La liquidazione del danno deve essere comprensibile

È censurabile la liquidazione del danno che individui una somma calcolata all’attualità senza indicare quale sia il danno liquidato all’epoca del fatto, rendendo in tal modo non comprensibile la corretta applicazione dello strumento utilizzato e, soprattutto, se e quanto sia stato riconosciuto a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi legali.

È quanto si evince dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 23369, depositata il 15 ottobre 2013. Il caso. Un lavoratore aveva ottenuto il risarcimento del danno da demansionamento a seguito di un iter travagliato. Infatti, una prima pronuncia di secondo grado era stata cassata dalla Corte di Cassazione, la quale aveva rilevato che, pur essendo stata provata l’esistenza del demansionamento, erroneamente il danno a esso conseguente era stato liquidato ritenendolo, in sostanza, risarcibile ex se , laddove, invece, non poteva prescindersi dal provarne la esistenza in concreto e la riconducibilità al demansionamento. La Corte territoriale del rinvio aveva dichiarato provata la ricorrenza del danno biologico e di quello all’immagine professionale. La società assicuratrice condannata a pagare, contro tale decisione ha proposto ricorso. A suo dire, la Corte non avrebbe pronunciato in ordine alla domanda, specificamente proposta, di restituzione delle somme già corrisposte al lavoratore in esecuzione della prima sentenza. Per la Suprema Corte il motivo è fondato. Violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato. Gli Ermellini hanno precisato che in tema di omessa pronuncia sulla specifica domanda di restituzione delle somme pagate dall’appellante in esecuzione della sentenza di primo grado, in caso di accoglimento dell’appello senza che si dia atto nel relativo provvedimento della sussistenza di tutti i presupposti per la restituzione, l’omissione non integra un mero errore materiale emendabile con l’apposito procedimento correttivo, ma un error in procedendo - risultando violato l’art. 112 c.p.c. Infatti, è emerso che la domanda di restituzione era stata proposta dalla società nel ricorso in riassunzione e sulla stessa la impugnata sentenza aveva omesso di pronunciarsi. Invece, il lavoratore ha presentato un ricorso incidentale, articolato in più motivi. Con uno di questi, relativo alla liquidazione del danno biologico, egli ha assunto che la somma liquidata sarebbe del tutto errata, non corrispondendo in alcun modo all’applicazione dei parametri considerati in sentenza età del ricorrente all’epoca dei fatti, percentuale del 10%, tabelle milanesi . Il motivo è stato considerato fondato. Liquidazione danni non adeguatamente motivata. Piazza Cavour ha evidenziato che la Corte distrettuale, nel liquidare il danno biologico, dopo aver dichiarato di applicare le tabelle di Milano e, quindi, avendo come riferimento l’età del danneggiato all’epoca dell’evento dannoso dati che non sono stati neppure precisati aveva individuato una somma calcolata all’attualità senza indicare quale fosse stato il danno liquidato all’epoca del fatto, rendendo in tal modo non comprensibile la corretta applicazione dello strumento utilizzato e, soprattutto, se e quanto fosse stato riconosciuto a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi legali, dovuti trattandosi di debito di valore. Fondato, per il Collegio, è anche l’ulteriore doglianza del lavoratore sulla liquidazione del danno alla professionalità. I giudici di legittimità hanno sostenuto che effettivamente l’impugnata sentenza, dopo aver genericamente indicato gli elementi presi in considerazione ai fini della liquidazione equitativa del danno alla professionalità, mutuandoli dalla decisione del Tribunale, finisce con il determinare forfetariamente una somma all’attualità che riduce sensibilmente la liquidazione operata dal Tribunale . Secondo il S.C., la liquidazione del danno, sia pure in via equitativa, non è sorretta da adeguata motivazione la Corte avrebbe dovuto, quantomeno, indicare elementi ulteriori a quelli considerati dal primo giudice –e censurati dal lavoratore - che giustificassero una così notevole decurtazione del danno liquidato. Pertanto,la sentenza impugnata è stata cassata in relazione alle censure accolte. Â

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 17 luglio - 15 ottobre 2013, n. 23369 Presidente Lamorgese – Relatore Fernandes Fatto Questa Corte, con sentenza n. 20980/2009, accogliendo parzialmente il ricorso proposto avverso la decisione della Corte di appello di Genova del 13.9.2005 dalla AXA Assicurazioni s.p.a. nei confronti di M.G. , rilevava che, pur essendo stata provata l'esistenza del demansionamento sul quale non si poteva più sindacare, stante la dichiarata infondatezza dei primi due motivi di ricorso articolati dalla società , erroneamente il danno ad esso conseguente era stato liquidato ritenendolo, in sostanza, risarcibile ex se laddove, invece, non poteva prescindersi dal provarne la esistenza in concreto e la riconducibilità, dal punto di vista causale, al demansionamento, ciò in quanto, trattandosi di danno non patrimoniale, era da evitare ogni duplicazione con altre voci di danno non patrimoniale aventi la stessa fonte causale. Cassata, quindi, l'impugnata sentenza, rinviava alla Corte di appello di Torino. Quest'ultima, a seguito di riassunzione da parte dell'AXA Assicurazioni, con sentenza del 29.12.2010, condannava la società a pagare al M. la complessiva somma di Euro 66.158,27, oltre interessi e rivalutazione dalla pronuncia, a titolo di risarcimento del danno. La Corte territoriale rilevava che era rimasta provata la ricorrenza del danno biologico e di quello alla immagine professionale che, quanto al primo, era corretta la valutazione effettuata nella CTU disposta in grado di appello nella misura del 10% e, quindi, avuto riguardo alle tabelle milanesi, andava liquidato in Euro 16.158,27 che il danno all'immagine professionale era da determinare equitativamente in complessivi Euro 50.000,00, così ridotta la originaria quantificazione dello stesso operata dalla Corte di appello di Genova in lire 200.000.000. Circa la prova di tale seconda voce di danno la Corte riteneva che la stessa emergesse dalle vicende lavorative del M. così come succedutesi nel tempo e che ne avevano costituito il demansionamento. Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la AXA affidato un unico motivo. Resiste con controricorso il M. e propone ricorso incidentale fondato su tre motivi cui resiste con controricorso la AXA spiegando ricorso incidentale affidato ad un motivo cui resiste con controricorso il M. . Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c Diritto Preliminarmente i ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la medesima sentenza ex art. 335 c.p.c. . Con l'unico motivo di ricorso principale si deduce violazione dell'art. 112 c.p.c. per non avere la Corte di appello pronunciato in ordine alla domanda, specificamente proposta, di restituzione delle somme già corrisposte al M. in esecuzione della sentenza della Corte di appello di Genova versamenti comprovati dai bonifici bancari . Il motivo è fondato. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che incorre nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato il giudice che, accogliendo l'appello avverso sentenza provvisoriamente esecutiva, ometta di ordinare la restituzione di quanto corrisposto in forza della decisione riformata, pur essendo stata ritualmente introdotta con l'atto di impugnazione la relativa domanda restitutoria, non potendosi utilizzare la riforma della pronuncia di primo grado, agli effetti di quanto previsto dall'art. 474 cod. proc. civ., nonché dall'art. 389 cod. proc. civ. per le domande conseguenti alla cassazione, come condanna implicita Cass. n. 2662 del 05/02/2013 . È stato, altresì, precisato che in tema di omessa pronuncia sulla specifica domanda di restituzione delle somme pagate dall'appellante in esecuzione della sentenza di primo grado, in caso di accoglimento dell'appello senza che si dia atto nel relativo provvedimento della sussistenza di tutti i presupposti per la restituzione che è stata proposta domanda per la restituzione della somma versata in esecuzione di una sentenza provvisoriamente esecutiva che è avvenuto il pagamento della somma che non vi è sul punto contestazione per il pagamento , l'omissione non integra un mero errore materiale emendabile con l'apposito procedimento correttivo, risultando violato l'art. 112 cod. proc. civ. che, quindi, la sentenza va censurata con il ricorso per cassazione previsto per gli errores in procedendo dall'art. 360,primo comma, n. 4, cod. proc. civ. Cass. n. 10765 del 24/04/2008 . Orbene, va, in primo luogo, precisato che l'appello della Axa Assicurazioni risulta essere stato, sia pure in parte, accolto visto che l'ammontare del danno liquidato è stato notevolmente ridotto rispetto a quello determinato dal primo giudice. Ciò detto, dall'esame diretto degli atti - consentito essendo stato eccepito un error in procedendo cfr. per tutte, Cass. Sez. U., n. 24179 del 16/11/2009 - emerge che la domanda di restituzione era stata proposta dalla società nel ricorso in riassunzione e sulla stessa la impugnata sentenza ha omesso di pronunciarsi sulla proponibilità di tale domanda nel giudizio di rinvio, cfr. Cass. n. 7978 del 02/04/2013 Cass. n. 9917 del 24/05/2004 . Passando all'esame del ricorso incidentale proposto dal M. , con il primo motivo viene dedotta omessa, insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia con riferimento all'accertamento ed alla liquidazione del danno biologico. Si assume che la valutazione percentuale del danno era stata effettuata dalla Corte di merito senza tenere in alcun conto le specifiche e circostanziate censure sollevate dalla difesa del M. , aderendo incondizionatamente alle conclusioni cui era pervenuto il CTU nominato in appello. In particolare, era stato evidenziato che la seconda consulenza tecnica a firma del Dott. Calabresi era pervenuta alla stessa quantificazione in termini percentuali del danno biologico subito dal M. a seguito del demansionamento di quella contenuta nella consulenza espletata in primo grado a firma del Dott. G. pur muovendo da considerazioni medicoscientifiche assai diverse. Era stata, quindi, denunciata la contraddittorietà del ragionamento seguito dal consulente e, infine, che, pur riconoscendo la ricorrenza del danno morale, non lo aveva considerato nella quantificazione di quello biologico. Osserva il Collegio che il motivo è infondato. La Corte di merito ha chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto di aderire alle conclusioni della CTU a firma del Dott. Calabresi evidenziando che non poteva essere indice di contraddittorietà della relazione peritale il fatto che l'ausiliare, partendo da considerazioni medico-scientifiche diverse da quelle del primo consulente, avesse, poi, quantificato il danno nella stessa percentuale con una motivazione rigorosa ed esaustiva che era mancata nel precedente elaborato peritale. Quanto, poi, alle censure mosse al contenuto della seconda consulenza esse sollecitano soltanto una diversa lettura delle risultanze probatorie e, in particolare, dell'elaborato del CTU condiviso dall'impugnata sentenza, operazione preclusa in sede di legittimità. Nello specifico, si tenga presente che, per consolidata giurisprudenza di questa Corte Suprema da cui non si ravvisa motivo alcuno di discostarsi , il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di un punto ora, dopo la novella di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006, di un fatto decisivo della controversia, potendosi in sede di legittimità controllare unicamente sotto il profilo logico-formale la vantazione operata dal giudice del merito, soltanto al quale spetta individuare le fonti del proprio convincimento e, all'uopo, valutare le prove, controllarne l'attendibilità e la concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione cfr., Cass. S.U. 11.6.98 n. 5802 e innumerevoli successive pronunce conformi . Invece, nel motivo in esame non si deducono vizi logico - formali che si concretino in deviazioni dalle nozioni della scienza medica o si sostanzino in affermazioni manifestamente illogiche o scientificamente errate, ma si effettuano solo osservazioni concernenti il merito di causa, non deducibili innanzi a questa Suprema Corte. Infine, con riferimento al danno morale, va precisato che nella valutazione in termini percentuali del danno biologico non può incidere il turbamento dell'animo, il dolore intimo sofferti ove non vi sia stata una degenerazione patologica della sofferenza Cass. SU. n. 26972 del 11/11/2008 . Pertanto, la CTU correttamente non ha calcolato l'incidenza del danno morale nella quantificazione del danno biologico. Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell'ari. 1226 c.c. con riferimento alla liquidazione del danno biologico, nonché omessa insufficiente motivazione. Si assume che la Corte di merito, benché abbia confermato sia la quantificazione del danno biologico operata dalla Corte di appello di Genova nella misura del 10% sia l'adozione delle tabelle milanesi, ha liquidato detto danno in misura inferiore Euro 16.158,27, comprensivi di rivalutazione monetaria ed interessi legali dal fatto alla pronuncia, rispetto a lire 23.100.000 da devalutarsi sulla base degli indici ISTAT alla data del 31.12.1979 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali sul capitale devalutato e, poi, annualmente rivalutato dal 31.12.1979 al saldo liquidazione del Tribunale e confermata dalla Corte di appello di Genova . Inoltre, si soggiunge, che la somma liquidata è del tutto errata non corrispondendo in alcun modo all'applicazione dei parametri considerati in sentenza età del ricorrente all'epoca dei fatti, percentuale del 10%, tabelle milanesi e non essendosi proceduto alla attualizzazione del debito di valore mediante devalutazione e successiva rivalutazione con maggiorazione degli interessi legali né essendo stato in alcun modo indicato il criterio utilizzato per giungere alla liquidazione della somma di Euro 16.158,27. Il motivo è fondato. Effettivamente la Corte di appello, nel liquidare il danno biologico, dopo aver dichiarato di applicare le tabelle di Milano e, quindi, avendo come riferimento l'età del danneggiato all'epoca dell'evento dannoso dati che non vengono neppure precisati individua una somma - Euro 16.158,27 - calcolata all'attualità senza indicare quale sia stato il danno liquidato all'epoca del fatto, rendendo in tal modo non comprensibile la corretta applicazione dello strumento utilizzato e, soprattutto, se e quanto sia stato riconosciuto a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi legali che erano dovuti trattandosi di debito di valore rivalutazione ed interessi, invece, riconosciuti in sentenza sulle somme liquidate a decorrere dalla pronuncia che, ormai, integravano debito di valuta . Con il terzo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1126 c.c. con riferimento alla liquidazione del danno alla professionalità, nonché vizio di motivazione. Si assume che la Corte, pur utilizzando gli stessi elementi già valutati dal giudice di primo grado per contenere la valutazione del danno in una misura molto ridotta , ha quantificato in modo del tutto arbitrario lo stesso in Euro 50.000,00, equitativamente ed all'attualità, somma comprensiva di rivalutazione ed interessi legali, decurtando la liquidazione effettuata nel 2001 dal Tribunale in lire 200.000.000 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. Il motivo è fondato. Effettivamente l'impugnata sentenza, dopo aver genericamente indicato gli elementi presi in considerazione ai fini della liquidazione equitativa del danno alla professionalità mutuandoli dalla decisione del Tribunale, finisce con il determinare forfetariamente una somma all'attualità - Euro 50.000,00 - che riduce sensibilmente la liquidazione operata dal Tribunale nell'anno 2001 - lire 200.000.000 oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali. In siffatta situazione la liquidazione del danno, sia pure in via equitativa, non è sorretta da adeguata motivazione avendo dovuto la Corte, quantomeno, indicare elementi ulteriori rispetto a quelli considerati dal primo giudice – e peraltro, censurati dal M. , che giustificavano una cosi notevole decurtazione del danno liquidato. Passando all'esame del ricorso incidentale proposto dalla Axa Assicurazioni s.p.a. ne va rilevata la inammissibilità in quanto nel giudizio di cassazione, avverso il ricorso incidentale ai sensi del quarto comma dell'art. 371 cod. proc. civ. è prevista solo la proponibilità del controricorso, ma non anche di un ulteriore ricorso incidentale, derivandone diversamente una serie indeterminata di ricorsi incidentali tardivi, in contrasto con il principio per il quale l'impugnazione incidentale è proponibile solo dalle parti contro cui è stata proposta l'impugnazione principale Cass. n. 23215 del 17/11/2010 n. 6282 del 30/03/2004 Cass. n. 132358 del 1 dicembre 1999 . Alla luce di quanto esposto, vanno accolti il ricorso principale ed il ricorso incidentale proposto dal M. limitatamente al secondo ed al terzo motivo con conseguente cassazione dell'impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte di appello di Torino, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese. Va, altresì, dichiarato inammissibile il ricorso incidentale proposto dalla Axa assicurazioni s.p.a P.Q.M. La Corte, riunisce i ricorsi, dichiara inammissibile il ricorso incidentale della Axa Assicurazioni s.p.a., accoglie sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale proposto dal M. limitatamente al 2 e 3 motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione alle censure accolte e rinvia alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese.