Anche per il licenziamento del dirigente medico è competente l’Ufficio Procedimenti Disciplinari

In tema di rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte esclusivamente dall’ufficio competente per i procedimenti disciplinari, che è competente anche per l’irrogazione delle sanzioni disciplinari, ai sensi dell’art. 55, D.Lgs. n. 165/2001. Tale principio trova applicazione anche con riferimento alla dirigenza medica.

Di conseguenza il procedimento instaurato da soggetto diverso da tale organo è illegittimo e la conseguente sanzione irrogata sarà affetta da nullità. Così ha stabilito la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 27128 pubblicata il 4 dicembre 2013. Il caso. Un medico ospedaliero veniva licenziato per giusta causa, in quanto ritenuto assente dal lavoro senza giustificazione, nonostante gli fosse stata negata la richiesta di aspettativa e gli fosse stato rivolto invito a presentarsi al lavoro. L’aspettativa, qualificata dal medico in ragione di studio e aggiornamento, in realtà doveva consentire al sanitario di svolgere la propria attività presso una clinica privata, con incarico a tempo determinato. La struttura sanitaria pubblica pertanto, dopo aver contestato al medico la gravità dei comportamenti addebitati e l’assenza ingiustificata, anche a seguito del diniego dell’aspettativa e l’invito a presentarsi al lavoro, procedeva al licenziamento, con provvedimento adottato dal Direttore Generale, previo parere del Comitato dei Garanti. Il medico adiva Il Tribunale del lavoro, il quale, in parziale accoglimento del ricorso, dichiarava l’illegittimità del recesso, condannando l’azienda al pagamento dell’indennità di mancato preavviso. Proponeva appello l’azienda ospedaliera e la Corte riformava la sentenza di primo grado. Proponeva ricorso per cassazione il medico licenziato. Il procedimento disciplinare nel pubblico impiego. Nel rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni, il procedimento disciplinare è regolato dall’art. 55, D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 attualmente modificato dalle norme di cui al D.lgs. n. 150/2009 , nel testo vigente ante modifiche, per quanto riguarda i fatti di causa. Norma che prevede l’individuazione, da parte della pubblica amministrazione, di un ufficio competente per i procedimenti disciplinari, cui sono devoluti l’istruttoria del procedimento disciplinare e l’irrogazione dell’eventuale sanzione. Per ciò che concerne i dirigenti, l’art. 21, D.Lgs. n. 165/2001 prevede una particolare tipologia di responsabilità per mancato raggiungimento degli obiettivi o per inosservanza delle direttive aziendali. Secondo la Corte d’Appello la competenza per l’irrogazione della sanzione spetta al Direttore Generale La Corte di merito, nella sentenza qui impugnata, pone una distinzione tra responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare individuando, quale conseguenza, una situazione di specialità” nell’art. 21, D.lgs. 165/2001, applicabile solo al ruolo dirigenziale. E dunque il provvedimento di recesso irrogato dal Direttore Generale, previa acquisizione del parere del Comitato dei Garanti era del tutto corretto e legittimo. Così riformando la sentenza di primo grado resa dal tribunale, che viceversa aveva ritenuto illegittimo il recesso, per vizio procedurale, in violazione dell’art. 55, D.Lgs. 165/2001. ma la Corte di Cassazione bacchetta” i giudici d’appello. La Suprema Corte censura l’interpretazione resa in appello. Dall’esame delle norme in esame, artt. 55 e 21 del citato D.Lgs. 165, occorre prima di tutto distinguere l’ipotesi della responsabilità del dirigente per il mancato raggiungimento degli obiettivi o l’inosservanza delle direttive art. 21 dalla responsabilità disciplinare, derivante dalla generale violazione dei doveri del dipendente pubblico, ivi compresi i dirigenti. Per questa seconda tipologia di responsabilità è competente salvo che per le minori sanzioni di censura e rimprovero verbale l’ufficio procedimenti disciplinari, al quale sono devolute sia l’iter procedimentale sia l’irrogazione della sanzione. Pertanto la motivazione della Corte di merito appare errata. Ove l’amministrazione fa valere ragioni di responsabilità disciplinare e non di responsabilità dirigenziale secondo quanto previsto dall’art. 21 deve trovare applicazione, anche per il rapporto dirigenziale, il procedimento previsto dall’art. 55, D.Lgs. 165. Il provvedimento di licenziamento è così formalmente viziato e dunque nullo. Dunque, in base ai principi sopra illustrati, il procedimento disciplinare instaurato da un soggetto od organo diverso dall’ufficio procedimenti disciplinari di cui al citato art. 55 sarà illegittimo ed il conseguente provvedimento disciplinare emesso dal soggetto incompetente sarà parimenti viziato e nullo. Per tali ragioni, nel caso in esame, il recesso adottato dall’amministrazione ospedaliera dal Direttore Generale ricorrente è stato ritenuto viziato. Con accoglimento del motivo di ricorso proposto cassata la sentenza impugnata con rinvio ad altra Corte d’Appello.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 settembre - 4 dicembre 2013, numero 27128 Presidente Vidiri – Relatore Nobile Svolgimento del processo Con sentenza numero 841/2008 il Giudice del lavoro del Tribunale di Potenza, in parziale accoglimento del ricorso proposto da F.G. in data 8-3-2007 nei confronti dell'Azienda Ospedaliera Ospedale San Carlo di , dichiarava l'illegittimità del licenziamento da quest'ultima intimato e condannava la convenuta al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 33.254,88, a titolo di indennità di mancato preavviso, oltre interessi dal dovuto al saldo. Con il suddetto ricorso il F. , dirigente medico di I livello presso l'U.O. di Ostetricia e Ginecologia del detto Ospedale dal 14-1-2002, aveva esposto che nel giugno 2005 aveva avanzato all'Ufficio del Personale richiesta di aspettativa per sei mesi dal 16-7-2005 al 15-1-2006 , avendo ricevuto incarico a tempo determinato presso l'Ospedale Cristo Re di *Roma* che, invitato a riprendere servizio con telegramma del 21-7-2005, egli aveva chiarito la propria posizione con racc. del 27-7-2005, giustificando la domanda per i motivi di studio e aggiornamento scientifico specificati che, dopo un telegramma di risposta negativa ed un nuovo invito a riprendere servizio, aveva ricevuto comunicazione del diniego dell'aspettativa per essere l'Ospedale Cristo Re di natura privata - nota del 18-7-2005 - e della contestazione dell'addebito nota dell'1-8-2005 , con invito a comparire per T8-8-2005 per rispondere di assenza dal lavoro nonostante il diniego dell'aspettativa ritardata e telegrafica risposta del 27-7-2005 inconferente e pretestuosa equiparazione dell'Ospedale Cristo Re ad una struttura pubblica gravità del comportamento cumulo di impieghi che egli era comparso ed aveva presentato memoria difensiva che in data 19-8-2005 l'azienda aveva comunicato al Comitato dei Garanti di ritenere infondate le difese e chiesto il parere sulla risoluzione del contratto che in data 19-9-2005 il D.G. C. , nel corso di una riunione con oltre 10 medici, aveva annunciato il suo licenziamento, con notizia giunta alla stampa che solo successivamente gli era pervenuta comunicazione del dirigente Fr. con allegato il provvedimento del 7-10-2005 con cui l'Azienda aveva deliberato di recedere dal rapporto. Tanto premesso, il F. aveva chiesto la declaratoria di illegittimità del licenziamento e la condanna dell'Azienda convenuta al pagamento delle somme determinate come da conteggi effettuati con riferimento all'intero rapporto e relativi a festività e ferie non godute, indennità di mancato preavviso, TFR, danni non patrimoniali oltre al risarcimento dei danni esistenziali. Con la sentenza di primo grado il giudice adito riteneva che, pur essendo acclarata la legittimità della scelta di risolvere il rapporto, il recesso era viziato sul piano formale, essendo stato irrogato dal Direttore Generale anziché dall'Ufficio Procedimenti Disciplinari ex articolo 55 d.lgs. numero 165/2001 , e condannava l'Azienda al pagamento dell'indennità di mancato preavviso, quantificata dal CTU, respingendo tutte le altre richieste. Avverso tale sentenza l'Azienda Ospedaliera Ospedale San Carlo di proponeva appello chiedendone la riforma con il rigetto integrale della domanda di controparte. Il F. si costituiva chiedendo il rigetto dell'appello principale e proponendo appello incidentale per i seguenti motivi 1 difetto di rappresentanza in giudizio, difetto di legittimazione passiva in primo grado e attiva in grado d'appello - omessa pronuncia circa la dichiarazione di contumacia - inammissibilità dell'appello 2 vizio procedimentale - contestazione addebito 3 illegittimità del diniego dell'aspettativa 4 vizio di motivazione nella negazione dei danni non patrimoniali, circa diritto riservatezza, licenziamento e mobbing 5 ferie e festività non godute - vizio di motivazione 6 divieto di cumulo di interessi e rivalutazione 7 illegittimità del licenziamento irrogato da organo incompetente - riforma della sentenza sul punto errore formale. La Corte d'Appello di Potenza, con sentenza depositata il 10-6-2010, in accoglimento dell'appello principale rigettava la domanda proposta dal F. e condannava quest'ultimo a restituire all'Azienda le somme da questa corrisposte in esecuzione della sentenza appellata oltre interessi legali dalla data del pagamento al soddisfo rigettava altresì l'appello incidentale e condannava il F. al rimborso in favore di controparte di due terzi delle spese del doppio grado, compensandone il residuo terzo. In sintesi la Corte territoriale, esclusa preliminarmente la sussistenza di alcun vizio di rappresentanza in giudizio dell'azienda e premessa la distinzione tra responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare, affermava che mentre l'articolo 55 comma 4 del d.lgs. numero 165 del 2001 è una norma generale e si applica a tutto il personale non dirigenziale, l'articolo 21 dello stesso d.lgs. è una norma speciale applicabile solo al ruolo dirigenziale, con la conseguenza che, dovendo farsi riferimento per la responsabilità disciplinare alla disciplina collettiva applicabile ratione temporis , nella fattispecie sussisteva la competenza del Direttore Generale con la sola necessità dell'acquisizione del previo parere del Comitato dei Garanti. La Corte di merito riteneva inoltre legittimo anche sul piano sostanziale il provvedimento adottato dall'azienda, posto che un giudizio di ingiustificatezza del diniego della stessa giammai avrebbe potuto avere effetti sananti rispetto ad un comportamento tenuto dal dipendente e sostanziatosi in una consapevole sottrazione agli obblighi di prestazione lavorativa, in totale indifferenza rispetto alle determinazioni aziendali non incidendo peraltro sulla regolarità del procedimento disciplinare la circostanza della contemporanea ricezione da parte del F. sia del diniego dell'aspettativa sia della contestazione dell'addebito e confermava, infine, il rigetto delle pretese risarcitorie relative all'asserita situazione di mobbing e al dedotto mancato godimento di ferie e festività, in mancanza di relative allegazioni e prove. Per la cassazione di tale sentenza il F. ha proposto ricorso con sette motivi. L'Azienda Ospedaliera Ospedale san Carlo di ha resistito con controricorso. Motivi della decisione Con il primo motivo il ricorrente, denunciando difetto di rappresentanza processuale e di jus postulandi , carenza di legittimazione passiva in primo grado ed attiva in appello, con conseguente inammissibilità dell'appello e nullità della sentenza, deduce che l'avv. Giovanni Salvia si è avvalso in appello, come già in prime cure, di un mandato conferitogli con delibera del 11-9-2007, avente il suo presupposto in una delega che il Dott. C. , direttore generale, ebbe a conferire al direttore amministrativo con atto del 10-8-2004, perché lo sostituisse in caso di assenza e di impedimento, ed, invece, azionata per la costituzione nel giudizio di primo grado comparsa depositata il 29-9-2007 , quando il Dott. C. era già dimissionario e l'Azienda era vacante dal 21-5-2007 , in violazione dell'articolo 3 bis comma 2 del d.lgs. numero 502/1992 che prevede la nomina del nuovo direttore generale nel termine perentorio di 60 giorni, scaduto il quale bisogna nominare un commissario ad acta . In sostanza il ricorrente, come già eccepito davanti ai giudici di merito, ribadisce che l'Azienda ha agito in nome di un direttore generale già dimissionario e perciò non più suo legale rappresentante. Il motivo è infondato. Come già rilevato dalla Corte territoriale, il mandato difensivo in favore dell'avv. Giovanni Salvia a margine della costituzione di primo grado è stato conferito dal Dott. G. , che rivestiva, in ragione delle intervenute dimissioni del Dott. C. , le funzioni di direttore generale in quanto già individuato ex articolo 10, comma, 10 della l.r. numero 1857 del 2004 giusta delibera della Giunta Regionale numero 758 del 21-5-2007 . La legittimazione del Dott. G. a rappresentare l'Azienda ed a conferire il mandato, in base alla quale la stessa si è costituita in giudizio ed ha proposto appello, ha trovato, quindi, fondamento innanzitutto nell'atto deliberativo della Giunta Regionale prodotto in giudizio. Del resto, nella fattispecie, neppure poteva trovare applicazione l'articolo 3 bis del d.lgs. numero 502/1992 invocato in questa sede dal F. , riferendosi tale norma alla ipotesi di vacanza dell'ufficio, mentre nel caso in esame la Giunta Regionale aveva immediatamente disposto, con la citata delibera, l'attribuzione delle funzioni di Direttore Generale al Dott. R G. , già direttore amministrativo, senza soluzione di continuità e fino a nuova nomina. Con il secondo motivo il ricorrente censura l'impugnata sentenza nella parte in cui ha ritenuto di accogliere la tesi dell'Azienda circa la non applicabilità ai dirigenti della disposizione di cui all'articolo 55 comma 4 del d.lgs. numero 165/200, e, posto che mentre tale disposizione è una norma generale e si applica a tutto il personale non dirigenziale , l'articolo 21 dello stesso d.lgs. è una norma speciale applicabile solo al ruolo dirigenziale , ha affermato che in sostanza, se può ipotizzarsi come legittimo che la contrattazione collettiva relativa ai dirigenti preveda, per l'ipotesi di responsabilità disciplinare, la stessa procedura prevista per i dipendenti del citato articolo 55 co. 4, non è di contro, illegittimo che, nella medesima sede, si preveda una disciplina diversa, prescindendo dalla previsioni di cui al citato articolo 55 co. 4 . Al riguardo il ricorrente deduce che, fatta salva l'applicazione del citato articolo 21 per l'ipotesi di responsabilità dirigenziale , a tutti i procedimenti disciplinari concernenti la responsabilità disciplinare di cui all'articolo 55, doveva applicarsi, anche per i dirigenti, la relativa disciplina di legge, inderogabile da parte della contrattazione collettiva, in relazione alla competenza dell'ufficio competente per i procedimenti disciplinari u.c.p.d. . Il motivo è fondato come di seguito. Innanzitutto va precisato che nella fattispecie deve farsi riferimento alla disciplina di legge dell'epoca artt. 21 e 55 d.lgs. 165/2001, nel testo vigente nel periodo luglio/ottobre 2005, anteriore alle modifiche successive ed in specie alla disciplina introdotta dal d.lgs. numero 150 del 2009 . L'articolo 55 così disponeva Sanzioni disciplinari e responsabilità Art. 59 del d.lgs. numero 29 del 1993, come sostituito dall'articolo 27 del d.lgs. numero 546 del 1993 e successivamente modificato dall'articolo 2 del decreto legge numero 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge numero 437 del 1995, nonché dall'articolo 27, comma 2 e dall'articolo 45, comma 16 del d.lgs numero 80 del 1998 . 1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche. 2. Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e ottavo, della legge 20 maggio 1970, numero 300. 3. Salvo quanto previsto dagli articoli 21 e 53, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici di comportamento di cui all'articolo 54, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. 4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente. L'Art. 21, dal canto suo, all'epoca così stabiliva Responsabilità' dirigenziale Art. 21, commi 1, 2 e 5 del d.lgs. numero 29 del 1993, come sostituiti prima dall'articolo 12 del d.lgs. numero 546 del 1993 e poi dall'articolo 14 del d.lgs. numero 80 del 1998 e successivamente modificati dall'articolo 7 del d.lgs. numero 387 del 1998 . 1. Il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente, valutati con i sistemi e le garanzie di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, numero 286, comportano, ferma restando l'eventuale responsabilità disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può, inoltre, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui all'articolo 23, ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo . comma così sostituito dall'articolo 3, comma 2, lettera a della legge numero 145 del 2002, poi ulteriormente sostituito nel 2009 . Con riferimento, quindi, a tale disciplina vigente ratione temporis , nella responsabilità disciplinare , scaturente in generale dalla violazione dei doveri del dipendente pubblico privatizzato è competente salvo che per il rimprovero verbale e la censura l'u.c.p.d. e la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi , mentre per la responsabilità dirigenziale , caratterizzata dal mancato raggiungimento degli obiettivi ovvero dall'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente , l'amministrazione può recedere dal rapporto secondo le disposizioni del contratto collettivo e i provvedimenti di cui all'articolo 21, comma 1, sono adottati previo conforme parere di un comitato di garanti - v. successivo articolo 22- . La differenza intrinseca tra le due responsabilità si riflette quindi sulla competenza, sulla disciplina relativa al procedimento e alle sanzioni e sull'ambito del ruolo della contrattazione collettiva. Orbene, come è stato affermato da questa Corte, in tema di rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, ai sensi dell'articolo 59, quarto comma, del D.Lgs. 3 febbraio 1993, numero 29, trasfuso nell'articolo 55 del D.Lgs. 30 marzo 2001, numero 165, tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte esclusivamente dall'ufficio competente per i procedimenti disciplinari u.c.p.d. , il quale è anche l'organo competente alla irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura. Ne consegue che il procedimento instaurato da un soggetto o organo diverso dal predetto ufficio, anche se questo non sia ancora stato istituito, è illegittimo e la sanzione irrogata è, in tale caso, affetta da nullità, risolvendosi in un provvedimento adottato in violazione di norme di legge inderogabili sulla competenza né la previsione legislativa è suscettibile di deroga ad opera della contrattazione collettiva, sia per l'operatività del principio gerarchico delle fonti, sia perché il terzo comma dell'articolo 59 cit. attribuisce alla contrattazione collettiva solo la possibilità di definire la tipologia e l'entità delle sanzioni e non anche quella di individuare il soggetto competente alla gestione di ogni fase del procedimento disciplinare. v. Cass. 5-2-2004 numero 2168, in una fattispecie riguardante proprio un licenziamento di un dirigente sanitario di primo livello nello stesso senso v. anche Cass. 30-9-2009 numero 20981, in una fattispecie di licenziamento di direttore generale di un Comune . Nel contempo questa Corte ha anche precisato che nel pubblico impiego contrattualizzato, trova applicazione anche con riferimento alla dirigenza sanitaria il principio di cui all'articolo 55 del d.lgs. 165 del 2001, secondo il quale tutte le fasi del procedimento disciplinare sono svolte esclusivamente dall'ufficio competente per i procedimenti disciplinari, il quale è anche l'organo competente all'irrogazione delle sanzioni disciplinari, ad eccezione del rimprovero verbale e della censura, con la conseguenza che il procedimento instaurato da un soggetto diverso al predetto ufficio è illegittimo e la sanzione è affetta da nullità, restando altresì escluso l'intervento nel procedimento del comitato dei garanti, che è previsto per il diverso caso della responsabilità dirigenziale v. Cass. 17-6-2010 numero 14628 . Del resto proprio in base alla diversità della natura intrinseca della responsabilità disciplinare che concerne le condotte realizzate in violazione di singoli doveri rispetto alla natura intrinseca della responsabilità dirigenziale che riguarda le sole ipotesi di responsabilità gestionale per il mancato raggiungimento degli obbiettivi nell'attività amministrativa e di grave inosservanza delle direttive impartite dall'organo competente a ciò preposto , è stata da questa Corte affermata la necessità del previo conforme parere del comitato dei garanti v. Cass. 8-4-2010 numero 8329, Cass. numero 14628/2010 cit, Cass. 14-9-2011 numero 18769, cfr. già Cass. 2-2-2007 numero 3929 . Tali principi vanno qui riaffermati, precisandosi sempre con riferimento alla normativa nella fattispecie applicabile ratione temporis che allorquando l'amministrazione fa valere ragioni intrinseche di responsabilità disciplinare e non di responsabilità dirigenziale, anche per i dirigenti non può che trovare applicazione la disciplina generale di cui all'articolo 55 del d.lgs. numero 165 del 2001 nel testo all'epoca vigente e non anche quella di cui all'articolo 21 dello stesso d.lgs Orbene la sentenza impugnata, pur rilevando che nello specifico, la contestazione di addebito consistente nella violazione dello specifico dovere di rendere la prestazione - ingiustificata e protratta assenza dal lavoro -, nella manifesta insubordinazione, nell'essersi il F. consapevolmente posto in una posizione di incompatibilità ha un contenuto evidentemente disciplinare , disapplicando in concreto i suddetti principi e con un evidente salto logico, ha affermato che ai sensi dunque, di quanto previsto dal citato articolo 21 occorre far riferimento, per tale tipo di responsabilità alla disciplina contenuta nel contratto collettivo ed ha ritenuto inapplicabile l'articolo 55 del d.lgs. numero 165/2001, non evincendosi nel contratto stesso alcun richiamo a tale procedura. A tale riguardo va rilevato che la ratio sottesa al citato articolo 55 vada individuata nell'esigenza di assoggettare ai medesimi organi disciplinari l'esame della condotta di tutti coloro - e quindi anche dei dirigenti - cui vengono contestati addebiti che, in ragione della natura subordinata del loro rapporto lavorativo, configurano un inadempimento agli obblighi scaturenti da detti rapporti, con esclusione quindi di quelle condotte che necessitano invece di giudizi che richiedono differenti criteri valutativi per avere ad oggetto non la configurabilità della responsabilità disciplinare dei dirigenti ma la responsabilità scaturente da un esercizio dei loro poteri del tutto inadeguato rispetto alla rilevanza delle funzioni ad essi attribuite. In tali sensi va quindi accolto il secondo motivo, restando assorbiti tutti gli altri motivi, riguardanti questioni successive in ordine logico ed in specie il terzo e il quarto profili ulteriori di illegittimità del licenziamento e il quinto, il sesto e il settimo questioni comunque in qualche modo consequenziali. L'impugnata sentenza va pertanto cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Napoli, la quale provvederà attenendosi ai principi sopra riaffermati, statuendo anche sulle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo, assorbiti gli altri, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli.