S.r.l. chiede la restituzione dei contributi versati a una lavoratrice: diktat delle Sezioni Unite

Nelle obbligazioni pecuniarie, il maggior danno di cui all’art. 1224, comma 2, c.c. rispetto a quello già coperto dagli interessi moratori, è in via generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore ne domandi il risarcimento nell’eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell’art. 1284, comma 1, c.c., salva la possibilità per il debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore e per il creditore di provare il maggior danno effettivamente subito.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8755 del 15 aprile 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Torino confermava la sentenza di primo grado nella parte in cui veniva rigettata la domanda di una s.r.l. di restituzione dei contributi versarti anteriormente al 1989 in relazione a una lavoratrice., per intervenuta prescrizione. Relativamente, invece, agli interessi dovuti all’INPS sul capitale già versato dall’istituto a titolo di restituzione di contributi corrisposti dopo tale data, la sentenza impugnata veniva confermata. Veniva, inoltre, riconosciuto il diritto della s.r.l. a percepire la rivalutazione monetaria sulla somma capitale già liquidata dall’Istituto per la restituzione dei contributi con decorrenza 8/7/1999 per la porzione di capitale maturata a tale data e con decorrenza dalla notifica del ricorso introduttivo per la restante parte. L’INPS propone ricorso in Cassazione, sostenendo che l’imprenditore ha diritto alla rivalutazione monetaria esistente in via presuntiva per tale sua qualità nei casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento dei titoli di Stato sia stato superiore al saggio degli interessi legali. Il maggior danno è riconoscibile in via presuntiva. Il motivo è fondato sulla questione sono già intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, sostenendo che nelle obbligazioni pecuniarie, il maggior danno di cui all’art. 1224, comma 2, c.c. rispetto a quello già coperto dagli interessi moratori, è in via generale riconoscibile in via presuntiva, per qualunque creditore ne domandi il risarcimento nell’eventuale differenza, a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso di rendimento medio annuo netto dei titoli di stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interessi legali determinato per ogni anno ai sensi dell’art. 1284, comma 1, c.c., salva la possibilità per il debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore e per il creditore di provare il maggior danno effettivamente subito. Il ricorrente non pretende che nulla sia dovuto a titolo di maggior danno o che quest’ultimo sia liquidato in misura inferiore al saggio di interessi legali ma che il risarcimento sia dovuto sulla base di tali principi. Pertanto la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte d’Appello torinese.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 19 febbraio – 15 aprile 2014, n. 8755 Presidente Coletti De Cesare – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo La Corte d’Appello di Torino, con la sentenza qui impugnata del 2/3/2009, ha confermato la sentenza del Tribunale di Ivrea nella parte in cui il primo giudice aveva rigettato la domanda della OMES di restituzione dei contributi versati anteriormente al 1989 in relazione alla lavoratrice R.C. per intervenuta prescrizione. La Corte territoriale ha confermato, altresì, la sentenza impugnata circa la decorrenza degli interessi dovuti dall’INPS sul capitale già versato dall’istituto a titolo di restituzione di contributi corrisposti successivamente al 1989, decorrenza riconosciuta dalla proposizione della domanda giudiziale dell’8/7/99 stante la buona fede dell’istituto. In accoglimento dell’appello, la Corte territoriale ha riconosciuto il diritto della società OMES a percepire la rivalutazione monetaria sulla somma capitale già liquidata dall’Istituto per la restituzione dei contributi con decorrenza dall’8/7/99 per la porzione di capitale snaturata a tale data e con decorrenza dalla notifica del ricorso introduttivo per la restante parte. La Corte territoriale ha , altresì, accolto la domanda di un diverso regolamento delle spese processuali . Avverso la sentenza ricorre l’INPS. Resiste la soc OMES con controricorso. Motivi della decisione Preliminarmente va rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto secondo la Omes non era stata messa in grado di conoscere la fonte del potere di rappresentanza del Presidente dell’INPS in difetto di idonea documentazione. Deve rilevarsi infatti che il Presidente dell’Istituto è per legge art 2 dpr n 639/1970 il legale rappresentante dell’ente e come tale è abilitato a conferire la procura alle liti . E’ altresì infondata l’eccezione sollevata dalla società di difetto dell’esposizione sommaria dei fatti di causa e di indicazione dei motivi per i quali l’Inps ha chiesto la cassazione della sentenza . Nel ricorso infatti sono delineati con chiarezza e proprietà sia il contenuto delle censure sia il conseguente quesito di diritto. Con il primo motivo l’Inps denuncia violazione dell’art 1224 cc , secondo comma, cc Censura la sentenza nella parte in cui ha riconosciuto la rivalutazione monetaria sul capitale già versato dall’istituto per restituzione di contributi non dovuti in aggiunta agli interessi legali. Richiama la sentenza delle SSUU n 19499, 12008 secondo cui l’imprenditore ha diritto alla rivalutazione monetaria esistente in via presuntiva per la sua qualità di imprenditore nei casi in cui, durante la mora, il saggio medio di rendimento lei titoli di Stato sia stato superiore al saggio degli interessi legali . Rileva che inoltre l’impresa ha diritto ad una somma superiore a quella così indicata se prova l’esistenza e l’ammontare dell’ulteriore pregiudizio economico . I1 motivo è fondato. La questione che si pone nella fattispecie è stata risolta dalle SSUU di questa Corte con la sentenì richiamata dallo stesso Istituto previdenziale nel senso che nelle obbligazioni pecuniarie il maggi danno di cui all’art 1224, comma 2, cc rispetto a quello già coperto dagli interessi moratori è. in v generale, riconoscibile in via presuntiva , per qualunque creditore che ne domandi il risarcimento, nell’eventuale differenza , a decorrere dalla data di insorgenza della mora, tra il tasso di rendiment medio annuo netto dei titoli di stato di durata non superiore a dodici mesi ed il saggio degli interes legali determinato per ogni anno ai sensi dell’art 1284 cc, comma 1, salva la possibilità per il debitore di provare che il creditore non ha subito un maggior danno o che lo ha subito in misura inferiore e per il creditore di provare il maggior danno effettivamente subito . I1 ricorrente , a fronte della sentenza che riconosce il diritto dell’impresa alla rivalutazione monetaria a titolo di maggior danno sulle somme che l’ Inps è tenuto a restituire, ha chiesto che tal, risarcimento sia liquidato alla luce dei principi enunciati dalla Suprema Corte. Non sostiene, pertanto. come assume la controricorrente. che nulla sia dovuto a titolo di maggior danno o che quest’ultimo sia liquidato in misura inferiore al saggio degli interessi legali. Con il secondo motivo 1’Inps denuncia violazione dell’art 1224 cc, dell’art 7 della L n 533/1973. Rileva che la rivalutazione monetaria doveva decorrere dal 121° giorno successivo alla domanda di rimborso dell’8/7/99 avendo pertanto errato la Corte che ha individuato come data di decorrenti quella della domanda amministrativa di rimborso . La censura è infondata. L’art 7 della L. n 533/1973 secondo cui in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie , la richiesta all’Istituto assicuratore si intende respinta . a tutti gli effetti di legge, quando siano decorsi 120 giorni dalla data di presentazione , senza che l’istituto si sia pronunciato . Il tenore letterale della norma ne impone l’applicazione alle sole controversie in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie. Nella specie la domanda della soc Omes è stata formulata ai sensi dell’art 2033 cc per la restituzione di contributi corrisposti in misura superiore c dunque non può trovare applicazione la norma citata dall’Istituto. Per le ragioni che precedetono mentre va rigettato il secondo motivo, in accoglimento del primo motivo la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione per l’accertamento del diritto della soc alla liquidazione del maggior danno di cui all’art 1224, 2 comma, cc secondo i principi sopra enunciati. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il primo motivo, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio.