Una conferma dalla Cassazione: il rapporto di lavoro cessa solo per cause tipiche

Nel nostro ordinamento non possono ammettersi fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro non sottoposte al sistema legale di tutela dei licenziamenti.

Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 27058 del 3 dicembre 2013. Il caso . La vicenda riguarda un’operazione straordinaria sulla quale la Cassazione si era recentemente già espressa cfr . Cass. n. 24181/2013 , Il rapporto di lavoro può cessare solo per cause tipiche . Anche nel caso di specie, la Corte di Appello di Cagliari rigettava la domanda con cui l’ ex dipendente di una nota compagnia aerea lamentava l’illegittimità del recesso, comunicato in seguito alla perdita da parte del proprio datore di lavoro della tratta Milano/Cagliari. Successivamente al mancato rinnovo della tratta, la società aveva concluso con un soggetto terzo un accordo - sottoscritto a livello sindacale – in base al quale il personale occupato nello scalo di Cagliari sarebbe passato alle dipendenze di quest’ultimo. In virtù di tale accordo, la resistente aveva quindi comunicato ai 38 dipendenti interessati la propria impossibilità di utilizzare la loro prestazione lavorativa. Comunicazione che veniva ritenuta illegittima dal ricorrente - pur passato alle dipendenze del nuovo datore di lavoro - per la mancata osservanza della procedura di cui alla Legge n. 223/1991. Ad avviso dei Giudici di secondo grado non era configurabile alcun licenziamento collettivo, bensì un accordo di passaggio del personale non soggetto alla Legge 223/1991 , e la comunicazione inviata ai lavoratori non costituiva un licenziamento bensì un mero esonero dalla prestazione lavorativa . Riteneva inoltre la Corte di Appello che vi fosse una acquiescenza del ricorrente all’operazione, avendo egli accettato il TFR. Contro tale pronuncia il lavoratore proponeva ricorso alla Corte di Cassazione, articolando vari motivi. Non esistono cause di cessazione del rapporto diverse dal licenziamento . In particolare, il ricorrente lamentava una violazione di legge nella parte in cui la sentenza impugnata aveva ritenuto non configurabile un licenziamento collettivo. Lamentava inoltre come nemmeno fosse ravvisabile una sua tacita rinuncia ad impugnare il recesso, per l’assenza di una chiara manifestazione di volontà in tal senso. Motivi che vengono condivisi dalla Cassazione la quale, ribadendo il principio esposto in massima, cassa la sentenza impugnata. Il contratto di lavoro è eterodiretto . Afferma preliminarmente la Corte che nel contatto di lavoro subordinato l’autonomia privata si estrinseca quasi esclusivamente nel consenso all’insorgenza del vincolo , mentre il suo contenuto è in massima parte determinato da fonti eteronome i.e. disposizioni imperative di legge e contratti collettivi , salva la possibilità di pattuire condizioni migliorative per il lavoratore. Il recesso è l’unica forma autorizzata di cessazione del rapporto . In questo contesto, la volontà di far cessare il rapporto può essere attuata solo mediante un negozio unilaterale di recesso, con esclusione delle altre forme di cessazione previste dalla generale disciplina civilistica. Sono dunque estranei al diritto del lavoro istituti quali la rescissione, la risoluzione per inadempimento risultando per l’effetto esclusa la possibilità di pattuire una clausola risolutiva espressa o per eccessiva onerosità. La ratio di tale conclusione sta in ciò che alla parte socialmente in grado di predisporre il contenuto contrattuale il datore di lavoro non può essere consentito, attraverso la pattuizione di termini o condizioni risolutive, di sottrarsi alla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali e collettivi o anche soltanto all’obbligo del preavviso . Limite che vale anche per la contrattazione collettiva, in assenza di una espressa previsione di legge che le consenta di incidere sull’estinzione del rapporto di lavoro. La rinuncia ad impugnare il recesso deve essere manifestata in maniera univoca . Ad avviso della Corte, infine, nel caso di specie nemmeno era ipotizzabile una rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento poiché, nell’ipotesi di licenziamento dei dipendenti di un’impresa, anche qualora un contratto preveda il passaggio diretto di tali lavoratori alle dipendenze di un soggetto terzo al pari di ogni altra ipotesi in cui il lavoratore reperisca una nuova occupazione, definitiva o temporanea , la costituzione di un rapporto degli stessi lavoratori con tale soggetto non implica di per sé rinuncia all’impugnazione del recesso intimato dall’originario datore di lavoro Cass. n. 14010/2013 e n. 12613/2007 , atteso che tale volontà deve essere manifestata in maniera univoca.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 settembre - 3 dicembre 2013, n. 27058 Presidente Vidiri – Relatore Balestrieri Svolgimento del processo Con ricorso al Tribunale di Cagliari, S M. esponeva che la Compagnia aerea Meridiana, da cui dipendeva lavorando presso l'aeroporto di omissis , aveva perso l'assegnazione della rotta OMISSIS in favore della società Air One che con accordo sindacale del 12 febbraio 2002 era stato previsto per lo scalo di Cagliari il passaggio di 38 dipendenti Meridiana alla Air One che con telegramma del 22 febbraio 2002 veniva comunicato il licenziamento per impossibilità di utilizzare la sua prestazione. Il ricorrente, che pur iniziò a lavorare per la Air One, con lettera del 17 aprile 2002 impugnò il licenziamento perché intimato in violazione della procedura prevista dalla legge n. 223/91. Chiedeva quindi l'accertamento dell'illegittimità del recesso e la reintegrazione nel suo posto di lavoro, con le conseguenze di cui all'art. 18 L. n. 300/70. Si costituiva la società Meridiana eccependo di non aver licenziato il M. , ma di avergli solo comunicato che in attuazione del riferito accordo sindacale egli non era più titolare del suo rapporto di lavoro, con contestuale liquidazione delle competenze di fine rapporto e che il ricorrente era stato assunto dalla Air One senza soluzione di continuità e con identico trattamento economico e normativo, sicché nella specie non era ravvisatole l'ipotesi di licenziamento collettivo per riduzione di personale. Il Tribunale accoglieva la domanda, ritenendo che la fattispecie dovesse essere disciplinata dalla legge n. 223/91, reintegrando il dipendente nel suo posto di lavoro. Proponeva appello la società Meridiana resisteva il M. , proponendo appello incidentale circa l'omessa liquidazione del risarcimento del danno nella misura minima di cinque mensilità. Con sentenza depositata il 23 luglio 2010, la Corte d'appello di Cagliari, riteneva che l'accordo del 12 febbraio 2002 configurasse un accordo di passaggio del personale non soggetto alla legge n. 223/91, di cui pure ricorrevano i presupposti fattuali, con cessazione del rapporto di lavoro con il cedente ed immediata riassunzione da parte del cessionario , e che il telegramma del 17 febbraio 2002, inviato a tutti i 38 lavoratori interessati, contenesse non un licenziamento ma un esonero della prestazione lavorativa per essere immediatamente assunti da Air One. Rilevava inoltre che il M. , accettando il t.f.r. ed iniziando a lavorare per la Air One avesse prestato acquiescenza all'operazione. In riforma della sentenza impugnata, rigettava pertanto l'originaria domanda. Per la cassazione propone ricorso il M. , affidato a tre motivi. La società Meridiana è rimasta intimata. Motivi della decisione 1. - Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 2118 e 2119 c.c. 1 e 3 della L. n. 604/66 24 della L. n. 223/91, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. . Lamenta che la Corte di merito, nel ritenere che nella specie non vi fosse stato un licenziamento collettivo, violò il principio secondo cui nel nostro ordinamento non possono ammettersi fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro non sottoposte al sistema legale di tutela dei licenziamenti Cass. n. 535 del 15/01/2003 Cass. n. 14763/99 Cass. n. 4861/99 ed altre . 2.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1321, 1372 e 1406 c.c. 5 L. n. 223/91 e 18 L. n. 300/70, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. . Lamenta che il giudice di appello ritenne sussistere una fattispecie di licenziamento non corrispondente ad alcuna delle ipotesi previste dall'ordinamento, non considerando peraltro che gli artt. 1372 e 1406 c.c. stabiliscono, rispettivamente, che il contratto non può essere risolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge, mentre in tema di cessione del contratto vige il principio del necessario consenso del contraente ceduto. Entrambe le ipotesi non si erano verificate nella specie, non potendo evincersi un consenso tacito dalla mera ricezione del t.f.r. e dall'inizio del lavoro presso la società Air One. 3.- Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 24 L. n. 223/91, oltre ad omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo della controversia art. 360, comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. . Lamenta che una volta ritenuto, necessariamente, che il telegramma del 22 febbraio 2002 configurasse un licenziamento, esso, per riguardare contestualmente ben oltre cinque lavoratori dipendenti da azienda avente ben più di 15 dipendenti, doveva ritenersi un licenziamento collettivo ex art. 24 L. cit. con la conseguenza obbligata della sua illegittimità, non essendo stata osservata la procedura prevista dalla menzionata norma di legge. 4. - I motivi, che per la loro connessione possono congiuntamente esaminarsi, sono fondati. Non può infatti non condividersi la tesi secondo cui nel nostro ordinamento non possono ammettersi ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro non previste dalla legge ex aliis, Cass. n. 14387 del 2000 Cass. n. 6175 del 2000 Cass. n. 14763/99 , sottoposte al sistema legale di tutela dei licenziamenti applicabile alle varie fattispecie. Ed invero, nell'ambito del contratto di lavoro subordinato, l'autonomia privata si estrinseca essenzialmente nel consenso all'insorgenza del vincolo, mentre il contenuto è quasi esclusivamente determinato da fonti eteronome la legge e le c.d. fonti sociali , con salvezza soltanto della possibilità di pattuire condizioni di maggior favore per il prestatore d'opera. Vi sono, peraltro, casi divenuti più frequenti nella legislazione recente in cui le esigenze di tutela si ritengono compiutamente assicurate dalla contrattazione collettiva, con abilitazione di quest'ultima a derogare norme che restano imperative rispetto alla contrattazione individuale. Ma è necessaria, evidentemente, un'esplicita previsione della legge con specificazione dei settori e delle materie. Il sistema è dunque sicuramente nel senso che l'attività lavorativa subordinata può essere prestata esclusivamente in conformità dei tipi contrattuali previsti dalla legge, tipi contrattuali identificati non sulla base del mero nomen iuris adoperato dalle parti e delle relative pattuizioni, ma del reale atteggiarsi del rapporto c.d. valore dichiarativo dell'esecuzione . Perciò, nel contratto di lavoro a tempo indeterminato, la volontà delle parti di realizzare l'interesse alla cessazione dei suoi effetti può essere attuata soltanto mediante il negozio unilaterale di recesso licenziamento e dimissioni , con la conseguenza che, sebbene si sia in presenza di un contratto a prestazioni corrispettive, non si applica la disciplina della rescissione, della risoluzione per inadempimento ed è esclusa, quindi, la possibilità di pattuire una clausola risolutiva espressa, ai sensi dell'art. 1456 , o per eccessiva onerosità. La conclusione è, dunque, che all'autonomia privata non è dato inserire clausole di durata del rapporto fuori dei casi previsti dalla legge e neppure condizioni risolutive ai sensi dell'art. 1353 c.c. o condizioni risolutive espresse ai sensi dell'art. 1456 c.c. di ciò non può fondatamente dubitarsi ove si consideri che alla parte socialmente in grado di predisporre il contenuto contrattuale il datore di lavoro non può essere consentito, attraverso la pattuizione di termini o di condizioni risolutive, di sottrarsi alla disciplina limitativa dei licenziamenti individuali e collettivi o anche soltanto all'obbligo del preavviso. Al quesito poi se ciò che non è consentito all'autonomia individuale possa ritenersi consentito a quella collettiva deve darsi sicura risposta negativa, sulla base del complesso delle considerazioni già svolte, in difetto di una specifica autorizzazione legislativa ad incidere sulla materia dell'estinzione del rapporto. Deve quindi concludersi che in nessun caso può ammettersi che l'estinzione del rapporto di lavoro non consegua al negozio di recesso, la cui legittimità deve essere valutata alla stregua del regime di stabilità applicabile nel caso concreto Cass. n. 14387 del 2000 . Questa Corte ha inoltre più volte affermato che anche ove un contratto o accordo collettivo preveda, per l'ipotesi di licenziamento dei dipendenti di un'impresa, una procedura per il passaggio diretto dei lavoratori licenziati alle dipendenze dell'impresa subentrante nell'appalto, la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro degli stessi soggetti con tale impresa non implica di per sé rinuncia al diritto di impugnare il licenziamento intimato dall'originario datore di lavoro Cass. n. 4166 del 2006 , chiarendo in particolare Cass. n. 12613 del 2007 da ultimo Cass. n. 14010 del 2013 che detta tutela con costituzione di un rapporto di lavoro con altra azienda non esclude, ma si aggiunge, a quella apprestata a favore del lavoratore nei confronti del datore di lavoro che ha intimato il licenziamento, con i limiti posti dalla legge all'esercizio del suo potere di recesso, non incidendo sul diritto del lavoratore di impugnare il licenziamento intimatogli per ottenere il riconoscimento della continuità giuridica del rapporto originario. Né la scelta effettuata per la costituzione di un nuovo rapporto implica, di per sé, rinuncia all'impugnazione dell'atto di recesso, dovendosi escludere che si possa desumere la rinuncia del lavoratore ad impugnare il licenziamento o l'acquiscenza al medesimo dal reperimento di una nuova occupazione, temporanea o definitiva, non rivelandosi, in tale scelta e tanto meno dall'accettazione del t.f.r. da parte dell'impresa che ha disposto il licenziamento in maniera univoca, ancorché implicita, la sicura intenzione del lavoratore di accettare l'atto risolutivo. Avendo la Corte di merito escluso, con statuizione non censurata nel presente giudizio, che nella specie potesse configurarsi un trasferimento di azienda, il ricorso va pertanto accolto, la sentenza impugnata cassata, con rinvio ad altro giudice, in dispositivo indicato, il quale si atterrà al menzionato principio di diritto al fine dell'ulteriore esame della controversia attinente alle conseguenze dell'accertata illegittimità del licenziamento, oltre alla regolamentazione delle spese dell'intero processo, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Cagliari in diversa composizione.