Compenso per le ore in più, il CCNL come le tavole della legge

In caso di lavoro socialmente utile, rimane in vigore la regola per cui le ore eccedenti, rispetto alle prime 20 settimanali, le quali sono a carico dell’INPS, vengano compensate con onere a carico del soggetto utilizzatore, mediante un importo integrativo, non liberamente determinato, ma corrispondente alla retribuzione oraria relativa al livello retributivo iniziale dei dipendenti svolgenti analoghe mansioni, stabilito dal CCNL.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 8643, depositata il 14 aprile 2014. Il caso. Un uomo veniva impiegato dalla Regione in lavori socialmente utili per 25 ore settimanali, percependo dall’INPS un assegno per 20 ore di attività e per le restanti 5 un importo fisso mensile, inferiore, però, a quanto stabilito dal CCNL di settore. Anche applicando la vecchia normativa sui lavori socialmente utili, il d.lgs. n. 468/97, l’attore avrebbe percepito un compenso maggiore. La Corte d’appello di Napoli respingeva la domanda, rilevando che la fattispecie risultava regolata da ultimo dal d.lgs. n. 81/2000, il quale integrava la normativa precedente. Quest’ultimo testo, secondo l’interpretazione dei giudici di merito, stabiliva, all’art. 4, che l’utilizzazione in lavori socialmente utili determinava un compenso fisso per le prime 20 ore, mentre, per quelle aggiuntive, la determinazione veniva rimessa agli enti locali. Tale disciplina, a giudizio della Corte d’appello, aveva abrogato, implicitamente, quanto stabilito, per questa situazione, dall’art. 8, d.lgs. n. 468/97. Il lavoratore ricorreva in Cassazione, , da una parte, contestando l’accertamento dell’incompatibilità, con implicita abrogazione, tra i due decreti e, dall’altra, lamentando che il d.lgs. n. 81/2000 in realtà non attribuisse alcun potere normativo agli enti locali nella determinazione dei compensi per le 5 ore aggiuntive. La vecchia disciplina. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione rilevava che l’art. 8, d.lgs. n. 468/97 distingueva, tra i lavoratori socialmente utili, coloro che erano percettori di un trattamento previdenziale e quelli che, invece, ne erano privi. In entrambi i casi, comunque, le ore eccedenti, rispetto alle 20 disciplinate, dovevano essere remunerate allo stesso livello retributivo iniziale dei dipendenti svolgenti analoghe mansioni. Nessuna abrogazione. Il d.lgs. n. 81/2000, anche se ha abrogato parte del d.lgs. n. 468/97, non ha compreso nell’intervento anche l’art. 8 di quest’ultimo sul metodo di calcolo del compenso per le ore eccedenti. Al contrario, ha confermato le disposizioni della vecchia normativa, compatibili con la nuova disciplina, limitandosi, semplicemente, ad aggiornare il compenso a carico dell’INPS per le prime 20 ore. Di conseguenza, anche alla luce dell’intervento legislativo, rimane in vigore la regola per cui le ore eccedenti vengano compensate con onere a carico del soggetto utilizzatore, mediante un importo integrativo, non liberamente determinato, ma corrispondente alla retribuzione oraria relativa al livello retributivo iniziale dei dipendenti svolgenti analoghe mansioni, stabilito dal CCNL. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 9 gennaio – 14 aprile 2014, n. 8643 Presidente Stile – Relatore Bronzini Svolgimento del processo B.R. esponeva al Tribunale del lavoro di Napoli di essere stato impiegato in lavori socialmente utili dalla Regione Campania dal 1.11.2001 con un orario di 25 ore settimanali percependo dall'INPS un assegno per 20 ore di attività e per le restanti 5 ore un importo fisso mensile di Euro 113,36 inferiore a quanto stabilito dal CCNL di settore. Il ricorrente deduceva che, anche applicando l'art. 8 D.Lgs n. 468/97, avrebbe ricevuto un maggior compenso rispetto a quello corrisposto. La Regione Campania si costituiva contestando la fondatezza del ricorso. Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda. La Corte di appello di Napoli con sentenza del 1.9.2009 rigettava l'appello del lavoratore. La Corte territoriale rilevava che la fattispecie risultava regolata da ultimo dal D.Lgs. n. 81 del 28.2.2000 che prevedeva all'art. 4 che l'utilizzazione in lavori socialmente utili determinava per 20 ore l'attribuzione di Lire 850.000, mentre demandava agli enti locali la determinazione del compenso per le ore aggiuntive eventuali. Si trattava di una disposizione innovativa che disciplinava la materia determinando un nuovo meccanismo di determinazione dei compensi dovuti ai lavoratori e che comportava l'abrogazione implicita dell'art. 8 del D. Lgs del 1997 n. ^r X468, in quanto le nuove norme apparivano incompatibili con quelle precedenti. Non emergeva poi alcuna arbitrarietà nella scelta delle Regioni di liquidare i compensi secondo gli stessi parametri previsti per l'orario di lavoro ordinario. La produzione della Delibera della Giunta del 2005 era tardiva in quanto era anteriore alla data del ricorso. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il lavoratore con tre motivi la Regione Campania è rimasta intimata. Motivi della decisione Con il primo motivo si lamenta la violazione dei criteri interpretativi delle leggi di cui all'art. 12 preleggi in relazione all'art. 8 D. Lgs n. 468/97 ed agli artt. 4 e 5 D. lgs 81/2000 ed all'art. 38 della Costituzione. Non vi era stata alcuna abrogazione implicita dell'art. 8. Con il secondo motivo si deduce la violazione dell'art. 15 delle preleggi in relazione all'art. 8 D. Lgs n. 468/97 ed agli artt. 4 e 5 D. lgs 81/2000. Non sussisteva nessuna incompatibilità tra le norme approvate nel 2000 e quelle precedenti del 1997. Con il terzo motivo di allega la falsa applicazione dell'art. 5 D. Lgs n. 81/2000. La detta norma non attribuiva alcun potere normativo agli enti locali nella determinazione dei compensi per le 5 ore aggiuntive. I tre motivi vanno esaminati congiuntamente essendo strettamente connessi ed appaiono fondati alla luce della giurisprudenza di questa Corte che il Collegio condivide in toto. Questa Corte ha infatti osservato va premesso che il D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, distingue, tra i lavoratori impegnati in lavori socialmente utili, coloro che erano percettori di un trattamento previdenziale, ossia di indennità di mobilità o di trattamento straordinario di cassa integrazione e coloro che invece erano privi di tale trattamento. Per i primi il comma 2 prevede che il trattamento previdenziale così percepito vada a remunerare il lavoro prestato presso il soggetto utilizzatore. Quest'ultimo null'altro deve corrispondere se il medesimo trattamento previdenziale è sufficiente a coprire le ore lavorate, mentre, se vi sono ore eccedenti, il soggetto utilizzatore deve remunerarle, e la remunerazione era fissata dalla legge, che la determinava nel livello retributivo iniziale dei dipendenti svolgenti analoghe mansioni. Per i secondi invece comma 3 dell'art. 8 l'Inps deve erogare la somma di L. 800.000 mensili, fermo restando, anche in questo caso, l'obbligo del soggetto utilizzatore di remunerare nello stesso modo le ore eccedenti. La questione per cui è causa è la seguente se il D.Lgs. n. 81 del 2000, che ha modificato il D.Lgs. n. 468 del 1997, abbia o no implicitamente abrogato la prescrizione, di cui all'art. 8 commi 2 e 3 di quest'ultimo testo normativo, per cui il soggetto utilizzatore, alla stregua del D.Lgs. n. 81 del 2000, sarebbe libero di determinare a suo piacimento il compenso spettante ai lavoratori impegnati in lsu per le ore eccedenti quelle già remunerate o con i citati trattamenti di sostegno al reddito, ovvero con le L. 800.000 mensili. La sentenza impugnata ha ritenuto che il soggetto utilizzatore, alla luce della nuova legge, non ha più vincoli e quindi può compensare le ore eccedenti anche in misura inferiore rispetto a quella determinata dalla legge precedente. Detta conclusione non è condivisibile sulla base delle seguenti argomentazioni. Si consideri in primo luogo che la nuova L. n. 81 del 2000, che pur reca all'art. 10 la abrogazione di varie disposizioni del D.Lgs. n. 468 del 1997, non comprende l'art. 8 sul metodo sopra citato per calcolare il compenso per le ore eccedenti, anzi conferma le disposizioni della legge precedente, che siano compatibili con la nuova disciplina. Va altresì considerato che il D.Lgs. n. 81 del 2000 riguarda solo i soggetti che avevano già iniziato i lavori socialmente utili dispone infatti l'art. 2 comma 1 che Le disposizioni del presente decreto si applicano, salvo quanto previsto dall'art. 10, comma 1, ai soggetti impegnati in progetti di lavori socialmente utili e che abbiano effettivamente maturato dodici mesi di permanenza in tali attività nel periodo dal 10 gennaio 1998 al 31 dicembre 1999 . La L. n. 81 del 2000, art. 4, riguarda coloro che non godevano di alcuna prestazione previdenziale e che quindi ricevevano le 800.000 a carico dell'Inps. Si trattava cioè dei soggetti previsti non dal D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, comma 2, ma di quelli di cui all'art. 8, comma 3. L'istituto degli LSU continua però ad operare anche per coloro che ricevevano il trattamento previdenziale lo si ricava non solo dall'art. 9. sulla Disciplina sanzionatoria, per cui comma 1 I soggetti di cui all'art. 2, comma 1, ivi compresi quelli che usufruiscono dei trattamenti previdenziali , ma anche dal fatto che non fu abrogato il D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, in cui erano appunto inclusi al comma 2 coloro che godevano di trattamenti previdenziali . All'art. 4 del D.Lgs. si dispone 1. L'utilizzo nelle attività di cui all'art. 3 non determina l'instaurazione di un rapporto di lavoro. Per lo svolgimento di dette attività compete ai soggetti utilizzati, per un impegno settimanale di venti ore e per non più di otto ore giornaliere, un importo mensile di L. 850.000, denominato assegno di utilizzo per prestazioni in attività socialmente utili . Questo però non significa il venir meno dell'obbligo di pagamento da parte dell'utilizzatore di remunerare le ore eccedenti, proprio perché il D.Lgs. n. 468 del 1997, art. 8, non è stato abolito, mentre l'art. 4 della nuova legge, indicando la somma mensile di 850.000, si limita dunque solo ad aggiornare quella precedente di L. 800.000. Inoltre l'art. 5 del D.Lgs. del 2000 . Procedure di decisione, di comunicazione di trasformazione reca il seguente tenore 1. Al fine di proseguire le attività, secondo le modalità di cui all'art. 4, gli organi competenti degli enti utilizzatoli, preso atto delle dichiarazioni rese dai soggetti impegnati ai sensi dell'art. 2, comma 3, deliberano a l'elenco nominativo dei soggetti impegnati b le attività espletate dall'ente utilizzatore nell'ambito di quelle indicate nell'art. 3 c le eventuali qualifiche professionali di ciascun soggetto e l'attività da svolgere d la località e la sede di svolgimento delle attività e la durata dell'attività così come disciplinata dall'art. 4 del presente decreto f le modalità organizzative delle attività g l'eventuale quantità di ore aggiuntive e il corrispettivo ammontare del trattamento economico . È quindi espressamente confermata la regola che, se si lavora un numero di ore maggiore rispetto a quelle remunerate con la prestazione previdenziale o con le L. 850.000, le ore eccedenti vengano compensate con onere a carico dell'utilizzatore. Sarebbe peraltro incongruo lasciare all'arbitrio dell'utilizzatore il trattamento economico per queste ore, soprattutto considerando che il D.Lgs. n. 81 del 2000, riguarda lavoratori che erano già stati impegnati in LSU. È vero poi che è prevista una delibera dell'utilizzatore in ordine sul compenso da erogare per ore eccedenti, ma la necessità della delibera - contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza impugnata - non può considerarsi come incompatibile con la sua predeterminazione secondo la legge precedente. Peraltro il lavoratore, secondo il meccanismo prefigurato dal nuovo testo del 2000 cfr. art. 2, comma 3 dovrebbe dichiararsi disponibile a continuare nell'attività di LSU prima ancora di avere avuto conoscenza della misura del compenso per le ore eccedenti, mentre sembra logico che lo sappia in precedenza. Si deve allora concludere che, anche alla luce della nuova legge, poiché l'art. 8 di quella precedente non è stato abrogato, né risulta incompatibile con le innovazioni introdotte, il soggetto utilizzatore deve remunerare le ore eccedenti mediante un importo integrativo, non liberamente determinato, ma corrispondente alla retribuzione oraria relativa al livello retributivo iniziale, calcolato detraendo le ritenute previdenziali ed assistenziali previste per i dipendenti che svolgono attività analoghe v. Cass. n. 6670/2012 . Ne consegue che il ricorso va accolto apparendo il precedente della Corte condivisibile ed avendo affrontato persuasivamente ogni aspetto giuridico della vicenda. La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio ad altro giudice che si designa nella Corte d'appello di Napoli in diversa composizione che procederà al conteggio delle spettanze attenendosi al principio sopra indicato. Al giudice del rinvio è rimessa anche la decisione sulle spese del presente processo. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli in diversa composizione.