Requisiti da provare per chi invoca il beneficio dell’assegno

L'erogazione dell'assegno per il nucleo familiare previsto dall'art. 2, d.l. n. 69/1988, convertito, con modificazioni, nella l. n. 153/1988, presuppone, alla stregua della funzione previdenziale assunta dall'istituto rispetto alla originaria funzione di mera integrazione del salario, l'effettivo svolgimento di attività lavorativa e l’insussistenza della condizione ostativa prevista dall’art. 2, comma 10, d.l. n. 69/1988 somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente inferiore al 70% del reddito complessivo del nucleo familiare . E grava sul richiedente fornire la prova della sussistenza dei requisiti richiesti.

Così affermato dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 8973, pubblicata il 17 aprile 2014. Il caso domanda di un lavoratore al pagamento dell’assegno per il nucleo familiare, contestata dall’Inps per mancanza dei requisiti necessari. Un lavoratore del settore agricolo aveva richiesto al Tribunale del Lavoro l’accertamento del diritto all’assegno per il nucleo familiare relativo all’anno 1995, negato dall’INPS per insussistenza dei requisiti necessari richiesti dalla normativa invocata. Il Tribunale adito rigettava la domanda. Proposto appello, la Corte d’Appello, affermava il diritto del lavoratore, riformando parzialmente la sentenza di primo grado. Proponeva così ricorso in cassazione l’INPS. L’assegno per il nucleo familiare ex art. 2, d.l. n. 69/1988. L’art. 2, d.lgs n. 69/1988 ha introdotto l’assegno per il nucleo familiare, modificando il precedente regime dei trattamenti in favore della famiglia assegni familiari e simili per i lavoratori dipendenti, i titolari delle pensioni e delle prestazioni economiche previdenziali derivanti da lavoro dipendente, i lavoratori assistiti dall'assicurazione contro la tubercolosi, il personale statale in attività di servizio ed in quiescenza, i dipendenti e pensionati degli enti pubblici anche non territoriali, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1988, gli assegni familiari, le quote di aggiunta di famiglia, ogni altro trattamento di famiglia comunque denominato e la maggiorazione di cui all'art. 5 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, cessano di essere corrisposti e sono sostituiti, ove ricorrano le condizioni previste dalle disposizioni del presente articolo, dall'assegno per il nucleo familiare . In particolare il comma 10 del medesimo articolo detta i requisiti necessari per il godimento di tale trattamento l'assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al 70 per cento del reddito complessivo del nucleo familiare . La contestazione mossa dall’ente previdenziale trae fondamento dal fatto che il lavoratore ricorrente non avesse i requisiti reddituali necessari o, comunque, che non ne fosse stata data prova in giudizio. La prestazione ha la finalità di ridurre lo stato di bisogno della famiglia Secondo la Suprema Corte, l’assegno per il nucleo familiare è prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati già dipendenti, i cui nuclei familiari siano composti da due o più persone, con reddito complessivo del nucleo inferiore a determinati parametri stabiliti di anno in anno. Prestazione, dunque, finalizzata ad eliminare, o ridurre, l’accertata situazione di bisogno determinata dal carico familiare, nel caso in cui il sostentamento derivi da svolgimento di attività lavorativa dipendente. e devono sussistere ed essere provati i requisiti richiesti dalla normativa. Affinché possa darsi luogo al riconoscimento del beneficio in esame, occorre che il lavoratore svolga effettivamente attività lavorativa dipendente o sia pensionato da questa derivante e il di lui nucleo familiare rientri nei parametri reddituali stabiliti annualmente dalla normativa. Le censure mosse dall’INPS nel proprio ricorso colgono nel segno. La Suprema Corte, infatti, evidenzia prima di tutto la necessità che vengano accertati in giudizio tali requisiti in capo al lavoratore accertamento che dovrà necessariamente essere supportato da idonea prova fornita nel giudizio. Secondo i principi generali in materia di prova, grava su chi rivendichi un diritto l’onere di provare in giudizio i fatti costitutivi di ciò che si rivendica. Nella sentenza impugnata, affermano i Giudici di legittimità, mentre non appare contestato il requisito dello svolgimento dell’attività lavorativa dipendente, è del tutto mancata la verifica della sussistenza del requisito reddituale, nonostante la sollevata eccezione sul punto da parte dell’INPS. Da ciò consegue l’accoglimento del ricorso proposto dall’Ente previdenziale, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio ad altra Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 29 gennaio – 17 aprile 2014, n. 8973 Presidente De Cesare – Relatore Marotta Svolgimento del processo La Corte di appello, giudice del lavoro, di Catanzaro, con sentenza n. 1245/2008 del 28/8/2008, in parziale riforma della decisione del Tribunale della stessa sede, condannava l'I.N.P.S. al pagamento, in favore di S.P., bracciante agricolo, dell'assegno per il nucleo familiare relativo al 1995, oltre accessori di legge. Riteneva la Corte territoriale che, con riferimento a tale assegno a differenza di quanto era avvenuto l'assegno relativo al 1994 , non fosse maturata alcuna decadenza rispetto alla domanda amministrativa ritualmente presentata. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione l'I.N.P.S. con due motivi d'impugnazione. Il P. è rimasto solo intimato essendosi limitato a depositare una procura speciale - non notarile - con l'indicazione che trattasi di delega in calce al ricorso notificato . Motivi della decisione 1. Con il primo motivo l'I.N.P.S. denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 10, del D.L. 13 marzo 1988, n. 69, convertito dalla L. 13 maggio 1988, n. 153, in relazione all'art. 2697 cod. civ. art. 360, n. 3, cod. proc. civ. . Si duole del fatto che, nonostante l'eccezione proposta in primo e secondo grado con allegazione del mod. 740 relativo ai redditi del 1994 della sig.ra T.R., coniuge del P. , la Corte territoriale abbia omesso di verificare la sussistenza del prescritto requisito. 2. Con il secondo motivo l'I.N.P.S. denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ. e nullità della sentenza a causa di omessa pronuncia art. 360, n. 4, cod. proc. civ. . Si duole della mancata verifica di cui al motivo sub 1 sotto il profilo processuale dell'omessa pronuncia. 3. I motivi, da trattarsi congiuntamente in ragione della intrinseca connessione, sono fondati. Si rileva innanzitutto che le censure dell'Istituto sono state mosse previa rituale trascrizione dell'eccezione di insussistenza del requisito reddituale sollevata nella memoria difensiva di primo grado ed in quella di secondo grado. Per il resto va ricordato che l'assegno al nucleo familiare é stato istituito con l'art. 2 del D.L. 13/3/1988, n. 69, convertito con modificazioni nella legge 13/5/1988, n. 153. Si tratta di una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei pensionati da lavoro dipendente, i cui nuclei familiari siano composti da due o più persone e il cui reddito complessivo familiare sia al di sotto delle fasce reddituali stabilite di anno in anno dalla legge. E', dunque, una prestazione finalizzata ad eliminare, o a ridurre, l'accertata situazione di bisogno determinata dal carico di famiglia ove il sostentamento della stessa derivi dallo svolgimento di una attività lavorativa. In particolare, la disciplina dettata dal citato art. 2 del D.L. 13 marzo 1988, n. 69, ha rinviato, al terzo comma del medesimo articolo, per quanto non previsto, alle disposizioni del T.U. sugli assegni familiari, approvato con il d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797 e, dunque, ha lasciato in vigore la disciplina preesistente per quello che riguarda i presupposti oggettivi e le modalità di erogazione della prestazione, la quale assume a parametro, per il riconoscimento del diritto, il reddito familiare. E' stato da questa Corte evidenziato v. Cass. 27 marzo 2004, n. 6155 come per il tenore letterale di talune delle disposizioni tuttora vigenti del richiamato testo unico sugli assegni familiari in particolare gli artt. 1 e 12 , la corresponsione di quella prestazione, ed oggi dell'assegno per il nucleo familiare, presupponga innanzitutto lo svolgimento effettivo dell'attività lavorativa, collegamento confermato dalla previsione normativa di situazioni nelle quali il mancato svolgimento dell'attività di lavoro è equiparato alla prestazione effettiva, rimarcandosi in relazione a tali situazioni la eccezionalità della relativa disciplina rispetto alla regola generale, atteso che la previsione sarebbe superflua ove si configurasse un collegamento esclusivo fra il diritto all'assegno e la retribuzione, sì da far ritenere la corresponsione dell'assegno in carenza di prestazione effettiva, ma in presenza di retribuzione, come un'ipotesi normale all'interno del suddetto collegamento esclusivo . Riferimento a questo collegamento deve rinvenirsi anche nella disposizione contenuta nel citato D.L. n. 69 del 1988, art. 2, comma 10, ove è specificato che l'assegno non spetta se la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante da lavoro dipendente è inferiore al settanta per cento del reddito complessivo del nucleo familiare . Dunque, applicati i principi generali secondo i quali incombe su chi affermi il diritto ad una prestazione l'onere di provarne i fatti costitutivi art. 2697 cod. civ. , qualora si agisca in giudizio per far valere il proprio diritto all'assegno per il nucleo familiare occorre provare non solo lo svolgimento effettivo dell'attività lavorativa, ma anche l'insussistenza della condizione ostativa di cui al citato art. 2, comma 10, del D.L. n. 69/1988. Nel caso di specie, non è in discussione tra le parti l'effettività del primo requisito. Tuttavia, nonostante l'eccezione proposta in primo grado e secondo grado dall'I.N.P.S. con allegazione del mod. 740 relativo ai redditi della sig.ra T.R., coniuge del P. la Corte territoriale ha omesso di verificare la sussistenza del requisito reddituale. Da tanto consegue che la sentenza impugnata deve essere cassata rinviandosi alla Corte di appello di Reggio Calabria che procederà alla verifica nei termini suindicati e provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Reggio Calabria.