del danno. 6.1. Il motivo è fondato e va accolto. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di risarcimento del danno nei casi di conversione del contratto di lavoro a tempo determinato, la sopravvenuta disciplina dell'art. 32, commi 5, 6 e 7, della legge n. 183 del 2010, come interpretata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 303 del 2011, si applica nel giudizio pendente in grado di legittimità, qualora tale ius superveniens sia pertinente alle questioni dedotte nel ricorso per cassazione Cass., n. 1409 del 2012 . 7. La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri motivi di ricorso. Cassa la sentenza di appello in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione. P.Q.M. La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso e rigetta gli altri. Cassa in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese del presente giudizio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.