Il ritardo dipende dalla situazione determinatasi a causa del licenziamento: non è una giustificazione

Il ritardo nel pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali, relativi al periodo di tempo intercorso tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, comporta l’applicazione delle sanzioni civili previste dai commi 8 e 9, art. 116 L. Â n. 388/2000.

Questo principio di diritto è stato affermato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 23181, depositata l’11 ottobre 2013. Il caso. L’INPS ha chiesto l’annullamento della sentenza che ha dichiarato l’illegittimità della cartella esattoriale opposta da una società. Il caso era quello di un dipendente licenziato, con provvedimento giudicato illegittimo, e reintegrato dal giudice nel posto di lavoro. Il lavoratore, poi, aveva optato per l’indennità prevista dall’art. 18, comma 5, L. n. 300/1970, rinunciando alla riassunzione. Il problema oggetto della controversia in questione consiste nello stabilire se il datore di lavoro deve anche versare le sanzioni civili per il ritardo nella corresponsione dei contributi. Tribunale e Corte d’appello avevano concluso in senso negativo, ma L’INPS ha proposto ricorso, denunciando violazione dell’art. 116, comma 8 e 9, L. n. 388/2000. Gli Ermellini hanno chiarito che tale norma collega il pagamento delle sanzioni civili al mero dato del ritardo nel pagamento dei contributi, senza fare distinguo di sorta in ordine alle cause del ritardo, in quanto collega il pagamento delle somme ulteriori al mero fatto che un soggetto non abbia provveduto al pagamento nei termini stabiliti. Un altro elemento preso in considerazione da Piazza Cavour, è costituito dal fatto che l’art. 18 St. lav., in caso di accertamento della illegittimità del licenziamento prevede, fra l’altro, la condanna del datore al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento della effettiva reintegrazione . Da tale previsione, la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione ha desunto che, nel periodo di tempo tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione, il rapporto previdenziale continua. Il rapporto previdenziale continua e il corrispondente obbligo di versare i contributi persiste. Secondo i giudici di legittimità, tale ricostruzione conferma che il mancato versamento dei contributi implica un ritardo nell’adempimento distinto problema è, invece, quello della possibilità di considerare giustificato il ritardo. Possibilità che deve essere esclusa in quanto il pagamento tardivo è determinato da un atto illegittimo, che quindi è intrinsecamente inidoneo ad assurgere a causa di giustificazione . In coerenza con questa ricostruzione, il Collegio ha ribadito la conseguenza che il datore di lavoro sarà tenuto al pagamento della quota al carico del lavoratore, e al ritardo consegue l’applicazione di una pena privata, che non viene esclusa dal fatto che il ritardo dipende dalla particolare situazione determinatasi a causa del licenziamento. Pertanto, il ricorso dell’INPS è stato accolto e la sentenza cassata con rinvio al giudice che dovrà decidere applicando il principio di diritto enunciato. Â

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 2 luglio - 11 ottobre 2013, n. 23181 Presidente Roselli – Relatore Curzio Ragioni della decisione 1. L'INPS chiede l'annullamento della sentenza della Corte d'appello di Firenze, pubblicata il 23 agosto 2011, che, confermando la decisione del Tribunale di Livorno, ha dichiarato l'illegittimità della cartella esattoriale opposta da Sidereo spa, ora Lucchini servizi spa. 2. Il caso è il seguente. Un dipendente licenziato, con provvedimento giudicato illegittimo, fu reintegrato dal giudice nel posto di lavoro, con condanna della società datrice di lavoro al risarcimento dei danni in misura di cinque mensilità globali di fatto. Il lavoratore optò poi per l'indennità prevista dall'art. 18, quinto comma, della legge 300 del 1970, rinunciando alla riassunzione. 3. In base ad un principio di diritto affermato dalle Sezioni unite nella sentenza 5 luglio 2007, n. 15143, il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi previdenziali all'INPS, non solo sulle cinque mensilità liquidate a titolo di risarcimento dei danni, ma per tutto il periodo di tempo tra il licenziamento e la sentenza di reintegrazione. 4. Il problema ulteriore e distinto oggetto della presente controversia consiste nello stabilire se il datore di lavoro deve anche versare le sanzioni civili per il ritardo nella corresponsione dei contributi. 5. Tribunale e Corte d'appello hanno concluso in senso negativo. 6. Contro la decisione della Corte l'INPS propone ricorso basato su di un unico motivo. La società si è difesa con controricorso ed ha depositato una memoria. 7. Con l'unico motivo di ricorso l'INPS denunzia violazione dell'art. 116, comma 8 e 9, legge 388 del 2000 in relazione art. 18 st. lav 8. La norma di cui si assume la violazione dispone che I soggetti che non provvedono entro il termine stabilito al pagamento dei contributi o premi dovuti alle gestioni previdenziali ed assistenziali, ovvero vi provvedono in misura inferiore a quella dovuta, sono tenuti a nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi, il cui ammontare è rilevabile dalle denunce e/o registrazioni obbligatorie, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d'anno, pari al tasso ufficiale di riferimento maggiorato di 5,5 punti la sanzione civile non può essere superiore al 40 per cento dell'importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge . Il comma 9 aggiunge Dopo il raggiungimento del tetto massimo delle sanzioni civili nelle misure previste alle lettere a e b del comma 8 senza che si sia provveduto all'integrale pagamento del dovuto, sul debito contributivo maturano interessi nella misura degli interessi di mora di cui all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, come sostituito all'articolo 14 del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 . 9. Per risolvere il problema interpretativo al centro della controversia, devono considerarsi i seguenti elementi, desumibili dalla normativa di legge e dalla ricostruzione compiuta in alcune fondamentali sentenze, anche a Sezioni unite. 10. Il primo elemento è costituito dal fatto che la norma prima richiamata art. 116 della legge 388 del 2000 collega il pagamento delle sanzioni civili al mero dato del ritardo nel pagamento dei contributi, senza fare distinguo di sorta in ordine alle cause del ritardo, in quanto collega il pagamento delle somme ulteriori al mero fatto che un soggetto non abbia provveduto al pagamento nei termini stabiliti. 11. Il secondo dato è costituito dal fatto che l'art. 18 st. lav., in caso di accertamento della illegittimità del licenziamento, prevede, fra l'altro, la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali dal momento del licenziamento al momento della effettiva reintegrazione . 12. Da tale previsione e, più in generale, dalla efficacia retroattiva della condanna prevista dall'art. 18 st. lav., la consolidata giurisprudenza di questa S.C. ha desunto che, nel periodo di tempo tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione, il rapporto previdenziale continua. La sentenza delle Sezioni unite già richiamata n. 15143 del 2007 ha infatti affermato, riallaciandosi ad alcune affermazioni della Corte costituzionale sentenza n. 7 del 1986 , che in tale periodo il rapporto di lavoro è quiescente ma non estinto e rimangono in vita il rapporto assicurativo previdenziale ed il corrispondente obbligo del datore di lavoro di versare all'ente previdenziale i contributi assicurativi per tutta la durata di tale periodo. 13. Questa ricostruzione conferma che il mancato versamento dei contributi implica un ritardo nell'adempimento, come ha da ultimo spiegato Cass. 13 gennaio 2012, n. 402, modificando alcune affermazioni di una isolata decisione, la n. 7934 del 2009, che, partendo dal diverso presupposto della inesistenza del rapporto e dell'assenza dell'obbligo contributivo, escludeva l'esistenza del ritardo. 14. Distinto problema è quello della possibilità di considerare giustificato il ritardo. Possibilità che deve essere esclusa in quanto il pagamento tardivo è determinato da un atto illegittimo, che quindi è intrinsecamente inidoneo ad assurgere a causa di giustificazione. 15. In coerenza con questa ricostruzione altre due decisioni di questa S.C. hanno dedotto, dal fatto che il rapporto previdenziale continua ed il corrispondente obbligo di versare i contributi persiste, la conseguenza che il datore di lavoro sarà in tal caso tenuto anche al pagamento della quota a carico del lavoratore, in forza dell'art. 23 della legge 218 del 1952, che trasferendo l'obbligo dal lavoratore al datore di lavoro introduce una pena privata finalizzata a rafforzare il vincolo obbligatorio e incentivare l'adempimento dell'obbligo contributivo cfr. Cass. 4 aprile 2008, n. 8800 e Cass. 17 marzo 2009, n. 6448 . Anche in questi casi vi è un ritardo, cui consegue l'applicazione di una pena privata, che non viene esclusa dal fatto che il ritardo dipende dalla particolare situazione determinatasi a causa del licenziamento. 16. Il ricorso dell’INPS, pertanto, deve essere accolto e la sentenza deve essere cassata con rinvio al giudice di merito che dovrà decidere applicando il seguente principio di diritto Il ritardo nel pagamento dei contributi assistenziali e previdenziali, relativi al periodo di tempo intercorso tra il licenziamento illegittimo e la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, comporta l'applicazione delle sanzioni civili previste dai commi 8 e 9 dell'art. 116 della legge 388 del 2000 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa e rinvia alla Corte d'appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese.