L’onere della prova spetta al lavoratore: può addurre il tempo impiegato per raggiungere il lavoro?

Il tempo per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell’attività lavorativa vera e propria allorché lo spostamento sia funzionale rispetto alla prestazione in particolare sussiste il carattere di funzionalità nei casi in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta destinato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 23360, depositata il 15 ottobre 2013. Il caso. La Corte di Cassazione aveva riformato la decisione con la quale il giudice del lavoro aveva parzialmente accolto la domanda di un lavoratore diretta alla condanna della società datrice al pagamento delle differenze retributive per straordinario e aveva rigettato la domanda del dipendente. I giudici distrettuali erano giunti a tale decisione, osservando che i prospetti con i quali il lavoratore aveva suffragato lo svolgimento dello straordinario erano stati dal medesimo redatti e che la parte datoriale aveva contestato sia l’esistenza di tale circostanza che la validità dei conteggi formulati dalla controparte. Per la cassazione della sentenza il lavoratore ha proposto ricorso. A suo dire, la Corte non si sarebbe pronunciata in merito alla doglianza con la quale si era evidenziato che non si era tenuto conto del fatto che i conteggi erano stati eseguiti sulla base dell’inclusione nelle ore di lavoro straordinario di quelle da lui impiegate per recarsi dalla propria abitazione alle varie sedi di servizio di volta in volta assegnategli. Mancata dimostrazione dello straordinario asseritamente svolto. Per la Suprema Corte il motivo è infondato. Gli Ermellini hanno rilevato che i giudici di secondo grado avevano spiegato che i conteggi elaborati sulla base di tale circostanza erano stati contestati tempestivamente dalla convenuta, per cui è da escludere il vizio di omessa motivazione su tale aspetto. Secondo Piazza Cavour è infondata anche la censura ulteriore che imputa alla Corte di merito il cattivo governo degli oneri probatori, laddove, al contrario, quest’ultima lo ha compiutamente esercitato avendo accertato che l’onere della prova del fatto costitutivo del diritto vantato – il preteso svolgimento di lavoro straordinario – non poteva che ricadere sul ricorrente, quale soggetto interessato alla corresponsione delle relative differenze retributive, tanto più che la resistente aveva puntualmente contestato il contenuto dei conteggi unilateralmente predisposti dal dipendente . Pertanto, il ricorso è stato rigettato. Â

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 26 giugno – 15 ottobre 2013, n. 23360 Presidente Di Cerbo – Relatore Berrino Svolgimento del processo Con sentenza del 5/3 - 17/5/2010 la Corte d'appello di Roma, in accoglimento dell'impugnazione proposta dalla Freeair Helicopters s.p.a., ha riformato la decisione con la quale il giudice del lavoro del Tribunale capitolino aveva parzialmente accolto la domanda di M.E.          diretta alla condanna di quest'ultima al pagamento delle differenze retributive per straordinario ed ha rigettato la domanda del dipendente. La Corte è pervenuta a tale decisione dopo aver osservato che i prospetti coi quali il lavoratore aveva suffragato lo svolgimento dello straordinario erano stati dal medesimo redatti e che la parte datoriale aveva contestato sia l'esistenza di tale circostanza che la validità dei conteggi formulati dalla controparte, senza che quest'ultima avesse proposto mezzi istruttori adeguati alla dimostrazione del suo assunto. Per la cassazione della sentenza propone ricorso il M.    , il quale affida l'impugnazione a due motivi di censura. Rimane solo intimata la società Freeair Helicopters s.p.a Il ricorrente deposita, altresì, memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c Motivi della decisione Col primo motivo, formulato per omessa, errata, insufficiente e contraddittoria motivazione in generale e su un fatto decisivo per il giudizio, il ricorrente sostiene che la Corte territoriale ha accolto l'impugnazione della controparte sulla base della considerazione che non sarebbe stata fornita la prova dello svolgimento dello straordinario oggetto di domanda omettendo, però, di pronunziarsi sul motivo di censura attraverso il quale si era dedotto che il documento nel quale sarebbe stata concordata una durata ordinaria della giornata lavorativa in dieci ore era stato prodotto per la prima volta solo in appello con firma apocrifa, tanto da essere tempestivamente disconosciuto inoltre, la stessa Corte non si sarebbe pronunziata in merito alla doglianza con la quale si era evidenziato che non si era tenuto conto del fatto che i conteggi erano stati eseguiti sulla base dell'inclusione nelle ore di lavoro straordinario di quelle impiegate dal dipendente per recarsi dalla propria abitazione alle varie sedi di servizio di volta in volta assegnategli. Il motivo è infondato. In realtà la Corte d'appello ha riformato la sentenza di primo grado esclusivamente sulla base della motivazione, immune da rilievi di carattere logico-giuridico e giudicata assorbente, dell'insufficienza probatoria dei prospetti redatti unilateralmente dal lavoratore, sul quale incombeva l'onere di dimostrazione dello straordinario asseritamente svolto, prospetti rispetto al cui contenuto la stessa Corte ha verificato che vi era stata puntuale contestazione da parte della datrice di lavoro, per cui finisce per essere inconferente, ai fini della validità della ratio decidendi dell'impugnata sentenza, il richiamo ad un documento della controparte che sarebbe stato prodotto tardivamente e con firma apocrifa. Quanto al rilievo inerente alla deduzione della mancata considerazione dell'inclusione nel lavoro straordinario delle ore impiegate dal dipendente per recarsi nelle sedi di servizio si osserva che esso è infondato invero, non solo la Corte di merito ha spiegato che i conteggi elaborati sulla base di tale circostanza erano stati contestati tempestivamente dalla convenuta, per cui è da escludere il vizio di omessa motivazione su tale aspetto della questione, ma occorre aggiungere che a tal riguardo questa Corte ha già avuto modo di affermare Cass. Sez. lav. n. 17511 del 26/7/2010 che il tempo per raggiungere il luogo di lavoro rientra nell'attività lavorativa vera e propria e va, quindi, sommato al normale orario di lavoro come straordinario allorché lo spostamento sia funzionale rispetto alla prestazione in particolare, sussiste il carattere di funzionalità nei casi in cui il dipendente, obbligato a presentarsi presso la sede aziendale, sia poi di volta in volta destinato in diverse località per svolgervi la sua prestazione lavorativa. Fattispecie relativa al compenso per lavoro straordinario prestato dal lavoratore in occasione del trasporto giornaliero da lui effettuato, per la durata di circa un'ora, di operai e mezzi dalla sede della società ai singoli cantieri conf. a Cass. Sez. lav. n. 5496 del 14/3/2006 . Tra l'altro, con giudizio di merito adeguatamente motivato ed esente da rilievi di legittimità, la Corte ha precisato che alla luce delle espresse contestazioni della società ricorrente non poteva ritenersi sufficiente, come riscontro probatorio dello straordinario asseritamente svolto, la documentazione allegata al ricorso introduttivo, mentre era da considerare inammissibile la prova testimoniale in quanto avente ad oggetto circostanze irrilevanti o assolutamente generiche. Né può sottacersi un evidente profilo di inammissibilità della presente censura nella parte finale in cui è lamentata l'omessa pronunzia su altri motivi d'appello che, però, non sono affatto specificati, il tutto in spregio al principio di autosufficienza che presiede al giudizio di legittimità. Col secondo motivo il ricorrente censura l'impugnata sentenza per violazione delle norme di cui agli artt. 1362, comma secondo, 2697, comma secondo, 2108 cod. civ., 116 e 421 cod. proc. civ., nonché delle norme del contratto collettivo nazionale di lavoro dei metalmeccanici dell'industria privata e dell'accordo del 2 giugno 2000. Il motivo è infondato. Anzitutto, per quel che concerne la censura con la quale si denunzia la violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale è sufficiente rilevare che la stessa è inammissibile in quanto non è in alcun modo specificato quale regola interpretativa sarebbe stata violata dalla Corte, né quali sono precisamente le norme collettive che secondo tale generica doglianza sarebbero state malamente interpretate dai giudici d'appello. È, invece, infondata la censura nella parte in cui si imputa alla Corte di merito il cattivo governo degli oneri probatori, laddove, al contrario, quest'ultima lo ha compiutamente esercitato avendo accertato che l'onere della prova del fatto costitutivo del diritto vantato, vale a dire il preteso svolgimento di lavoro straordinario, non poteva che ricadere sul ricorrente, quale soggetto interessato alla corresponsione delle relative differenze retributive, tanto più che la resistente aveva puntualmente contestato il contenuto dei conteggi unilateralmente predisposti dal dipendente. È, inoltre, inconferente il rilievo secondo il quale la Corte d'appello avrebbe deciso di accogliere il gravame nonostante la società non avesse fornito alcuna prova dell'esistenza dell'accordo concernente la fissazione di un orario giornaliero di dieci ore atteso che, come già osservato in precedenza, la ragione giustificatrice dell'accoglimento dell'impugnazione risiede esclusivamente sulla ritenuta insufficienza delle prove offerte dal lavoratore ai fini della dimostrazione dello svolgimento dello straordinario. Egualmente, non merita di essere censurata la sentenza in merito alla decisione con la quale sono stati dichiarati inammissibili i mezzi istruttori proposti dal ricorrente, né tanto meno in ordine al mancato esercizio dei poteri istruttori d'ufficio - Invero, nel primo caso la Corte d'appello, con giudizio di fatto congruamente motivato ed incensurabile in tale sede, ha ritenuto che la prova testimoniale aveva per oggetto circostanze irrilevanti o assolutamente generiche ai fini della dimostrazione dello svolgimento di lavoro straordinario nel secondo caso, invece, è agevole rilevare che l'esercizio dei poteri d'indagine d'ufficio non può sostituire l'accertata insufficienza degli oneri di prova proposti dalla parte, tanto più che la norma di cui all'art. 421 c.p.c. è invocata dal ricorrente con particolare riguardo alla verifica dell'autenticità della sua firma su un documento il cui esame non è stato considerato a fronte del valore assorbente attribuito alla mancanza di prova dello straordinario. Il ricorso è, pertanto, infondato e va rigettato. Non va adottata alcuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio dal momento che la società Freeair Helicopters s.p.a è rimasta solo intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.