Il lavoratore pretende un’indennità maggiorata per gli affari procacciati, ma…

In caso di cessazione del rapporto di lavoro, il preponente è tenuto a corrispondere all’agente un’indennità nel caso in cui quest’ultimo abbia procurato nuovi clienti o incrementato sensibilmente gli affari, e, se sussiste fra le parti un accordo derogatorio della disciplina suddetta, l’agente avrà l’onere di dimostrare in giudizio che il contratto è a lui sfavorevole.

Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 8557 dell’11 aprile 2014. Il fatto. Un agente di commercio rivendicava nei confronti della società presso cui lavorava, le differenze dovute a titolo di indennità terminativa ex art. 1751 c.c. Il Tribunale rigettava la richiesta e la Corte d’appello riteneva che al caso di specie dovessero applicarsi gli accordi collettivi del 92’, recepiti nel contratto individuale, i quali, in base ad una comparazione ex ante, non risultavano essere peggiorativi del trattamento legale. Deroga in melius. Successivamente la Cassazione affermava che la disciplina dettata dall’art. 1751 c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e nel caso in cui l’agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello pattizio, il raffronto tra le discipline legale e pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervenendosi alla nullità del contratto sfavorevole all’agente. Ciò comporta per quest’ultimo, l’onere di provare nel giudizio di merito con dettagliati calcoli conformi ad entrambi criteri, legale e contrattuale, la differenza peggiorativa . Pertanto la sentenza impugnata veniva cassata perché non aveva operato tale valutazione in concreto. Onere probatorio non assolto. Nel giudizio di rinvio la Corte rigettava la richiesta di parte, in quanto il ricorrente non aveva ottemperato all’onere probatorio, infatti, secondo le indicazioni dettate dai giudici di legittimità, non avrebbe allegato fatti idonei a dimostrare il preteso incremento di affari e di clientela. Conseguentemente non era stato offerto alcun elemento quantitativo per documentare il richiesto aumento dell’indennità corrisposta. Conseguentemente, ricorreva il lavoratore avverso tale decisione per cassazione, ritenendo di aver adeguatamente allegato fatti che sarebbero stati idonei a provare la sussistenza di un diritto ad un’indennità maggiorata. Il ricorso, appare però ai giudici di legittimità infondato, in quanto i presunti clienti e i prestesi affari che l’agente avrebbe procacciato alla società, non erano stati analiticamente provati né dal punto di vista qualitativo né quantitativo. In conclusione la Corte di Cassazione ritiene che, affinché l’agente possa in giudizio sostenere la nullità della parte di contratto a lui sfavorevole, avrà l’onere di provare, con calcoli dettagliati, il pregiudizio subito. Nel caso di specie, come affermato dai giudici del merito, le allegazioni le allegazioni precise e contabilmente puntuali mancavano del tutto, pertanto la pretesa del ricorrente finisce per essere infondata.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 28 novembre 2013 – 11 aprile 2014, n. 8557 Presidente Vidiri – Relatore Bronzini Svolgimento del processo Si tratta di un giudizio di rinvio dopo la cassazione della sentenza di appello operata dalla Suprema Corte con sentenza n. 21301/2006. Il S.V. , agente di commercio, rivendicava in appello come unica domanda residua nei confronti della società Alcatel Dial Face s.p.a. le differenze dovute a titolo di indennità terminativa ex art. 1751 c.c. Il Tribunale di Venezia con due sentenze, una non definitiva e l'altra definitiva, rigettava la domanda inerente l'indennità richiesta ex art. 1751 c.c La Corte di appello di Venezia riteneva che dovessero applicarsi gli accordi collettivi del 1992, recepiti nel contratto individuale, i quali in base ad una comparazione ex ante non risultavano essere peggiorativi del trattamento legale. La Corte di cassazione con la sentenza prima citata, dato atto dei contrasti interpretativi insorti in ordine all'interpretazione della norma codicistica affermava che la disciplina dettata dall'art. 1751 c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e nel caso in cui l'agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello collettivo, il raffronto tra le discipline legale e pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervendosi alla dichiarazione di nullità della parte del contratto risultata sfavorevole all'agente. Ciò comporta per questo l'onere di provare nel giudizio di merito con dettagliati calcoli conformi ad entrambi i criteri, legale e contrattuale, la differenza peggiorativa . . Pertanto veniva cassata la sentenza impugnata che non aveva operato tale valutazione in concreto. Nel giudizio di rinvio la Corte di appello di Trieste con sentenza del 15.7.2010 rigettava la domanda del S. quanto all'indennità di cui all'art. 1751 c.c. La Corte affermava che il ricorrente non aveva ottemperato all'onere probatorio secondo le indicazioni della Corte di legittimità , né aveva tentato di farlo. Non esistevano documenti contabili di sorta in tutti i gradi del giudizio, né erano state proposte ulteriori istanze istruttorie. Sarebbe stato necessario ricostruire la clientela e gli affari della società, ricostruendo lo specifico apporto dell'agente nel preteso incremento o valorizzazione della clientela. Si era allegato da parte del S. nel ricorso in riassunzione di avere procurato rilevanti clienti Cerved/Camere di commercio ed anche di essere stato tra i primi agenti in Italia, ma l'offerta al Cerved risultava fatta dal Centro territoriale Triveneto e non dal ricorrente. Non era stato offerto alcun elemento quantitativo per documentare il chiesto aumento dell'indennità corrisposta aver procurato nuovi clienti, aver sviluppato in modo sensibile gli affari con i clienti già acquisiti etc. . Pertanto appariva impossibile sviluppare un'indagine puntuale come quella richiesta dalla cassazione nella sentenza di annullamento per difetto di allegazione e di prova documentale. Per la cassazione di tale decisione propone il ricorso il S. con tre motivi resiste la S. D.P. s.p.a. il liquidazione già Dial face s.p.a., già Alcatel Dial Face s.p.s. con controricorso che ha prodotto anche memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la motivazione insufficiente e contraddittoria circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, in particolare quanto alla avvenuta allegazione di fatti rilevanti e sufficienti al fine di decidere in ordine alla titolarità del diritto alla c.d. indennità meritocratica in capo al sig. S. . Risultavano in effetti provati sia gli elementi quantitativi che quelli qualitativi in ordine alla chiesta indennità l'acquisizione di rilevantissimi clienti come il Cerved/Camere di Commercio rispetto al quale la liquidazione ottenuta non poteva dirsi equa. Il proponente non aveva da parte sua provato elementi contrari a quanto sostenuto da controparte. Il motivo appare infondato. Circa l'acquisizione del nuovo cliente Cerved/Camere di Commercio la Corte territoriale ha osservato che l'offerta al Cerved risulta fatta dal Centro territoriale Triveneto e non dal ricorrente. Circa gli altri pretesi affari procurati dal ricorrente la Corte ha poi sottolineato che non era stato offerto alcun elemento quantitativo per documentare il chiesto aumento dell'indennità corrisposta aver procurato nuovi clienti, aver sviluppato in modo sensibile gli affari con i clienti già acquisiti etc. . Nella sentenza di rinvio la Corte di cassazione aveva affermato il chiarissimo principio per cui affermava che la disciplina dettata dall'art. 1751 c.c. può essere derogata soltanto in meglio dalla contrattazione collettiva e nel caso in cui l'agente sostenga in giudizio la nullità del contratto individuale recettivo di quello collettivo, il raffronto tra le discipline legale e pattizia deve essere effettuato con riferimento al caso concreto, pervendosi alla dichiarazione di nullità della parte del contratto risultata sfavorevole all'agente. Ciò comporta per questo l'onere di provare nel giudizio di merito con dettagliati calcoli conformi ad entrambi i criteri, legale e contrattuale, la differenza peggiorativa . . Ora la Corte di appello ha sottolineato come tali calcoli non siano mai stati fomiti. È ben vero che la Corte di cassazione autorizza anche il proponente a provare il contrario, ma appunto rispetto ad allegazioni precise ed a ricostruzioni contabili puntuali di controparte, nella fattispecie totalmente mancanti, nonostante la sentenza di annullamento. Con il secondo motivo si allega la violazione / falsa applicazione di legge in relazione all'art. 1751 c.c L'indennità corrisposta non appariva equa in relazione all'apporto dell'agente sia dal punto di vista quantitativo che quantitativo. Violando l'art. 1751 c.c. il Giudice di merito ha ritenuto determinanti la presenza di analitici conteggi, mentre la norma consentiva una liquidazione in senso equitativo dell'indennità richiesta. Il motivo appare infondato in quanto come già ricordato è stata la Corte di cassazione a stabilire che il presupposto per l'accoglimento della domanda era la ricostruzione di un eventuale trattamento peggiorativo tra indennità legale ed indennità contrattuale sulla base di ricostruzioni contabili in relazione al caso concreto. Quindi il Giudice di merito ha deciso la controversia, come era obbligato a fare, sulla base del principio di diritto richiamato dalla Corte di legittimità. Con il terzo motivo si allega la violazione / falsa applicazione di legge in relazione all'art. 184 c.p.c Vi era stato un mutamento giurisprudenziale in ordine al rapporto tra l'indennità terminativa ex art. 1751 c.c. e quella dell'Aec trattandosi di vero e proprio overruling in relazione ad alcune decisioni della Corte di giustizia la parte che era incorsa in decadenze doveva essere rimessa in termini. Il motivo appare infondato. Come si attesta nella stessa sentenza di annullamento della Corte di cassazione sino alle decisioni della Corte di giustizia vi è stato un mero contrasto interpretativo in ordine al rapporto tra l'indennità terminativa ex art. 1751 c.c. e quella dell'Aec, per cui non può parlarsi di un overruling . In ogni caso posto che la ratio della giurisprudenza di legittimità in ordine all' overruling è quella di tutelare un legittimo affidamento delle parti, appare evidente che le uniche decisioni che potevano costituire un sicuro orientamento erano quella della Corte di giustizia, trattandosi di questione di diritto comunitario . La giurisprudenza della Corte di giustizia è stata assolutamente univoca e concordante. In ogni caso, anche a dare per ammesso che si vi sia stato un overruling , la Corte di cassazione in sede di annullamento o la Corte di appello in sede di rinvio non potevano di certo sostituirsi alla parte nell'avanzare ex ufficio richieste istruttorie in ordine all'onere probatorio di cui si è parlato. Sarebbe stato dovere dell'attuale ricorrente avanzare nuove richieste istruttorie dopo l'indicazione della necessità di conteggi che dimostrassero l'eventuale trattamento peggiorativo subito, il che – invece - non è avvenuto. Si deve quindi rigettare il ricorso. Stante la complessità della materia, l'avvenuta cassazione dell'originaria sentenza di appello, il già ricordato lento consolidarsi di un orientamento giurisprudenziale di legittimità, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente grado del giudizio. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.