Strada in discesa per l’avvocato nel rito del lavoro: il diritto al compenso si presume

In tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l’espletamento dell’attività di corrispondenza informativa con il cliente”, nel corso del procedimento di primo grado svolto con il rito del lavoro, è oggetto di una vera e propria presunzione iuris tantum , in ragione della peculiare natura del procedimento che impone la comparizione personale della parte interessata all’udienza di discussione e, quindi, di ritenere per ciò stesso assolto da parte del difensore il dovere di informare il cliente per invitarlo a parteciparvi. Ne consegue che per la liquidazione della corrispondente voce non è richiesta la prova.

È quanto emerge dall’ordinanza della Corte di Cassazione n. 8517 dell’11 aprile 2014. Il fatto. La Corte d’appello di Salerno rideterminava l’entità del compenso liquidato in favore di un avvocato, quale onorario liquidato in primo grado. I Giudici non ritenevano dovuti, per difetto di prova, gli importi corrispondenti alle voci relative alla consultazione con il cliente e alla corrispondenza informativa così come quelli corrispondenti a voci relative ad attività non ancora espletate al momento della spedizione della lite a sentenza. L’avvocato ricorre in Cassazione, censurando la riduzione della voce corrispondente agli onorari e la compensazione delle spese. Presunzione iuris tantum”. Il ricorso è fondato in tema di onorari professionali di avvocato e procuratore, l’espletamento dell’attività di corrispondenza informativa con il cliente”, nel corso del procedimento di primo grado svolto con il rito del lavoro è oggetto di una vera e propria presunzione iuris tantum , in ragione della peculiare natura del procedimento che impone la comparizione personale della parte interessata all’udienza di discussione e, quindi, a ritenere per ciò stesso assolto da parte del difensore il dovere di informare il cliente per invitarlo a parteciparvi. Ne consegue che per la liquidazione della corrispondente voce non è richiesta la prova. Inderogabilità dei minimi edittali. Per quanto riguarda la compensazione delle spese, la richiesta degli onorari di avvocato è formulata in relazione ai minimi previsti dalla tariffa forense il fatto che la Corte territoriale abbia ridotto tale voce, senza alcuna motivazione al riguardo, si pine in contrasto con il principio dell’inderogabilità dei minimi edittali sancita dall’art. 24, l. n. 794/1942. Per tali motivi, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 3 marzo – 11 aprile 2014, n. 8517 Presidente Mammone – Relatore Pagetta Osserva La Corte di appello di Salerno, in parziale riforma della decisione di primo grado rideterminava in complessivi Euro 1566,00 di cui Euro 402,00 per onorari difensivi Euro 900,00 per diritti di procuratore e Euro 174,00 per maggiorazione spese generali oltre IVA e CPA, in luogo dell'importo di Euro 1200,00 di cui Euro 500,00 quale onorario liquidato in primo grado. Compensava le spese del giudizio di secondo grado. La Corte, esaminata la nota spese relativa al giudizio di primo grado prodotta dall'appellante, riteneva di quantificare l'importo complessivo dei diritti nella somma di Euro 900,00 ritenendo non dovuti, per difetto di prova, gli importi corrispondenti alle voci relative alla consultazione con il cliente ed alla corrispondenza informativa e non dovuti gli importi corrispondenti a voci relative ad attività non ancora espletate al momento della spedizione della lite a sentenza trattandosi di attività non sempre necessarie e giustificate dall'evoluzione della controversia . La statuizione di integrale compensazione delle spese del giudizio di appello era motivata con il ricorrere di giusti motivi desumibili dalla natura delle questioni offerte alla cognizione della Corte, alla sostanziale non opposizione dell'istituto appellato ed al carattere seriale della controversia. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso M.P. sulla base di tre motivi. Con il primo ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell'art. 91 cod. proc. civ., della legge n. 794 del 1942, dell'articolo unico della L. n. 1501 del 1957, della Tariffa professionale forense approvata con DM n. 127 del 2004. In sintesi ha censurato la decisione per la mancata attribuzione delle voci corrispondenti ad attività successive alla pronunzia delle sentenza, comunque riconducibili al giudizio di cognizione e della corrispondenza informativa e delle consultazioni con il cliente, attività non richiedenti specifica dimostrazione in quanto presunte. Con il secondo motivo, deducendo la violazione e falsa applicazione dell'art. 91 cod. proc. civ., della legge n. 794 del 1942, dell'articolo unico della L. n. 1501 del 1957, della Tariffa professionale forense approvata con DM n. 127 del 2004 e del principio del rispetto e inderogabilità dei minimi edittali e la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo, ha censurato la decisione per la riduzione della voce corrispondente agli onorari. Con il terzo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. nonché la omessa carente e contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia, ha censurato la decisione per avere disposto la compensazione delle spese di secondo grado. L'INPS ha depositato procura. Il primo motivo di ricorso è da respingere, per difetto di autosufficienza, quanto alla doglianza relativa al mancato riconoscimento dei diritti relativi ad attività successive al deposito della sentenza di primo grado. Parte ricorrente, infatti, ha omesso ogni allegazione in relazione allo svolgimento di tali attività in seguito alla pubblicazione della decisione del Tribunale. Il primo motivo di ricorso è, invece, manifestamente fondato in relazione alla censura attinente il mancato riconoscimento dei diritti relativi alle voci corrispondenza informativa e consultazioni con il cliente . Invero, quanto alla prima la stessa risulta dovuta in coerenza con l'orientamento di questa Corte secondo il quale In tema di onorali professionali di avvocato e procuratore, l'espletamento dell'attività di corrispondenza informativa con il cliente - cui si ricollega la riconoscibilità dei relativo diritto di procuratore ex art. 21 della Tabella B allegata alla tariffa professionale di cui al d.m. 5 ottobre 1994, n. 585 - nel corso del procedimento di primo grado svolto con il rito del lavoro è oggetto di una vera e propria presunzione iuris tantum , in ragione della peculiare natura del procedimento che impone la comparizione personale della parte interessata all'udienza di discussione e quindi a ritenere per ciò stesso assolto da parte del difensore il dovere di informare il cliente per invitarlo a parteciparvi, con la conseguenza che per la liquidazione della corrispondente voce non è richiesta la prova l'attribuzione di ulteriori competenze a quel titolo è subordinata, invece, alla documentazione e, comunque, alla prova certa dell'effettività della prestazione professionale come specificamente indirizzata a tenere informato il cliente di eventi processuali rilevanti. Cass. n. 21841 del 2007 Cass. ord., 15656 del 2012 . Quanto alla voce consultazione con il cliente , la stessa va riconosciuta in quanto l'attività difensiva da parte del procuratore presuppone l'avvenuto espletamento anche di tale attività. La violazione di legge denunziata con il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente fondata con effetto di assorbimento del terzo motivo di ricorso. Premesso che la Corte di appello ha accertato la correttezza dello scaglione tariffario utilizzato ai fini della compilazione della nota spese, che tale scaglione è quello relativo alle cause di valore dal Euro 25,900,00 a Euro 51.700,00, che la richiesta degli onorari di avvocato è formulata in relazione ai minimi previsti dalla tariffa forense, la riduzione di tale voce operata dalla Corte territoriale, senza peraltro alcuna motivazione a riguardo, si pone in contrasto con il principio della inderogabilità dei minimi edittali sancita dall'art. 24 della legge 13 giugno 1942. In conclusione, ricorre con ogni evidenza il presupposto dell'art. 375, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., per la definizione camerale del ricorso. Consegue l'accoglimento, nei limiti di cui in motivazione, del primo motivo e del secondo motivo, assorbito il terzo, con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo, nei limiti di cui in motivazione, e il secondo motivo, assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Salerno.