Malato di shopping: il dipendente non è giustificato se gli acquisti risalgono a molto tempo prima del comportamento contestato

Addurre di soffrire di sindrome da acquisto compulsivo non giustifica il dipendente di una Banca che ha emesso assegni tratti su altro conto corrente e poi protestati, se l’acquisto compulsato risulta effettuato anni prima del comportamento contestato e se il lavoratore non ha mai allegato, nel corso di procedimenti disciplinari di analoga natura, di soffrire della malattia attestata attraverso certificazione medica.

È quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 23598, depositata il 17 ottobre 2013. Il caso. La Corte di Appello aveva confermato la legittimità del licenziamento intimato al dipendente di una Banca per l’emissione di assegni protestati tratti sul c.c. presso l’Agenzia per cui lavorava intestato ad altri. I giudici avevano rilevato la obiettiva gravità del comportamento del lavoratore, tenuto conto anche delle mansioni espletate di cassiere inoltre, essi avevano osservato che la sindrome sofferta dall’appellante di compulsione all’acquisto appariva non pertinente per giustificare il comportamento contestato in quanto l’emissione degli assegni era avvenuta molti anni dopo dall’acquisto compulsato. Per la Cassazione di tale sentenza, il dipendente ha proposto ricorso. A suo dire, non sarebbe stata valutata la proporzionalità e l’adeguatezza della sanzione comminata. A tal riguardo, gli Ermellini hanno avallato la valutazione della Corte territoriale, secondo la quale l’episodio contestato - indubbiamente di notevole gravità tenuto conto anche delle mansioni di cassiere – era idoneo a incrinare il rapporto fiduciario tra le parti, potendo il fatto minare anche l’affidamento dei clienti sulla correttezza delle operazioni condotte dall’istituto di credito. Pertanto, Piazza Cavour ha considerato la valutazione sulla proporzionalità della sanzione inflitta motivata sulla base delle emergenze probatorie e immune da vizi logici. Le circostanze dedotte non sono tali da attenuare sotto il profilo soggettivo la gravità del fatto. Stessa considerazione è stata fatta dal Collegio relativamente a un altro punto contestato dal ricorrente. Questi, infatti, lamentando insufficiente motivazione circa un fatto decisivo, ha evidenziato di essere affetto da una grave patologia che lo aveva portato a commettere i fatti contestati, ma che successivamente aveva evitato che si verificassero pregiudizi economici per la Banca e i suoi clienti. Il S.C. ha ritenuto il motivo infondato, perché le dedotte circostanze sono state dettagliatamente esaminate dalla Corte di Appello che ha escluso che la sindrome sofferta dal lavoratore sia stata determinante per la decisione dell’emissione degli assegni tratti su altro conto corrente e poi protestati , anche perché, in occasione di precedenti contestazioni, il ricorrente non aveva mai allegato di soffrire di tale sindrome. Alla luce di ciò, il ricorso è stato rigettato.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 10 aprile 17 ottobre 2013, n. 23598 Presidente Vidiri – Relatore Bronzini Svolgimento del processo La Corte di appello di L'Aquila con sentenza del 18.12.2008 confermava la legittimità del licenziamento intimato il 31.1.2006 a C.M. , dipendente Carispaq in servizio presso la Agenzia n. 3 dell'Aquila, già dichiarata con sentenza del Tribunale di L'Aquila del 21.9.2007 per l'emissione di assegni protestati tratti sul c.c. presso la detta Agenzia intestato al Condominio Edilvillaggio, respingendo l'appello del C. . La Corte territoriale rilevava la obiettiva gravità del comportamento tenuto dal C. tenuto conto anche delle mansioni espletate di cassiere ed osservava che la sindrome sofferta dall'appellante di compulsione all'acquisto appariva non pertinente per giustificare il comportamento contestato in quanto l'emissione degli assegni era avvenuta molto tempo dopo anni dall'acquisto compulsato. Peraltro il C. aveva spiegato diversamente in primo grado il proprio comportamento allegando di aver dovuto pagare delle rate con una finanziaria. Inoltre il C. in occasione di prevedenti contestazioni non aveva mai allegato di soffrire di tale sindrome, ma si era giustificato in relazione alla necessità di coprire posizioni debitorie dovute a propri errori di valutazione. Tenuto conto della mansioni svolte il fatto era certamente idoneo a minare il rapporto fiduciario posto che poteva ledere anche l'affidamento dei clienti nella Banca e nella correttezza dei suoi funzionari. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il C. con due motivi resiste la Cassa di risparmio della provincia dell'aquila spa con controricorso che ha prodotto anche memoria difensiva ex art. 378 c.p.c Motivi della decisione Con il primo motivo si allega la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti nazionali di lavoro. Non era stata valutata la proporzionalità ed adeguatezza della sanzione comminata al C. . Il motivo presenta profili di inammissibilità in quanto il quesito formulato a pag. 7 del ricorso non offre alcuna correlazione con il caso concreto e quindi si risolve in una tautologica domanda priva di rilievo decisorio. In ogni caso la Corte territoriale ha esaminato il profilo denunciato nel motivo ha osservato che l'episodio contestato sul quale non vi è alcuna contestazione di ordine fattuale era indubbiamente di notevole gravità tenuto conto anche delle mansioni di cassiere svolte dal C. . Si tratta ha rilevato la Corte territoriale di un comportamento idoneo ad incrinare il rapporto fiduciario tra le parti potendo il fatto contestato minare anche l'affidamento dei clienti sulla correttezza delle operazioni condotte dalla Banca la Corte ha anche accertato che le giustificazioni offerte dal lavoratore per attenuare sul piano soggettivo la propria responsabilità apparivano non pertinenti e poco credibili. Pertanto la valutazione sulla proporzionalità ed adeguatezza della sanzioni inflitta in rapporto ai fatti contestati, che spetta al Giudice di merito, è stata compiuta e motivata sulla base di un riferimento puntuale alle emergenze probatorie ed appare immune da vizi logici e/o argomentativi. Con il secondo motivo si allega la contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Il C. era affetto da una grave patologia che lo aveva portato a commettere i fatti contestati successivamente aveva evitato che si verificassero pregiudizi economici di sorta, che in effetti la Banca o i suoi clienti non avevano sofferto. Il motivo appare infondato perché le dedotte circostanze secondo parte ricorrente tali da attenuare sotto il profilo soggettivo la gravità del fatto sono state dettagliatamente esaminate dalla Corte di appello che ha escluso che la sindrome sofferta dal C. sia stata determinante per la decisione dell'emissione degli assegni tratti su altro conto corrente e poi protestati, anche perché l'acquisto compulsato risulta effettuato anni prima e perché il C. non aveva mai allegato nel corso di procedimenti disciplinari di analoga natura di soffrire della malattia attestata attraverso certificazione medica. La motivazione sul punto appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure appaiono di merito, inammissibili in questa sede. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite liquidate come al dispositivo-seguono la soccombenza. P.Q.M. La Corte Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 50,00 per spese nonché in Euro 3.500,00 per compensi, oltre accessori.