Lavoratore: più soggetto al potere direttivo e meno autonomo perché sia subordinato

L’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione del rapporto di lavoro stesso, è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale.

Questo è quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 7675 del 2 aprile. Il caso. La Corte d’appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo, ha accolto l’opposizione proposta da una srl avverso la cartella esattoriale notificata dell’INPS per il recupero di contributi previdenziali. Si trattava di collaborazioni continuate, che potevano prorogarsi di anno in anno, ma che non configuravano un lavoro subordinato, dato che spesso dette mansioni venivano delegate a professionisti esterni. La Corte riteneva che il rapporto di lavoro in questione fosse autonomo, e che l’Ente di Previdenza non avesse fornito la prova della subordinazione, difatti era del tutto infondata la tesi, secondo cui dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 273/2003, che introduceva il divieto di contratti atipici, il rapporto avrebbe dovuto essere trasformato in lavoro subordinato in quanto dovevano ritenersi esclusi quelli di lavoro autonomo, quale quello in esame. Il lavoro era un co.co.co? Avverso tale sentenza ricorreva in Cassazione l’INPS, lamentando che la Corte territoriale si fosse basata su elementi irrilevanti e non utili ai fini della determinazione della subordinazione e, che dopo l’entrata in vigore della norma suddetta, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in corso cessavano alla scadenza successiva all’entrata in vigore della legge. Le censure per il Collegio sono infondate, infatti i giudici di merito hanno fornito una adeguata e corretta spiegazione delle ragioni che li hanno indotti ad escludere la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato, svolgendo un positivo e completo accertamento di tutte le circostanze emerse dall’istruttoria. Potere disciplinare contraddistingue il lavoro subordinato. In proposito gli Ermellini hanno ribadito il principio secondo cui l’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione del rapporto di lavoro stesso, è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell’organizzazione aziendale . La Corte conclude ammettendo che è censurabile in sede di legittimità solo l’assunzione e l’individuazione da parte del giudice di merito del suddetto parametro, mentre l’accertamento degli elementi, che rivelano l’effettiva presenza del parametro nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze probatorie, costituisce apprezzamento di fatto, che resta insindacabile in sede di legittimità. Per queste ragioni le pretese dell’Ente non sono accolte dalla Corte.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 dicembre 2013 – 2 aprile 2014, n. 7675 Presidente Lamorgese – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo Con sentenza depositata il 21/4/2010 la Corte d'Appello di Brescia, in riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo, ha accolto l'opposizione proposta dalla soc Bosio Pietro srl avverso la cartella esattoriale notificata su richiesta dell'INPS per il recupero di contributi previdenziali. Secondo la Corte territoriale il rapporto tra la soc Pietro Bosio a r.l. e B.F. per il periodo dal dicembre 2001 all'ottobre 2004 era riconducibile ad un rapporto di lavoro autonomo. La Corte d'appello ha rilevato che la soc Bosio Pietro e B.F. nel 1996 avevano stipulato un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, annuale, prorogabile anno per anno, avente ad oggetto assistenza amministrativa e contabile e rapporti con professionisti esterni , senza prefissione di orario, con retribuzione mensile di L. 1.000.000 lordi annui e con prestazione da svolgere in azienda che dette mansioni non apparivano significative ai fini dell'accertamento della natura subordinata o autonoma tanto che spesso detto tipo di mansioni venivano delegate a professionisti esterni. La Corte ha, pertanto, rilevato la necessità di tenere conto delle modalità con cui veniva fornita detta prestazione ed ha esaminato le dichiarazioni rese dalla stessa B.F. all'ispettore con cui aveva affermato di aver svolto sempre le stesse mansioni sia prima dal 1996 al 2004 che dopo la sua assunzione come lavoratrice subordinata, nonché le dichiarazioni rese dalla teste Z.E. che aveva affermato che i periodi di ferie venivano stabiliti in modo che la stessa teste e la B. potessero alternarsi e sostituirsi. La Corte ha ritenuto che le dichiarazioni rese all'ispettore da B.F. erano generiche e non contrastanti con quanto la stessa B. aveva poi dichiarato come teste con cui aveva chiarito i mutamenti della sua prestazione prima e dopo l'assunzione come lavoratrice subordinata, circostanze confermate anche dalle dichiarazioni della teste Z. . Quest'ultima aveva sottolineato le diversità esistenti circa le modalità della prestazione della B. prima e dopo l'assunzione come lavoratrice subordinata. La Corte ha, pertanto, concluso escludendo che l'inps avesse fornito la prova della subordinazione. Secondo la Corte, inoltre, era infondata la tesi dell'Istituto secondo cui dopo l'entrata in vigore del dlgs n. 273/2003, che introduceva il divieto di contratti atipici, il rapporto avrebbe dovuto essere trasformato in lavoro subordinato in quanto dovevano ritenersi esclusi quelli di lavoro autonomo, quale quello in esame. Avverso la sentenza ricorre in Cassazione l'inps formulando due motivi. Resiste la Bosio Pietro srl con controricorso. Motivi della decisione Preliminarmente deve essere rilevata la tardività del controricorso perché proposto oltre il termine di cui all'art. 371 cpc. Con il primo motivo l'Inps denuncia violazione dell'art. 2094 cc, dell'art. 116 cpc nonché omessa insufficiente motivazione. Lamenta che la Corte aveva privilegiato le dichiarazioni rese in via istruttoria dalla B. e dalla teste Z. da cui emergeva che la B. era libera negli orari, di fatto organizzava il suo lavoro essendo di grande esperienza e che le prestazioni rese dalle due non erano fungibili. Rileva che la Corte si era basata su elementi irrilevanti e senza valutare che, in caso di mansioni molto semplici e ripetitive o di elevato contenuto intellettuale, l'eterodirezione non era appariscente ed occorreva tenere conto di altri elementi sintomatici della subordinazione. Con il secondo motivo denuncia violazione dell'art. 69 e 86 del dlgs n. 276/2003. Dopo l'entrata in vigore di detta norma non erano configurabili rapporti diversi da quelli tipici e che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa in corso cessavano alla scadenza successiva all'entrata in vigore della legge. Le censure,congiuntamente esaminate stante la loro stretta connessione, sono infondate. La Corte ha fornito un'adeguata e corretta spiegazione delle ragioni che l'hanno indotta ad escludere la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato svolgendo un positivo e completo accertamento di tutte le circostanze di fatto emerse dall'istruttoria. I motivi di doglianza formulati dal ricorrente non hanno in concreto investito in modo dirimente nessuno dei passaggi argomentativi della sentenza impugnata dovendosi precisare che la valutazione degli elementi probatori, ivi compresa l'interpretazione degli atti scritti, è attività istituzionalmente riservata al giudice di merito, insindacabile in cassazione se non sotto il profilo della congruità della motivazione del relativo apprezzamento. Costituisce principio affermato più volte da questa Corte che l'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo, assumendo la funzione di parametro normativo di individuazione della natura subordinata del rapporto stesso, è l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia ed inserimento nell'organizzazione aziendale In sede di legittimità è censurabile soltanto l'assunzione e l'individuazione da parte del giudice di merito del suddetto parametro, mentre l'accertamento degli elementi, che rivelano l'effettiva presenza del parametro stesso nel caso concreto attraverso la valutazione delle risultanze processuali e sono idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, costituisce apprezzamento di fatto, che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile. cfr. Cass. n. 15275/04, n. 3277/2004 . Nella specie la Corte d'Appello ha seguito un corretto - e, quindi, non sindacabile - percorso logico, laddove, dopo avere assunto come decisivo, al fine della sussistenza della natura subordinata del rapporto, il suddetto parametro normativo della subordinazione, ne ha escluso la concreta ricorrenza dalle risultanze processuali, congiuntamente valutate. Ha richiamato la volontà delle parti manifestata nella conclusione di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, annuale e prorogabile avente ad oggetto l’assistenza amministrativa e contabile e rapporti con professionisti esterni , senza prefissione di orario di lavoro con retribuzione mensile lorda e con prestazione da svolgere in azienda. La Corte ha poi, esaminato le dichiarazioni rese da B.F. in sede di ispezione e poi davanti al giudice, nonché quelle di Z.E. in sede di prova testimoniale. La Corte ha ritenute che le dichiarazioni complessivamente esaminate consentivano di ritenere attendibile quanto dichiarato dalla B. in sede di istruttoria e maggiormente chiarificatrici delle caratteristiche della sua prestazione rispetto a quanto dichiarato all'ispettore. dichiarazioni che avevano trovato conferma in quelle rese dal teste Z. . Va in proposito richiamato l'orientamento giurisprudenziale consolidato cfr Cass. n. 10902/2001 n. 1554/2004 n. 12632/2006 n. 17097/2007 n. 8767/2011 in forza del quale La valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata . La pretesa dell'Istituto di far rivalutare dalla Cassazione le testimonianze già valutate dalla Corte territoriale e ritenute idonee ad escludere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato non può, pertanto, trovare accoglimento. Quanto al secondo motivo deve rilevarsi che su detto motivo non sussiste interesse del ricorrente considerato che all'epoca dell'entrata in vigore della nuova normativa il rapporto tra le parti era stato trasformato in lavoro subordinato. Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato. Nulla per spese del presente giudizio stante la tardività del controricorso. P.Q.M. La Corte, rigetta il ricorso, nulla per spese del presente giudizio.