Cancellazione dall’albo sospesa per ordine del TAR: medico riconfermato ma solo perché gli ordini non si discutono

Mentre, in generale, la comune azione di indebito arricchimento richiede, come elementi integrativi della fattispecie, una diminuzione patrimoniale di una parte, cui fa riscontro un arricchimento senza giusta causa dell’altra, quando è parte in giudizio la P.A. assume rilievo aggiuntivo il riconoscimento della utilitas dell’opera o della prestazione per le quali viene chiesto l’indennizzo.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 7460 del 31 marzo 2014. Il caso. Il Tribunale di Avezzano accoglieva le domande proposte da un medico volte ad ottenere dalla USL il pagamento del compenso per le prestazioni rese quale medico convenzionato di base. La Corte d’Appello di Campobasso, a seguito della pronuncia della Suprema Corte, riconosceva all’uomo i compensi solo in parte infatti, per il periodo compreso tra il 22/9/1991 al 4/1/1993, il medico aveva prestato la sua attività in forza di un’ordinanza del TAR dell’Aquila che, in via d’urgenza, aveva sospeso la sua esclusione dall’albo dei medici convenzionati disposta per raggiunti limiti di età. Mancava, quindi, la prova dell’utilità della prestazione, richiesta per l’accoglimento della domanda ai sensi della’art. 2041 c.c. la USL si era limitata a dare esecuzione a un provvedimento giurisdizionale che, sospendendo la cancellazione dall’albo, le aveva imposto di continuare a considerare il medico tra quelli convenzionati. Gli eredi dell’uomo propongono ricorso per cassazione. Mancato riconoscimento dell’indennizzo. I ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento dell’indennizzo ex art. 2041 c.c. dovuto al loro dante causa per l’attività di medico di base svolta nel periodo dal 17/9/1992 al 4/1/1993. La doglianza è infondata la Corte di legittimità sostiene che mentre, in generale, la comune azione di indebito arricchimento richieda, come elementi integrativi della fattispecie, una diminuzione patrimoniale di una parte, cui fa riscontro un arricchimento senza giusta causa dell’altra, quando è parte in giudizio la P.A. assume rilievo aggiuntivo il riconoscimento della utilitas dell’opera o della prestazione per le quali viene chiesto l’indennizzo. Quest’ultimo deve avvenire attraverso una valutazione cosciente e consapevole, seppur discrezionale della P.A., sulla base del ponderato apprezzamento della rispondenza della cosa o della prestazione al pubblico interesse. Prestazioni non utili. La decisione della Corte territoriale si giustifica in base al fatto che la USL ha manifestato una volontà consapevole in merito alla non utilità delle prestazioni rese dal medico, contestando, non a caso, il suo diritto a rimanere iscritto nelle liste dei medici non convenzionati. In altre parole, è palese che essa si sia limitata a dare esecuzione al provvedimento del TAR. Pertanto, il ricorso va rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 gennaio – 31 marzo 2014, n. 7460 Presidente Stile – Relatore D’Antonio Svolgimento del processo Con sentenza del 25/1/2011 la Corte d'appello di Campobasso, in sede di rinvio a seguito della decisione n. 20534/20 della Corte di Cassazione, ha riformato la sentenza del Tribunale di Avezzano del 16/5/2002 che aveva accolto le domande proposte da Bi.Fr. volte ad ottenere dalla USL n X di Avezzano – Sulmona -L'Aquila il pagamento del compenso per le prestazioni rese quale medico convenzionato di base per il periodo 23/7/91 al 9/8/91 e dal 22/9/91 al 4/1/93. La Corte territoriale ha dato atto che a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione era passata in giudicato la parte della sentenza della Corte d'Appello di L'Aquila cassata che aveva riconosciuto il diritto del Bi. ai compensi per il periodo dal 23/7/91 al 9/8/91. Con riferimento al periodo dal 22/9/91 al 4/1/93 la Corte d'appello ha rilevato che in detto periodo il Bi. aveva prestato attività di medico di base in forza di un'ordinanza del TAR di L'Aquila che in via d'urgenza aveva sospeso l'esclusione del medico dall'albo dei medici convenzionati disposta dalla USL di Avezzano per raggiunti limiti di età. La Corte territoriale ha ritenuto non provata la consapevole volontà dell'ente di accettare le prestazioni rese dal Bi. in quanto valutate utili e quindi ha ritenuto insussistente un riconoscimento sia pure implicito dell'utilitas di tali prestazioni richiesto per l'accoglimento della domanda ai sensi dell'art. 2041 cc. La Corte ha, infatti, rilevato che, in base alle circostanze emerse, doveva concludersi che la USL si era limitata a dare esecuzione ad un provvedimento giurisdizionale e cioè l'ordinanza del TAR che sospendendo la cancellazione del Bi. dall'albo di medici convenzionati, le aveva imposto di continuare a considerare il medico tra quelli convenzionati sia pure con un massimale di 500 assistiti. Avverso la sentenza ricorrono in Cassazione gli eredi di Bi.Fr. formulando 5 motivi. Resiste con controricorso l'ASL n. X di Avezzano – Sulmona - L'Aquila che deposita anche memoria ex art. 378 cpc. Motivi della decisione Con il primo motivo i ricorrenti denunciano violazione degli art. 21 e 33 della L. n. 1034/1971, dell'art. 2041 cc relativamente al periodo 17/9/92 al 4/1/93. Osservano che la Corte aveva affermato l'assenza di utilità della prestazione del Bi. in quanto la ASL si era trovata costretta ad usufruire delle prestazioni del dott. Bi. unicamente in esecuzione dell'ordinanza del TAR. Rilevano che detta ordinanza era stata revocata con sentenza del TAR depositata in data 17/9/92, immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 33 della legge istitutiva del TAR, con la conseguenza che dal 19/9/92 fino al 4/1/93, data nella quale la ASL aveva cessato di consegnare al dott. Bi. i ricettari e di accettare le sue richieste di analisi, l'ASL aveva consentito al medico di proseguire l'attività lavorativa sebbene l'ordinanza del TAR non esistesse più giuridicamente. La Corte d'appello aveva, pertanto, errato nel considerare che dal 19/9/92 al 4/1/93 l'ASL aveva agito in quanto obbligata dal provvedimento cautelare in detto periodo la ASL aveva volontariamente e consapevolmente continuato a considerare il Bi. tra i propri medici convenzionati. Con il secondo motivo denunciano vizio di motivazione relativamente al periodo 17/9/92-4/1/93. Deducono che la motivazione della sentenza impugnata era contraddittoria in quanto affermava che in data 17/9/92 il TAR aveva rigettato la domanda del Bi. travolgendo la sospensiva concessa con l'ordinanza cautelare, ma poi in modo contraddittorio aveva affermato che tino al 4/1/93 l'ASL aveva dato esecuzione all'ordinanza di sospensiva. Con il terzo motivo denunciano omessa motivazione con riferimento al periodo 17/9/92 al 4/1/93. La Corte ha affermato la mancanza di utilitas anche con riferimento a detto periodo senza motivazione. Con il quarto motivo denunciano vizio di motivazione in relazione all'intero periodo oggetto di contenzioso dal 22/9/91 al 4/1/93 con riferimento alle circostanze che la ASL non aveva mai invitato i pazienti a cambiare medico, non aveva comunicato che erano stati nominati altri medici in sostituzione del Dott. Bi. né aveva mai avvisato che quest'ultimo non era più inserito tra i medici convenzionati. Con il quinto motivo denunciano violazione dell'art. 2041 cc nonché omessa motivazione in relazione all'intero periodo oggetto di contenzioso dal 22/9/91 al 4/1/93. Lamentano che la Corte non aveva verificato in concreto se vi fosse un implicito o esplicito riconoscimento da parte dell'Azienda dell'utilità delle prestazioni rese dal medico. Le censure,congiuntamente esaminate in quanto connesse,sono infondate. I ricorrenti lamentano il mancato riconoscimento dell'indennizzo ex art. 2041 cc dovuto a 1 loro dante causa per l'attività di medico di base svolta nel periodo dal 17/9/92 al al 4/1/1993. La sentenza impugnata, nel negare tale diritto, appare adeguatamente motivata, priva di difetti logici o contraddizioni, oltre che immune da errori di diritto, essendosi il giudice di rinvio attenuto ai principi stabiliti nella sentenza di questa Corte n. 20534/2008. In particolare si era richiamato in tale sentenza il principio ripetutamente in proposito affermato cfr., per tutte, Cass. 18 marzo 2004 n. 5506 e da ultimo Cass. n 3322/2010 che l'azione di indebito arricchimento nei confronti della pubblica amministrazione, esclusa in un primo tempo in dottrina, era stata ritenuta ammissibile unicamente in presenza di specifiche condizioni, in corrispondenza di esigenze di trasparenza dell'azione pubblica e per evitare che l'azione potesse essere invocata per sottrarsi più o meno direttamente o tortuosamente all'applicazione delle leggi. Nella citata sentenza si era poi precisato che mentre in generale la comune azione di indebito arricchimento richiede come elementi integrativi della fattispecie una diminuzione patrimoniale di una parte, cui fa riscontro un arricchimento dell'altra, che risulta privo di giusta causa, quando è parte in giudizio la pubblica amministrazione finisce per assumere un rilievo aggiuntivo il riconoscimento della utilitas dell'opera o della prestazione per le quali viene chiesto l'indennizzo v. Cass n. 5506/04 cit. . Si è affermato, inoltre, che il riconoscimento dell’utilitas può avvenire in maniera esplicita, con un atto formale, oppure anche in modo implicito e cioè con una concreta e materiale utilizzazione della cosa, dell'opera o della prestazione eseguita dal privato e che il suddetto riconoscimento deve però concretizzarsi in una valutazione cosciente e consapevole, seppure discrezionale della pubblica amministrazione, sulla base del ponderato apprezzamento relativamente alla rispondenza della cosa o della prestazione al pubblico interesse. In applicazione di detti principi con la sentenza qui impugnata la Corte d'appello di Campobasso ha rilevato che la valutazione, alla luce delle risultanze in atti, della condotta tenuta dalla USL di Avezzano portasse a ritenere non provata la consapevole volontà dell'ente di accettare le prestazioni rese dal Bi. in quanto valutate come utili e quindi a ritenere insussistente un riconoscimento, sia pure implicito, dell'utilitas di tali prestazione. 11 giudice di merito ha indicato i vari elementi su cui ha fondato la sua decisione ed i ricorrenti chiedono a questa Corte un'inammissibile nuova valutazione delle risultanze processuali. La Corte territoriale ha sottolineato la ripetuta contestazione da parte della USL del diritto del Bi. a rimanere iscritto nelle liste dei medici convenzionati sia nel giudizio davanti al TAR sia in quello davanti al Consiglio di Stato la nomina fin dal 10/8/91 del Dott. Be. quale sostituto del medico e poi quella dei medici M. e F. senza mai reinserire negli elenchi dei medici convenzionati il nominativo del Bi. anche dopo la sospensiva il mancato riconoscimento del corrispettivo. Secondo la Corte territoriale tali clementi evidenziavano che la USL si era limitata a dare esecuzione al provvedimento del TAR di sospensiva del Bi. dalla cancellazione dell'elenco dei medici convenzionati. Non incidono sulle corrette conclusioni assunte dalla Corte d'appello le ulteriori osservazioni dei ricorrenti che lamentano l'inadeguatezza e contraddittorietà della motivazione della sentenza con riferimento al periodo successivo al deposito della sentenza del TAR in data del 17/9/92 in quanto la USL aveva continuato a fornire al medico i ricettali con ciò, secondo i ricorrenti, risulterebbe fornita la prova dell'utilitas. Da un lato il ricorso difetta di autosufficienza non avendo i ricorrenti neppure indicato la data in cui la sentenza del TAR fu comunicata alla USL essendo evidente che solo a seguito della effettiva conoscenza della stessa l'ente avrebbe potuto valutare fondatamente se continuare a fornire i ricettari al dott. Bi. ed accettare le sue prestazioni. Sul punto invece l'USL ha riferito, senza ricevere smentite, che il dott. Bi. aveva ricevuto la notifica della sentenza in data 2/11/92 e che fu da lui impugnata davanti al Consiglio di Stato in data 18/12/1992 e che, pertanto, la questione restava ancora sub iudice con conseguente plausibile ritardo da parte dell'USL nell'applicazione della sentenza del TAR. La situazione di fatto sopra esposta rende evidente, da un lato che il dott. Bi. ha continuato a lavorare a suo rischio pur nella consapevolezza dell'intervenuta decisione a lui sfavorevole. Dall'altro lato che le argomentazioni dei ricorrenti non sono affatto decisive a far ritenere provato che la USL abbia voluto riconoscere l'utilità dell'opera del medico anche soltanto per un più breve periodo in contrasto con quanto sempre affermato dall'ente circa l'insussistenza del diritto del Bi. a rimanere iscritto nell'elenco dei medici convenzionati pur avendo raggiunto l'età di 70 anni. Le censure dei ricorrenti non sono idonee, pertanto, ad invalidare la decisione impugnata con conseguente rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti a pagare le spese del presente giudizio liquidate in Euro 100.00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.