La RAI non è tenuta al versamento del contributo di mobilità

La RAI non deve corrispondere all’I.N.P.G.I. il contributo previdenziale relativo all’indennità di mobilità perché espresse norme legislative la esonerano, considerandola come impresa pubblica, malgrado che essa operi in forma di società commerciale

Lo ha stabilito la 2013. Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 27394, depositata il 6 dicembre Giornalisti RAI il contributo di mobilità è dovuto? La pronuncia in esame trae origine dal procedimento monitorio promosso dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani I.N.P.G.I. nei confronti della RAI per recuperare i contributi di mobilità ex art. 16, comma 3, l. n. 223/1991 non versati da quest’ultima. A sostegno del proprio credito, l’istituto di previdenza ha addotto la spettanza dell’indennità di mobilità a tutti i giornalisti, anche in favore di quelli esclusi dal beneficio della cassa integrazione guadagni speciale. L’indennità di mobilità spetta anche ai giornalisti radiotelevisivi a tutti? L’art. 16, l. n. 223/1991, per il caso di disoccupazione derivante da licenziamento per riduzione di personale o da cessazione di attività da parte di imprese diverse da quelle edili e rientranti nella disciplina dell’intervento straordinario di integrazione salariale, attribuisce al prestatore di lavoro - in presenza di determinati presupposti - il diritto alla medesima indennità prevista per i lavoratori in trattamento straordinario di integrazione salariale collocati in mobilità. In vista di tale trattamento, le imprese sono tenute al versamento di uno specifico contributo previdenziale. Lo stesso art. 16 prevede, al comma 3, che la corresponsione dell’indennità di mobilità ai giornalisti sia a carico dell’I.N.P.G.I., al quale è dovuto tale contributo. Il campo di applicazione dell’intervento straordinario di integrazione salariale, già previsto dall’art. 2, l. n. 675/1977, è stato esteso dall’art. 35, l. n. 416/1981 ai giornalisti professionisti dipendenti da imprese editrici di giornali quotidiani e dalle agenzie di stampa a diffusione nazionale”, vale a dire ai giornalisti della c.d. carta stampata”. Questo trattamento è stato poi riconosciuto anche a tutti i dipendenti” delle imprese radiotelevisive private, quale che sia il loro inquadramento professionale”, dall’art. 7, comma 4 , d.l. 20 maggio 1993 n. 148, conv. in l. 19 luglio 1993 n. 236 fino al 31 dicembre 1995 termine poi prorogato fino al 31 dicembre 1997 dall’art. 2 d.l. 14 giugno 1996 n. 318 , conv. in l. 29 luglio 1996 n. 402 . La Rai è un’impresa pubblica il contributo di mobilità non è dovuto. Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte ha affermato che, essendo pacifico che la RAI – pur operando in forma di società commerciale - è un’impresa radiotelevisiva pubblica, essa non rientra nel campo di applicazione dell’art. 16, l. n. 223/1991 e, pertanto, non è soggetta al versamento del relativo contributo previdenziale. Come detto, infatti, l’estensione del trattamento previdenziale in parola è stato disposto solo a vantaggio dei dipendenti delle imprese radiotelevisive private art. 7, comma 4 , d.l. 20 maggio 1993 n. 148 . Risulta, pertanto, irrilevante la questione riguardante l’automatica connessione dell’indennità di mobilità al trattamento di cassa integrazione guadagni. In proposito, peraltro, le Sezioni Unite Cass. n. 23078/2004 , risolvendo un contrasto giurisprudenziale, hanno stabilito che la diversità dei due istituti esclude ogni automatismo la cassa integrazione guadagni, infatti, soddisfa l’esigenza di assicurare il reddito a persone allontanate temporaneamente dal lavoro, nella prospettiva di una ripresa del lavoro l’indennità di mobilità, per contro, è corrisposta a causa della perdita del posto di lavoro e segue ma non sempre il trattamento di integrazione salariale.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 29 ottobre - 6 dicembre 2013, numero 27394 Presidente Roselli – Relatore Mancino Svolgimento del processo 1. Con sentenza del 10 dicembre 2009, la Corte d'Appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame svolto dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani Giovanni Amendola di seguito I.N.P.G.I. avverso la sentenza impugnata, rigettava la domanda della RAI Radiotelevisione italiana s.p.a. di seguito RAI per la restituzione delle somme versate all'istituto di previdenza a titolo di contributo di mobilità ex art. 16, comma 3, L. numero 223 del 1991, relativamente al periodo dal 1.8.1991 al 31.7.1999, oltre accessori, e per l'accertamento dell'insussistenza dell'obbligazione contributiva dichiarava assorbito il gravame incidentale svolto dalla società appellata. 2. La Corte territoriale, per quanto qui rileva, precisava quanto segue - con sentenza del 23 febbraio 2002, numero 4822 il Tribunale di Roma aveva revocato, per quanto d'interesse nel presente giudizio, un decreto ingiuntivo emesso a carico della RAI e a favore dell'I.N.P.G.I., e aveva condannato la RAI a pagare una somma al predetto Istituto di previdenza a titolo di contributi omessi per il periodo 29 dicembre 1983 - 31 dicembre 1998, oltre le somme aggiuntive - il Tribunale aveva ritenuto che la società fosse tenuta a pagare il contributo di mobilità ex art. 16, comma 3, L. numero 223 cit., giacché i giornalisti, dipendenti della stessa, potevano fruire dell'indennità di mobilità, ancorché fossero esclusi dal beneficio della cassa integrazione guadagni speciale - successivamente, con ricorso del 19 luglio 2002, la RAI aveva chiesto accertarsi l'insussistenza del debito contributivo per indennità di mobilità nonché la restituzione di quanto pagato all'I.N.P.G.I., dal 1.8.1991 al 31.7.1999 Euro 2.944.033,00, corrispondente a quanto versato a tale titolo - la società, assumendo la qualità di impresa dello spettacolo non privata, aveva dedotto di non essere tenuta alla predetta obbligazione contributiva - l’I.N.P.G.I., costituendosi tardivamente in giudizio, eccepiva la violazione del principio del ne bis in idem - il primo giudice, con sentenza del 10 giugno 2004, aveva accolto la domanda e condannato l’I.N.P.G.I. al pagamento della somma sopra indicata, oltre accessori, a decorrere dal 19.7.2002 data della domanda giudiziale l'I.N.P.G.I. aveva proposto gravame lamentando l'erroneo rigetto dell'eccezione di giudicato - anche la RAI aveva proposto appello incidentale avverso l'erronea statuizione sulla decorrenza degli interessi. 3. La Corte territoriale, a sostegno del decisum e per quanto qui rileva, osservava che - la decisione resa dal Tribunale di Roma il 23 febbraio 2002, numero 4822 era pacificamente passata in giudicato, come risultava dalla dichiarazione di estinzione del relativo giudizio d'impugnazione, del 9 novembre 2005, e dall'attestazione di cancelleria prodotta dall'I.N.P.G.I. - la cosa giudicata valeva fino al 31 luglio 1999 mentre non valeva per il periodo successivo, trattandosi di rapporto obbligatorio di durata, da frazionare in tanti rapporti quanti erano i periodi contributivi, dei quali rimanevano coperti dall'efficacia di giudicato art. 2909 c.c. solo quelli anteriori alla relativa sentenza definitiva per il periodo successivo la società non era assoggettabile al contributo in questione poiché la RAI, impresa televisiva di natura pubblica in quanto società a partecipazione pubblica e concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, non poteva fruire della cassa integrazione guadagni straordinaria c.i.g.s. onde i suoi dipendenti giornalisti non potevano percepire l'indennità di mobilità - in conclusione, l'insussistenza dell'obbligazione contributiva a carico della RAI risultava dagli artt. 7, comma 4, d.l. numero 148 del 1993, conv., in l. numero 236 del 1993, e dall'art. 2 d.l. numero 318 del 1996, conv. in l. numero 402 del 1996. 4. Avverso tale sentenza ricorrono per Cassazione la RAI, in via principale, e l’I.N.P.G.I. in via incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione 5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perché proposti avverso la medesima sentenza. 6. Col primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., negando che sulla sentenza numero 4822/2002 del Tribunale di Roma si sia formato il giudicato. Analoga doglianza viene svolta col secondo motivo, lamentando anche l'errata interpretazione del giudicato. 7. Le due connesse doglianze non sono fondate. 8. Osserva innanzitutto il Collegio che le censure non hanno ad oggetto l'estensione temporale del giudicato sicché questa Corte non deve pronunciarsi sull'esattezza della sentenza impugnata, nella parte in cui limita detta estensione al 31 luglio 1999 ex multis , vedi Cass., ord. 28 gennaio 2013, numero 1847 . 9. Quanto all'idoneità della sentenza del Tribunale numero 4822/2002 al passaggio in giudicato, essa non può essere posta in dubbio. La Corte d'appello rileva, senza che il rilievo sia ora contestato, che la sua definitività è stata attestata dalla Cancelleria, mentre dalla sua lettura risultano chiaramente la pronuncia sul petitum accertamento dell'obbligo di pagare il contributo di cui all'art. 16 l. numero 223 del 1991 e sulla causa petendi spettanza dell'indennità di mobilità ai giornalisti, compresi quelli dipendenti della RAI . 10. Né interessano ora le vicende processuali attraverso le quali il Tribunale pervenne alla decisione numero 4822 del 2002. 11. Con unico motivo l'Istituto ricorrente incidentale, deducendo la violazione degli artt. 16 cit., 35, 36, 37 legge numero 416 del 1981, nonché dell'art. 7, comma 4, 1. numero 263 del 1993, afferma la spettanza dell'indennità di mobilità a tutti i giornalisti, indipendentemente dalla collocabilità in c.i.g.s. e quindi l'assoggettamento di tutte le imprese giornalistiche, compresa la RAI, al contributo in questione. 12. La tesi non ha fondamento. 13. La decisione ora impugnata fonda la negazione dell'assoggettamento della RAI al contributo di cui all'art. 16 cit. sugli artt. 7, comma 4, d.l. numero 148 del 1993, conv., in l. numero 236 del 1993, e 2 d.l. numero 318 del 1996, conv. in l. numero 402 del 1996. 14. L'art. 16 cit. attribuisce un'indennità di mobilità, ossia un trattamento di disoccupazione, per i dipendenti delle imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale comma 1 . Per la corresponsione del trattamento in questione i datori di lavoro sono tenuti a versare uno speciale contributo previdenziale comma 2 , di cui ora si controverte. 15. Il campo di applicazione dell'intervento straordinario di integrazione salariale, già previsto dall'art. 2 l. 12 agosto 1977, numero 675, venne esteso dall'art. 35, primo comma, l. 5 agosto 1981, numero 416 ai giornalisti professionisti dipendenti da imprese editrici di giornali quotidiani e dalle agenzie di stampa a diffusione nazionale , vale a dire ai giornalisti della cosiddetta carta stampata. 16. I giornalisti e gli altri dipendenti delle imprese radiotelevisive rimasero esclusi dal beneficio previdenziale fino a che l'art. 7, comma 4, d.l. 20 maggio 1983, numero 148, conv. in l. 19 luglio 1993, numero 236, estese l'applicabilità dell'art. 35 l. numero 416 del 1981 al settore delle imprese radiotelevisive private , fino al 31 dicembre 1995 termine poi prorogato fino al 31 dicembre 1997 dall'art. 2 d.l. 14 giugno 1996, numero 318, conv. in l. 29 luglio 1996, numero 402. 17. Poiché è pacifico in causa che la RAI sia impresa radiotelevisiva pubblica, consegue che essa non rientra nel campo di applicazione dell'art. 16 l. numero 223 del 1991 e che perciò non sia assoggettabile al contributo previsto nel comma 2 sopra cit 18. Estranea al tema attualmente disputato è la questione se l'indennità di mobilità sia indefettibilmente connessa al trattamento di cassa integrazione guadagni. In senso negativo si sono espresse, con sentenza 10 dicembre 2004 numero 23078, le Sezioni unite di questa Corte, le quali hanno affermato la regola della connessione, con eccezioni di legge che qui non interessano vedi Sez. unumero numero 106 del 2001 . 19. Parimenti estraneo all'attuale controversia è il tema dell'assoggettamento, in via generale, delle società industriali a partecipazione pubblica alla contribuzione previdenziale Cass. 26 maggio 2004 numero 10155,10 marzo 2010 numero 5816 . 20. In breve, la RAI s.p.a. non deve corrispondere all'I.N.P.G.I. il contributo in questione perché espresse norme legislative la esonerano, considerandola come impresa pubblica, malgrado che essa operi in forma di società commerciale. Questa sola ragione è sufficiente a sostenere la decisione impugnata, onde si rivelano ultronee le considerazioni del ricorrente incidentale sulla finalità del contributo. 21. In definitiva entrambi i ricorsi vanno rigettati. 22. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti. P.Q.M. La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta spese compensate.